Università degli Studi di Napoli - Federico II. I resti di cheloni dei siti campani di Avella (Neolitico) e di Mondragone (Età del ferro)

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Università degli Studi di Napoli - Federico II Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali I resti di cheloni dei siti campani di Avella (Neolitico) e di Mondragone (Età del ferro) di Ciro Cascone Relatore: Francesco Fedele A. A. 2007-08

Introduzione Lo scopo di questo lavoro è quello di poter affiancare allo studio classico di una archeofauna (termine proposto da Grayson 1979, e ripreso da Davis 1987), ossia una collezione di reperti animali da contesti archeologici, uno studio etnologico effettuato tramite indagini ed interviste alla popolazione, su un determinato territorio. Bisogna precisare che l archeofauna oggetto di questo studio, si riferisce solamente ai reperti ossei di Cheloni, fatti risalire con buona approssimazione al genere Testudo spp, che provengono da due siti archeologici della Campania. Infatti notando la presenza dei reperti di questi rettili in entrambe le località, è nata la curiosità e la spinta per portare avanti un certo tipo di indagine e studio abbastanza inediti. Per questo motivo, questa tesi sarà divisa in due parti: la prima parte sarà incentrata sulla descrizione dei reperti studiati, del gruppo tassonomico di appartenenza e delle relative caratteristiche anatomiche e osteologiche, mentre la seconda parte si occuperà di esplicitare cosa è un indagine etnologica,della proposta di indagine relativa alla regione alla regione Campania, e infine si discuterà del rapporto Homo Testudinati nella storia. Queste due parti hanno un filo conduttore molto marcato perché l obiettivo principale di ogni studio di carattere archeozoologico è cercare di capire le interazioni ecologiche tra società umane e popolazioni animali. Nella prima parte del lavoro sono stati seguiti principalmente due livelli di indagine. In una prima fase si è cercato di ipotizzare in termini biologici le popolazioni animali che corrispondono ai reperti studiati, intendendo per popolazione un consorzio di animali biologicamente interattivi, sia esso selvatico o domestico (Fedele, 1985). In una 1

seconda fase, alla luce dei risultati ottenuti, sono state sviluppate interpretazioni di natura economica ed ecologica; ciò ha permesso di agganciare la paleobiologia delle faune al comportamento umano (Fedele, 1985). In questo contesto sono state particolarmente utili l analisi tafonomica e quella delle tracce di modificazioni culturali. Nella seconda parte del lavoro viene proposta un indagine etnologica a scopo esemplificativo sul rapporto Homo e Testudinati nella regione Campania. Per indagine etnologica si intende una raccolta di informazioni, che può essere realizzata tramite la ricerca di scritti d epoca, il recupero di memorie orali, e attuando interviste alla popolazione, quando possibile vivente in territori limitrofi agli scavi di provenienza dei reperti, sugli svariati usi relativi alle testuggini. Parallelamente a questa proposta d indagine è stata affiancata una ricerca sui diversi rapporti tra Homo Testudinati nel passato protostorico e storico, e in differenti culture umane. L archeofauna studiata in questo lavoro proviene, in primo luogo, dalle iniziali ricerche archeologiche effettuate, negli anni 2004 e 2005, su un insediamento della prima età del Ferro (IX-VI sec. a.c.), il Villaggio dei Ciclamini, di Monte Petrino, un rilievo collinare situato alle spalle dell agglomerato urbano di Mondragone in provincia di Caserta. In secondo luogo l altra collezione studiata, proviene da un breve scavo effettuato nel 1988, sull insediamento del tardo-neolitico (3.700 a.c.) in località Mulino Sant Antonio, zona situata per la maggior parte nel territorio comunale di Avella, in provincia di Avellino, comprendente la fascia pedemontana dei monti del Partenio. 2

Non sembra inopportuno menzionare che questo studio presenta spiccato carattere di novità, in quanto è la prima volta che si affronta un archeofauna selezionata proveniente da insediamenti della Campania settentrionale risalenti all età indicata. Ringraziamenti Ringrazio il mio relatore prof. Fedele per la proposta di questo studio di tesi nonché per la relativa assistenza di laboratorio Ringrazio il prof. M. Delfino del Dipartimento di Scienze della Terra dell Università di Firenze, per l aiuto fornitomi e per aver organizzato un interessante stage sui cheloni nei contesti archeologici. Per la trasmissione della collezione di scavo desidero ringraziare il dott. Luigi Crimaco e il Museo Civico Archeologico B. Greco della città di Mondragone. Per le informazioni e l aiuto offerti ringrazio inoltre il dott. Nicola Maio, funzionario tecnico del Museo di Zoologia dell Università Federico II. I miei ringraziamenti più sentiti, infine, alla dott.ssa Olga di Marino per i dati di scavo e il materiale fotografico fornitomi. 3

TESTUDINATI CAP. 1.1 I Testudinati o Cheloni sono un gruppo monofiletico di rettili con caratteristiche particolari. Si può dire che sono i più bizzarri, e per alcuni aspetti i più conservativi, dei gruppi di rettili. Siccome sono ancora viventi, le tartarughe sono un oggetto comune per tutti noi, ma se fossero state interamente estinte, la loro corazza, la più straordinaria armatura difensiva mai creata da un tetrapode, sarebbe sicuramente causa di stupore e meraviglia. Dal Triassico le tartarughe sono arrivate fino al presente praticamente senza subire cambiamenti; sono sopravvissute a tutte le vicissitudini che hanno travolto gli altri gruppi rettiliani, e sono in condizioni rigogliose come lo erano in passato. Costituiscono un ordine, Testudines se si considerano tutti i fossili appartenenti al clade (Pough et al., 2001), con 260 specie viventi. Vengono suddivisi in due sottordini: Cryptodira (Criptodiri) e Pleurodira (Pleurodiri). LA CORAZZA I Testudinati hanno una corporatura tozza e massiccia e il tronco protetto da un robustissimo rivestimento osseo, o corazza, che deriva dallo scheletro e sotto al quale gli animali possono ritrarre, più o meno completamente, il capo e il collo, gli arti e la coda. La corazza consta di una capsula ossea interna e di un rivestimento esterno formato da grandi piastre cornee o, talvolta, da pelle ispessita simile a cuoio; in essa si distinguono due parti: quella superiore,che protegge il dorso e viene detta scudo o carapace, e quella inferiore che riveste l addome e viene detta piastrone. Queste due parti sono connesse da un ponte nei due lati. 4

Il carapace è formato da 38 piastre o scaglie cornee e da 50/51 placche ossee, mentre il piastrone è formato da 6 scaglie cornee e 9 placche ossee. Questi elementi sono perlopiù distribuiti in modo regolare e simmetrico e quelli ossei sono collegati da ponti ossei o legamenti elastici. La capsula interna risulta formata da placche ossee, disposte in serie longitudinali; nello scudo se ne distinguono 5: una serie mediana, che corre lungo la linea vertebrale e le cui placche ossee sono collegate con le apofisi spinose delle vertebre sottostanti, formata da elementi chiamati neurali; due serie pleurali, che si estendono ai lati della mediana e i cui elementi ossei sono connessi con le coste; due serie periferiche, che corrono parallele, rispettivamente a destra e a sinistra, alle pleurali e le cui placche si sono originate da ossificazioni libere della cute. In aggiunta ci possono essere nella fila centrale degli elementi extra:piastra nucale se si trova di fronte agli elementi neurali, piastra pigale e soprapigale se invece si trovano dietro di essi. Sembra che il carapace si formi dalla crescita di placche di ossa dermiche, che sono ben sviluppate in molte lucertole e coccodrilli, ma nelle tartarughe lo sviluppo è differente perché porta ad un assemblaggio di placche in una struttura compatta e chiusa. Per quanto riguarda il piastrone, le tre placche ossee anteriori derivano da parti del cinto scapolare e le restanti da ossa dermiche. E formato da una placca centrale impari, l entopiastrone, e da altri elementi pari che vengono chiamati,dal capo alla coda, epipiastrone, iopiastrone (in alcune specie primitive si trovano una o due paia di mesopiastroni), ipopiastrone e xifipiastrone. E interessante notare che le due placche dell epipiastrone sono articolate internamente con la scapola, come le clavicole dei rettili ordinari, mentre l entopiastrone interposto tra loro giace nella posizione di un interclavicola (Fig. 1.1.1). 5

Fig 1.1.1 Distribuzione e nomenclatura delle piastre cornee e delle placche ossee. Sulla parte esterna, la capsula ossea è rivestita dalle piastre cornee che corrispondono alle placche ossee nella disposizione, non però nel numero e nella forma e, al pari delle squame e delle piastre che ricoprono il corpo degli altri rettili, non sono altro che formazioni dell epidermide. Naturalmente le piastre cornee non sono preservate allo stato fossile, sebbene sono spesso indicate dai solchi che lasciano sulle placche che giacciono al di sotto di esse. Placche ossee e piastre cornee sono divise da uno strato di pelle viva che seppure sottilissima, è riccamente vascolarizzata e innervata e rende perciò questi animali molto sensibili agli stimoli esterni. In molte tartarughe acquatiche, nonché in alcune terrestri, tra due coppie di placche limitrofe del piastrone è alloggiato un tessuto cartilagineo elastico: in corrispondenza di tali punti, si sviluppano di conseguenza articolazioni trasversali semplici o doppie, per 6

cui il piastrone, altrimenti rigido, si articola in 2 lobi, l uno anteriore e l altro posteriore, che l animale può sollevare per sbarrare le aperture della propria corazza. In questi testudinati anche il ponte che collega scudo e piastrone non è più rigido, bensì formato da cartilagine e da legamenti di tessuto connettivo, e perciò abbastanza mobile. CRANIO Il cranio dei rettili, come quello di tutti gli altri tetrapodi ad essi superiori, è un neocranio auximetamerico, che nella sua regione occipitale ha assimilato, oltre a un primo, anche un secondo gruppo di sclerotomi delle prime vertebre abortive del tronco embrionale. E inoltre tropibasico, cioè con base ristretta fra le due orbite a causa dell avvenuta fusione mediana delle trabecole embrionali, e non platibasico come quello degli anfibi attuali. Il cranio dei Testudinati è quello di tipo più primitivo in cui nelle forme più tipiche le ampie fosse temporali sono coperte da un tetto ininterrotto di ampie ossa laminari, presenta quindi una struttura anapside (Fig. 1.1.2). Esiste un assoluta autostilia, il quadrato essendo saldato direttamente alle ossa della regione otica e, indirettamente, a quelle della base del neurocranio; si tratta di un cranio acinetico, perché la sola parte mobile è la mandibola, formata da varie ossa tra loro immobilmente suturate. Visto dalla faccia ventrale, il cranio dimostra la presenza di un palato secondario di natura ossea, che separa la parte anteriore della volta buccale dalle fosse nasali. Al suo margine si aprono le coane. I margini delle ossa pterigoidee, dietro al palato osseo detto anche palato duro, sorreggono il cosiddetto palato molle o membranoso, che completa la volta della 7

bocca, e forniscono un inserzione ai muscoli mandibolari, così facilitando i movimenti della mandibola in senso verticale. La mandibola è costituita da più pezzi scheletrici suturati tra loro e costituisce un unica struttura perché anche i dentali dei due lati sono fusi tra loro a livello del mento anteriormente. Assieme ai premascellari e ai mascellari i due dentali della mandibola formano una sorta di becco corneo a margini taglienti, sprovvisto di strutture dentarie tanto nella sua parte dorsale che ventrale. I taglienti astucci cornei che coprono le arcate mascellari hanno sovente i bordi dentellati e in alcune specie in prevalenza fitofaghe sono percorsi da lamelle, disposte trasversalmente. Molti elementi non si sviluppano come il post-parietale, il tabulare, il sopratemporale e intertemporale, e il post-frontale; un singolo elemento, generalmente interpretato come il prefrontale, nelle moderne tartarughe prende posto nell area originalmente occupata dagli elementi prima menzionati, e dal nasale e dal lacrimale. Fig. 1.1.2 Cranio di un chelone (Caretta caretta Linneo, 1758) veduta di profilo e dalla volta palatina Da N.Beccari in Vannini, 1982. SISTEMA SCHELETRICO 8

La colonna vertebrale è ovviamente modificata in connessione con lo sviluppo della corazza, e si compone di 8 vertebre cervicali, 10 dorsali e 18-23 caudali (Fig 1.1.3); le vertebre cervicali hanno un a struttura assai diversa nei due sottordini e permettono la differente classificazione sistematica. Ci sono poi 8 coste che sono fuse al lato inferiore delle placche pleurali. Questa fusione e quella degli archi delle vertebre con gli elementi neurali tende a rinforzare la corazza. Fig. 1.1.3 Scheletro di un Chelone (Emys orbicularis Linneo, 1758) visto dal ventre Da P.P. Grassè e C.Devillers, 1970. ARTI Gli arti e i cinti sono di una particolare conformazione come ci possiamo aspettare dalle necessità di una vita che si svolge all interno di una corazza. I due cinti, scapolare e pelvico, invece di essere posti esternamente alle coste, così come si verifica in tutti gli altri vertebrati, si trovano all interno di esse. 9

Quello scapolare manca dello sterno e della clavicola, ed è costituito per ogni lato da un osso triradiato: un ramo, la scapola si dirige obliquamente in alto e in avanti appoggiandosi allo scudo; un altro ramo, il procoraocide, si dirige decisamente verso l interno; infine il terzo, il coracoide, più grande degli altri due, si dirige obliquamente all indietro e verso il basso. Dove le tre ossa convergono si trova l acetabolo, in cui si articola la testa del grosso e corto omero; le indagini paleontologiche hanno messo in evidenza il progressivo sviluppo del processo acromiale della scapola (da molti considerato il procoracoide) nei progenitori degli attuali cheloni. Il cinto pelvico, d altro canto, come in tutti i Vertebrati consiste di tre ossa preformatesi come cartilagine, confluenti nella cavità dell acetabolo che accoglie la testa del femore: l ileo, dorsale, che si connette alle due vertebre sacrali, l ischio, ventrale posteriore e il pube, ventrale anteriore, suturato con quello del lato opposto (Fig. 1.1.4). Fig. 1.1.4 Vista laterale dello scheletro di Geochelone carbonaria Sphix, 1824 Da A.E.Brehm, 1894. Gli arti sono pentadattili nella quasi totalità delle forme; nelle tartarughe d acqua dolce sono perlopiù lievemente appiattiti ai lati, simili a remi, e con le dita collegate tra loro da una membrana più o meno sviluppata; nelle tartarughe marine sono trasformati in 10

robuste natatoie, fortemente appiattite ai lati e le dita rimangono avvolte nella pelle. Nelle tartarughe terrestri gli arti sono tozzi, colonnari e le dita non sono libere ma bensì inglobate nella struttura di mani e piedi, da cui sporgono solo le unghie. PELLE E SUOI DERIVATI Liscia o levigata, a seconda delle specie, la pelle dei testudinati viene ricoperta di squame limitatamente agli arti o alla coda, sulla cui parte superiore queste formazioni cutanee vengono a creare in taluni casi vistose serie di tubercoli. Come la maggior parte degli altri rettili, anche i testudinati mancano completamente di ghiandole cutanee. Particolari aggruppamenti di ghiandole, detti ghiandole ascellari e inguinali, esistono tuttavia alla radice degli arti di numerose specie: il loro secreto è un liquido di tinta bruna, odore acre e reazione acida, che sembra avere un ufficio di riconoscimento fra gli individui della medesima specie, non soltanto nel periodo degli amori. SISTEMA CIRCOLATORIO Il sistema circolatorio non presenta differenze sostanziali rispetto a quello degli altri rettili: il battito cardiaco è piuttosto lento, soprattutto nelle forme terrestri, una caratteristica d altronde comune a molti altri processi vitali, che in questi vertebrati presentano un decorso fortemente rallentato. La divisione del cuore in una metà destra e un sinistra è completa per quanto riguarda l atrio, suddiviso in atrio destro e atrio sinistro da un setto interatriale completo; è invece largamente incompleta nei riguardi del ventricolo, data l imperfezione del setto interventricolare. E da notare che la circolazione polmonare, derivata dalle omonime arterie, ha un letto di vasi capillari troppo scarso per ricevere l intera quantità di sangue venoso 11