CONSIDERAZIONI PRELIMINARI SULLA RESISTENZA A FATICA DI STELI FEMORALI PER PROTESI D'ANCA

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CONSIDERAZIONI PRELIMINARI SULLA RESISTENZA A FATICA DI STELI FEMORALI PER PROTESI D'ANCA Pierluigi Colombi e Daniele Giuffrè Dipartimento di Ingegneria Strutturale Politecnico di Milano Piazza L. Da Vinci 32, 20133, Milano SOMMARIO: Ogni anno centinaia di migliaia di protesi d'anca vengono impiantate in tutto il mondo. Le ragioni per cui si ricorre alla sostituzione dell'articolazione femorale sono molteplici e vanno dalla artrosi primaria e secondaria, all'artrite, alla lussazione congenita ed all'evento traumatico. Durante le normali attività quotidiane, quali ad esempio la corsa, la camminata, la salita e la discesa delle scale, ed il trasporto di pesi, agiscono sull'articolazione femorale delle azioni di tipo ciclico che sollecitano la protesi. Viene dunque proposta una metodologia per la caratterizzazione a fatica di steli femorali per protesi d'anca. Il lavoro si articola in due parti. In questo articolo, che costituisce la prima parte, sono raccolte alcune considerazioni preliminari sulla resistenza a fatica di steli femorali. In particolare si valutano le azioni agenti sulla testa del femore in direzione ed intensità e si determina la curva di fatica dello stelo modello "Meros" prodotto dal Gruppo Industriale Bioimpianti. PAROLE CHIAVE: Carichi sulle protesi d'anca, steli femorali, curva di fatica di steli femorali. INTRODUZIONE Durante le normali attività quotidiane, quali ad esempio la corsa, la camminata, la salita e la discesa delle scale ed il trasporto di pesi, agiscono sull'articolazione femorale delle azioni di tipo ciclico che sollecitano la protesi. Viene dunque proposta una metodologia per la caratterizzazione a fatica di steli femorali per protesi d'anca. Il lavoro si articola in due parti. In questo articolo, che costituisce la prima parte, vengono descritte le protesi d'anca prestando particolare attenzione al problema della determinazione delle azioni agenti sulla testa del femore e della valutazione della curva di fatica dello stelo. Una corretta determinazione delle azioni agenti sulla testa del femore è di importanza fondamentale per l'analisi delle tensioni nello stelo e quindi per la valutazione della vita a fatica. In questo lavoro si farà riferimento alle misure effettuate da Bergmann (Bergmann et alíi, 1993) (Bergmann et alii, 1995a) (Bergmann et alii, 1995b) (Bergmann et alíi, 1996) su due persone portatrici di protesi sulle quali sono stati impiantati dispositivo protesici opportunamente strumentati. I valori rilevati sono in molti casi superiori al peso corporeo a causa dell'effetto dei muscoli. Ad esempio nel caso della camminata a 6 Km/h le azioni sono circa 3 volte il peso corporeo. Al fine di determinare la curva di fatica dello stelo in esame sono state effettuate un certo numero di prove sperimentali presso il Laboratorio Prove Materiali del Dipartimento di Ingegneria Strutturale del Politecnico di Milano. Le prove sono IGF 13 - Cassino 27 e 28 Maggio, 1997

P. Colombi, D. Giuffrè state effettuate seguendo le direttive della normativa ISO 7206 per quanto riguarda la direzione dei carichi applicati, le modalità di vincolo della protesi alla macchina di prova e la frequenza di applicazione del carico. Nella seconda parte del lavoro si provvederà infine alla simulazione della storia di carico giornaliera della protesi per poi determinare la vita a fatica dello stelo femorale. LE PROTESI D'ANCA L'articolazione coxo-femorale (Charnley, 1979) è l'articolazione diartrosi che collega il femore con il bacino. Il femore è l'osso lungo più voluminoso di tutto l'apparato scheletrico del corpo umano (Fig. 1). Nella posizione eretta (Charnley, 1979) è Figura 1: vista frontale del femore umano. disposto obliquamente in direzione distale mediale, cioè la parte superiore è situata in posizione più esterna rispetto a quella inferiore. La parte superiore presenta una testa arrotondata ricoperta di cartilagine, che si accoppia con la cavità cotoloidea dell'anca. La testa è retta da una parte cilindrica, il collo, che unisce la testa a due prominenze esterne, una più voluminosa, il grande trocantere, ed una meno voluminosa, il piccolo trocantere (Fig. 1). Il bacino (Charnley, 1979) è composto da due ossa dette ossa dell'anca e del sacro; oltre ad articolarsi tra loro, le ossa dell'anca uniscono il bacino stesso alla colonna vertebrale. L'osso dell'anca è costituito da tre ossa distinte in stretta connessione tra loro e con il punto di unione in una cavità emisferica, l'acetabolo, che costituisce la superficie articolare con la testa del femore (Fig. 1).

Considerazioni preliminari sulla resistenza a fatica di steli femorali per protesi d'anca Per cause patologiche (Charnley, 1979) (Jacob e Huggler, 1980) (artrosi primaria e secondaria, artrite, lussazione congenita etc.) oppure traumatiche, l'articolazione coxofemorale può perdere la propria funzionalità e la soluzione per recuperarla in Figura 2: configurazione di uno stelo femorale per protesi d'anca. parecchi casi consiste nell'artoplastica, cioè nella sostituzione di entrambi i capi articolari, testa del femore ed acetabolo, con componenti protesici (Fig. 2). La progettazione ottimale di una protesi d'anca deve osservare alcuni requisiti fondamentali. Innanzitutto le dimensioni della protesi sono il risultato di un compromesso tra le due necessità opposte di ridurre le dimensioni trasversali dello stelo per diminuire l'intrusività dell'intervento e aumentarne le dimensioni per contenere le tensioni prodotte dai carichi. Le parti devono inoltre garantire una alta mobilità per poter svolgere in modo corretto le normali attività quotidiane. I materiali (Pietrabissa, 1997) devono infine essere biocompatibili e possedere doti di resistenza all'usura, alla fatica ed alla corrosione. Quelli che più si avvicinano alle proprietà richieste sono metalli quali ad esempio leghe CoCr con aggiunte di Nichel o di Molibdeno, leghe di Titanio come la TíAl6V4 e gli acciai inossidabili austenitici (Pietrabissa, 1997). La testina della protesi può essere fatta di un'altra lega oppure di materiale non metallico come la ceramica. Per quanto riguarda l'acetabolo la soluzione migliore oggigiorno è il polietilene che viene posto in una emisfera metallica fissata alla parte ossea. L'accoppiamento testina acetabolo deve presentare un basso attrito in previsione anche di una resistenza alla usura. Per quanto riguarda i sistemi di fissaggio (Pietrabissa, 1997), due sono le tecniche attualmente in uso. La prima basa il fissaggio sulla osteointegrazione, ossia c'è contatto diretto tra impianto protesico e osso. Al fine di favorire la osteointegrazione è possibile rendere rugosa la superficie della protesi oppure rivestire la stessa con idrossiapatite (Ca4(P04)2x2H20), un materiale ceramico di composizione chimica simile a quella della sostanza minerale dell'osso. t possibile infine forare la protesi in più punti permettendo così all'osso di crescere all'interno di questi fori e creare un vincolo. La forma geometrica della protesi è molto importante. La superficie di contatto deve essere la

P. Colombi, D. Giuffrè maggiore possibile ed inoltre la distribuzione di tensioni nell'osso deve essere la più uniforme possibile al fine di evitare il fenomeno dello "stress shielding' per il quale le zone di osso non sollecitate vanno incontro a riassorbimento perdendo capacità meccaniche fino alla rottura o comunque alla mobilizzazione. Nel secondo sistema il fissaggio è reso possibile dal cemento, polimetilmetacrilato. In questo caso il foro di ingresso dello stelo è di dimensioni maggiori rispetto alla tecnica precedente ed il cemento va ad inserirsi nell'intercapedine che si viene a formare. Figura 3 : andamento della risultante delle azioni sulla testa del femore in un passo di camminata a 6 km/h CARICHI AGENTI SULL'ARTICOLAZIONE FEMORALE Aspetto fondamentale della caratterizzazione a fatica di steli femorali è la valutazione delle forze agenti sulla testa del femore al variare delle diverse attività della persona. Le forze che agiscono nell'articolazione coxo-femorale (Bergmann et alií, 1993) dipendono essenzialmente dal peso e dalla posizione assunta dal corpo. Si possono perciò distinguere tre casi: il caso statico dell'appoggio bipodalico e monopodalico ed il caso dinamico dell'appoggio monopodalico. Nel caso statico dell'appoggio bipodalico il carico gravante sulle articolazioni è solo la parte relativa al tronco ed è pari al 62% del peso corporeo totale. Nel caso statico dell'appoggio monopodalico tre fattori intervengono ad aggravare i carichi sull'articolazione: il peso della gamba sollevata, pari a circa il 19% del peso corporeo, lo spostamento laterale del baricentro che aumenta il braccio della forza gravante rispetto al vincolo rappresentato dalla testa del femore ed infine il fatto che il peso del tronco grava ora su un unico arto. Per queste ragioni la forza agente sulla testa del femore può raggiungere anche valori pari a 8-9 volte il peso corporeo (ad esempio durante una incespicata), attestandosi su valori pari a 3-5 volte il peso corporeo per le attività più comuni (ad esempio la corsa o la camminata) (Bergmann et alii, 1993). Il caso dinamico dell'appoggio monopodalico, quale ad esempio il caso della camminata, è sostanzialmente simile all'equivalente caso statico, l'unica differenza è dovuta alla presenza di accelerazioni che cambiano rispetto al caso statico l'entità e la direzione delle forze agenti.

Considerazioni preliminari sulla resistenza a fatica di steli femorali per protesi d'anca Figura 4: protesi modello Meros prodotta dal Gruppo Industriale Bioimpianti In questo lavoro si fa riferimento alle misure effettuate in (Bergmann et alii, 1993) (Bergmann et alii, 1995a) (Bergmann et alíi, 1995b) (Bergmann et alii, 1996) su due persone portatrici di protesi alle quali sono stati impiantati dispositivo protesici opportunamente strumentati. Attraverso un dispositivo telemetrico installato nel colletto della protesi è possibile trasmettere i dati rilevati da una serie di estensimetri ad una centralina di acquisizione. Una volta calibrato il sistema è possibile risalire all'entità delle azioni applicate a partire dai valori di deformazione rilevati. Le rilevazioni sono state effettuate per diverse attività quali la camminata a 2 Km/h, 4 Km/h e 6 Km/h, la corsa a 6 Km/h e 8 Km/h (Bergmann et alií, 1993) e la salita e discesa delle scale (Bergmann et alii, 1995a). Sono inoltre disponibili dati relativi alle forze agenti sulla testa del femore nel caso di trasporto di pesi (Bergmann et alii, 1996). L'andamento temporale delle forze rilevate è simile per tutte le attività analizzate (Fig. 3) ad eccezione della salita o discesa delle scale dove sono presenti due picchi di carico. Nelle attività quali la corsa o la camminata la fase di picco coincide con l'appoggio a terra dell'arto mentre i valori minimi si riscontrano nella fase di pendolamento che precede e segue la fase di appoggio. CURVA DI FATICA DELLO STELO FEMORALE La caratterizzazione del comportamento a fatica di una protesi d'anca è stata effettuata con riferimento alla protesi modello " Meros" prodotta dal Gruppo Industriale Bioimpianti (Fig. 4). La parte sperimentale di questo lavoro è stata rivolta alla determinazione della curva di fatica del modello di protesi analizzato (Giuffrè, 1997)

P. Colombi, D. Giuffrè (Viceconti, 1995). Lo stelo femorale (Quaglini, 1995) (Giuffrè, 1997) viene inserito all'interno di un bicchiere in acciaio (Fig. 5) in cui è praticato un foro di dimensioni variabili a partire da un diametro di 14.5 mm per giungere nella parte più profonda ad un diametro di 13.5 mm. Il bicchiere vincola la protesi ad una distanza di 80 mm dal centro della testa come previsto dalla normativa ISO 7206. Il foro è direzionato nel bicchiere in modo da rispettare la normativa (10 in adduzione e 9 in flessione). Il mezzo interposto fra il bicchiere in acciaio e lo stelo è il polimetilmetacrilato. Ad alcune delle protesi analizzate sono stati inoltre applicati degli estensimetri al fine di rilevare lo stato deformativo in alcuni punti dello stelo. Più precisamente (Fig. 5) sono stati applicati 3 estensimetri: due estensimetri lungo la zona dorsale mentre il terzo è posizionato nella zona ventrale. 1 risultati ottenuti dagli estensimetri erano in ottimo accordo con quanto ottenuto con le analisi ad elementi finiti effettuate. Figura 5: dispositivo di prova completo di protesi strumentata. Il bicchiere d'acciaio con all'interno la protesi cementata ed eventualmente strumentata viene posto (Quaglini, 1995) (Giuffrè, 1997) in un supporto di acciaio fissato alla base (Fig. 5) della macchina di prova MTS 319.10 S installata presso il Laboratorio Prove Materiali del Dipartimento di Ingegneria Strutturale del Politecnico di Milano. Sono state effettuate in tutto 4 prove sperimentali dello stelo femorale considerato. I valori di carico massimo P max, carico minimo P min,,, carico medio P m e della relativa ampiezza P sono riportati nella Tabella l. Nella stessa tabella viene inoltre riportato il numero di cicli a rottura N f di ciascuna prova. Una analisi al microscopio elettronico delle superfici di frattura ha escluso la presenza di difetti interni al materiale. Il termine della prova coincide con il raggiungimento di un valore limite (6 mm) dello spostamento dell'attuatore della macchina. La cricca si è nucleata per tutti i casi in corrispondenza della zona dorsale inferiore, a ridosso con la zona di vincolo al bicchiere.

Considerazioni preliminari sulla resistenza a fatica di steli femorali per protesi d'anca I risultati ottenuti dalla prove sperimentali hanno permesso di tracciare la curva di fatica della protesi analizzata (Fig. 6). Tabella l. valori dei carichi applicati nelle 4 prove effettuate e corrispondente numero di cicli a rottura. Prova n P max. [N] P min. [N] P m [N] P [N] N f 1 5600 300 2950 5300 22800 2 4800 300 2550 4500 1179000 3 4470 300 2385 4170 2115000 4 4300 300 2300 4000 9395000 Figura 6: curva di fatica dello stelo femorale analizzato. CONCLUSIONI In questo articolo, che costituisce la prima parte di un lavoro di caratterizzazione a fatica di steli femorali per protesi d'anca, sono state individuate inizialmente le azioni agenti sulla testa del femore durante le normali attività quotidiane quali la camminata, la corsa, la salita o discesa dalle scale ed il trasporto di pesi. L'intensità delle azioni sono in molti casi notevolmente superiori al peso corporeo a causa della azione dei muscoli. Ad esempio nel caso della camminata a 6 Km/h le azioni sono circa 3 volte il peso corporeo. Secondariamente è stata ricavata la curva a fatica dello stelo femorale modello "Meros" prodotto dal Gruppo Industriale Bioimpianti. Il dispositivo di prova è stato realizzato presso il Laboratorio Prove Materiali del Dipartimento di Ingegneria Strutturale del Politecnico di Milano. Caratteristica principale della curva di fatica ottenuta è la ridotta pendenza: piccole variazioni in termini di carico producono quindi grandi variazioni in termini di vita a fatica dello stelo femorale e di conseguenza dell'intero impianto protesico. La vita a fatica dell'impianto sarà quindi molto sensibile al peso corporeo ed al tipo di

P. Colombi, D. Giuffrè attività. Attività quali ad esempio la corsa ad 8 Km/h, con intensità dei carichi prodotti pari a 5-6 volte il peso corporeo, avranno una notevole influenza sui valori di vita a fatica. RINGRAZIAMENTI Questo lavoro è stato reso possibile grazie al contributo finanziario del Ministero della Università e della Ricerca Scientifica e Tecnologica (MURST). Si ringrazia inoltre il Gruppo Industriale Bioimpianti per aver fornito gli steli femorali analizzati. BIBLIOGRAFIA Bergmann, G. et alii, 1993, "Hip Joint Forces During Walking and Running, Measured in Two Patient", J. of Biomech., Vol. 26, No. 8, pp. 969-990. Bergmann, G. et alii, 1995a, "Is Staircase Walking a Risk for the Fixation of Hip Implants?", J. of Biomech., Vol. 28, No. 5, pp. 535-553. Bergmann, G. et alii, 1995b, "Influence of Shoes and Heel Strike on the Loading of the Hip Joint", Vol. 28, No. 7, pp. 817-827. Bergmann, G. et alii, 1996, "Hip Joint Forces During Load Carrying", Comunicazione Privata. Charnley, J., 1979, "Low-Friction Arthroplasty of the Hip: Theory and Praetice", Springer-Verlag, New York, (USA). Giuffrè, D., 1997, Caratterizzazione a Fatica di Steli Femorali per Protesi d'anca", Tesi di Laurea, Dipartimento di Ingegneria Strutturale del Politecnico di Milano. ISO 7206 Implants for Surgey - Partial and Total Hip Arthoplasty. Part 3: Methods for Determination of Endurance Properties of Stemmed Femoral Components Without Application of Torsion; Part 4: Methods for Determination of Endurance Properties of Stemmed Femoral Components With Application of Torsion. Jacob H., e A. Huggler, 1980, "Biomechanical Causes of Prosthesis Stem Loosening", J. of Biomech., Vol. 13, pp. 159-173. Pietrabissa, R., 1997, "Biomateriali per Protesi ed Organi Artificiali", Patron Editore, Bologna. Quaglini, V., 1995, "Progetto e Realizzazione di un Dispositivo per Prove a Fatica di Protesi d'anca", Tesi di Laurea, Dipartimento di Meccanica del Politecnico di Milano. Viceconti, M., et alii, 1995, "Effects of Some Technological Aspects on the Fatigue Strength of a Cementless Hip Stem, J. Biomed. Mat. Res., Vol. 29, pp. 875-881.