Il patteggiamento in sede penale esonera la controparte dall'onere della prova.



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Rivista scientifica bimestrale di Diritto Processuale Civile ISSN 2281-8693 Pubblicazione del 14.4.2014 La Nuova Procedura Civile, 3, 2014 Comitato scientifico: Elisabetta BERTACCHINI (Professore ordinario di diritto commerciale, Preside Facoltà Giurisprudenza) - Giuseppe BUFFONE (Magistrato) - Paolo CENDON (Professore ordinario di diritto privato) - Gianmarco CESARI (Avvocato cassazionista dell associazione Familiari e Vittime della strada, titolare dello Studio legale Cesari in Roma) - Bona CIACCIA (Professore ordinario di diritto processuale civile) - Leonardo CIRCELLI (Magistrato, assistente di studio alla Corte Costituzionale) - Vittorio CORASANITI (Magistrato, ufficio studi del C.S.M.) Lorenzo DELLI PRISCOLI (Magistrato, Ufficio Massimario presso la Suprema Corte di Cassazione, Ufficio Studi presso la Corte Costituzionale) - Francesco ELEFANTE (Magistrato T.A.R.) - Annamaria FASANO (Magistrato, Ufficio massimario presso la Suprema Corte di Cassazione) - Cosimo FERRI (Magistrato, Sottosegretario di Stato alla Giustizia) - Eugenio FORGILLO (Presidente di Tribunale) Mariacarla GIORGETTI (Professore ordinario di diritto processuale civile) - Giusi IANNI (Magistrato) - Francesco LUPIA - Giuseppe MARSEGLIA (Magistrato) - Piero SANDULLI (Professore ordinario di diritto processuale civile) - Stefano SCHIRO (Presidente di Corte di Appello) - Bruno SPAGNA MUSSO (Magistrato, assistente di studio alla Corte Costituzionale) - Paolo SPAZIANI (Magistrato) - Antonio VALITUTTI (Consigliere della Suprema Corte di Cassazione) - Alessio ZACCARIA (Professore ordinario di diritto privato). Il patteggiamento in sede penale esonera la controparte dall'onere della prova. La sentenza penale di applicazione della pena ex art. 444 c.p.p. costituisce un indiscutibile elemento di prova per il giudice di merito il quale, ove intenda disconoscere tale efficacia probatoria, ha il dovere di spiegare le ragioni per cui l'imputato avrebbe ammesso una sua insussistente responsabilità, e il giudice penale abbia prestato fede a tale ammissione: detto riconoscimento, pertanto, pur non essendo oggetto di statuizione assistita dall'efficacia del giudicato, ben può essere utilizzato come prova nel corrispondente giudizio di responsabilità in sede civile. Pertanto la sentenza di applicazione della pena, pur non potendosi configurare come sentenza di condanna, presupponendo pur sempre un ammissione di colpevolezza, esonera la controparte dall'onere della prova. Tribunale di Arezzo, sentenza del 17.1.2014 omissis Con atto di citazione ritualmente notificato, xxx. convenivano in giudizio xxx e xx., introducendo il giudizio di merito ex art. 669-octies c.p.c. ed esponendo: - che, in data 1.1.2007, era deceduto, in loc. xxx, a seguito di un incidente di caccia, xxx - che la responsabilità dell'accaduto era da ascriversi a xx quale aveva esploso il colpo di fucile che aveva ucciso il xxx

- che, a causa della morte del loro congiunto, gli attori avevano subito una serie di danni di natura sia patrimoniale che non patrimoniale che andavano agli stessi risarciti; - che, prima della instaurazione del presente giudizio, il Tribunale di Arezzo, su ricorso degli attori, aveva concesso il sequestro conservativo nei confronti del M. fino a concorrenza di Euro 650.000.00; - che il M. era assicurato con la xxx per la responsabilità civile derivante dalla pratica della attività venatoria, nei confronti della quale gli attori erano titolari di azione diretta ex art. 12. comma 10, della L. n. 157 del 1992; concludevano, pertanto, chiedendo: ''voglia il Tribunale di Arezzo accertare che xxx. decedette. l'1.1.2007, per essere stato colpito alla testa da un proiettile, per un colpo di fucile esploso da xxx.. Voglia quindi il Tribunale accertare la responsabilità del predetto convenuto per la morte di xx Voglia il Tribunale condannare xx. e xx. a risarcire, in solido o non tra loro, in favore degli attori, tutti i danni di natura patrimoniale od extrapatrimoniali da costoro subiti. Voglia quantificare tali danni in Euro 385.000,00 a favore, di xx.: in Euro 525.000,00 a favore di xxx in Euro 220.000,00 a favore xxx Il tutto salva diversa quantificazione, in più o meno, anche mediante valutazione equitativa. Con rivalutazione monetaria ed interessi e con vittoria di spese ed onorari" (cfr. atto di citazione). Radicatosi il contraddittorio si costituiva, in giudizio xxx eccependo preliminarmente la nullità dell'atto di citazione per incertezza del requisito di cui all'art. 163, comma 2, c.p.c. (per essere la domanda di condanna stata rivolta pure nei confronti del defunto xxx affermava, inoltre, il suo diritto ad essere tenuto indenne dalla Compagnia di Assicurazione dalle conseguenze derivanti dai sinistro; rilevava, inoltre, che il comportamento della xxxxs.p.a. era viziato da mala gestio per non aver provveduto a mettere tempestivamente a disposizione degli attori il massimale, nonostante la dinamica incontestata del sinistro, il che aveva determinato la concessione del sequestro conservativo sulla casa di abitazione del xxxx e sul quinto del suo stipendio; contestava, infine, l'entità del danno reclamato dagli attori: concludeva, pertanto, chiedendo: "in via preliminare e di rito: a) accertare la nullità della citazione perché assolutamente incerto il requisito stabilito nel numero 2 dell'art. 163 c.p.c. e, per l'effetto, dichiarare la intervenuta caducazione degli effetti del sequestro già concesso con il provvedimento collegiale addi 19-26-04-2007; in ogni caso, b) revocare il provvedimento di sequestro conservativo già concesso dal collegio con il citato provvedimento stante la insussistenza dei presupposti di legge e la presenza in causa della Compagnia Assicuratrice che, nei casi degli infortuni di caccia, ha l'obbligo di erogare il risarcimento; nel merito, accertata l'operatività della polizza assicurativa in favore di xxxx. siccome stipulata da xxx., previo accertamento dei danni da esperirsi in corso di causa, voglia ridurre le somme dovute a titolo di risarcimento in favore degli eredi di xxx., al contempo condannando la xxxx Compagnia di Assicurazioni e Riassicurazioni xxxx., in persona del suo legale rappresentante pro tempore, al pagamento di ogni danno che si verrà ad accertare in corso di causa e ciò anche oltre il massimale stabilito in polizza stante la mala gestio della Compagnia..." (cfr. comparsa di costituzione e risposta). Si costituiva, altresì, in giudizio la xxx eccependo preliminarmente l'inoperatività della copertura assicurativa e rilevando: - che la vittima era stata attinta da un colpo di arma da fuoco a palla unica, in

uso per la caccia al cinghiale che, alla data dell'1.1.2007, nella zona in cui si era verificalo il sinistro, non era consentita in forma singola, ma solo con appostamento fisso in squadra, così come previsto dal regolamento provinciale; - che il giorno in cui si era verificato il sinistro la caccia era consentita solo da appostamento fisso alla selvaggina migratoria (tordidi); - che, pertanto, il xxxx stava esercitando l'attività venatoria in violazione delle leggi e dei regolamenti in vigore, così non beneficiando della copertura assicurativa a norma degli artt. 3-9 delle condizioni generali di assicurazione: - che, inoltre, la quantificazione dei danni fatta dagli attori andava considerata eccessiva; - che, in ogni caso, la xxo aveva diritto ad agire in rivalsa nei confronti del proprio assicurato xxx concludeva, pertanto, chiedendo: "in tesi respingere la domanda attrice proposta nei confronti della xxx. per mancanza di copertura assicurativa; in ipotesi liquidare agli attori tutte quelle somme che saranno ritenute di giustizia, nei limiti previsti dal massimale di polizza (polizza tessera extra) pari ad Euro 1.033.000/00, ed in ogni caso condannare il xxx a rilevare indenne la xxxxxs.p.a. di quanto questa dovesse essere tenuta a pagare a titolo di capitale, interessi ed accessori" (cfr. comparsa di costituzione e risposta). La causa, istruita con prove orali e documentali, veniva trattenuta in decisione all'udienza indicata in epigrafe. Deve, in primo luogo, essere dichiarata la cessazione della materia del contendere nei confronti degli attori, stante la richiesta congiunta di tutte le parti, con conseguente revoca del sequestro ex art. 671 c.p.c. concesso ante causam. Occorre, poi, dare atto della mancata riproposizione, in sede di precisazione delle conclusioni, della domanda di risarcimento danni per mala gestio proposta dal xxxx nei confronti della Compagnia di Assicurazione, con conseguente abbandono della stessa. Difatti, la mancata riproposizione della domanda (o eccezione) nella precisazione delle conclusioni comporta l'abbandono della stessa, assumendo rilievo solo la volontà espressa della parte, in ossequio al principio dispositivo che informa il processo civile, con conseguente irrilevanza della volontà rimasta inespressa (cfr. Cassazione civile, sentenza del 5.7.2013, n. 16840). Bisogna, a questo punto, esaminare la domanda di rivalsa proposta dalla xxx In proposito, mette conto di evidenziare come il xxxx abbia patteggiato la condanna ad anni 1 e mesi otto di reclusione perché "per colpa specifica consistita nell'esercitare la caccia al cinghiale (munizionamento a palla) in periodo e con modalità (forma singola) non consentite, come previsto e sanzionato in via amministrativa dagli artt. 30 comma 11 e 58 lettera g) L.R. 12 gennaio 1994 come modificato dalla xxx n. 19 del 2007 e art. 7 comma 5 L.R. n. 20 del 2002. nonché per colpa consistita in generica negligenza, imprudenza, imperizia non avvedendosi della presenza di xxx., esplodeva nella direzione di questi un colpo dal proprio fucile da caccia marca "Berretta" sovrapposto mod. xxx special, con cartuccia caricata a palla, ed attingendolo alla testa, ne cagionava la morie" (cfr. sentenza in atti). Orbene, per costante orientamento giurisprudenziale, la sentenza penale di applicazione della pena ex art. 444 c.p.p. costituisce un indiscutibile elemento di prova per il giudice di merito il quale, ove

intenda disconoscere tale efficacia probatoria, ha il dovere di spiegare le ragioni per cui l'imputato avrebbe ammesso una sua insussistente responsabilità, e il giudice penale abbia prestato fede a tale ammissione: detto riconoscimento, pertanto, pur non essendo oggetto di statuizione assistita dall'efficacia del giudicato, ben può essere utilizzato come prova nel corrispondente giudizio di responsabilità in sede civile (cfr. Cassazione civile, sentenza dell'11 maggio 2007, n. 10847 1 ). Pertanto la sentenza di applicazione della pena, pur non potendosi configurare come sentenza di condanna, presupponendo pur sempre una ammissione di colpevolezza, esonera la controparte dall'onere della prova (cfr. Cassazione civile, sentenza del 15.10.2013, n. 23386 2 ). Sostiene il xx che, nella circostanza in cui il xxx perse la vita, egli era andato a caccia non di cinghiali bensì di tordi. Tale tesi, tuttavia, si pone in rapporto di stridente contraddizione con l'ammissione resa dal xxxx con il patteggiamento, nell'ambito del procedimento penale, nel quale era stata allo stesso espressamente contestata, a titolo di colpa specifica, la violazione della normativa regionale disciplinante la caccia al cinghiale. Del resto, estremamente significativo è il fatto xxx, nella circostanza, proprio una cartaccia a palla, solitamente adoperata per la caccia al cinghiale (cfr. annotazione di servizio della Questura di Arezzo, doc. 23 del fascicolo di parte attrice, pag. 4) e come il medesimo xxxx non abbia fornito alcuna giustificazione in ordine alla sua condotta né nell'ambito del procedimento penale a suo carico (essendosi avvalso della facoltà di non rispondere all'interrogatorio del P.M., cfr. doc. 23 del fascicolo di parte attrice, pag. 157-160) né nel presente giudizio. Al contrario, nel corso del suo interrogatorio formale, xxx. ha affermato, da un lato, che "non stavo praticando la caccia al cinghiale, bensì ero solo in quanto slavo cacciando i tordi" e, dall'altro, che: "la cartuccia che utilizzai era una cartuccia a palla per cinghiali che avevo con me, essendovi autorizzato. Ho creduto che dietro il cespuglio vi fosse un cinghiale e ho utilizzato tale cartuccia. Ho pensato ad un cinghiale perché vedevo muovere dei rami ed una sagoma scura" (cfr. verbale di udienza del 21.12.2011), con ciò contraddicendosi palesemente ed ammettendo, nei fatti, di essere andato a caccia di cinghiali. Tale circostanza non osta, però, alla operatività della copertura assicurativa. Invero, la giurisprudenza ha avuto modo di affermare che con riguardo 1 La massima ufficiale così recita: la sentenza penale di applicazione della pena su richiesta delle parti ai sensi degli artt. 444 e 445 cod. proc. pen. (cd. "patteggiamento") non ha, nel giudizio civile, l'efficacia di una sentenza di condanna. Pertanto, il giudice civile deve decidere accertando i fatti illeciti e le relative responsabilità autonomamente, pur non essendogli precluso di valutare, unitamente ad altre risultanze, anche la sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti. 2 N.d.R.: si rileva che la massima ufficiale afferma un principio non attinente a quanto riportato in sentenza; in particolare, la massima ufficiale così recita: il giudice di merito il quale, una volta accertato che più soggetti sono obbligati tutti per la medesima prestazione, anche se per titoli diversi, li condanni in solido alla esecuzione della prestazione, a norma dell'art. 1292 cod. civ., non incorre nel vizio di ultrapetizione, ancorché la solidarietà non abbia formato oggetto di specifica domanda da parte dell'attore.

all'assicurazione della responsabilità civile per incidenti di caccia la clausola di polizza che neghi la copertura assicurativa per i danni che l'assicurato, abilitato all'attività venatoria, abbia provocato per colpa consistente in violazione delle norme disciplinanti l'attività medesima, è nulla per contrasto con la regola imperativa della obbligatorietà di detta assicurazione (art. 8, comma 9 R.D. 1939, n. 1016, come sostituito dall'art. 1 della L. 1967, n. 799), indipendentemente da ogni ulteriore indagine sul nesso di causalità fra detta violazione ed il sinistro (cfr. Cassazione civile, sentenza n. 2544 del 28.3.1990 3 ). In tale pronuncia è stato anche precisato che "proprio in forza dell'altissimo interesse pubblico protetto, nella specie va ricostruito - in termini opposti a quelli prospettati dai giudici di appello - il rapporto tra legge ed autonomia contrattuale: la seconda non potendo vanificare o comunque penalizzare lo scopo perseguito dalla prima e dunque dovendo esplicarsi entro i limiti di quella. Limiti che vanno ravvisati nella necessaria tutela dei terzo danneggiato, che è il diretto destinatario della disposizione che prevede l'assicurazione obbligatoria per la responsabilità civile. Di talché le parti non possono introdurre clausole che diminuiscano la tutela del terzo voluta dalla legge ed. ove una siffatta clausola sia stata prevista, la stessa è da considerarsi non apposta, ripristinandosi in questo modo la norma imperativa violata, secondo il meccanismo previsto dall'art. 1419. co. 2, c.c.". Ne consegue la nullità assoluta delle clausole (art. 3 delle condizioni generali di assicurazione ed art. 9 della Sezione III sulla responsabilità civile verso terzi) su cui l'assimoco s.p.a. fonda l'azione di rivalsa. Del resto, l'art. 2, lett. c) delle condizioni generali di assicurazione prevede l'esclusione della copertura assicurativa solo net caso di dolo dell'assicurato e non anche di sua colpa. In proposito, la giurisprudenza ha affermato che deve ritenersi escluso, in mancanza di espresse clausole limitative del rischio, che la garanzia assicurativa non copra alcuna forma di colpa (cfr. Cassazione civile, sentenza del 28.2.2008, n. 5273 4 ) Né, dall'altra parte, è utilmente invocabile, dalla xxxxs.p.a., l'art. 304 del D.Lgs. n. 209 del 2005 (per cui "il Fondo di garanzia per le vittime della caccia che, anche in via di transazione, ha risarcito il danno nei casi previsti all'art. 302. comma 1. lett. a) e b) ha azione di regresso nei confronti del responsabile 3 La massima estratta da Giust. Civ., 1990, I, 1197 così recita: con riguardo all'assicurazione della responsabilità civile per incidenti di caccia, la clausola di polizza che neghi la copertura assicurativa per i danni che l'assicurato, abilitato all'attività venatoria, abbia provocato per colpa consistente in violazione delle norme disciplinanti l'attività medesima, è nulla per contrasto con la regola imperativa dell'obbligatorietà di detta assicurazione (art. 8, 9 comma, r. d. n. 1016 del 1939, come sostituito dall'art. 1 l. n. 799 del 1967), indipendentemente da ogni ulteriore indagine sul nesso di casualità fra detta violazione ed il sinistro. 4 La massima ufficiale così recita: l'assicurazione della responsabilità civile, mentre non può concernere fatti meramente accidentali, dovuti cioè a caso fortuito o forza maggiore, dai quali non sorge responsabilità, per la sua stessa denominazione e natura importa necessariamente l'estensione anche a fatti colposi, con la sola eccezione di quelli dolosi, restando escluso, in mancanza di espresse clausole limitative del rischio, che la garanzia assicurativa non copra alcune forme di colpa. Pertanto, la clausola di un contratto di assicurazione che preveda la copertura del rischio per danni conseguenti a fatti accidentali è correttamente interpretata nel senso che essa si riferisce semplicemente alla condotta colposa in contrapposizione ai fatti dolosi.

del danno per il recupero dell'indennizzo pagato, nonché degli interessi e delle spese") in quanto destinato a trovare applicazione solo per il Fondo di garanzia per le vittime della caccia. Trattasi, inoltre, di disposizione non suscettibile di applicazione analogica, essendo evidente la diversità di presupposti sussistente tra l'intervento del Fondo di garanzia, postulante l'assenza di copertura assicurativa o la mancata identificazione dell'esercente l'attività venatoria responsabile del sinistro, e quello dell'assicuratore, implicante l'esistenza di una valido contratto di assicurazione. Senza pretermettere che l'estensione della area di esclusione della copertura anche all'ipotesi di mera colpa dell'agente determinerebbe la vanificazione della funzione dell'assicurazione rappresentata dal tener indenne il patrimonio dell'assicurato dalla obbligazione risarcitoria. Per quanto esposto, si impone il rigetto della domanda proposta dalla xxxxs.p.a. nei confronti del Mxx La peculiarità delle questioni trattate e la soccombenza dell'assicurato sulla ricostruzione del fatto giustifica l'integrale compensazione delle spese di lite tra il xxx Essendo il compenso del legale degli attori stato corrisposto dalla Compagnia di Assicurazione nell'ambito della transazione conclusa tra gli stessi (cfr. documentazione prodotta all'udienza del 2.7.2013), non viene emessa pronuncia sulle spese in relazione a tale rapporto processuale. p.q.m. Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza, eccezione, deduzione disattesa, così provvede: 1) dichiara la cessazione della materia del contendere nei confronti di xxxf.m., xxx 2) revoca il sequestro conservativo concesso, con ordinanza ex art. 669- terdecies c.p.c. del 26 aprile 2007, in danno di xxxx., ordinando al Conservatore dei Registri Immobiliari territorialmente competente la cancellazione della trascrizione con esonero dello stesso da ogni responsabilità; 3) rigetta la domanda proposta da xxx. nei confronti di Mxxx 4) compensa le spese di lite tra xxxxs.p.a. e Mxxx Così deciso in Arezzo, il 17 gennaio 2014. Depositata in Cancelleria il 17 gennaio 2014.