1. L ordinanza del Tribunale di Roma del 18 gennaio 2001.



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Pagine Web, meta-tags e diritto. di Giovanni Ziccardi 1. L ordinanza del Tribunale di Roma del 18 gennaio 2001. Con ordinanza resa in data 18 gennaio 2001, la Nona Sezione Civile del Tribunale di Roma prendeva una precisa posizione giuridica con riferimento all'utilizzo dello strumento informatico e telematico (Internet + linguaggio html + motori di ricerca) palesemente lesivo degli interessi di un concorrente commerciale. Nel caso in oggetto, Genertel, nota compagnia di assicurazioni, lamentava la presenza, nel codice Html (hyper-text mark-up language, il linguaggio informatico con il quale sono scritte le pagine Web ipertestuali che vengono consultate mediante i browsers più comuni, quali Internet Explorer e Netscape Navigator) che costituiva le pagine del sito Web di un concorrente, Crowe, di meta-tags (o etichette invisibili ) contenenti la parola Genertel. Nel caso concreto tali meta-tags, nei motori di ricerca più comuni, permettevano di portare in evidenza e in alta classifica il sito della concorrente all esito di una semplice ricerca (utilizzando come chiave di ricerca Genertel, in una prova effettuata questo mese con il motore Altavista, il sito di Genertel è al primo posto dei risultati e il sito di Crowe al decimo, pur non avendo nulla a che fare, direttamente, con il termine Genertel ). Questa pronuncia ha diversi lati interessanti. Molto rilevante, innanzitutto, il lato informatico preso in considerazione con dovizia di particolari dal giudice: il meta tag, ricorda il magistrato, è una porzione di codice Html che contiene solitamente una descrizione e delle keywords (parole chiave) che indicano, nella maggior parte dei casi, l'attività della azienda o i contenuti del sito. La description, invece, è di solito una 1

breve frase che viene estrapolata automaticamente dai motori di ricerca e inserita nella breve descrizione che segue l'url (ovvero l indirizzo, ad esempio http://www.ilsole24ore.com) nei motori stessi. Le keywords dei meta-tags oggetto della presente ordinanza sono termini che il motore di ricerca, quando procede ad indicizzare il sito, estrae al fine di posizionare al meglio il sito stesso all'esito di una ricerca che viene effettuata, quasi sempre, per parole chiave. Alcuni motori, poi, posizionano ancora più in alto nella lista un sito che abbia come meta-tags keywords molto comuni e soprattutto con molti 'hit', ovvero consultazioni (ad esempio, una delle keywords più utilizzate come meta-tag è Pamela Anderson, che garantisce sempre e comunque grande presenza nei piani alti dei motori di ricerca). L'ordinanza appare, nella sua conclusione, corretta e, vedremo, perfettamente in linea con la giurisprudenza statunitense che già dal 1997 si occupa delle implicazioni giuridiche dei meta-tag. Siamo in presenza di un caso in cui il meta-tag- etichetta invisibile che non ha alcun interesse per il visitatore in quanto lo stesso non la può vedere se non aprendo il sorgente del codice Html stesso) era utilizzato, a quanto è dato di comprendere dalla lettura dell'ordinanza, a puro scopo di attirare sul sito della resistente visitatori che cercavano, invece, di connetersi al sito e ai contenuti di Genertel. Puntuale, a tal punto, l'applicazione dell'art. 2598 n. 3 del codice civile e il riferimento alla concorrenza sleale e al trarre vantaggio commerciale in maniera parassitaria sfruttando sforzi commerciali compiuti da altri. In alcuni passaggi, però, il magistrato ha commesso qualche errore di interpretazione con riferimento ad alcuni concetti informatici. Il primo scoglio, per chi legge, è il riferimento al meta-tag come a "quelle parole chiavi, codificate nel linguaggio della rete, html, e non immediatamente visibili sulla pagina web che i motori di 2

ricerca utilizzano per individuare ed indicizzare i veri siti presenti sulla rete". In realtà il meta-tag non permette ad un motore di ricerca di 'individuare' un sito: l'inserimento di un sito in un motore avviene solitamente attraverso la URL submission, ovvero l immissione manuale dell indirizzo e di una eventuale descrizione; una volta che il creatore del sito o chi per lui ha indicato il sito al motore, il motore stesso provvede ad indicizzarlo. Inoltre non si comprende bene, sempre in questo passaggio, che significato abbia il riferimento a 'veri siti'. Altri dubbi permangono nel dispositivo che conclude l'ordinanza: "va inibito l'uso del meta-tag nei termini sopra indicati e la resistente provvederà a che nei motori di ricerca sia eliminata la presente parola Genertel". Circa l'inibizione di un uso di un meta-tag palesemente inteso a sviare potenziali clienti dall'altrui realtà commerciale, nulla quaestio: difatti la pulizia del codice Html è già avvenuta. Circa, invece, il dover provvedere a che nei motori di ricerca sia eliminata la parola Genertel, la questione diventa problematica. Probabilmente il magistrato intendeva 'dai codici sorgenti Html' del sito della resistente, anche perchè una nuova indicizzazione del sito ripulito dai meta-tag non sempre elimina le pagine 'vecchie'. 2. Il giudice e l informatica: Internet, codice Html e metatags. I meta-tags, presi in considerazione dal magistrato nel caso de quo, altro non sono che righe di codice Html che vengono inserite nelle pagine Web e che hanno come funzione primaria quella di indicare al motore di ricerca determinate informazioni utili sui contenuti del sito stesso. Un utilizzo accurato dei meta-tags permette anche un posizionamento nei risultati che escono dalla ricerca in rete più alto rispetto ad altri siti. Due, quindi, le funzioni: favorire una 3

ricerca del sito su determinate voci e agevolare la posizione in testa alle classifiche dei risultati. I meta-tags sono di vari tipi, ma i due tipi più usati - e che crediamo siano stati utilizzati anche nel caso di specie - sono i meta-tags description ed i meta-tags keywords, ovvero descrizione e parole chiave. Il meta-tag descrizione si limita a fornire ai motori di ricerca una descrizione sintetica della pagina Web. Nel codice Html la sintassi è <meta name="description" content="descrizione da inserire">. Un esempio di meta-tag descrizione può essere, ad esempio, <meta name="description" content="l azienda si occupa di vendita di periodici giuridici in abbonamento, di volumi di cultura generale e di banche dati su supporto ottico">. La creazione del meta-tag descrizione avviene scegliendo i termini che più possono essere utili per fornire una descrizione esatta dei contenuti della pagina. Molti motori di ricerca, quando scandagliano la rete, estrapolano la descrizione e la inseriscono subito dopo al titolo della pagina. La scelta della descrizione è, nel commercio elettronico, un momento cruciale, e qui si possono porre delle problematiche giuridiche soprattutto con l uso di espressioni o marchi di concorrenti. Le parole chiave invece sono molto importanti perchè indicano al motore di ricerca quelle chiavi di ricerca che fanno comparire, in seguito ad una ricerca, quel determinato sito. In questo caso, la scelta della parola chiave può procedere secondo diverse direzioni. La prima direzione, più corretta e leale da un punto di vista commerciale e legale, è quella di scegliere parole riferite espressamente, direttamente o indirettamente, alla propria attività. La seconda strategia è quella di adottare delle keywords fra le più richieste (l esempio Playboy che vedremo in seguito è ormai un caso di scuola). In quest ultimo caso sorgono problemi giuridici. Il meta-tag keywords deve essere inserito nel codice Html della pagina Web, solitamente dopo il meta-tag 4

description, ed essere scritto esattamente in questo modo: <meta name="keywords" content="qui vanno inserite le parole chiave">. 3. Meta-tags e diritto negli Stati Uniti. Dal 1997 sino ad oggi, davanti alle corti statunitensi, si combatte sul fronte della concorrenza sleale, della violazione dei marchi e della confondibilità dei segni distintivi con riferimento ai meta-tags. Le prime cause hanno avuto come oggetto l utilizzo del trademark di terzi, e subito è apparso al giudice come il dubbio se ci sia violazione del marchio e della correttezza commerciale nell utilizzo di meta-tags altrui non fosse facile da risolvere. Di certo ci sono stati alcuni casi palesi, nei quali la società chiamata in giudizio utilizzava i termini riferiti al nome di altra azienda o ai prodotti senza alcuna ragione legittima, un po come nel caso italiano che abbiamo esaminato poco sopra. La maggior parte dei motori di ricerca non richiede né verifica che i termini utilizzati dei meta-tags siano anche utilizzati nel corpo del testo delle pagine Html. Uno dei motivi per cui fu creato il sistema dei meta-tag fu per consentire ai Web designer di avere un posto invisibile nel codice Html dove classificare ed individuare le proprie pagine nel caso il corpo della pagina non fosse sufficiente. Questa caratteristica di invisibilità dei meta-tags ha posto non pochi problemi interpretativi: se la violazione avviene con termini inseriti in contenuti visibili, ad esempio nel corpo della pagina Html, la soluzione è semplice, mentre in questo caso siamo in presenza di termini invisibili al visitatore ma che parlano un codice comprensibile solo ai motori di ricerca. Il problema centrale, in conclusione, è per quale motivo e in che modo vengono usati i meta-tags. Se il caso è palesemente illegittimo, allora la giurisprudenza statunitense mostra un rigore notevole. 5

La prima vertenza giudiziaria che ha preso in considerazione i meta-tags è Oppedahl & Larson v. Advanced Concepts, Civ. No. 97-Z-1592 del 1997. In questo caso il convenuto non aveva motivi validi e chiari per utilizzare il nome di Oppedahl & Larson, un grande studio legale che si occupava di nomi di dominio, nei meta-tags. Il giudice ha ritenuto che l uso del nome altrui nel meta-tag fosse dovuto al tentativo palese di catturare traffico altrui (ovvero visitatori al sito) soprattutto nel settore delle dispute relative ai nomi di dominio. Il giudice ha vietato, in questo caso, l utilizzo dei meta-tags senza una autorizzazione esplicita. E stato questo il primo caso giudiziario che si è occupato, nella giurisprudenza mondiale, di meta-tags. Il termine incriminato, che ha dato origine al giudizio, appariva solo all interno dei tags e non nel corpo del testo. Molto interessante anche il caso Insituform Technologies Inc. v. National Envirotech Group, L.L.C.Civ. No. 97-2064 del 27 Agosto 1997), contraddistinto sia da una ingiunzione temporanea sia da un accordo fra le parti. In questo caso Insituform ha fatto causa a National Envirotech in quanto quest ultima aveva usato il nome della azienda concorrente ed il nome di un prodotto concorrente nei meta-tags. Anche in questo caso i termini incriminati apparivano nei meta tags e non nel corpo del testo. Il giudice ha accolto la tesi dell attore per cui la sola ragione plausibile della presenza di marchi registrati da concorrenti nei meta-tags fosse quella di reindirizzare verso il proprio sito visitatori dei concorrenti. Ormai celebre, sempre su questo argomento, la causa Playboy Enterprises Inc. v. Calvin Designer Label, Civ. No. C-97-3204 (N.D. Cal., 8 settembre 1997). In questo caso Playboy aveva citato in giudizio gestori di siti Web contenenti materiali per adulti che avevano letteralmente riempito pagine e meta-tags 6

con le parole Playboy e Playmate al fine di finire ai massimi livelli nei motori di ricerca per chiunque cercasse Playboy. Playboy è stata coinvolta, con riferimento ai meta-tags, anche nella causa Playboy vs. AsiaFocus and Internet Promotions, sempre per l uso dei termini Playboy e Playmate, anche in questo caso al solo scopo di catturare traffico. Celebre anche la vertenza contro la ex-playmate Terri Welles, Playboy vs. Terri Welles, un caso molto interessante perchè esempio, questa volta, di uso legittimo del meta-tag contenente indicazioni altrui. Il giudice, in questo caso, non ha concesso alcun provvedimento di urgenza contro Terri Welles, già Playmate dell anno 1981, che utilizzava i termini Playboy e Playmate nei meta-tags del proprio sito. Il giudice ha ritenuto esistente una ragione legittima di utilizzo (la ex-playmate utilizzava tali termini per descrivere se stessa e la propria attività passata e presente e per catalogare il proprio sito nei motori di ricerca). Infine la Welles, ha notato il giudice, non utilizzava questi termini nei meta-tags per reindirizzare illegittimamente verso il proprio sito altri visitatori del sito Playboy. L appello di Playboy a questa decisione è stato respinto il 27 ottobre 1998. Si tratta della prima decisione che ha ammesso l uso di marchi altrui nei meta-tags. Terri Welles, dal suo canto, non è stata immobile, da un punto di vista legale. Nella causa Terri Welles vs. Playboy, (US District Court, San Diego, 4 gennaio 1999), la Welles ha fatto una causa contro Playboy per i tentativi continui di quest ultima di limitare l utilizzo dei predetti termini sul suo sito. Da un punto di vista giuridico, nei casi Playboy vengono contestati la violazione di marchio registrato, la concorrenza sleale e la confusione. Interessante ciò che è stato stabilito, infine, nell accordo fra le parti nel caso Instituform : parte convenuta si è impegnata a 1) cancellare i marchi dai meta tag e 2) rimettere il sito web così ritoccato nei motori di ricerca. 7

In effetti, conoscendo lo strumento informatico, più che l ordine - come quello dato dalla corte italiana - di rimuovere dai motori di ricerca le pagine scorrette (forse fattibile da un punto di vista informatico ma comunque molto complesso e senza garanzia di risultato) appare corretto l ordine di fare una nuova submission del sito e delle pagine ripulite nei motori di ricerca. Il testo dell ordinanza (da www.internetlex.kataweb.it) Tribunale Ordinario di Roma - Nona Sezione Civile Il Giudice Designato O. De Masi Sciogliendo la riserva di cui al verbale di udienza che precede Osserva La Trieste e Venezia Assicurazioni Genertel Spa (avvocati: Alfredo Antonini e Enzo Fogliani) con ricorso depositato il 29.11.2000, ha chiesto, in via d urgenza, di ordinare alla Crowe Italia Srl (avvocato Massimo Bersani) di eliminare il riferimento "Genertel" dal sorgente della pagina HTML sita all indirizzo http://www.crowe.it/index.htm e da tutte le eventuali pagine web poste entro il dominio crowe.it ove contenenti il nome di essa istanza, nonché di disporre adeguata forma di pubblicità su internet dell estratto dell emanando provvedimento ed infine, di imporre alla società resistente l obbligo di pagamento della somma di lire 5.000.000 milioni, salvo altro importo ritenuto di giustizia, per ogni giorno di ritardo nella ottemperanza degli ordini sopra indicati. Lamenta, in buona sostanza, la ricorrente, dal 1994 operante nel settore della vendita di polizze assicurative per telefono o 8

tramite internet, che all utente di internet che digiti, quale parola per la ricerca, "Genertel" tramite il motore di ricerca "Virgilio" ma la stessa cosa accade con i motori di ricerca Godado ed Altavista, compare anche la indicizzazione del sito della concorrente Crowe Italia, attiva dal 1998 nel mercato assicurativo come rappresentante per l Italia di uno dei sindacati dei Lloyd s di Londra (cfr. la stampa delle pagine web depositate in atti) Evidenzia la ricorrente che visualizzando il file sorgente della pagine HTML della Crowe Italia appaiono inserite "etichette nascoste" e cioé parole che se digitate dall utente per la ricerca conducono a Crowe Italia (cfr. la stampa della visualizzazione della pagina web in versione HTML sita all indirizzo http://www.crowe.it/index.htm). Di contro, la società resistente deduce che una cosa è l elenco/indice dei siti richiamati dalle parole chiavi digitate dall utente della rete ed altra cosa è il "sito" cui corrisponde il dominio registrato da ciascuna azienda che intenda dare visibilità nel "cyberspazio" ai propri servizi o prodotti. Dunque, secondo la Crowe Italia, deve ritenersi dirimente la circostanza, non considerata dalla ricorrente, che il motore di ricerca si limita, nel caso proposto all esame dal Tribunale, ad informare l utente della rete dell esistenza nonché dell indirizzo internet dei vari operatori commerciali ivi presenti attraverso l impiego di parole chiavi e riferimenti incrociati all uopo combinati. Com è noto, con il termine mega-tag si fa riferimento a quelle parole chiavi, codificate nel linguaggio della rete html e non immediatamente visibili sulla pagina web che i motori di ricerca utilizzano per individuare ed indicizzare i veri siti presenti sulla rete. 9

Nel caso di specie, l uso da parte di Crowe Italia, quale metatag, della parola Genertel, che contraddistingue l attività assicurativa per telefono o via internet della ricorrente, dipende esclusivamente dallo scopo, così perseguito dalla resistente, di far comparire, tra i risultati della ricerca dell utente della rete, il proprio sito e dunque, la propria presenza sul mercato dell assicurazione RCA grazie alla notorietà raggiunta nel settore per cui è causa dalla medesima ricorrente, detentrice di una rilevante quota di mercato - dato non contestato - riportato nel ricorso introduttivo sulla base delle rilevazioni ufficiali ANIA - ed impegnata in onerose campagne pubblicitarie sui media. Non v è dubbio, del resto, che anche la semplice conoscenza, da parte dell utente di internet, dell esistenza di altri prodotti o servizi comparabili con quelli della società istante, conoscenza ottenuta dalla Crowe Italia sfruttando slealmente i risultati degli sforzi imprenditoriali della concorrente e magari offrendo anche prodotti o servizi analoghi ed a prezzi migliori, è idonea ad influenzare la scelta del consumatore. Deve, in conclusione, ritenersi prevalente l esigenza, tutelata dall ordinamento e segnatamente dall articolo 2598 n. 3 C.C., che ciascun imprenditore nella lotta con i concorrenti per l acquisizione di più favorevoli posizioni di mercato, si avvalga di mezzi suoi propri e non tragga invece vantaggio in maniera parassitaria, per quanto sopra rilevato dall effetto di "agganciamento" ai risultati dei mezzi impiegati da altri. Va inibito l uso del meta-tag nei termini sopra indicati e la resistente provvederà a che nei motori di ricerca sia eliminata la presente parola Genertel. Tale misura, peraltro, appare sufficiente a realizzare le esigenza cautelari rappresentate dalla ricorrente. PQM 10

Accoglie, per quanto di ragione, il ricorso e, per l effetto, ordina alla Crowe Italia Srl di eliminare immediatamente il riferimento Genertel del sorgente sulla pagina html sita all indirizzo www.crowe.it/index.htm e da tutte le altre pagine web poste entro il dominio crowe.it contenenti il nome della ricorrente alla quale assegna il termine di giorni 30 per la proposizione della causa di merito. Roma, 18 gennaio 2001 Il Giudice Designato O. De Masi 11