IL MARCHIO E LE ALTRE IMMOBILIZZAZIONI IMMATERIALI LE IMMOBILIZZAZIONI IMMATERIALI NELLA LEGISLAZIONE CIVILISTICA E FISCALE



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IL MARCHIO E LE ALTRE IMMOBILIZZAZIONI IMMATERIALI LE IMMOBILIZZAZIONI IMMATERIALI NELLA LEGISLAZIONE CIVILISTICA E FISCALE Le immobilizzazioni immateriali sono caratterizzate dalla mancanza di tangibilità e sono costituite da costi che non esauriscono la loro utilità in un solo periodo, ma manifestano i benefici economici lungo un arco temporale di più esercizi. Le immobilizzazioni immateriali entrano a far parte del patrimonio dell impresa mediante l' acquisizione dall esterno o mediante la produzione all interno dell impresa. Tra le immobilizzazioni immateriali vengono comprese anche alcune tipologie di costi che, pur non essendo un bene o un diritto, non esauriscono la propria utilità nell esercizio in cui sono sostenuti; nella prassi contabile tale tipologia di costi è stata spesso definita con la dizione "oneri (costi) pluriennali". Le immobilizzazioni immateriali comprendono: - i costi pluriennali, quali ad esempio costi di impianto e di ampliamento, costi di ricerca e di sviluppo e di pubblicità, ecc.; - l avviamento; - i beni immateriali (marchi, brevetti industriali e diritti di utilizzazione delle opere dell ingegno, concessioni, licenze, nonché i diritti simili); I beni immateriali veri e propri hanno una propria identificabilità ed individualità e sono, di norma, rappresentati da diritti giuridicamente tutelati. In virtù di tali diritti, l impresa ha il potere esclusivo di sfruttare, per un periodo determinato, i benefici futuri attesi da tali beni; essi sono suscettibili di valutazione e qualificazione autonome ed indipendenti dal complesso dei beni dell impresa. La dottrina contabile nazionale in materia di immobilizzazioni immateriali è stata codificata nel principio contabile n. 24 del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e dei Ragionieri mentre la prassi internazionale è contenuta nello IAS n. 38 elaborato dagli Standards dell' International Accounting Standard Committee. NORMATIVA CIVILISTICA L' art. 2424 c.c., inerente lo schema dello stato patrimoniale, al punto B.I individua le immobilizzazioni immateriali: 1) costi di impianto e di ampliamento; 2) costi di ricerca, di sviluppo e di pubblicità; 3) diritti di brevetto industriale e diritti di utilizzazione delle opere dell' ingegno; 4) concessioni, licenze, marchi e diritti simili; 5) avviamento; 6) immobilizzazioni in corso e acconti; 7) altre. L art. 2426 c.c. prevede che le immobilizzazioni siano iscritte al costo di acquisto o di realizzazione. Nel costo di acquisto si computano anche i costi accessori. Il costo di realizzazione comprende tutti i costi direttamente imputabili alla formazione dell immobilizzazione. L AMMORTAMENTO L ammortamento costituisce un processo di ripartizione del costo in funzione del periodo in cui l impresa ne trae beneficio. Oltre al riferimento generale alla residua possibilità di utilizzazione, valido per tutte le immobilizzazioni, il legislatore ha indicato un periodo massimo di cinque anni per l ammortamento di talune tipologie di immobilizzazioni immateriali, quali i costi pluriennali (costi di impianto e ampliamento e spese di ricerca, sviluppo e pubblicità, avviamento), consentendo, per l avviamento, un ammortamento basato su un periodo più lungo nei soli casi in cui si giustifichi un' utilità protratta a tale maggior periodo.

ricerca, sviluppo e pubblicità, avviamento), consentendo, per l avviamento, un ammortamento basato su un periodo più lungo nei soli casi in cui si giustifichi un' utilità protratta a tale maggior periodo. L ammortamento costituisce un processo "sistematico" di ripartizione del costo sostenuto sulla intera durata di utilizzazione. Tale processo sistematico non necessariamente implica l uso di piani ad aliquota costante, anche se ciò costituisce la metodologia più immediata. L ammortamento decorre dal momento in cui l immobilizzazione è disponibile per l utilizzo o comunque comincia a produrre benefici economici per l impresa. INFORMAZIONI IN NOTA INTEGRATIVA E NELLA RELAZIONE SULLA GESTIONE NOTA INTEGRATIVA L' art. 2427 c.c. stabilisce che la nota integrativa deve indicare: - "i criteri applicati nella valutazione delle voci del bilancio, nelle rettifiche di valore e nella conversione dei valori non espressi all' origine in moneta avente corso legale nello Stato"; - i movimenti delle immobilizzazioni, specificando per ciascuna voce: il costo; le precedenti rivalutazioni, ammortamenti e svalutazioni; le acquisizioni, gli spostamenti da una ad altra voce, le alienazioni avvenute nell' esercizio; le rivalutazioni, gli ammortamenti e le svalutazioni effettuati nell' esercizio; il totale delle rivalutazioni riguardanti le immobilizzazioni esistenti alla chiusura dell' esercizio. RELAZIONE SULLA GESTIONE In base all art. 2428 c.c. nella relazione sulla gestione devono essere illustrate le informazioni riguardanti le attività di ricerca e di sviluppo (con l indicazione, tra l altro, dei costi sostenuti, dei contributi ricevuti). Il legislatore nazionale, come d altronde quello europeo, attribuisce una notevole valenza d informativa alle attività di ricerca e di sviluppo. NORMATIVA FISCALE VALUTAZIONE Il criterio generale di valutazione delle immobilizzazioni immateriali è il costo, desumibile dal primo comma dell' art. 76 del D.P.R. 917 del 22 dicembre 1986. Il costo è assunto al lordo delle quote di ammortamento già dedotte e si comprendono anche gli oneri accessori di diretta imputazione, compresi gli interessi passivi relativi alla loro fabbricazione, interna o presso terzi, nonché gli interessi passivi sui prestiti contratti per la loro acquisizione. AMMORTAMENTO Per quanto riguarda gli ammortamenti l' art. 68 del D.P.R. 917/86 stabilisce che: 1. Le quote di ammortamento del costo dei diritti di utilizzazione di opere dell' ingegno, dei brevetti industriali, [...] dei processi, formule e informazioni relativi a esperienze acquisite in campo industriale, commerciale o scientifico sono deducibili in misura non superiore a un terzo del costo; quelle relative al costo dei marchi d impresa sono deducibili in misura non superiore a un decimo del costo; 2. Le quote di ammortamento del costo dei diritti di concessione e degli altri diritti iscritti nell' attivo del bilancio sono deducibili in misura corrispondente alla durata di utilizzazione prevista dal contratto o dalla legge; 3. Le quote di ammortamento del valore di avviamento iscritto nell' attivo del bilancio sono deducibili in misura non superiore a un decimo del valore stesso. La legislazione fiscale non prevede ammortamenti accelerati e ammortamenti anticipati per le immobilizzazioni immateriali; né prevede l utilizzo di una minor aliquota (pro-rata temporis) nel primo esercizio di utilizzo del bene.

immobilizzazioni immateriali; né prevede l utilizzo di una minor aliquota (pro-rata temporis) nel primo esercizio di utilizzo del bene. MARCHIO Il marchio (insieme alla ditta e all' insegna) è uno dei segni distintivi dell' azienda (o di un suo prodotto fabbricato e/o commercializzato) e può consistere in un emblema, in una denominazione ed in un segno. Al marchio che risponde ai requisiti di novità, originalità e liceità è riconosciuta una particolare tutela giuridica (marchio registrato). Elemento essenziale per la tutela è la registrazione secondo le forme stabilite dalla legge. Al marchio non registrato (anch' esso suscettibile di iscrizione tra le immobilizzazioni immateriali) è riconosciuta una tutela specifica in caso di preuso (art. 2571) e sempreché lo stesso possegga un effettivo ruolo distintivo (art. 2571). L' iscrizione del marchio tra le immobilizzazioni immateriali può avvenire sia a seguito di produzione interna, sia a seguito di acquisizione a titolo oneroso da terzi, mentre non è iscrivibile il marchio ricevuto a titolo gratuito. ISCRIZIONE IN BILANCIO Al fine di soddisfare i vincoli imposti dalla legge, il criterio adottato per la prima iscrizione del marchio in bilancio deve essere quello del costo storico. Il valore iscritto in bilancio non deve superare quello recuperabile, definito come il maggiore tra il valore realizzabile dall alienazione e quello effettivo d uso delle immobilizzazioni. Nei paesi anglosassoni è in corso da tempo un dibattito sulla necessità di un bilancio a valori correnti e non più a costi storici. Il motivo dominante è la necessità di eludere, in qualche modo, gli effetti negativi provocati dall' inflazione sulle attività patrimoniali. L' adozione di metodi quali il costo corrente e il valore di realizzo, sono discrezionali e non rispondono ai fondamentali requisiti di obiettività, certezza e prudenza tipici del costo storico. Chi sostiene l utilizzo di criteri alternativi al costo per l inserimento in bilancio suggerisce anche l adozione per la valutazione del marchio di uno dei criteri che la dottrina aziendalistica indica per la valutazione del marchio stesso in occasione della cessione dello stesso o di questo congiuntamente all azienda. Alcuni dei criteri di valutazione più noti sono: - Valutazione reddituale, i cui presupposti logici vanno ricercati nel principio dei benefici futuri ed in quello di sostituzione che propone la capitalizzazione di una serie di redditi di riferimento, con la considerazione a margine degli intangibles (marchi, brevetti ecc.); - Metodo del costo di sostituzione che si propone di misurare il complesso dei benefici futuri generati dal bene oggetto di stima attraverso la determinazione delle risorse monetarie che si dovrebbero impiegare per sostituire quel bene con uno del tutto identico o, comunque, dotato della stessa idoneità ad offrire il medesimo servizio" - Valore di mercato che implica necessariamente l' esistenza di una domanda ed un'offerta dello stesso. Pervenire ad un valore-prezzo grazie all' incontro di queste macro-variabili, sembra difficile, se non improponibile, in riferimento alle risorse immateriali. - Altri metodi di valutazione che si basano su vari criteri, anche con l utilizzo di moltiplicatori, tra cui si ricorda il Metodo Rhm, soluzione proposta dall'interbrand, il frutto di un' elaborazione studiata appositamente per la società Ranks Hovis McDougall. L azienda può iscrivere il costo del marchio in bilancio, alla voce B.I.4, se acquista un marchio ad un determinato prezzo o decide di sostenere una serie di costi per la sua creazione.

determinato prezzo o decide di sostenere una serie di costi per la sua creazione. L azienda non può iscrivere il marchio in bilancio se acquista un marchio senza pagare un corrispettivo specifico, oppure se, non patrimonializza la serie di costi sostenuti per la sua creazione. ACQUISTO DEL MARCHIO Nell' ipotesi in cui un' impresa rilevi un azienda potr ebbero verificarsi due situazioni: 1) l' azienda rilevata potrebbe già presentare il marchio nell' attivo del suo stato patrimoniale; 2) si potrebbe stabilire nel contratto di cessione la parte dell' avviamento che si identifica nel marchio e, quindi, il relativo corrispettivo effettivamente pagato. L acquirente potrebbe iscrivere il marchio in bilancio al costo effettivamente sostenuto per l' acquisto dello stesso in entrambi i casi. Se un' impresa rileva un' azienda in cui il marchio non ha un proprio posto in bilanc io, pur rivestendo un ruolo importante, o non è stato stabilito il valore effettivo all' interno del contratto di cessione, l iscrizione in bilancio non può avvenire in base al costo. CREAZIONE DEL MARCHIO L' adozione del costo storico per la prima iscrizi one del marchio in bilancio sarebbe possibile anche nel caso in cui l azienda decidesse di patrimonializzare la serie di costi sostenuti per la sua creazione. Esistono due classi di costi imputabili al marchio: a) costi che possono essere definiti diretti per natura, quali quelli dell' esperto creativo e pubblicitario, sostenuti per l' accertamento della novità del marchio e pertanto della sua utilizzabilità, nonché quelli inerenti al deposito ed alla registrazione del marchio; b) costi da imputare indirettamente, ovvero, quei costi che possono essere capitalizzati in quanto riferibili al marchio. Nel caso di produzione interna, i costi iscrivibili non devono essere confusi con quelli sostenuti per la ricerca e sviluppo del prodotto né con quelli sostenuti per l' avviamento della produzione, e neanche con quelli sostenuti per l' eventuale campagna promozionale. Non è possibile iscrivere il marchio in bilancio se l azienda che lo ha creato al proprio interno non ha patrimonializzato di volta in volta i costi sostenuti per la sua creazione, ma li ha imputati a Conto Economico nell esercizio in cui sono stati sostenuti. PARTICOLARITA DELL AMMORTAMENTO DEL MARCHIO Il periodo di ammortamento è normalmente collegato al periodo di produzione e commercializzazione in esclusiva dei prodotti cui il marchio si riferisce, e se non prevedibile, entro un periodo che non può eccedere 20 anni. Il legislatore prevede l' ammortizzabilità dei beni la cui utilizzazione sia limitata nel tempo. Per quelli per i quali tale limitazione non sussiste (come si potrebbe pensare ai marchi d' impresa), quando la possibilità di utilizzazione rimane costante, o addirittura si incrementa, nel tempo deriverebbe l' impossibilità di procedere all ammortamento e ciò comporterebbe la mancata rilevazione ne l conto economico del costo connesso a ricavi, violando il principio di competenza. L' imposizione di un numero di anni predeterminato o "in base alla vita economica utile", da un punto di vista aziendalistico non sembrerebbero adatti ad un bene che presenta delle caratteristiche così particolari, per il quale si dovrebbe prima procedere ad una serie di analisi, specie nei casi ove si riscontrasse che il marchio abbia vita infinita.

IMPOSTE SUL TRASFERIMENTO DEL MARCHIO In base all articolo 2573 primo comma c.c., così come modificato con l' art. 83 del D.Lgs. 4.12.1992 n. 480 in attuazione della direttiva Cee 89/104, il marchio può essere ceduto anche separatamente dall azienda. Prima della sopra indicata modifica, il trasferimento del marchio registrato poteva avvenire solo con l' azienda o con un ramo particolare di questa. L articolo 3 comma 2 n. 2) del D.P.R. 26/10/1972 n. 633 (istitutivo dell IVA) prevede quali prestazioni di servizi, da assoggettare ad IVA, le cessioni di marchi. La formulazione del punto non è variata dal 1972 ad oggi. Premesso quanto sopra indicato, appare evidente che la cessione del marchio separatamente dall azienda sia da considerare un operazione soggetta ad IVA. Qualche complicazione in più esiste se il marchio, con propria valutazione autonoma, venisse ceduto congiuntamente all azienda o al ramo di azienda. In effetti, sul trasferimento dell azienda, si applica l imposta di registro e, in base al principio dell alternatività tra imposta di registro ed IVA, non si applica l IVA sui beni ceduti congiuntamente all azienda stessa. Il principio, comunemente conosciuto dagli operatori del settore, ha subito recentemente una brusca interpretazione in merito a marchi compresi nel valore dell azienda. La Corte di Cassazione, Sezione Tributaria civile, con la sentenza 26.03.2003, n. 4452 ha stabilito che, poiché la normativa IVA relativa alla cessione dei marchi (art. 3 comma2) non è variata fin dal 1972, ed era vigente anche prima del 1992 quando il marchio poteva essere trasferito solo con il contestuale trasferimento dell azienda o di un ramo d azienda, il legislatore ha voluto fin dall istituzione dell IVA assoggettare a tale imposta i trasferimenti dei marchi, anche se compresi in una cessione d azienda. Questo principio, se dovesse continuare ad essere ritenuto valido per il passato, continuerebbe a valere anche per il presente, con la conseguenza che la cessione di un azienda con cui si cede anche un marchio, sarebbe tassata con IVA sul prezzo pagato per il marchio e ad imposta di registro sull importo residuo della cessione. La sentenza sopra indicata lascia molto perplessi ed è probabile che della materia si torni a parlare in futuro, considerata la particolarità sollevata dalla Corte di Cassazione. Ravenna, novembre 2003 Dott. Vincenzo Morelli