Il danno non patrimoniale alla luce delle recenti sentenze delle S.U. Civili della Cassazione.



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Il danno non patrimoniale alla luce delle recenti sentenze delle S.U. Civili della Cassazione. 1. Il nucleo essenziale delle sentenze. Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno pronunziato quattro sentenze (n. 26972-26973-26974-26975 del 2008, di sostanziale identico contenuto nei principi generali) nelle quali hanno cercato di risolvere il contrasto esistente all interno della Suprema Corte sul cd. danno esistenziale, affermando categoricamente che di danno esistenziale come autonoma categoria di danno non è più dato discorrere in quanto in virtù di una lettura costituzionalmente orientata dell art. 2059 c.c., unica norma disciplinante il risarcimento del danno non patrimoniale, la tutela del risarcimento del danno è data, oltre che nei casi determinati dalla legge, solo nel caso di lesione di specifici diritti inviolabili della persona, e cioè in presenza di una ingiustizia costituzionalmente qualificata (punto 3.3. della sentenza n. 26972/08). L art. 2059 c.c., - norma che, va sottolineato, è contenuta nel titolo IX del libro IV del codice civile, denominato Dei fatti illeciti che si apre con il famoso articolo 2043 c.c. che afferma che qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno - stabilisce, infatti, che Il danno non patrimoniale deve essere risarcito solo nei casi determinati dalla legge. Classico esempio di caso previsto dalla legge per il risarcimento del danno non patrimoniale (d ora in poi riassunto, per brevità, con la sigla DNP) è il danno da reato, la cui ingiustizia è stabilita appunto per legge. Infatti il secondo comma dell art. 185 del codice penale stabilisce che Ogni reato, che abbia causato un danno patrimoniale o non patrimoniale, obbliga al risarcimento il colpevole e le persone che, a norma delle leggi civili, debbono rispondere per il fatto di lui. In presenza di un reato, dunque, saranno risarcibili tutti i danni e, quindi, come specificano le S.U. della S.C., anche il danno consistente nel non poter fare (ma sarebbe meglio dire : nella sofferenza morale determinata dal non potere fare) è risarcibile (punto 3.4.1. della sentenza n. 26972/08). Precisano ancora le S.U. che in assenza di reato, e al di fuori dei casi determinati dalla legge, pregiudizi di tipo esistenziale sono risarcibili purché conseguenti alla lesione di un diritto inviolabile della persona, come avviene, ad esempio, nel caso dello sconvolgimento della vita familiare provocato dalla perdita di un congiunto (cd. danno da perdita del rapporto parentale) (punto 3.4.2. della sentenza n. 26972/08). Aggiungono, ancora, le S.U. che altri pregiudizi di tipo esistenziale attinenti alla sfera relazionale della persona, ma non conseguenti a lesione psico-fisica e quindi non rientranti nell ambito del danno biologico (comprensivo, secondo giurisprudenza ormai consolidata, sia del cd. danno estetico che del cd. danno

alla vita di relazione ) saranno risarcibili purché siano conseguenti alla lesione di un diritto inviolabile della persona diverso dal diritto all integrità psico-fisica (sempre punto 3.4.2. della sentenza n. 26972/08). Concludono, al riguardo, le S.U. che l interpretazione costituzionalmente orientata dell art. 2059 c.c. consente ora di affermare che anche nella materia della responsabilità contrattuale è dato il risarcimento dei danni non patrimoniali. 1 Questi passaggi della sentenza n. 26972/08 sopra riportati contengono, a ns. avviso, il punto centrale di tutte le decisioni sopra menzionate perché chiariscono entro quali limiti, secondo le S.U., è risarcibile il DNP di tipo esistenziale e, inoltre, evidenziano la particolare rilevanza che, nel corso del tempo, ha assunto la figura del danno biologico conseguente alla lesione del diritto alla salute, tutelato dall art. 32 della Costituzione, che rientra pur sempre nel DNP. 2 La tutela costituzionale dei diritti inviolabili della persona rimane, quindi, un presupposto per la complessiva risarcibilità del DNP, se non prevista specificamente da altre norme ordinarie di legge richiamate dall art. 2059 c.c.. Anche da questi brevi accenni al contenuto delle decisioni delle S.U. appare evidente che la Cassazione si è mossa nell intento di evitare quella proliferazione delle categorie di danno risarcibili che aveva dato luogo al riconoscimento del danno esistenziale anche al di fuori dei limiti previsti dall art. 2059 c.c. come ora così autorevolmente reinterpretato in una prospettiva costituzionalmente orientata. Nel tentativo di raggiungere questo intento le S.U. hanno affermato anche altri principi che possono riguardare i soci SIOL che si interessano della materia medico-legale di loro specifica competenza. Il riferimento è all affermazione conclusiva con la quale le S.U. ribadiscono che il danno non patrimoniale è categoria generale non suscettiva di suddivisione in sottocategorie variamente etichettate (punto 3.13. della sentenza n. 26972/08). Questa affermazione pone il problema di verificare qual è il reale contenuto del DNP da risarcire e quale rilevanza ancora hanno le tradizionali voci di danno cui finora si è fatto comunemente riferimento (essenzialmente, per la loro generale rilevanza, danno morale e danno biologico ). Nel paragrafo che segue cercheremo, appunto, di esaminare questa problematica. 2. Il contenuto e la prova del danno non patrimoniale. 1 C. Castronuovo, nel suo scritto Danno esistenziale : il lungo addio, pubblicato in Danno e Responsabilità, 2009, 1, pag. 5 e segg. sostiene che la risarcibilità del danno non patrimoniale nella responsabilità contrattuale non abbisogna dell art. 2059 perché da tempo è stata accolta dalla dottrina e dalla giurisprudenza una concezione allargata del rapporto obbligatorio nella quale trovano spazio di tutela anche interessi di natura non patrimoniale, con conseguente risarcibilità del danno che consegue alla loro violazione, com è avvenuto nel campo della responsabilità medica. 2 Nel trattare la questione della risarcibilità del DNP le S.U., al punto 4.7. richiamano l art. 1218 c.c. in tema di risarcimento del danno da inadempimento della prestazione, anche medica, e gli artt, 1223 e 1225 c.c. circa il contenuto e le condizioni del relativo risarcimento, ricordando la copiosa giurisprudenza della S. C. che inquadra nell ambito della responsabilità contrattuale, la responsabilità del sanitario e della struttura in cui opera. Aggiungono, inoltre, le S.U. che in questa materia nella quale rilevano diritti, come quello alla salute, di rango costituzionale, sono nulli ex art. 1229, secondo comma, c.c. i patti preventivi di esonero o di limitazione della responsabilità.

Le S.U. all inizio del paragrafo 4.8. della sentenza 26972/08 dopo avere ribadito che il risarcimento del danno alla persona deve essere integrale, nel senso che deve ristorare interamente il pregiudizio, ma non oltre e che il danno non patrimoniale di cui all art. 2059 c.c., identificandosi con il danno determinato dalla lesione di interessi inerenti la persona non connotati da rilevanza economica, costituisce categoria unitaria non suscettiva di suddivisione in sottocategorie, afferma che il riferimento a determinati tipi di pregiudizio, in vario modo denominati (danno, morale, danno biologico, danno da perdita del rapporto parentale), risponde ad esigenze descrittive, ma non implica il riconoscimento di distinte categorie di danno. In sostanza, possono rimanere, con funzione descrittiva, le vecchie denominazioni di danno morale e biologico 3, l importante è che nella determinazione e liquidazione complessiva del DNP non vi siano processi che comportino duplicazioni di risarcimento rispetto alla medesima effettiva lesione come, ad esempio, può avvenire se si ritiene che la sofferenza provocata dall illecito abbia comportato una lesione patologica del bene salute e, quindi, un danno biologico, e, nel contempo, abbia comportato anche un danno morale. 4 Le S.U., peraltro, sottolineano che dovrà il giudice, qualora si avvalga delle note tabelle, procedere ad una adeguata personalizzazione della liquidazione del danno biologico, valutando nella loro effettiva consistenza le sofferenze fisiche e psichiche patite dal soggetto leso, onde pervenire al ristoro del danno nella sua interezza (sempre paragrafo 4.8. della sentenza 26972/08). In questo caso, quindi, il compito del CTU o del perito dovrebbe rimanere quello della valutazione, secondo la nota metodologia medico-legale, della misura percentuale di lesione del bene salute conseguente all illecito, così determinando l entità del danno descritto come biologico preso in considerazione nel caso concreto, mentre l eventuale ulteriore personalizzazione della liquidazione sarà compito del giudice che, sempre che ne ricorrano i presupposti, potrà aumentare il quantum previsto dalle note vecchie tabelle applicate, tenendo conto della peculiarità della fattispecie. Secondo le S.U., inoltre, dato che anche il cd danno alla vita di relazione rientra nel danno biologico, considerato nel suo aspetto dinamico, occorre evitare di risarcire due volte i pregiudizi di tipo esistenziale concernenti aspetti relazionali 3 C. Sganga, nella suo scritto, Le Sezioni Unite e l art. 2059 c.c. : censure, riordini e innovazioni del dopo principio, pubblicata in Danno e Responsabilità, 2009, 1, pag. 50 e segg., sostiene che l asserita unitarietà della categoria del danno non patrimoniale e la conseguente limitazione della valenza di ogni ulteriore nomenclatura al rango di mera tesi descrittiva non si traducono, poi, nella volontà di eliminare i prodotti di decenni di conquiste giurisprudenziali : lo conferma la considerazione riservata al danno biologico, alla sua unitarietà ed assorbenza e all importanza del suo aspetto dinamico in grado di attrarre i pregiudizi esistenziali e relazionali conseguenti alla lesione dell integrità psicofisica (tra tutti, il danno estetico, il danno alla vita di relazione, il danno alla sessualità). 4 C. Sganga, nella suo scritto menzionato nella nota che precede evidenzia come, a suo giudizio, le S.U. abbiano inteso condannare in via definitiva quelle tendenze giurisprudenziali che avevano limitato la portata del danno alla salute al solo aspetto statico della lesione biologica, risarcendone gli aspetti dinamici a titolo di variegate voci di danno, così finendo con il risarcire, talvolta, due volte il medesimo pregiudizio.

della vita, sempre che questi pregiudizi siano conseguenti a lesioni dell integrità psico-fisica, come nel caso di perdita o compromissione della sessualità (sempre paragrafo 4.8. della sentenza 26972/08). Mentre rientra nell ambito del vecchio danno morale la liquidazione del danno relativo alla sofferenza patita dalla parte lesa vittima di lesioni fisiche, alle quali sia seguita dopo breve tempo la morte, perché questa sofferenza psichica, di massima entità ma di contenuta durata, non è in grado di degenerare in patologia e dare luogo a danno biologico e, quindi, va risarcita in capo all interessato solo come danno morale (sempre paragrafo 4.8. della sentenza 26972/08). Da questi esempi si può trarre l insegnamento che la Corte ha voluto lasciare all interprete e cioè quello di evitare di creare autonome categorie di danno nell ambito del DNP perché altrimenti si rischia di effettuare un risarcimento che eccede il dovuto ristoro del solo danno effettivamente patito dalla persona. Per quanto riguarda le modalità utili ad accertare il danno biologico le S.U. dopo avere rilevato che la vigente normativa (artt. 138 e 139 d. lgs. n. 209/2005) richiede l accertamento medico-legale, hanno affermato che, pur trattandosi del mezzo di accertamento al quale correntemente si ricorre, non può ritenersi che sia stato elevato dal legislatore a strumento esclusivo e necessario, potendo il giudice motivatamente disattendere le conclusioni del CTU e anche farne a meno, procedendo alla liquidazione sulla base di tutti gli altri elementi utili versati nel processo, delle nozioni di comune esperienza e delle presunzioni (sempre paragrafo 4.8. della sentenza 26972/08). Per gli altri pregiudizi non patrimoniali, secondo le S.U., potrà farsi ricorso alla prova testimoniale, documentale e presuntiva, quest ultima assume particolare valore con riferimento al pregiudizio non biologico che attiene, appunto, ad un bene immateriale. 3. Brevi considerazioni conclusive. Dopo avere affermato i principi di diritto sopra descritti, le S.U. con la sentenza n. 26972/08, hanno deciso di accogliere il ricorso della parte lesa laddove lamentava che ingiustamente, nella liquidazione del danno complessivamente patito per la perdita del testicolo sinistro, subita in seguito ad un intervento chirurgico di ernia inguinale sinistra, non si era tenuto conto del disagio esistenziale provocato da questo fatto e delle conseguenti limitazioni dei suoi rapporti sessuali. Le S.U. hanno ribadito che il pregiudizio della vita di relazione dipendente da una lesione dell integrità psico-fisica della persona deve essere tenuto in debito conto dal giudice nella complessiva liquidazione del danno biologico e non quale autonoma voce di danno esistenziale. Le S.U. hanno affermato, infatti, che al danno biologico deve essere riconosciuta portata tendenzialmente omnicomprensiva richiamando, sul punto, la definizione normativa di danno biologico adottata dal citato d. lgs. n. 209/2005.

Nel danno biologico sono, quindi, ricompresi i pregiudizi attinenti agli aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato. Le S.U. hanno, pertanto, annullato la decisione della Corte d Appello di Venezia che aveva erroneamente respinto per motivi procedurali la domanda in questione e hanno demandato al giudice di rinvio l esame della sussistenza di questo particolare pregiudizio e l eventuale personalizzazione del risarcimento che, affermano, non è mai preclusa dalla liquidazione sulla base del valore tabellare differenziato di punto, anche perché il consulente d ufficio ha dichiaratamente ritenuto di non attribuire rilevanza, nella determinazione del grado di percentuale di invalidità permanente, al disagio che la menomazione in questione provoca nei momenti di intimità (ed ai suoi consequenziali riflessi). Questo passaggio della sentenza appare molto rilevante perché fa comprendere l importanza che assume la descrizione, contenuta nella relazione del CTU, della tipologia di danni di cui si è tenuto conto nella determinazione del grado di percentuale della lesione del bene salute indicata dall ausiliario del giudice. Può accadere, infatti, che il CTU non si senta in grado di valutare le conseguenze dei disagi provocati alla vita di relazione da una lesione biologica patita dal danneggiato. In questo caso sarà compito del giudice procedere alla cd. personalizzazione della liquidazione dell ammontare del danno, tenendo appunto in considerazione la specificità del concreto pregiudizio alla vita di relazione che risulti provato agli atti di causa, pregiudizio ulteriore rispetto a quelli esaminati e quantificati dal CTU nella sua relazione. 5 Milano, 22-4-09 Sergio Fucci, Via Spalato, 8, 20124 Milano prof. a contratto di Bioetica c/o Facoltà di Giurisprudenza, Univ. dell Insubria, Como. 5 L. Papi, nella sua nota di commento, Riflessioni medico-legali sulle sentenze delle Sezioni Unite della Cassazione Civile n. 26972-3-4, pubblicato sull Osservatorio medico-legale della rivista Responsabilità civile e previdenza, 2009, 3, pagg. 709 e segg., sottolinea le difficoltà che il medico-legale può incontrare qualora si dovesse trovare a valutare aspetti come quelli in esame che, a suo giudizio, appaiono francamente privi di apprezzabilità clinica. Nella stessa nota sono contenute alcune interessanti considerazioni sul controverso rapporto tra danno esistenziale e medicina.legale, alle quali rimandiamo coloro che volessero approfondire l argomento.