ORA BERLINO INIZI A SPENDERE. SOLO COSÌ L EUROPA PUÒ SALVARSI

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946 ORA BERLINO INIZI A SPENDERE. R. Brunetta per Il Giornale 19 luglio 2015 a cura del Gruppo Parlamentare della Camera dei Deputati Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente

2 È il surplus dell economia tedesca il killer dell Europa, ed è un assassino conosciuto da tutti, scrivevamo una settimana fa, proponendo la reflazione della Germania come soluzione alla crisi europea. Ma non è soltanto questo. La reflazione è nel patrimonio culturale delle famiglie politiche maggioritarie dell Unione europea: di quella popolare, che ha come base l economia sociale di mercato di Wilhelm Von Röpke; e di quella socialdemocratica di Karl Kautsky. Addirittura allargabile alla cultura anglosassone di William Henry Beveridge, teorizzatore del Welfare State: From the cradle to the grave ( Dalla culla alla bara ); e di John Maynard Keynes, teorizzatore dello Stato regolatore della domanda e, quindi, dell economia. Quello che ha prevalso in Europa negli anni della crisi, dunque, vale a dire la dottrina dell austerità fine a se stessa e del rigore cieco; del sangue, sudore e lacrime, hai il debito alto, è colpa tua, fa i compiti a casa ; imposta dalla Germania ai paesi dell eurozona in difficoltà, è una teoria a matrice religiosa, luterano-calvinista totalmente anomala, fuori sincrono: fuori dalla storia e fuori dal solco delle politiche economiche e delle principali ideologie della tradizione europea, anche allargata, come abbiamo detto, al mondo anglosassone.

3 La linea dell austerity, infatti, non ha alcuna base scientifica, nessuna base culturale, nessuna base politica, nessuna base sociale in Europa. Non ha un padre, se non l approccio protestante di Angela Merkel; l approccio cultural-religioso luterano-calvinista tedesco per cui la parola debito contiene in sé anche il concetto di colpa. L austerity non ha un padre, se non gli interessi di bottega ed egemonici dell attuale classe dirigente della Germania, che, però, ripetiamo, naviga in un territorio ignoto dal punto di vista storico e della tradizione europea. La sola base teorico-culturale del rigore nei bilanci come toccasana di tutte le crisi, se proprio vogliamo trovarne una, è quella del Fondo Monetario Internazionale, prima della revisione del suo capoeconomista, Olivier Blanchard. Una volta, infatti, la sigla del Fondo, che in inglese è IMF, veniva declinata dagli addetti ai lavori in It s Mostly Fiscal, data l impostazione rigorista della sua politica economica, specialmente nei periodi di crisi. Ebbene, con uno studio del 3 gennaio 2013, dal titolo Growth forecast errors and fiscal multipliers, che riprendeva e aggiornava una tesi esposta in un apposito box del World Economic Outlook, sempre del Fondo Monetario Internazionale, di ottobre 2012, la musica è cambiata.

4 Dalle analisi in esso riportate è emerso che le politiche di austerità e di rigore di bilancio adottate nell eurozona negli anni della crisi hanno avuto effetti (negativi) sulla crescita maggiori del previsto/del normale. In altri termini, effetti superiori a quelli che le stesse misure avrebbero avuto sulla crescita in periodi di congiuntura economica positiva. È bastato questo per affermare che, date le condizioni, note a tutti, in cui versava l area euro negli ultimi anni, le politiche economiche da adottare per fare fonte alla crisi avrebbero dovuto essere ben altre. Purtroppo, però, il Fondo Monetario Internazionale ha fatto autocritica, l Europa a trazione tedesca no. Dov è nella tradizione europea, ci chiedevamo, il concetto di compiti a casa? Non c è. Non ci pare che il 27 febbraio 1953, quando fu stipulato l accordo di Londra, alla Germania fu detto: Hai perso la guerra, è colpa tua, paga i debiti. E ci pare che, al contrario, fu applicato il principio di solidarietà quando, complice l attuale ministro delle finanze tedesco, Wolfgang Schäuble, allora ministro dell Interno del governo di Helmut Kohl, il 1 luglio 1990 ci fu l unificazione con cambio uno a uno tra il marco della Germania est e il marco della Germania ovest, mentre sul mercato quest ultimo valeva sette volte il primo. E il costo dell operazione fu scaricato sulle altre monete, con spesa enorme per tutti. Non fu affamata, allora, la Germania, non le si disse: Sei stata comunista, adesso paga.

5 La dottrina del sangue, sudore e lacrime, non ci stancheremo mai di dirlo, non ha cittadinanza in Europa. È solo il risultato della congiuntura politica miope, egoista, egemonica tedesca del dopo Schröder, che rischia di essere implosiva non solo per l Europa, ma per la Germania stessa. Ecco perché noi proponiamo di recuperare la cultura e la tradizione europea, tanto dell economia sociale di mercato, quanto della socialdemocrazia. E lo facciamo ribadendo l importanza della reflazione per rilanciare l Europa. Reflazione vuol dire diminuzione della pressione fiscale; aumento della domanda interna; quindi dei consumi; degli investimenti; dei salari; delle importazioni e, di conseguenza, della crescita. La reflazione diventa necessaria quando si tocca il fondo della recessione e della deflazione, e per risalire la china serve un rimbalzo, vale a dire una politica economica che vada nella direzione opposta. La reflazione è l antibiotico giusto dopo la fase depressiva che in Europa ha distrutto non solo le economie degli Stati, ma anche le coscienze e le democrazie. La Germania deve reflazionare per rispondere alle ripetute raccomandazioni della Commissione europea dovute all eccessivo surplus delle partite correnti della bilancia dei pagamenti (netta prevalenza delle esportazioni sulle importazioni).

6 Gli altri paesi devono farlo per cambiare la politica economica germano-centrica dell austerità e del rigore cieco e imboccare la strada della ripresa e dello sviluppo, tanto al proprio interno quanto a livello di intera eurozona. E possono farlo attraverso lo strumento dei Contractual agreements, vale a dire contratti bilaterali con la Commissione europea per cui le risorse necessarie all avvio di riforme volte a favorire la competitività del sistema paese non rientrano nel calcolo del rapporto deficit/pil ai fini del rispetto del vincolo europeo del 3%. Facendo due conti sul retro di una busta, se la Germania reflazionasse, se spendesse, cioè, in tutto o in parte il suo surplus accumulato in questi anni di euro, l Europa potrebbe essere fuori dai guai in un paio di anni. Vediamo i numeri. Nel 2014 (ultimi dati disponibili), il surplus della Germania ammontava a 220 miliardi di euro, vale a dire il 7,6% rispetto al Pil, che, sempre nel 2014, era di 2.904 miliardi. Per questo motivo, come abbiamo detto, ogni anno la Commissione europea, nelle sue raccomandazioni, invita la Germania a reflazionare. Secondo le regole del Six Pack, confluite nel Fiscal Compact, infatti, la media del surplus degli ultimi 3 anni non deve superare il 6%, mentre la media del surplus della Germania nel periodo 2012-2014, per esempio, è del 7%.

7 ORA BERLINO INIZI A SPENDERE. Insieme alla Germania, i maggiori surplus dell eurozona sono stati registrati da Olanda (10,9%), Svezia (6,8%) e Danimarca (6,3%). Guarda caso tutti paesi del nord Europa, gli unici che dalla crisi dell euro in questi anni ci hanno guadagnato. La Germania, quindi, insieme ai suoi Stati satellite, deve rientrare, come previsto da Six Pack e Fiscal Compact, al di sotto del 6%, cosa che finora non ha fatto, e spendere il proprio surplus per cambiare il metabolismo dell eurozona. A ben vedere, la riduzione dei surplus dei paesi del nord Europa sotto il 6% si presenta anche come l unica medicina in grado di ridare sviluppo all area euro. In caso contrario, la situazione rimarrà stagnante e duale. Un esempio: dimezzare il surplus della Germania significa mettere in circolo almeno 100 miliardi di euro (3,5 punti di Pil tedesco); più di 150 miliardi se anche Olanda, Svezia e Danimarca faranno lo stesso. Il risultato sarà una spinta positiva, di almeno un punto, alla crescita di tutta l area euro, che attualmente è ferma, come previsione per il 2015, all 1,5%. Una reflazione consistente dei paesi in surplus potrebbe, quindi, portare più sviluppo e maggiore occupazione e benessere per tutti. Incluso un positivo effetto in termini di sostenibilità dei debiti pubblici.

8 Se la Germania reflaziona, poi, oltre che diventare più simpatica, migliora anche il benessere del popolo tedesco, cosa da non sottovalutare dal punto di vista del consenso di chi è al governo. Gli altri paesi non in surplus, partecipano alla reflazione della Germania e dei paesi del nord facendo le riforme, abbiamo visto, attraverso i Contractual agreements, in un clima favorevole. Ne deriva quell innesco positivo che l Europa sta cercando da troppo tempo e finora non ha mai avuto. Se alla reflazione della Germania e dei paesi del nord si affiancasse, poi, un grande piano di investimenti, un New deal europeo, da almeno mille miliardi, freschi, approfittando dei bassi tassi di interesse, che rimarranno tali almeno nel medio periodo, e utilizzando la garanzia della Banca europea degli investimenti (Bei), l Europa non solo uscirebbe finalmente dalla crisi, ma troverebbe uno slancio che dalla creazione della moneta unica non ha mai avuto, diventando competitiva anche rispetto alle altre economie mondiali. E migliorerebbero le performance della Bce, con i suoi Quantitative easing, in quanto la politica monetaria tornerebbe a trasmettersi in maniera efficiente ed efficace all economia reale. Risultato, ripetiamo: più crescita; più occupazione; meno tasse; spread più bassi; maggiore sostenibilità dei debiti pubblici; parità dell euro rispetto al dollaro. In altri termini, fine della crisi e rilancio della costruzione europea.

9 Una strategia win-win, dunque, in cui vincono tutti: cicale, formiche, buoni, cattivi. E troverebbe finalmente accoglimento la richiesta che il governatore della Banca centrale europea, Mario Draghi, ripete da anni: di non essere lasciato solo a dover gestire con gli strumenti non convenzionali di politica monetaria la crisi dell area euro. Soprattutto, ad uscirne meglio di tutti, udite udite, sarebbero proprio i tedeschi. Chi potrebbe protestare in Germania di fronte a un aumento dei consumi e a una riduzione delle tasse, anche se questo portasse a un piccolo, tra l altro positivo, aumento dell inflazione, sempre entro il 2%, quindi a livelli compatibili con l incubo tedesco della repubblica di Weimar? Perché non chiedere alla Germania di reflazionare, da subito, allora? Lo scriviamo da mesi, e lo sostengono con noi il governatore della Banca d Italia, Ignazio Visco; il filosofo tedesco Jürgen Habermas; lo scrittore, anch egli tedesco, Peter Schneider; l ambasciatore Usa presso l Unione europea Anthony Gardner; il premio Nobel Paul Krugman; l editorialista di punta del Financial Times Wolfgang Münchau.

10 Si tratterebbe semplicemente di applicare le regole esistenti, di farle rispettare in maniera simmetrica a tutti gli Stati. Il primo leader europeo che proporrà con forza questa scelta politica, spiegando alle opinioni pubbliche nazionali che la reflazione è nell interesse di tutti, e che, soprattutto, è nello spirito e nella tradizione di tutte le famiglie politiche che hanno voluto e realizzato il sogno europeo, seguendo lo spirito dei padri fondatori; chi farà questa scelta politica vincerà in Europa. È l ultimo treno per Yuma. Presidente (si fa per dire) Renzi, perché non lo prendi?

a cura del Gruppo Parlamentare della Camera dei Deputati Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente 946 GRAFICI 19 luglio 2015

12 BILANCIA DEI PAGAMENTI (1992-2013) GERMANIA E ITALIA A CONFRONTO Fonte: Eurostat milioni di dollari

I SURPLUS OLTRE IL 6% NELL EUROZONA 13 Paese Surplus in rapporto al Pil Surplus in miliardi di euro Iniezione di liquidità se paesi del nord dimezzassero surplus Germania 7,6% 219,7 110 Olanda 10,9% 67,5 34 Svezia 6,8% 26,9 13 Danimarca 6,3% 15,9 8 Totale 330 165 Fonte: Eurostat anno 2014