UNIVERSITA DEGLI STUDI DI BARI

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UNIVERSITA DEGLI STUDI DI BARI FACOLTA DI SCIENZE DELLA FORMAZIONE CORSO DI LAUREA SPECIALISTICA IN PSICOLOGIA CLINICA DELLO SVILUPPO E DELLE RELAZIONI Tesi di laurea in PSICOPATOLOGIA GENERALE E DELL ETÀ EVOLUTIVA LA PSICOTERAPIA FOCALIZZATA SUL TRANSFERT. La tecnica psicoanalitica e i pazienti borderline. Relatore: Chiar.mo Prof. Marco INNAMORATI Laureanda: Luigia Tatiana PORCELLI Anno Accademico: 2009/2010

INTRODUZIONE Lo studio della relazione tra personalità e patologia ha da sempre richiamato l attenzione di numerosissimi individui; l interesse verso questa tematica, inoltre, è notevolmente cresciuto in seguito all introduzione, nel 1980, del DSM-III (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, 3 rd edn, American Psychiatric Association, 1980) ed alla creazione dell Asse II per i disturbi della personalità. Svariate ricerche sono state condotte al fine di specificare meglio la loro natura e le loro cause; con il passare degli anni è però, emersa in maniera preponderante, anche l esigenza di far chiarezza, dal punto di vista teorico, su questi aspetti. I disturbi della personalità sono stati infatti esaminati da differenti punti di vista e molteplici modelli teorici sono stati sviluppati come ad esempio, quello cognitivocomportamentale, dell attaccamento, psicoanalitico, interpersonale, dimensionale neurocomportamentale ecc. Il presente lavoro parte da uno di questi approcci teorici, ovvero quello psicoanalitico, per parlare di una tipologia di trattamento che si basa sui principi della psicoanalisi ovvero la psicoterapia psicodinamica. In particolare, nel primo capitolo, vengono analizzati i concetti principali che la caratterizzano, facendo riferimento agli approcci teorici a cui essa é strettamente connessa: la teoria freudiana classica delle pulsioni, la psicologia del Sé, la teoria delle relazioni oggettuali, la psicologia dell Io e la teoria dell attaccamento. Viene poi posta l attenzione alla psicoterapia psicodinamica individuale e, in merito a questa, sono affrontate due principali questioni. La prima riguarda la tradizionale dicotomia tra psicoterapia espressiva e supportiva; si mette in evidenza però, come nella realtà della pratica clinica, sia pressoché impossibile riscontrare questi due tipi di trattamento in forma pura e come invece, sia frequente trovare elementi supportivi ed espressivi insieme in una stesso percorso terapeutico. La seconda questione riguarda invece, la differenziazione tra psicoterapie a lungo e a breve termine. Solo recentemente sono state sviluppate delle psicoterapie a breve termine che si basano su un modello psicoanalitico della personalità e che prevedono il raggiungimento di determinati obiettivi in breve tempo. La brevità non deve essere però, considerata come sino- 1

nimo di facilità in quanto, come per la terapia a lungo termine, anche in questo caso, essa richiede un percorso arduo e delicato. Il presente lavoro, si propone poi, di descrivere uno specifico tipo di trattamento psicodinamico: la psicoterapia focalizzata sul transfert per i pazienti con un organizzazione di personalità borderline (Transference-Focused Psychotherapy for Borderline Personality (TFP-B). Esso è stato elaborato dal gruppo di ricerca guidato da Otto F. Kernberg, John F. Clarkin e Frank E. Jeomans (1999) presso l Istituto per i Disturbi di personalità all interno del Dipartimento di Psichiatria del New York Presbyterian Hospital-Weill Cornell Medical Center nell ambito di un progetto denominato The Menninger Foundation s Psychoterapy Research Project. Si tratta di un tipo di terapia che si basa sulle relazioni oggettuali interne del paziente e che pone la sua enfasi sulla traslazione. Essa è stata sviluppata per coloro che presentano un organizzazione di personalità borderline; questa espressione è stata introdotta da Otto Kernberg (1967, 1975) al fine di indicare quegli individui che presentano caratteristici modelli di debolezza dell Io, operazioni difensive primitive e relazioni oggettuali problematiche. La scelta di descrivere un trattamento rivolto proprio a queste persone è motivata dal fatto che si tratta di pazienti che sono spesso difficili da gestire e che inoltre, presentano un tipo di transfert scarsamente organizzato, instabile ed irrealistico; Per farvi fronte, sono state apportate delle modifiche, che saranno adeguatamente descritte, ad alcuni degli strumenti della psicoanalisi classica. Si vuole quindi, illustrare attraverso quali modalità e mezzi, degli studiosi propongono, sulla base delle loro conoscenze, delle loro esperienze e delle loro ricerche, di fornire un aiuto a queste persone per fare in modo che esse sviluppino immagini di se stessi e degli altri che siano coesive ed integrate, modifichino le operazioni difensive primitive e risolvano la diffusione d identità che è alla base della frammentazione del loro mondo rappresentazionale interno. È bene chiarire comunque, che si parte dal presupposto che ogni azione del terapeuta deve basarsi su un attenta valutazione delle caratteristiche peculiari che ogni individuo presenta e che all interno della cornice teorica e tecnica del trattamento, c è ampio spazio per la creatività e per lo stile personale di ogni analista. 2

Nel secondo capitolo, vengono perciò, in primo luogo descritte le strategie (relative all intero trattamento), le tattiche (relative alle singole sedute) e le tecniche (relative ai singoli momenti) per mezzo delle quali si cerca di raggiungere lo scopo principale della terapia. Successivamente vengono analizzate nel dettaglio le singole fasi; in particolare si parla di interventi che è necessario mettere in atto prima che la fase iniziale vera e propria possa aver luogo; viene posta perciò, una notevole attenzione sia alla valutazione clinica e specificatamente ad uno degli strumenti principali che vengono utilizzati per effettuarla: il colloquio diagnostico strutturale, sia anche alla formulazione del contratto terapeutico tra l analista ed il paziente; esso è molto importante poichè stabilisce la cornice del trattamento e definisce le responsabilità di ciascuno dei partecipanti, illustrando le condizioni minime e necessarie affinchè la terapia possa svolgersi. Si passano poi in rassegna tutti gli obiettivi terapeutici di questo stadio iniziale e si mette anche in evidenza quanto sia fondamentale stabilire un alleanza con chi ha scelto di intraprendere il percorso terapeutico. In seguito si pone l attenzione alla fase centrale, la cui finalità principale è rappresentata dalla comprensione e dall approfondimento dei temi transferali dominanti e dei conflitti relativi all aggressività e alla sessualità primitive e ai loro effetti sulla traslazione. Sono quindi, discusse due principali tematiche. La prima riguarda le manifestazioni ed il trattamento dell odio nel transfert; nello specifico, si mette in evidenza quanto sia importante cercare di capire quale sia il livello di o- dio che viene espresso dall individuo e rendere il paziente consapevole di questo particolare aspetto di se stesso. La seconda invece, riguarda la questione del rapporto tra sessualità e amore; in particolare si pone l enfasi su alcuni interessanti problemi connessi a questa tematica che potrebbero emergere nel corso della terapia. Successivamente, si analizza la fase avanzata che indica uno stadio nel corso del quale i pazienti giungono in maniera graduale, all integrazione relativa agli stati affettivi precedentemente dissociati o scissi e al concetto di Sé e delle altre persone significative; viene anche trattato il dibattito circa il processo di cambiamento legato al percorso terapeutico. Gran parte della discussione ruota attorno all interrogativo se esso sia dovuto all uso di interpretazioni esplicative oppure al- 3

la relazione terapeutica in sé (Hamilton, 1988). Interessanti contributi teorici vengono presentati al fine di far luce in merito a questo argomento. Infine, l enfasi è posta alla conclusione del trattamento; si mette in evidenza come di rado essa avvenga secondo modalità regolari. In molti casi infatti, fattori come denaro, tempo, trasferimenti o valutazioni diverse circa il raggiungimento degli obiettivi prefissati, non permettono ciò; vengono perciò, analizzati i differenti modi in cui la terapia può terminare. Sono anche presenti, nel corso della descrizione di questo trattamento, dei riferimenti a ricerche che sono state effettuate nel corso degli anni, al fine di valutarne l efficacia e porlo a confronto con differenti tipi di terapie che sono state messe a punto da altri studiosi. 4

CAPITOLO 1 LA PSICOTERAPIA PSICODINAMICA 1.1 Il contributo della psicoanalisi al trattamento dei disturbi della personalità L interesse per i disturbi della personalità è significativamente cresciuto nel corso degli anni; grandi progressi nel campo delle strategie di ricerca in psicopatologia hanno dato un forte impulso all approfondimento delle tematiche relative a quest argomento. Numerosi studi di neuroimaging ad esempio, sono stati effettuati ed inoltre, sofisticate metodologie di ricerca genomica sono state applicate in misura sempre crescente. Nel 1980 è stato introdotto il DSM-III (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, 3 rd edn, American Psychiatric Association, 1980) ed è stato anche creato un asse diagnostico separato per i disturbi di personalità (l Asse II). La ricerca sperimentale ha perciò, avuto modo di svilupparsi notevolmente e ha contribuito fortemente al chiarimento di molti aspetti fondamentali per la comprensione delle patologie legate alla personalità. Innumerevoli studiosi hanno affrontato l argomento a seconda della propria prospettiva teorica: cognitiva-comportamentale, psicoanalitica, ecologica, dell attaccamento, psicometrica, interpersonale ecc. Essi hanno fornito spiegazioni su molti aspetti relativi alla natura e alle cause dei disturbi della personalità, hanno proposto diverse metodologie per farvi fronte e hanno sottolineato le difficoltà legate al lavoro con coloro che sono affetti da queste patologie. Ponendo in particolare, l attenzione alla psicoanalisi, è possibile affermare che essa ha fornito sicuramente un valido e fondamentale contributo allo sviluppo di specifici trattamenti rivolti a chi presenta dei disturbi della personalità. Inizialmente, all interno dei circoli accademici, si riteneva che la terapia psicoanalitica fosse inadatta per coloro che avessero gravi patologie; effettivamente la psicoanalisi classica è indicata in misura maggiore per pazienti di chiaro livello nevrotico con la meta ambiziosa di una modificazione del carattere. La tecnica e le teorizzazioni di questo tipo di analisi si sono infatti rivelate generalmente poco ef- 5

ficaci con persone affette da altri tipi di disturbi. A quel tempo poi, non erano diffusi tipi di approcci che apportavano delle modifiche alla psicoanalisi classica. I- noltre, la frequenza delle sedute raccomandata da Freud (inizialmente sei, poi cinque a settimana; successivamente egli ritenne che potessero essere sufficienti tre o quattro incontri) fece in modo che questo percorso potesse essere affrontato solo da persone prive di difficoltà economiche. Tuttavia il fatto che la terapia psicoanalitica funzioni meglio e più rapidamente con coloro che presentano meno difficoltà emotive rispetto a chi invece, ha maggiori problemi, non rappresenta un fenomeno differente da quello della persona sana che risponde meglio alle cure mediche. La stessa situazione è presente nei trattamenti non psicoanalitici come la terapia familiare sistemica o quella razionale-emotiva o comportamentale o farmacologica o anche il counseling umanistico; essi hanno sicuramente effetti migliori con individui che cooperano rispetto a gruppi clinici più disturbati e difficili da gestire. Nonostante sia vero quindi, che condurre una buona terapia analitica con persone con gravi disturbi comporti molteplici difficoltà, essa potrebbe essere estremamente utile al fine di capirle e di aiutarle (McWilliams, 1994). È indispensabile però, che vengano fatte delle precisazioni. La psicoanalisi classica va distinta dalla psicoterapia psicoanalitica, definita anche psicodinamica (Lis, 1993). Il termine psicoterapia psicoanalitica è stato introdotto da Frieda Fromm Reichman nel 1950; essa indica un tipo di trattamento che condivide i presupposti teorici e gli scopi della psicoanalisi ma che ha apportato delle modifiche dal punto di vista delle tecniche, che successivamente saranno attentamente analizzate. Entrambe infatti, nascono dalla constatazione che quando i conflitti e i dissidi tra le istanze della personalità sono interiorizzati, solo intervenendo sulla struttura della personalità dell individuo, è possibile trovare soluzioni più adeguate alla situazione problematica nella quale egli si trova; esse quindi, condividono lo stesso scopo: alleviare le difficoltà del paziente, aiutandolo in un processo autoconoscitivo che gli consenta di capire e di integrare parti di sé (pensieri, fantasie ed affetti) che si attivano gradualmente nella relazione terapeutica. Si fornisce quindi, a chi ha deciso di intraprendere questo percorso, un supporto per fare in modo che 6

egli possa comprendere come e perché questo malessere sussista, dar vita a nuove rappresentazioni di se stesso e dei suoi rapporti con gli altri e trovare nuove soluzioni ai suoi conflitti. Si tratta di processi che si sviluppano nel campo dinamico tra i due poli costituiti dal paziente e dal terapeuta; essi sono strettamente legati all hic et nunc della relazione. Le parole di chi è in cura, acquistano significato nel contesto specifico della seduta, nel momento stesso in cui sono dette. Anche le affermazioni del clinico rivestono un ruolo importantissimo in quanto danno nuovi significati a ciò che l individuo dice, rendono possibili differenti rappresentazioni e forniscono soluzioni più articolate alle problematiche presenti. Uno degli aspetti principali che caratterizza questi tipi di approcci è la grande attenzione che viene posta al mondo interno del paziente e quindi, alle sue fantasie, ai suoi sogni, alle sue paure, ai suoi desideri, alle immagini che ha di se stesso, alle percezioni che ha degli altri e alle sue reazioni psicologiche ai sintomi. Un e- norme valore è perciò attribuito alle esperienze personali e soggettive dell individuo. Non si tratta di escludere il mondo della realtà esterna, ma di accoglierlo nel dialogo terapeutico. Nello spazio privato del setting, il paziente impara a stare con se stesso: all interno di quest area, egli scopre nuovi significati che deve poi trasportare all esterno. In entrambi i casi, il processo è lungo e faticoso; richiede inoltre, che il terapeuta abbia una specifica formazione ed una buona esperienza alle spalle. 1.2 I concetti chiave della psicoterapia psicodinamica Gli approcci psicodinamici che si rivolgono ai pazienti con una determinata organizzazione di personalità sono molteplici. Al fine di comprenderli, è indispensabile in primo luogo, esporne i concetti chiave, sulla base degli approcci teorici a cui essa si ricollega ovvero la teoria freudiana classica delle pulsioni, la psicologia del Sé, la teoria delle relazioni oggettuali, la psicologia dell Io e la teoria dell attaccamento (Gabbard, 1994a). Un fondamentale aspetto è costituito da un modello concettuale della mente che include l inconscio. Freud (1915) infatti, elaborò il modello topografico secondo il quale la mente è costituita da tre strutture: conscio, inconscio (ovvero i contenuti 7

mentali che sono censurati poiché considerati inaccettabili, che sono rimossi e che quindi, difficilmente possono essere portati alla coscienza) e preconscio (ovvero i contenuti mentali che possono essere facilmente portati alla coscienza semplicemente spostando la propria attenzione). Egli sostenne l esistenza dell inconscio attraverso due fondamentali prove cliniche: i sogni e le paraprassi. L analisi dei sogni mostrò che la forza motrice di questi era solitamente rappresentata da un desiderio infantile inconscio (1899). Dietro il contenuto manifesto dei sogni, si cela quindi, quello latente che richiede un accurata interpretazione. Le paraprassi sono invece, dei fenomeni come i lapsus, le dimenticanze o le sostituzioni di nomi o parole che rappresentano la manifestazione involontaria dei desideri o dei pensieri inconsci di una persona. Sia i sogni sia le paraprassi sono quindi, riflessi di processi inconsci che difendono da desideri e sentimenti rimossi; attraverso questi perciò, vengono trasmessi nel presente, messaggi che fanno riferimento al passato. Nella visione psicodinamica è inoltre, di primaria importanza il concetto di determinismo psichico e quindi, la convinzione secondo cui il comportamento umano rappresenta il risultato finale di molte forze in conflitto tra loro, che assolvono una varietà di funzioni corrispondenti sia alle richieste della realtà sia ai bisogni dell inconscio. Il principio di determinismo psichico richiede inoltre, due chiarificazioni; innanzitutto i fattori inconsci non determinano tutti i comportamenti e i sintomi: alcuni non possono essere spiegati da fattori dinamici. In secondo luogo, esso prevede la presenza di uno spazio decisionale e, di conseguenza, di un intenzione cosciente di cambiare che può essere un fattore importante nel processo di risoluzione dei sintomi (Appelbaum, 1981). Un assunto centrale del pensiero psicodinamico è inoltre, costituito dal fatto che le esperienze infantili siano fattori cruciali nel determinare la personalità adulta. Le teorie sullo sviluppo infantile sono infatti, sempre state oggetto di grande interesse da parte di questo tipo di approccio. Tuttavia sono assai numerose e sono state spesso oggetto di forti contrasti nell ambito della psicoanalisi. Ciascuna però, potrebbe rivelarsi utile in specifiche situazioni cliniche ed essere applicata ed adattata ad un determinato soggetto nel corso della terapia psicodinamica (Gabbard, 1994a). 8

Freud riteneva che il bambino attraversasse tre principali fasi psicosessuali: orale, anale e genitale; ognuna di queste è associata ad una particolare zona corporea nella quale egli sosteneva che fosse concentrata la libido del bambino. Egli era i- noltre, convinto che, a causa di fattori ambientali o costituzionali o dell associazione di entrambi i tipi di elementi, un bambino potesse rimanere bloccato, dal punto di vista evolutivo, alla fase orale o anale e che questo avesse poi forti ripercussioni sullo sviluppo successivo. Studi che sono stati svolti in seguito (Mahler et al., 1975; Stern, 1985), hanno portato all elaborazione di altre teorie evolutive sulle personalità normali e patologiche che hanno posto l accento sulla natura della competenza relazionale del bambino piuttosto che sulle vicissitudini delle energie istintuali. Un altra componente centrale nella teoria evolutiva è la nozione secondo cui le esperienze precoci del Sé con gli altri sono interiorizzate, insieme agli stati affettivi associati ad esse, dando vita a rappresentazioni di tali interazioni (Fonagy, Target, 2003). Tali relazioni oggettuali interne sono riprodotte continuamente nel corso della vita e se sono presenti dei problemi connessi ai propri legami attuali, è molto probabile che essi siano connessi a difficoltà precedentemente incontrate nella propria infanzia. Inoltre, la rappresentazione interna di un genitore può non corrispondere esattamente alla persona alla quale ci si riferisce e discostarsi, in maniera più o meno accentuata, da questa. La teoria delle relazioni oggettuali si è fortemente sviluppata in Gran Bretagna, dove Melanie Klein ha tentato di integrare teoria pulsionale e relazioni oggettuali interne. Successivamente studiosi come Fairbairn e Winnicott hanno sottolineato come la motivazione primaria del bambino non sia la gratificazione delle pulsioni ma la ricerca dell oggetto (Gabbard, 1994b). Kohut (1971, 1977, 1984) sostenne che alcuni individui, nel corso dello sviluppo, in virtù di uno scarso contatto empatico con la madre, avvertissero un senso interno di mancanza che li spingeva a cercare negli altri, risposte in grado di compensare funzioni che non trovavano in se stessi (funzioni oggetto-sé). Egli riteneva quindi, che lo sviluppo fosse strettamente connesso alle risposte oggetto-sé fornite dagli altri e che, in assenza di tali risposte, il Sé tendesse a frammentarsi, dando origine ad un quadro clinico di estrema vulnerabilità narcisistica. 9

Anche la teoria dell attaccamento sviluppata da Bowlby (1988), rappresenta un importante punto di riferimento per l approccio psicodinamico. Secondo Bowlby, nel bambino era presente un sistema comportamentale diretto a mantenere la vicinanza con la madre o il caregiver (Fonagy, 2001); la motivazione del bambino non era perciò, legata semplicemente alla ricerca di un oggetto, bensì al raggiungimento di uno stato psicofisiologico di sicurezza e di conforto che derivava dalla vicinanza con la madre o con il caregiver. Per mezzo della Strange Situation (Ainsworth et al., 1978), ovvero di una situazione sperimentale che prevede brevi separazioni del bambino dalla madre, sono state individuate differenti reazioni da parte del bambino corrispondenti a quattro categorie principali di attaccamento: 1) sicuro; 2)ansioso-evitante; 3)ansioso-ambivalente; 4)disorganizzato/disorientato. Tali categorie presentano un certo grado di correlazione con analoghe classificazioni dell attaccamento adulto: 1)sicuro/autonomo; 2)insicuro/distanziante, in a- dulti che idealizzano, negano, denigrano e svalutano le relazioni di attaccamento passate e presenti; 3)insicuro/preoccupato, in adulti che sono confusi o sopraffatti dalle relazioni di attaccamento; 4)non risolto/disorganizzato, in adulti che hanno subito traumi o sono stati oggetto di trascuratezza. Bisogna sottolineare comunque che, al di là delle differenze presenti in ciascun modello teorico di riferimento, l approccio psicodinamico considera il paziente adulto come il prodotto di esperienze infantili che continuano ad essere riprodotte con gli altri nel presente ed anche quindi, con il terapeuta. Si tratta di un aspetto estremamente importante che consente di comprendere molte caratteristiche legate al trattamento che si basa su questo tipo di approccio. Inoltre, un altro dei principali concetti psicodinamici è rappresentato dal transfert. Esso consiste nello spostamento di sentimenti, pensieri e comportamenti, sperimentati originariamente in relazione a figure significative dell infanzia, su una persona coinvolta in una relazione interpersonale attuale. Poiché il processo è prevalentemente inconscio, il paziente non percepisce le differenti origini di atteggiamenti, fantasie e sentimenti del transfert come, ad esempio, amore, odio o rabbia. Il transfert rappresenta un tipo di relazione oggettuale e, dal momento che o- gnuna di queste è una riedizione dei primi attaccamenti dell infanzia, è sempre presente. Come affermò Freud (1909), esso si instaura spontaneamente in tutte le 10