Prof. Ing. Alessandro Bardi. Appunti sulla gestione delle aree protette per la conservazione della natura e lo sviluppo sostenibile BOZZA PROVVISORIA



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Prof. Ing. Alessandro Bardi Appunti sulla gestione delle aree protette per la conservazione della natura e lo sviluppo sostenibile BOZZA PROVVISORIA Roma, ottobre 2008 1

INDICE 1 AREE PROTETTE E LO SVILUPPO SOSTENIBILE... 6 1.1 LA CONSERVAZIONE DELLA NATURA: UNA SCELTA OBBLIGATA... 6 1.2 LA SOLUZIONE POSSIBILE: LO SVILUPPPO SOSTENIBILE... 8 2 IL QUADRO DI RIFERIMENTO ISTITUZIONALE NAZIONALE E COMUNITARIO PER LA PROTEZIONE DELLA NATURA... 9 2.1 Leggi Nazionali... 13 2.2 Le Convenzioni internazionali... 13 2.3 Direttive e Regolamenti... 14 3 L ECOLOGISMO... 14 4 OBIETTIVI DELLE AREE PROTETTE... 19 5 CENNI DI STORIA DELLE AREE PROTETTE IN ITALIA... 20 5.1 Il contesto internazionale dalle origini al 1900... 20 5.2 Dal 1900 al 1979: il cammino dei Parchi Nazionali... 21 5.3 La nascita delle Aree Protette private... 24 5.4 Dal 1980 al 1991... 25 5.5 Gli impegni per il terzo millennio... 27 6 LE CATEGORIE DI AREE PROTETTE DELL IUCN... 28 7 IL SISTEMA NAZIONALE DELLE AREE PROTETTE... 31 7.1 la LEGGE QUADRO PER LE AREE PROTETTE... 31 7.1.1 Le Aree protette marine... 34 7.2 L ELENCO UFFICIALE DELLE AREE PROTETTE... 35 7.2.1 LE CARATTERISITCHE DEL SISTEMA... 36 7.3 IL COMITATO PER LE AREE naturali PROTETTE E LA CONSULTA TECNICA PER PER LE AREE NATURALI PROTETTE... 39 7.4 LA CARTA DELLA NATURA... 40 8 LE ZONE RAMSAR... 40 Fonte: Ministero dell Ambiente, Servizio Conservazione Natura... 44 9 LA GESTIONE DI UN PARCO... 45 9.1 IL PIANO DEL PARCO... 45 9.1.1 Il processo di pianificazione... 45 Fonte: Comitato Parchi e Riserve Analoghe... 50 9.1.2 I rapporti tra il Piano del Parco e la pianificazione territoriale e urbanistica... 51 9.2 IL REGOLAMENTO... 52 9.3 IL PIANO DI SVILUPPO ECONOMICO E SOCIALE... 55 9.3.1 Definizione della strategia guida... 58 9.3.2 Definizione delle proposte di attuazione... 59 10 LA RETE NATURA 2000... 60 10.1 LA POLITICA AMBIENTALE DELL UNIONE EUROPEA... 60 10.2 QUADRO NORMATIVO E PROGRAMMATICO DI RIFERIMENTO... 61 10.2.1 Direttive Habitat e Uccelli ed il loro recepimento in Italia... 61 10.2.2 Le previsioni della Direttiva Habitat: le misure di conservazione obbligatorie... 63 10.2.3 Le misure di conservazione non obbligatorie... 64 2

10.2.4 Le misure per evitare il degrado e la valutazione d incidenza... 65 11 LA GESTIONE DELLA RETE NATURA 2000... 65 11.1 Iter logico-decisionale per la scelta delle modalita di gestione dei siti Natura 2000 65 11.2 IL PIANO DI GESTIONE COME STRUMENTO OPERATIVO PER LA GESTIONE E LA SALVAGUARDIA DEI SITI NATURA 2000... 67 11.2.1 STRUTTURA DEL PIANO DI GESTIONE... 68 11.2.2 Studio Generale... 69 11.2.3 Piano di Gestione... 74 11.2.4 INDICAZIONI PER LA REDAZIONE DEI PIANI DI GESTIONE 78 11.3 Case Study: il parco nazionale d Abruzzo... 83 11.4 Case Study: il Sistema oasi e Riserve del WWF Italia... 83 11.5 Quale Marketing per le aree naturali protette?... 84 11.6 ANALISI DEI PUNTI DI FORZA E DI DEBOLEZZA: IL PIANO DI MARKETING TERRITORIALE... 90 12 LA COMUNICAZIONE PER LE AREE PROTETTE... 93 12.1 L analisi dello scenario... 94 12.2 L individuazione dei pubblici di riferimento... 95 12.3 INDIVIDUAZIONE DEGLI OBIETTIVI... 96 12.4 INDIVIDUAZIONE DELLE STRATEGIE... 98 12.5 INDIVIDUAZIONE DELLE AZIONI E DEGLI STRUMENTI DELLA COMUNICAZIONE... 99 12.6 STRATEGIA MEZZI... 102 12.7 RISORSE UMANE COINVOLTE, cronoprogramma e budget... 102 13 PARTECIPAZIONE NELLE AREE PROTETTE... 103 14 LA CERTIFICAZIONE AMBIENTALE DELL ENTE GESTORE DI UN AREA PROTETTA... 104 15 LA VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA... 106 Si riportano nel seguito brevemente le fasi metodologiche di redazione della VAS.... 107 Raccolta dati sul territorio... 107 Definizione degli indicatori... 107 Documento di Sintesi degli aspetti relativi allo stato attuale dell ambiente... 107 Scoping... 107 Identificazione delle tematiche ambientali che necessitano di coordinamento regionale in quanto di interesse del territorio di più province.... 108 Valutazione della sostenibilità del piano... 108 Valutazione di coerenza interna/esterna... 108 Identificazione degli impatti e dei principali effetti sull ambiente, e delle relative misure di mitigazione e compensazione.... 108 Confronto tra le alternative... 109 Associazione delle mitigazioni/compensazioni alle differenti fasi attuative... 109 Identificazione di un sistema di condizioni di sostenibilità per progetti e piani attuativi. 109 Il Monitoraggio dell attuazione del Piano... 109 Rapporto di Valutazione V.A.S.... 110 Elaborazione di una sintesi non tecnica del Rapporto V.A.S... 110 L ACQUISTO DI TERRENI QUALE STRUMENTO DI CONSERVAZIONE A LUNGO TERMINE... 111 3

16 BIBLIOGRAFIA... 115 4

PARCHI E RISERVE PER IL FUTURO DELLA TERRA Siamo l ultima generazione ancora in tempo e in grado di salvare le estensioni naturali necessarie a garantire la funzionalità dei sistemi ecologici che consentono la vita sulla Terra. Le aree protette costituiscono lo strumento più efficace per applicare in concreto lo sviluppo sostenibile, basato su un uso razionale delle risorse naturali che rispetti gli equilibri ecologici del Pianeta 5

1 AREE PROTETTE E LO SVILUPPO SOSTENIBILE 1.1 LA CONSERVAZIONE DELLA NATURA: UNA SCELTA OBBLIGATA Dopo la Seconda Guerra Mondiale il ritmo con cui è andato degradandosi il territorio italiano è andato aumentato anno dopo anno in maniera esponenziale. Negli ultimi cinquant'anni si è sviluppata in Italia un attività edilizia che non ha confronti con le epoche passate. E' stato calcolato che il 90% circa degli spazi urbani è stato costruito dal dopoguerra ad oggi: solo il 10% di città e paesi ( corrispondente ai centri storici) lo abbiamo ereditato dalle generazioni precedenti. Si è costruito in ogni dove: si sono tagliati boschi, abbandonate colture, si è ridotto il terreno permeabile; si sono ignorate la natura, il sottosuolo, le cavità dei terreni e i sottili sistemi che connettono e regolano i meccanismi naturali. Il risultato di questo fenomeno è riassunto nella carta d Italia rappresentata in Fig.1, risultato dello studio Ecosistema Italia compiuto dal WWF Italia nel 1996. Nell ambito di questo studio il territorio italiano è stato studiato con un GIS 1 per verificare quali fossero le aree ancora naturali o seminaturali e quali invece quelle da considerarsi antropizzate. A questo scopo il territorio nazionale è stato suddiviso in quadrati teorici di 100 m x 100 m e per ciascuno di essi sono stati elaborati i valori di diverse variabili, sia di tipo naturalistico che antropico. Il tutto verificato sulla base di principi di tipo ecologico, ossia considerando non soltanto la qualità dell ambiente, ma anche la sua estensione, la sua continuità e la presenza di determinate specie, per un totale di 21 variabili sovrapposte ed elaborate tra loro anche in relazione all estensione territoriale. Dalla carta si desume che in Italia la natura è concentrata nelle zone montane delle Alpi e dell Appennino, oltre che in alcune regioni che per motivi storici hanno conservato una qualità territoriale elevata, come ad esempio la provincia di Grosseto, non a caso la meno densamente popolata della penisola italiana. Appaiono evidenti anche fenomeni del tutto negativi, primo tra tutti lo stato delle nostre coste: se da Trieste si parte per cercare una zona ecologicamente funzionale si deve arrivare alle foci del Po e poi ai laghi di Lesina e Varano a nord dello sperone del Gargano. Ad esempio risalta in termini negativi lo stato delle coste della Sicilia, tra l altro reclamizzata a fini turistici proprio per il suo mare, degradate in percentuale altissima. Lo studio Oloferne del WWF Italia, nel 1998, ha infatti stabilito che le coste italiane sono per il 51 % intensamente antropizzate, per il 14 % antropizzzate in maniera diffusa e solo per il 25% ancora integre. Soltanto in Sardegna questo rapporto si inverte, con il 75% di coste ancora libere completamente dalle costruzioni. Analoghe considerazioni possono farsi per le pianure: la Val Padana è caratterizzata da una antropizzazione diffusa e continua, lo stesso va detto per le regioni costiere adriatiche, per le zone di Roma, Firenze e per tutto il bacino del napoletano. Osservando sempre la Fig. 1 si nota anche come la continuità ambientale in Italia rischi di essere interrotta dalla eccessiva antropizzazione di alcune aree, quali ad 1 GIS è l acronimo di Geographical Information System e sta ad indicare un sistema cartografico informatizzato, ovvero elaborato cartografando le informazioni contenute in una banca dati. DISPENSA_BARDI_avanz_NOV_08.doc 6

esempio la Valle dell Adige, la zona appenninica tra Bologna e Firenze, il territorio tra Milano e Como. DISPENSA_BARDI_avanz_NOV_08.doc 7

In Italia il problema della conservazione dell ambiente naturale è quindi duplice: non soltanto la distruzione di ettari di territorio che hanno caratteristiche naturali, spesso concentrate in aree omogenee come le coste o la pianura, ma anche la frammentazione degli ambienti naturali. Ogni anno nel nostro paese circa 100.000 ettari di territori agricoli, naturali o seminaturali vengono trasformati in parcheggi, strade, insediamenti industriali, urbanistici e altre forme di antropizzazione. In Europa dal 1970 ad oggi si è perso il 2% del territorio agricolo, in Italia il 20%. Questo problema, la cui gravità è legata all irreversibilità, ha in realtà effetto non soltanto sui territori che subiscono la trasformazione, ma sulla naturalità dell intero territorio nazionale a causa della frammentazione che subiscono gli ecosistemi. Adesso, finalmente, i motori dell'espansione tendono a rallentare. Contemporaneamente si manifesta una sempre maggiore presa d atto delle problematiche ambientali. Oggi, sempre più, il territorio viene inteso come una realtà complessa, come insieme di risorse naturali, potenzialità e rischi, come sedimentazione di cultura, lavoro e storia. Il territorio è un oggetto complesso perché in esso le opere e le trasformazioni dell ambiente, progettate ed eseguite per le esigenze della società, interagiscono con le regole della natura. Trascurare o sottovalutare questa complessità è sbagliato, eppure è quello che si è fatto nel governo del territorio in Italia. Si è insomma dimenticato che la complessità si governa solo con strumenti complessi, che le trasformazioni ammissibili hanno bisogno di tempi lunghi. La sfida per la nostra generazione e per quelle future è perciò di fornire risposte alternative per lo sviluppo, l occupazione ed il benessere, attraverso il risanamento e azioni finalizzate al raggiungimento di obiettivi precisi, che assumano come spazio di azione tutto il territorio, inteso come un unico ambiente di pregio. Il compito delle discipline che si occupano di assetto del territorio e di sviluppo diviene allora, soprattutto, quello di impostare le condizioni per una possibile rigenerazione delle componenti ambientali. Il fabbisogno di natura aumenta con il crescere del tempo libero, ma rischia anch'esso di "consumare" l ambiente come un qualsiasi "prodotto" senza promuovere una cultura del territorio, che può essere diffusa solo attraverso la restituzione di significato ai luoghi e ai beni culturali e ambientali. Le Aree Protette non sono altro che i laboratori in cui sperimentare le pratiche da applicare progressivamente all intero territorio. 1.2 LA SOLUZIONE POSSIBILE: LO SVILUPPPO SOSTENIBILE Il concetto di Sviluppo Sostenibile è stato introdotto nella Conferenza Mondiale sull Ambiente delle Nazioni Unite tenutasi a Rio dejaneiro nel 1992. Lo Siviluppo Sostenibile si articola in tre componenti distinte, ma strettamente correlate: - la sostenibilità ecologica; - la sostenibilità economica; - la sostenibilità sociale. Sostenibilità Ecologica: Lo sviluppo sostenibile implica il mantenersi entro la capacità di carico dei sistemi ecologici, ovvero regolando l input di risorse naturali nel sistema economico (inclusa la trasformazione diretta e indiretta degli ecosistemi) e l output di rifiuti in modo da mantenere la produttività e la funzionalità dei sistemi ecologici. In pratica questo significa mantenere i processi DISPENSA_BARDI_avanz_NOV_08.doc 8

ecologici (cicli biogeochimici, biodiversità, stabilità degli ecosistemi, evoluzione delle specie) e usare le risorse in modo sostenibile. L uso sostenibile, in particolare, richiede di: 1) Usare le risorse naturali rinnovabili su livelli che ne consentano la rigenerazione naturale, mantenendo la funzionalità degli ecosistemi e non solo la produttività della singola risorsa; 2) Usare le risorse non rinnovabili su un livello che dia il tempo di sviluppare alternative rinnovabili; 3) Regolare le emissioni di rifiuti nell ambiente su livelli che ne consentano il completo assorbimento nei cicli naturali. Sostenibilità Economica: Tradizionalmente la sostenibilità economica implica il mantenimento del capitale. Da essa deriva la classica definizione di reddito (Hicks) che indica quanto un soggetto può consumare in un certo periodo di tempo senza ridurre la sua ricchezza (il capitale). Questa è già una definizione di sostenibilità. Purtroppo però tra capitale artificiale o manufatto (riproducibile, come dicono gli economisti), capitale sociale-umano e capitale naturale, l economia si è occupata molto del primo, poco del secondo e nulla del terzo. Questa trascuratezza dipende dal fatto che fino agli ultimi decenni il capitale naturale (foreste, suolo fertile, pesce, aria pulita) non era scarso. Inoltre l economia valuta il capitale in valore monetario, ma le funzioni ecologiche non hanno prezzi di mercato e il loro costo è difficile da valutare. La sostenibilità economica implica la piena valutazione delle tre forme di capitale, l internalizzazione di tutti i costi, inclusi quelli futuri, la strutturazione di un mercato concorrenziale che possa svilupparsi senza dipendere dalla crescita materiale. Sostenibilità Sociale: Lo sviluppo sostenibile richiede strutture e organizzazioni sociali dove le comunità controllano le risorse naturali e sono capaci di gestirle razionalmente. I costi sociali dell intero ciclo di produzione e consumo devono essere internalizzati. La sostenibilità sociale si fonda su di un elevato grado di equità e giustizia sociale, di identità culturale e coesione sociale e di partecipazione alle scelte e all assunzione di responsabilità. Lo sviluppo sostenibile deve favorire il mantenimento e la crescita del capitale sociale in termini di morale, coesione delle comunità e vita culturale oltre a fattori già oggi più considerati come educazione, salute, formazione professionale. Il concetto di sviluppo sostenibile ha finalmente cancellato il preconcetto di Area protetta come vincolo, sostituendola con quello di un area di cui la gestione lega la conservazione del sistema fisico-biologico e quello storico-culturale forme di sviluppo sostenibile. 2 IL QUADRO DI RIFERIMENTO ISTITUZIONALE NAZIONALE E COMUNITARIO PER LA PROTEZIONE DELLA NATURA Il quadro di riferimento istituzionale per quel che riguarda le aree protette ha due assi portanti fondamentali, uno a livello nazionale e un altro a livello comunitario. Il primo è la Legge quadro per le aree protette (L.394/91), ottenuta dopo una ventennale battaglia da parte degli ambientalisti, che governa la gestione del Sistema Nazionale delle Aree Protette, composta da parchi e riserve, l altro è la Direttiva Habitat (92/43/CEE) dell Unione Europea, che ha portato all istituzione DISPENSA_BARDI_avanz_NOV_08.doc 9

della Rete Natura 2000, composta da Siti di Importanza Comunitaria e Zone di Protezione Speciale. E importante però sottolineare come alla tutela della natura e dell ambiente costituisca un concerto di disposizioni nazionali e comunitarie che vale la pena ricordare. Infatti il contesto globale di riferimento per le politiche, in materia di conservazione e gestione del patrimonio naturale e ambientale, deriva da un ormai consolidato e articolato apparato programmatico-normativo di livello internazionale e comunitario succedutosi in quasi trent anni e che ha subito una poderosa accelerazione in questi ultimi anni. La presenza all interno delle aree protette di aree di interesse comunitario e internazionale fa ritenere utile riportare in primo luogo i riferimenti a scala internazionale, dove sono venute affermandosi negli ultimi anni prospettive di salvaguardia ambientale e sviluppo sostenibile che, condivise dalla UE e dal nostro Paese, possono essere sintetizzate nei seguenti indirizzi prioritari per le aree protette: - articolazione delle politiche ambientali sul territorio con riferimento ai sistemi economici, sociali e culturali locali; - l inquadramento delle politiche di protezione della natura nelle politiche di sviluppo sostenibile. Il Sistema Nazionale delle aree protette è andato formandosi a partire dal 1922 con l istituzione del Parco Nazionale del Gran Paradiso ed è stato razionalizzato dall emanazione della Legge quadro per le aree protette (n. 394/91). Coerentemente agli orientamenti internazionali, la legge rinforza il rincorso alla pianificazione come strumento ordinario per la gestione attiva dei parchi e delle risorse naturali soprattutto in relazione a: - l esigenza di legittimare e diversificare l azione di tutela, nel quadro di strategie complesse di riqualificazione paesistica e ambientale; - l esigenza di affrontare più efficacemente i conflitti, i rischi e i problemi che si riscontrano nelle aree protette; - l esigenza di spostare gradualmente l azione di tutela dai vincoli e dalle misure puramente difensive alle politiche attive d intervento fisico, economico e socioculturale; - l esigenza di coinvolgere in processi democratici e trasparenti di elaborazione delle scelte di tutela tutti i soggetti interessati, a partire dalle comunità locali, anche al fine di più efficaci raccordi con le politiche di sviluppo dei territori circostanti. La Rete Natura 2000, un progetto centrale europeo per la diversità ecologica e paesistica, dovrebbe essere formato attraverso la realizzazione di reti a scala nazionale (Rete Ecologica Nazionale) e locale. Infatti si amplia la prospettiva, sia delle aree protette, sia delle reti ecologiche, se alla conservazione si aggiungono le opportunità di fruizione sociale, tempo libero e turismo. Le indicazioni europee spingono verso un approccio: DISPENSA_BARDI_avanz_NOV_08.doc 10

- globale; nel senso di inserire le problematiche e le politiche delle aree protette nel contesto più ampio del sistema nazionale e regionale delle aree protette; - integrato; mirando cioè a inserire le politiche di gestione, di tutela, e sviluppo sostenibile nell ambito territoriale di riferimento del parco; - socialmente orientato; al fine di inserire le politiche ambientali nel quadro dei fabbisogni della comunità locale promuovendone le capacità economiche, sociali e culturali. Alla scala europea le aree protette dimostrano forti connessioni con la gestione del territorio perché sono elementi portanti delle politiche ambientali, sebbene sia nota la mancanza di informazioni sistematiche sulle esperienze di pianificazione e gestione. Peraltro, negli ultimi anni, in Europa il coordinamento delle politiche e della pianificazione ha fatto consistenti passi avanti che è possibile delineare come segue: è in atto nel continente una crescita delle aree protette; si sono attenuati i conflitti tra i parchi e i contesti locali per il passaggio dal concetto di risorse vincolate a risorse per lo sviluppo; si è consolidato il rapporto tra pianificazione e gestione con l integrazione tra le diverse dimensioni presenti nelle aree protette. L'aumento quantitativo delle aree protette ha implicato, e sempre di più implicherà, la sovrapposizione dei parchi ad aree interessate da forti processi di urbanizzazione e di sviluppo produttivo. In questo modo si va determinando un aumento delle problematiche relative alle aree protette nella gestione complessiva di questi territori, che non possono più prescindere dai contesti di riferimento in cui sono inseriti. Nello stesso tempo, sono in atto processi di degrado e alterazione dell ambiente diffusi con ricadute globali. Questi fatti generano conflitti tra interessi economici, sociali, culturali e la tutela delle risorse naturali che sono profondamente diversi da quelli affrontati al momento della nascita delle politiche di protezione. Tutto ciò ha determinato anche lo sviluppo del diritto ambientale e la diffusione della necessità di una crescita sostenibile e delle identità territoriali. E tuttavia possibile mettere in evidenza alcune tendenze negative che incidono profondamente in queste politiche e in quelle più generali del territorio: - differenza di procedure, tra pianificazione delle aree protette e del territorio ordinario, che incide negativamente anche sugli stessi parchi e riserve; - sottovalutazione nei piani dello sviluppo locale; - mancanza di una sufficiente integrazione tra piani e programmi di spesa. La dipendenza delle condizioni ambientali delle aree protette rispetto a fattori di modificazione generati all esterno delle stesse, assieme all impossibilità di delimitare univocamente i loro processi ecologici o di governare completamente i flussi turistici, implica la necessità di una maggiore relazione tra la pianificazione delle aree protette e quella di conservazione della natura e riqualificazione ambientale del resto del territorio. Pertanto, la pianificazione e la gestione delle aree protette devono guardare oltre i confini di queste, attraverso lo strumento della conoscenza esteso su ogni tema alla pertinente scala territoriale di approfondimento. DISPENSA_BARDI_avanz_NOV_08.doc 11

Oggi in Italia l incidenza delle aree naturali protette, di varia tipologia, interessa una percentuale consistente del territorio nazionale. L elenco ufficiale attualmente in vigore2 ne riporta un totale di 772, per una superficie totale pari a circa il 10% del territorio nazionale. Sono stati inoltre individuati 2.480 Siti Natura 20003 che interessano complessivamente il 14,6% del territorio nazionale4. I criteri e le priorità di tutela che hanno portato alla nascita del Sistema nazionale delle Aree Protette da un lato e della Rete Natura 2000 dall altro, sono diversi. Le prime sono state istituite grazie a una serie di provvedimenti legislativi estremamente diversificati e particolari, emanati per risolvere problematiche locali. Le motivazioni che hanno indotto a imporre la tutela di queste aree sono state sia di tipo culturale (salvaguardia di risorse faunistiche e botaniche uniche), sociale (miglioramento della qualità della vita delle popolazioni) ed economico (presupposto per uno sviluppo sostenibile del territorio circostante). Invece, i Siti di Interesse Comunitario nascono da un unico progetto europeo volto alla conservazione della biodiversità degli stati membri e in particolare alla salvaguardia degli ecosistemi e delle specie animali e vegetali minacciate in quanto ritenute di interesse prioritario. L identificazione del sito è legata alla presenza di una singola specie o habitat e, per tale ragione, molti di questi sono presenti in aree in cui esistono attività antropiche. Da tutto ciò emerge che i due sistemi sono solo parzialmente sovrapposti (le aree non coincidono, almeno non sempre o non completamente), pertanto la percentuale complessiva del territorio nazionale destinata alla tutela della biodiversità raggiunge il 19%. Il significativo incremento delle Aree Protette che si è registrato negli ultimi anni in Italia ha inevitabilmente comportato un progressivo avvicinamento di queste ai territori interessati da forti processi di urbanizzazione e di sviluppo produttivo. Questo ha determinato un aumento delle problematiche relative alla gestione complessiva di questi territori, e l impossibilità di prescindere dai contesti di riferimento in cui le Aree Protette sono inserite. D altra parte, sono anche in atto processi di degrado e alterazione dell ambiente che generano ulteriori conflitti tra interessi economici, sociali, culturali e la tutela delle risorse naturali, profondamente diversi da quelli affrontati al momento in cui le politiche di protezione hanno preso l avvio. In questa prospettiva emerge chiaramente la necessità di pianificare la gestione delle Aree Protette in maniera organica, permettendo la conservazione della biodiversità e nel contempo favorendo una crescita sostenibile dell economia e delle identità territoriali presenti all interno delle Aree Protette. L esigenza di conciliare la protezione della natura con uno sviluppo economico compatibile emerge anche dalla legislazione, infatti: l obiettivo indiretto che la Legge quadro assegna al Sistema Nazionale delle Aree Protette è quello di favorire lo sviluppo economico delle realtà locali ; la Direttiva Habitat impone che i paesi membri 2 Quello relativo al quinto aggiornamento dell Elenco Ufficiale delle aree protette (EUAP) approvato con delibera della Conferenza Stato Regioni del 24 luglio 2003 e pubblicato nel Supplemento ordinario n. 144 alla Gazzetta Ufficiale n. 205 del 4 settembre 2003. 3 Ai sensi del D.P.R. 357/97 di recepimento della Direttiva Habitat 4 Dati aggiornati al settembre 2005 DISPENSA_BARDI_avanz_NOV_08.doc 12

garantiscano la conservazione della biodiversità in condizioni soddisfacenti anche indirizzando lo sviluppo verso forme di utilizzo ecocompatibili. 2.1 LEGGI NAZIONALI Si riportano qui di seguito le principali leggi di riferimento per la conservazione dell ambiente: Decreto Attuativo 122/98 Ulteriore conferimento di funzioni e compiti amministrativi dallo Stato alle regioni ed enti locali in attuazione del capo 1 della Legge 15/3/1997, n. 59 ; Legge 59/97 Delega al Governo a trasferire funzioni e compiti alle regioni ed agli enti locali per la riforma della P.A. e per la semplificazione amministrativa ; Legge 344/97 Disposizione per lo sviluppo e la qualificazione degli interventi e dell occupazione in campo ambientale ; Legge 97/94 Nuova Legge per le zone montane ; Legge 37/94 Norme per la tutela ambientale delle aree demaniali dei fiumi, dei torrenti, dei laghi e delle altre acque pubbliche Legge 157/92 Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio ; Legge 394/91 Legge quadro sulle aree protette ; Legge 142/90 Ordinamento delle autonomie locali ; Legge 183/89 Norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo ; Legge 431/85 Tutela delle zone di particolare interesse ambientale ; Legge 979/82 Disposizioni per la difesa del mare ; Legge 47/75 Norme integrative per la difesa dei boschi dagli incendi; Legge 1102/71 Nuove norme per lo sviluppo della Montagna ; Legge 765/67 Modifiche e integrazioni alla L.U. 1150/42 ; Legge 1150/42 Legge urbanistica ; Legge 1497/39 Protezione delle bellezze naturali ; Legge 1089/39 Tutela delle cose di interesse artistico o storico ; Decreto R.D. 1126/26 Regolamento per l applicazione del R.D. 3267/23 ; R.D. 3267/23 Riordinamento e riforma della legislazione in materia di boschi e territori montani 2.2 LE CONVENZIONI INTERNAZIONALI Vanno ricordate le numerose convenzioni internazionali che hanno avuto, e in alcuni casi hanno tutt ora, un importanza fondamentale per diversi aspetti, sintetizzabili nella diffusione dei principi di conservazione nei di versi paesi; Convenzione di Ramsar sulle zone umide di importanza internazionale, soprattutto come habitat dell avifauna migratoria acquatica, sottoscritta il 2 febbraio 1971. Ratificata in Italia con DPR 13 marzo 1976 n. 448. Convenzione di Barcellona per la protezione del mar Mediterraneo dall inquinamento, sottoscritta il 16 febbraio 1976. Ratificata in Italia con legge 25.1.1979 n. 30 (leggi collegate: 979/82, 394/91). Convenzione di Parigi, sottoscritta nel 1950 per la tutela dell avifauna e ratificata dall Italia nel 1979. DISPENSA_BARDI_avanz_NOV_08.doc 13

Convenzione di Berna relativa alla tutela della vita selvatica e dell ambiente naturale in Europa, sottoscritta il 19 settembre 1979. Ratificata in Italia con legge 5.8.1981 n. 503 (legge collegata:157/92). Convenzione di Washington sul commercio delle specie di flora e fauna minacciate di estinzione (Cites), sottoscritta il 3 marzo 1973. Introdotta in Italia con le leggi 19.12.1975 n. 874 e 7.2.1992 n. 150 (modificata dalla legge 13.3.1993 n. 59). Convenzione di Bonn per la tutela delle specie migratorie, sottoscritta il 23 giugno 1979, ratificata in Italia con la legge 25 gennaio 1983 n. 42. Convenzione delle Alpi per la protezione delle Alpi, sottoscritta a Salisburgo il 7 novembre 1991. La Convenzione è in corso di ratifica da parte dell Italia. Per il triennio 1997-99 la presidenza del gruppo di lavoro Sistema per l osservazione e informazione delle Alpi (Soia) è stata affidata all Italia. Convenzione sulla biodiversità, firmata a Rio de Janeiro il 5 giugno 1992. Ratificata in Italia con legge 14 febbraio 1994 n. 124 (e delibera Cipe del 16.3.1994, documento Linee strategiche e programma preliminare per l attuazione della Convenzione sulla biodiversità in Italia ). 2.3 DIRETTIVE E REGOLAMENTI - Regolamento (Cee) n. 3626/82, modificato in regolamento 338/97 e regolamento 393/97, relativo alla tutela delle specie in via di estinzione tramite il controllo del commercio di specie protette. - Regolamento Life 1973/92, modificato dal regolamento Cee 1404/96, per il sostegno (finanziario) di azioni relative alla conservazione della natura. - Regolamento Cee n. 2978/92 del 30/6/92, relativo a metodi di produzione agricola compatibili con le esigenze di protezione dell ambiente e con le aree dello spazio naturale. - Regolamento Cee n. 2980/92 del 30/6/92, relativo ad aiuti alle misure forestali nel settore agricolo. - Direttiva 79/409/CEE "Uccelli" del Consiglio del 2 aprile 1979, relativa alla conservazione degli uccelli selvatici. - Direttiva 92/42/CEE "Habitat" del Consiglio del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e delle specie della flora e della fauna selvatiche. 3 L ECOLOGISMO Per l ecologismo moderno, uno dei più importanti movimenti sociali della seconda metà del 20 sec., nato negli anni Sessanta e consolidatosi nel ventennio successivo, gli anni Novanta sono stati un periodo di profonda trasformazione, che lo ha consegnato al nuovo millennio significativamente modificato rispetto alle origini. Durante gli anni Ottanta si era avuto, a livello sia nazionale sia internazionale, il definitivo riconoscimento del diritto all ambiente; un ruolo fondamentale di protesta, di stimolo e di proposta era stato svolto in tutto il mondo dalle organizzazioni ecologiste, che tra la fine del decennio e l inizio degli anni Novanta hanno raggiunto i massimi livelli di popolarità. L ultimo decennio del 20 sec. ha DISPENSA_BARDI_avanz_NOV_08.doc 14

denunciato l urgenza di affrontare problematiche ambientali globali quali la perdita di biodiversità, i cambiamenti climatici, la distruzione delle foreste e degli oceani, i rischi dell ingegneria genetica, la minaccia nucleare, l uso di sostanze chimiche pericolose, la fame, l uso non sostenibile delle risorse naturali non rinnovabili, primi tra tutti i combustibili fossili. Nel frattempo gli organismi istituzionali nazionali e internazionali preposti alla salvaguardia dell ambiente, hanno attuato in tutto il mondo programmi d intervento dotati di risorse ben superiori a quelle utilizzabili dalle associazioni ecologiste e rendendo meno necessario il loro intervento diretto. Il mondo ecologista si è concentrato quindi sul perseguire quello sviluppo sostenibile, i cui principi erano stati sanciti fin dalla prima conferenza delle Nazioni Unite sull Ambiente tenuta a Stoccolma nel 1972, ma che si era andato affermando negli anni Ottanta fino a trovare la sua definizione più nota nel rapporto Brundtland: «L umanità ha la possibilità di rendere sostenibile lo sviluppo, cioè di far sì che esso soddisfi i bisogni dell attuale generazione senza compromettere la capacità di quelle future di rispondere ai loro» (The World Commission on Environment and Development, Our Common Future, 1987, p. 43; trad. it. 1988, p. 32). Il perseguire lo sviluppo sostenibile ha ampliato notevolmente il campo d azione dell ecologismo, allontanandolo dalla difesa a oltranza dell ambiente naturale, e favorendo il riconoscimento dell importanza di coniugare la sostenibilità ecologica con quella sociale ed economica. Da un lato lo sviluppo sostenibile integrava in maniera articolata e coerente la tutela dell ambiente con i principi di cooperazione internazionale, di equità tra Nord e Sud del mondo, di responsabilità dell individuo, di rispetto delle capacità di carico degli ecosistemi, che erano state da sempre patrimonio del mondo ecologista. Dall altro rinunciava alla speranza di salvaguardare il mondo selvaggio, che era stata, sin dall Ottocento, alle origini del movimento e in particolare dell ecologia profonda (deep ecology), ammettendo la necessità di integrare conservazione e sviluppo. Il movimento ecologista ha dovuto quindi calibrare il proprio ruolo sviluppando maggiormente, al fianco delle attività tradizionali di intervento diretto sul campo, di protesta e di denuncia, quelle d interlocuzione continua con le istituzioni nazionali e internazionali in materia ambientale, divenendo, anche in forza del prestigio e dell appoggio popolare acquisiti, costante interlocutore delle istituzioni ambientali nazionali e internazionali, difendendo il diritto all ambiente, stimolando l adozione di nuovi strumenti normativi, contribuendo all avanzamento delle conoscenze scientifiche. Alla fine del millennio l ecologismo entrava con decisione anche nell industria, per rendere, attraverso tecnologie innovative e sistemi di certificazione, i flussi di materia e di energia sempre più compatibili con le limitate risorse del pianeta e quindi, in particolare, per trasformare i tradizionali processi lineari di produzione, destinati a produrre scarti e rifiuti, in processi circolari in grado di recuperare materiali usati ed energia. In sostanza per promuovere un capitalismo naturale che riconoscesse «la fondamentale interdipendenza tra produzione/consumo del capitale creato dall uomo e conservazione/utilizzo del capitale naturale» (P. Hawken, A. Lovins, L.H. Lovins 1999; trad. it 2001, p. 23). L ecologismo affrontava quindi il nuovo millennio rinnovando il proprio impegno per la conservazione della naturalità del pianeta, ma sempre più anche quale elemento fondamentale per la sopravvivenza della specie umana afflitta da problemi di fame, di sete, di riduzione delle risorse, di inquinamento. DISPENSA_BARDI_avanz_NOV_08.doc 15

Dalla conservazione della natura alla biologia della conservazione. La consapevolezza di non poter arrestare lo sviluppo delle attività umane, ma di poterlo al più rendere ecologicamente sostenibile, ha determinato una modificazione profonda anche nell approccio alla conservazione della natura, o meglio della biodiversità, costituita dalle specie viventi e dagli ambienti che queste compongono. L approccio tradizionale, infatti, basato sull istituzione di parchi e di riserve per tutelare le aree di maggior valenza ecologica e sulla protezione delle specie minacciate dall estinzione, ha subito un notevole avanzamento concettuale. Gli ultimi decenni del 20 sec. hanno avuto denunciato la gravità della perdita di naturalità del pianeta, causata dalla distruzione degli ecosistemi, ma anche dalla loro frammentazione, dovute all accelerazione avuta dall antropizzazione del territorio. Le basi scientifiche di questo nuovo approccio, alla cui definizione hanno dato un contributo molto importante le associazioni ecologiste, e in particolare il WWF (World Wildlife Fund), sono quelle della biologia della conservazione, nata a partire dal 1980 con gli studi di M.E. Soulè e di B.A.Wilcox sviluppati negli anni successivi da G.K. Meffe e C.R. Carrol (Principles of conservation biology, 1997). Sono stati quindi studiati e identificati i criteri per censire e mappare la biodiversità, identificare la popolazione minima vitale di una specie e la dimensione minima di un ambiente naturale funzionale a ospitarla in maniera durevole. Da tali studi è nato, a partire dagli anni Novanta, un nuovo approccio alla conservazione della natura, che pur riconoscendo ai parchi e alle riserve un ruolo fondamentale, si basa su una visione di lungo periodo (almeno 50 anni) per sistemi di area vasta, nei quali è necessario garantire il tessuto connettivo della vita, in altre parole la circolazione delle specie animali e vegetali, e quindi gli scambi genetici indispensabili per garantire le opzioni evolutive dei sistemi naturali. Tale approccio eco-regionale, adottato dal WWF internazionale sin dalla metà degli anni Novanta, ha portato alla redazione di studi innovativi per la conservazione della natura, a partire dal pionieristico Wildland Project, elemento fondante di un movimento ecologista impegnato per la salvaguardia degli spazi selvaggi del Nord America. La rivoluzione di Rio. La pietra miliare nell evoluzione del movimento ecologista alla fine del secondo millennio, è rappresentata dalla Conferenza delle Nazioni Unite su ambiente e sviluppo (UNCED, United Nations Conference on Environment and Development) tenutasi nel 1992 a Rio de Janeiro, venti anni dopo la storica Conferenza di Stoccolma. A Stoccolma per la prima volta era stata riconosciuta la responsabilità dell uomo nei confronti delle generazioni future per la protezione della natura, la necessità di integrarla nei programmi di sviluppo anche tenendo conto delle implicazioni politiche che vi erano connesse, l esigenza di affrontare le tematiche ambientali a livello globale. A Stoccolma fu gettato il seme di quello che sarebbe poi divenuto, quasi venti anni dopo, lo sviluppo sostenibile: il movimento ecologista e le Nazioni Unite avviarono infatti due percorsi autonomi finalizzati alla salvaguardia del pianeta, che si sarebbero integrati definitivamente proprio nella Conferenza di Rio de Janeiro, ma che condivisero nel corso degli anni tappe importanti, grazie al contributo dato dagli ecologisti in termini di stimoli, di conoscenze e di confronto. Una tappa fondamentale verso la Conferenza di Rio den Janeiro è stata la presentazione, nel 1991, da parte dell Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN), del Programma per l Ambiente delle Nazioni Unite (UNEP) e del WWF, della strategia Prendersi cura della Terra, strategia per un vivere DISPENSA_BARDI_avanz_NOV_08.doc 16

sostenibile. Scopo di tale documento, che ha ampliato e approfondito i contenuti della Strategia mondiale per la Conservazione, pubblicata nel 1980 dalle stesse organizzazioni, consiste nel:«contribuire a migliorare le condizioni di vita della popolazione mondiale, definendo due esigenze precise: mantenere le attività umane nei limiti delle capacità di carico della Terra ed eliminare le disparità esistenti a livello sia di sicurezza sia di opportunità tra le regioni ricche e quelle povere del mondo». (IUCN/UNEP/WWF, Caring for the Earth, a strategy for sustainable living, 1991; trad. it 1991, p. 3). Sono stati individuati i principi guida per la creazione di società sostenibili e sono state definite anche azioni che ciascun individuo, a diversi livelli e con diversi ruoli, può mettere in pratica per attuarle. Intanto il mondo scientifico ha messo a fuoco i fondamenti dello sviluppo sostenibile e in particolare i rapporti tra equilibrio ecologico ed equilibrio economico, grazie soprattutto alle ricerche e all impulso di R. Costanza e H. Daly. È nata così l economia ecologica (ecological economics), come superamento dell economia tradizionale, dell economia ambientale e delle risorse naturali (environmental economics), quale nuovo campo di studi interdisciplinare attento alle relazioni tra ecosistemi e sistemi economici in senso lato. Contrariamente all economia tradizionale, completamente astratta dall ambiente, «la visione preanalitica su cui si basa l economia ecologica è che l economia, nelle sue dimensioni fisiche, è un sottoinsieme aperto di un ecosistema materialmente chiuso, che non cresce ed è finito» (Daly 1996, p. 103). Per l economia ecologica la sostenibilità è «sviluppo senza una crescita che superi la capacità portante dell ambiente, dove sviluppo significa miglioramento qualitativo e crescita significa incremento quantitativo» (Daly 1996, p. 14). Durante la Conferenza di Rio de Janeiro, governi ed ecologisti hanno preso atto congiuntamente dei limiti della crescita, e conseguentemente della necessità di perseguire uno sviluppo ecologicamente, socialmente ed economicamente sostenibile. A tale fine, di enorme importanza storica, è stato definito un vero e proprio programma operativo congiunto dei governi e del mondo ecologista per la salvaguardia ambientale a livello globale, da attuarsi a diversi livelli, fino a quello delle comunità locali. A vent anni dalla Conferenza di Stoccolma, nella consapevolezza che le scelte condivise e partecipate siano quelle destinate ad aver maggior successo, governi ed ecologisti si sono alleati per risolvere le problematiche ambientali, articolando la propria azione nel rispetto del principio pensare globalmente e agire localmente avendo quindi una visione globale declinata a livello locale. I risultati della Conferenza sono stati straordinari, in quanto sono state approvate: la Dichiarazione di Rio de Janeiro su ambiente e sviluppo, la Dichiarazione dei principi per la gestione sostenibile delle foreste, l Agenda 21, la Convenzione sulla biodiversità e la Convenzione sui cambiamenti climatici. È stato anche deciso l inizio dei negoziati per la Convenzione sulla desertificazione, che è stata poi adottata nel 1994. stata anche istituita la Commissione per lo Sviluppo Sostenibile (CSD), molto importante per il coordinamento a livello internazionale dell attuazione di quanto previsto dall Agenda 21. La Dichiarazione di Rio de Janeiro si articola in 27 articoli basati su principi che si ritrovano nella Dichiarazione dei principi per la gestione sostenibile delle foreste e nell Agenda 21; i più importanti riguardano: l equità fra generazioni, l integrazione, le responsabilità comuni, ma differenziate, la non discriminazione, la precauzione, il principio secondo cui chi inquina paga, la necessità di salvaguardare le comunità indigene, la pace, il diritto internazionale in materia ambientale. Il risultato più DISPENSA_BARDI_avanz_NOV_08.doc 17

importante per la tutela dell ambiente a livello globale è stato, all atto pratico, l Agenda 21, un programma di azioni per attuare lo sviluppo sostenibile nel 21 sec., articolato in quattro sezioni delle quali le prime tre dedicate nell ordine alle dimensioni dello sviluppo sostenibile: economica, ambientale e sociale e la quarta agli strumenti, finanziari e non, necessari per l attuazione. L Agenda 21 ha stabilito obiettivi e tempi per il loro raggiungimento, fissando verifiche quinquennali. Tra gli impegni rispettati si può, per es., citare il Protocollo di Kyoto (1997) della convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, mediante cui i Paesi industrializzati si sono impegnati a ridurre, nel periodo 2008-2012, il totale delle emissioni di gas a effetto serra di almeno il 5% rispetto alle emissioni del 1990. Grande importanza ha avuto la Dichiarazione del millennio delle Nazioni Unite (United Nations Millennium Declaration, 2000), contenente i principi su cui fondare i rapporti internazionali del terzo millennio, e una serie di azioni e di obiettivi per lo sviluppo sostenibile. L Assemblea generale delle Nazioni Unite ha deciso che la revisione dello stato di avanzamento dell Agenda 21 coincidente con il decennale della Conferenza di Rio de Janeiro, all alba di un nuovo millennio, si svolga con la partecipazione di capi di Stato e di capi di governo, per rafforzare l impegno globale per lo sviluppo sostenibile. L evento si è svolto a Johannesburg, in Sud Africa, con una partecipazione straordinaria: più di 100 tra capi di Stato e capi di governo, 10.000 delegati di governi e organizzazioni internazionali, 8.000 delegati del mondo industriale, 4.000 giornalisti. Sono stati approvati: la Dichiarazione di Johannesburg sullo sviluppo sostenibile, che ha ribadito l importanza del percorso iniziato a Stoccolma e proseguito a Rio de Janeiro e il Piano di attuazione (JPoI), accordi di collaborazione tra governi e vari portatori d interesse, incluse imprese e associazioni non governative, per mobilitare risorse utili. (La Camera 2003). Il movimento ecologista in Italia dopo il 1990. Nel 1990 hanno operato in Italia 16 associazioni ambientaliste riconosciute dal Ministero dell Ambiente e della tutela del territorio: le più attive, tra quelle prettamente ecologiste, erano il Fondo Mondiale per la Natura (WWF Italia), Legambiente, Greenpeace, Italia Nostra, Lega Italiana Protezione Uccelli (LIPU), Amici della Terra, Federazione Italiana Pro Natura e Mare Vivo. A esse si aggiungevano altre, meno focalizzate sulle problematiche ambientali, tra cui il Fondo per l Ambiente Italiano (FAI), il Club Alpino Italiano (CAI) e il Touring Club, oltre a una moltitudine di piccole associazioni e gruppi attivi locali non riconosciuti. Gli anni Novanta si sono aperti per il movimento ecologista italiano con due eventi molto importanti. Il primo è stato il referendum popolare per abrogare l art. 842 c.c., che autorizza l ingresso dei cacciatori sui terreni privati, e sulla riduzione dell uso dei pesticidi (1990). Tale referendum, pur non raggiungendo il risultato sperato dagli ecologisti, ha portato all emanazione della nuova legge sulla caccia (l. 1 febbr. 1992 nr. 157) che riduceva la stagione venatoria e il numero di specie cacciabili, legando i cacciatori al proprio territorio di appartenenza. Il secondo è stato un successo, maturato dopo oltre trent anni di dibattiti e battaglie: l emanazione della legge quadro sulle aree protette (l. 6 dic. 1991 nr. 394), che ha fatto finalmente entrare la tutela della natura di diritto tra le conquiste sociali e culturali della comunità nazionale e ha fatto salire al 10% nell anno 2000 la percentuale di territorio nazionale protetto, raggiungendo l obiettivo che gli ambientalisti si erano posti nel 1980 lanciando la sfida del 10%, durante il convegno presso l Università di Camerino. DISPENSA_BARDI_avanz_NOV_08.doc 18

Le grandi associazioni, un tempo fondate sul volontariato e sulle attività di contestazione, negli anni Novanta si sono attrezzate per interloquire costantemente con le istituzioni sia centrali sia periferiche, per svolgere quelle attività che scaturiscono da un ecologismo che accetta il concetto d impatto ambientale, associando alla protesta la proposta istituzionale e tecnica. Grazie al sostegno finanziario dei propri membri, esse si sono dotate di strutture professionali adeguate ai tempi, ma in alcuni casi troppo burocratizzate, riducendo la propria capacità d intervento. Ai volontari che si erano battuti, in un Italia priva di legislazione ambientale, perché fosse riconosciuto il diritto di godere del patrimonio naturale, anche a costo della limitazione dei diritti privati, si sono pian piano aggiunti altri, più attenti alle problematiche emergenti, derivanti dagli effetti ambientali e sociali della globalizzazione economica. La politica si avvicina così all ambientalismo, ne assorbe talvolta uomini e idee, offuscando però in alcuni casi l immagine del movimento davanti all opinione pubblica. Il movimento ecologista italiano affronta il 21 sec. sostenendo le grandi campagne internazionali, svolgendo attività di comunicazione, ricoprendo un ruolo fondamentale per l emanazione di leggi quali, per es., la legge Galli sulle acque (l. 5 genn. 1994 nr. 36), la legge Ronchi sui rifiuti (d. legisl. 5 febbr. 1997 nr. 22), il recepimento della Direttiva Comunitaria Habitat 92/43/CEE (d.p.r. 8 sett. 1997 nr. 357), il nuovo Codice dei beni culturali e del paesaggio (d. legisl. 22 genn. 2004 nr. 42). Tali iniziative, pur importanti, sono meno attraenti per il pubblico delle attività concrete per la conservazione delle grandi specie animali, delle aree naturali e dei beni ambientali, così che il numero di associati e le donazioni in alcuni casi tendono a rimanere costanti, in altri a diminuire. Le associazioni ambientaliste godono ormai di un clima di generale consenso, ma il supporto diretto da parte dell opinione pubblica non evolve di conseguenza, anche perché attratto da altre problematiche emergenti e in gran parte irrisolte: le guerre, la fame nel mondo, la tutela dell infanzia, la lotta alle malattie. Intanto, a dimostrazione del prestigio raggiunto, le associazioni più autorevoli accumulano e gestiscono, grazie alla regolarità con cui ricevono consistenti donazioni e lasciti testamentari, cospicui patrimoni costituiti da beni naturali e ambientali in tutto il Paese. È il caso del WWF Italia, proprietario di oltre 4.560 ettari di aree naturali, e del FAI, che gestisce ben 35 proprietà comprendenti insediamenti storici, artistici e paesaggistici. Il movimento ecologista italiano ha affrontato il 21 sec. con ben 58 associazioni ambientaliste riconosciute dal Ministero dell Ambiente e della tutela del territorio, molte delle quali sorte, per ragioni politiche e con punti di vista molto diversi, in un clima di generale condivisione delle problematiche ambientali. Il loro futuro è legato alla possibilità di sostenere il prestigio e le competenze acquisite con l indipendenza e l aggressività delle origini, affiancate dalle migliori conoscenze scientifiche disponibili, per continuare a svolgere un ruolo fondamentale nella società civile difendendo i risultati raggiunti, purtroppo messi a rischio quotidianamente da cambiamenti politici, da interessi particolari e talvolta inconfessabili, dalla malavita. 4 OBIETTIVI DELLE AREE PROTETTE L obiettivo generale delle Aree Protette e la conservazione della biodiversità e la salvaguardia dei sistemi ecologici. DISPENSA_BARDI_avanz_NOV_08.doc 19

A tale obiettivo generale sono legati diversi obiettivi specifici sintetizzabili in: - Tutela dei suoli e delle acque - Gestione dei sistemi idrografici e difesa dalle alluvioni; - Conservazione della copertura vegetale dei suoli poveri; - Conservazione delle risorse genetiche di animali e piante selvatiche; - Protezione di specie in pericolo; - Conservazione degli habitat per riproduzione specie cacciabili - Salvaguardia e valorizzazione di tradizioni culturali - Occupazione - Mantenimento popolazioni sostenibili di specie autoctone - Mantenimento del numero e della distribuzione di comunità e habitat - Educazione ambientale; - Ricerca scientifica. 5 CENNI DI STORIA DELLE AREE PROTETTE IN ITALIA 5.1 IL CONTESTO INTERNAZIONALE DALLE ORIGINI AL 1900 Come è nato il desiderio dell uomo di proteggere la Natura? Forse primi casi di aree naturali protette possono essere considerati i boschi sacri degli antichi Romani 5, oppure altre emergenze naturali considerate come sacre da diversi popoli in tutto il mondo, basti pensare alle sorgenti sacre del mondo classico, o ad Ayers Rock, il monolite tuttora considerato sacro dagli aborigeni del deserto australiano. Davanti ad emergenze ambientali di rilievo gli antichi ne percepivano la bellezza e quindi le rispettavano attribuendo loro una sacralità che le sottraeva allo sfruttamento per le necessità umane. Gli aspetti estetici e sentimentali furono quindi certamente all origine dei primi casi di conservazione delle aree naturali. Andando avanti nel corso dei secoli incontriamo nell VIII secolo le riserve faunistiche istituite da Venezia per consentire la presenza di cervi e cinghiali che venivano cacciati dai nobili sulla terraferma. La prima legge sulla conservazione della natura risale all XI secolo, in Inghilterra, quando Guglielmo il Conquistatore emanò un codice per la protezione della flora e della fauna; nel XIV secolo Carlo IV di Boemia emanò invece un codice per la protezione delle foreste reali. Quando si fa riferimento a questi codici è necessario sottolineare che si trattava di leggi volte soprattutto a proteggere delle risorse a vantaggio dei signori e dei regnanti, prima che le necessità della gente. Nel 1800 sorsero diverse riserve di caccia reali in molti paesi europei, in cui le corti potessero cacciare la grande fauna, e che venivano difese per questi privilegio. Nel 1861, in Francia, furono istituite delle riserve artistiche, momento che sancisce un ritorno del principio dell estetica, nella foresta di Fontainebleu, zona dove si recavano gli artisti francesi per riprendere la bellezza del paesaggio e meritavano di essere tutelate per motivi estetici e culturali. Ma sono gli Stati Uniti il paese che ha dato il via al processo moderno di istituzione delle aree protette e soprattutto dei parchi nazionali: infatti nel 1832 in Arkansas fu 5 Quel che resta di uno di questi Boschi sacri si può ammirare nel Parco Naturale regionale dell Appia Antica, a Roma, nella Valle della Caffarella, nei pressi del Ninfeo di Egeria. DISPENSA_BARDI_avanz_NOV_08.doc 20