Economia e Servizi Delocalizzazione e occupazione: il caso delle medie imprese nel Nord-Est Claudio Gagliardi Direttore Centro Studi Unioncamere Nazionale Un interessante studio di Unioncamere testimonia che le strategie di delocalizzazione internazionale sviluppate nell ambito dei processi di crescita delle imprese non richiedono necessariamente una diminuzione dei posti di lavoro ma, anzi, possono indurre uno skill upgrading, cioè un incremento dei lavoratori più qualificati, a livello di impresa madre. Le imprese, i distretti, i territori che raccolgono la sfida della competitività internazionale, necessariamente sono chiamati a sviluppare presenze stabili nei Paesi strategici per la produzione e la commercializzazione dei loro beni e dei loro servizi. Questa convinzione è largamente acquisita sia tra le imprese, sia tra gli studiosi dei fenomeni economici. La tradizionale attività di esportazione, da sola, non basta più. Per questo il fenomeno della delocalizzazione di imprese italiane verso Paesi terzi ha assunto un importanza crescente nell ultimo decennio, ma gli effetti di questi processi sono ancora molto discussi. Ci si interroga soprattutto in Italia come in altri paesi industrializzati - sugli effetti complessi che i fenomeni di delocalizzazione internazionale possono avere sulla competitività delle singole imprese, dei territori e delle filiere in cui sono inserite. Molti interrogativi vengono posti anche in merito alla qualità dei posti di lavoro che si cancellano o si creano nel Paese d origine in conseguenza di queste politiche di localizzazione internazionale. Questo articolo vuole offrire un contributo all analisi partendo dal caso concreto delle medie imprese del Nord-Est (Emilia Romagna più Triveneto), studiate nei loro comportamenti di localizzazione internazionale dal Centro Studi di Unioncamere Nazionale, sulla base dei dati rac- Foto Gianni Dotti 14
colti attraverso la fonte della banca dati Reprint (ICE, Politecnico di Milano) e l indagine Excelsior (realizzata da Unioncamere-Ministero del Lavoro) sui fabbisogni professionali delle imprese. L analisi si concentra sull internazionalizzazione delle medie imprese condotta attraverso investimenti diretti esteri (d ora in poi IDE), realizzati nell ampia maggioranza dei casi attraverso controllo azionario dell azienda estera. Sono inclusi, quindi, sia i casi di acquisizione di imprese preesistenti, sia quelli di creazione ex-novo di unità produttive o commerciali all estero, mentre non vengono in questa sede prese in considerazione le presenze estere ottenute mediante una partecipazione paritaria o di minoranza. 15
Economia e Servizi Gli uffici studi di Unioncamere e Mediobanca hanno censito nelle regioni del Nord-Est 1.482 medie imprese industriali, assumendo come tali le società di capitale autonome (non dipendenti da altre imprese) operanti nei settori manifatturieri, con un numero di dipendenti compresi tra 50 e 499 e con un fatturato compreso tra i 13 e i 260 milioni di euro. Di queste imprese, il 24,2% risulta aver realizzato IDE industriali o commerciali, quota anche superiore rispetto al 23,6% di delocalizzatrici rilevato tra le 3966 medie imprese italiane. Anche per l Emilia Romagna il fenomeno assume un certo rilievo, visto che coinvolge il 23% delle medie imprese industriali della regione. Ma tornando al Nord-Est, le 359 medie imprese che delocalizzano mediante IDE industriali (93), commerciali (185) o di entrambi i tipi (81) hanno creato nel complesso 850 sedi all estero (271 impianti industriali e 579 unità locali commerciali, siano essi uffici commerciali o centri distributivi all ingrosso o al dettaglio), generando un occupazione aggiuntiva nelle filiali straniere di 25.928 addetti. Attraverso questa modalità organizzativa della produzione su scala internazionale, le medie imprese del Nord-Est per ogni 100 posti di lavoro in Italia ne generano altri 46 all estero. Gli investimenti industriali riguardano non soltanto i settori labour intensive del Made in Italy tradizionale ( sistema moda con l 8,6% degli investimenti diretti esteri totali, seguito dall arredamento con il 3,3% e dall alimentare con il 2,5%) ma anche i comparti più avanzati, a forte assorbimento di capitali e/o di tecnologia, quali la meccatronica (7,7%), la lavorazione dei metalli (3,4%) e la chimica-gomma-plastica (2,9%). Ma in quali aree del mondo si concentrano gli IDE industriali e commerciali delle medie imprese del Nord-Est? Oltre il 50% degli investimenti commerciali si concentrano in Francia, Stati Uniti, Germania e Regno Unito, cioè nei naturali mercati di sbocco delle merci prodotte dalle medie imprese del made in Italy. Mentre per gli IDE industriali prevalgono come prevedibile - le localizzazioni nell Europa L investimento delle medie imprese delocalizzatrici nel capitale umano Assunzioni di High Skills e Low Skills* sul totale (incid. % media 2002-2005) LE FIGURE HIGH SKILLS PIÙ RICHIESTE (assunz. totali 2002-2005) Tecnici e responsabili della logistica e della distribuzione 380 Tecnici dell amministrazione, della contabilità e affini 290 Tecnici e responsabili commerciali, del marketing e delle vendite 230 Specialisti aziendali in promozione e marketing 150 Tecnici dei sistemi di automazione industriale 140 LE FIGURE LOW SKILLS PIÙ RICHIESTE (assunz. totali 2002-2005) Manovali industriali e addetti all assemblaggio 420 Addetti alle macchine utensili 410 Assemblatori di macchinari meccanici 370 Addetti alla movimentazione del magazzino 300 Confezionatori e assemblatori di prodotti 230 76,3% 72,9% 82,7% 79,8% 23,7% 27,1% 17,3% 20,2% 2,8% High Skills Low Skills Medie imprese con investimenti industriali all estero Medie imprese con investimenti commerciali all estero Medie imprese non investitrici all estero Totale (*) High Skills: grandi gruppi ISCO 1-3; Low Skills: grandi gruppi ISCO 4-9. Fonte: Elaborazioni Centro Studi Unioncamere Nazionale su dati Sistema Informativo Excelsior e Bancadati Reprint ICE, Politecnico di Milano 16
17
Economia e Servizi L impatto degli investimenti esteri sull occupazione Addetti skilled Addetti un-skilled Totale occupazione 6,8% 6,4% 9,2% Imprese che investono solo nei PI 2,5% -3,7 3,4% Imprese che investono nei PI e nei PVS 4,0% -0,4 5,7% Imprese che investono solo nei PVS Fonte: Elaborazioni Centro Studi Unioncamere Nazionale su dati Sistema Informativo Excelsior e Bancadati Reprint ICE, Politecnico di Milano La Giornata dell Economia è un evento promosso ed organizzato annualmente dall Unione Italiana delle Camere di Commercio che lo attua in collaborazione con le singole Camere, le quali diffondono simultaneamente una serie di dati statistici sull andamento dei rispettivi territori. Questo rende la Giornata dell Economia un momento di riflessione nazionale sullo sviluppo economico delle province italiane, anche finalizzato alla predisposizione di politiche coerenti dei singoli territori. La Camera di Commercio di Modena partecipa all evento organizzando presso la propria sede un convegno il cui programma sarà diffuso a breve sul sito www.mo.camcom.it. Centro-Orientale e, particolarmente, in Romania (14,3% del totale). È significativo sottolineare, però, che nelle posizioni immediatamente successive di questa particolare classifica troviamo nell ordine Francia, Cina, Spagna, Stati Uniti, Ungheria, Brasile. Pertanto, gli IDE industriali si diffondono sia nei paesi a basso costo del lavoro, sia in quelli a maggiore tasso di industrializzazione, sia pure con una prevalenza dei primi rispetto ai secondi. Peculiari risultano i casi del Brasile e della Cina, Paesi di destinazione sia di investimenti industriali che commerciali. Questi Paesi attraggono, infatti, sia gli investimenti cost-saving che quelli market seeking in quanto offrono un significativo risparmio dei fattori produttivi e un vasto mercato dove vendere i prodotti. Come è noto, questi fenomeni di crescita internazionale costituiscono spesso una via obbligata per la sopravvivenza ed il successo di imprese di grande come di medio-piccola dimensione, ma non mancano di destare reazioni contrastanti nell opinione pubblica. Il termine delocalizzazione, coniato per descrivere questi processi, è infatti divenuto rapidamente impopolare in quanto associato all idea di fuga, di depauperamento del tessuto economico e di riduzione di posti di lavoro in patria. Offrire risposte a queste preoccupazioni non è facile, e certo non è un compito che può essere assolto generalizzando risultati di studi precedenti e riferiti a realtà diverse da quella italiana. Qualche indicazione può venire, tuttavia, dall analisi dei dati raccolti attraverso l indagine Excelsior. Infatti, attraverso i dati resi disponibili da questo Sistema Informativo è emerso che, tra il 2002 ed il 2004, le medie imprese industriali che nello stesso periodo promuovevano e gestivano IDE hanno registrato anche in Italia un impatto occupazionale complessivamente positivo. In particolare, avendo suddiviso gli IDE per Paese di destinazione in base al livello di industrializzazione e al costo del lavoro, soltanto per le imprese che hanno investito esclusivamente nei paesi a basso costo del lavoro il saldo occupazionale si presenta leggermente negativo in Italia (-0,4%). Mentre per le imprese che investono nei Paesi industrializzati e, soprattutto per quelle che adottano una strategia diversificata con investimenti sia nei Paesi più industrializzati che in quelli a basso costo del lavoro, i risultati occupazionali si presentano ampiamente positivi 18
anche in Italia (rispettivamente +4% e +5,7%). È interessante osservare che, in ogni caso, tendono a crescere in Italia le assunzioni di addetti più qualificati (skilled), soprattutto per le imprese che diversificano la loro strategia (sia cost-saving che market seeking); al contempo, gli addetti meno qualificati (un-skilled) diminuiscono in maniera drastica solo per quelle imprese che sono andate ad investire esclusivamente nei Paesi a basso costo del lavoro. Si è tentato poi un confronto tra le politiche del capitale umano perseguite dalle medie imprese che hanno realizzato IDE e le medie imprese che invece non hanno scelto di sviluppare all estero né investimenti commerciali, né investimenti industriali. Le differenze appaiono marcate: su 100 assunzioni programmate, quelle riservate a profili più qualificati (high skills) sono pari a 17,3 per le imprese che non delocalizzano, a 23,7 per quelle che sviluppano investimenti prevalentemente industriali ed a 27,1 per quelle che realizzano investimenti prevalentemente commerciali. Le medie imprese che delocalizzano esprimono, in Italia, una domanda consistente soprattutto di figure professionali legate alla logistica ed alla distribuzione, di tecnici amministrativi, di responsabili marketing, di tecnici dell automazione industriale. Queste prime analisi sembrerebbero confermare, quindi, che strategie di localizzazione internazionale sviluppate in un processo di crescita dell impresa non richiedono necessariamente una diminuzione dei posti di lavoro e, anzi, possono indurre uno skill upgrading, cioè un incremento dei lavoratori qualificati, a livello di impresa madre. Tutto ciò suggerisce di studiare con ancora maggiore attenzione e senza preconcetti la cruciale problematica delle strategie di localizzazione produttiva e commerciale delle imprese nel contesto internazionale. Nel complesso cambiamento strutturale che l economia italiana sta attraversando, occorre che le indicazioni di policy, a tutti i livelli ed in maniera non generica, vadano nella direzione di un incremento di qualità del capitale umano e relazionale di cui le imprese avranno bisogno nei prossimi anni. È scontato che il sistema-paese saprà fornire risposte adeguate con la necessaria tempestività? 19