La posizione degli oggetti celesti Altezza e Azimut di prima visibilità delle stelle



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La posizione degli oggetti celesti Altezza e Azimut di prima visibilità delle stelle Immagine: l ammasso aperto delle Pleiadi (copyright e fonte: NASA, ESA, AURA/Caltech, Palomar Observatory) Gli astronomi definiscono univocamente la posizione di un oggetto sulla sfera celeste mediante una coppia di coordinate ortogonali riferite ad un determinato sistema di riferimento. Ogni corpo celeste visibile nel cielo è caratterizzato, in una data epoca, da una posizione ben precisa rispetto ad un osservatore posto in un punto sulla superficie della Terra. Tale posizione può essere definita facendo uso di uno dei quattro sistemi fondamentali di coordinate celesti noti in Astronomia: il sistema Altazimutale, quello Equatoriale, il sistema Eclittico e per ultimo il sistema Galattico. 1

Il cosiddetto sistema Altazimutale il quale ha come coppia di coordinate l'azimut astronomico contato partendo dalla direzione del Nord astronomico, in senso orario, cioè in senso concorde con il movimento apparente degli astri sulla sfera celeste, e l'altezza dell'oggetto celeste rispetto all'orizzonte astronomico locale, materializzato, ad esempio, dalla linea del profilo del mare. L'orizzonte astronomico locale è differente dall'orizzonte naturale locale in quanto quest ultimo si riferisce al profilo del paesaggio ondulato localmente visibile da un punto di osservazione posto sulla superficie terrestre. Se il punto di osservazione fosse posto in mezzo al mare aperto allora l'orizzonte marino materializzerebbe sia l'orizzonte astronomico locale sia quello naturale. Se invece il nostro punto di osservazione fosse posto in montagna allora l'orizzonte astronomico locale sarà difficilmente visibile, mentre il profilo del paesaggio montuoso definisce l'orizzonte naturale locale. I cerchi fondamentali del sistema di coordinate altazimutali sono quindi l'orizzonte Locale e il Meridiano Locale che interseca il cerchio dello orizzonte nei punti cardinali (astronomici) Nord e Sud. Immagine: sistema di coordinate Altazimutale 2

Il sistema Altazimutale ha il difetto di essere legato alla posizione locale dell'osservatore, nel senso che due osservatori situati in località geograficamente differenti sulla Terra misureranno alla stessa ora del giorno, per lo stesso astro, valori differenti sia di Azimut che di Altezza sull'orizzonte. Oltre a questo, esiste anche un altro problema con questo sistema di coordinate e cioè che esse sono dipendenti dall'istante temporale in cui l'osservatore misura la posizione di un dato astro visibile nel cielo. Infatti essendo l'azimut legato all'angolo orario, il suo valore varierà con continuità durante la giornata passando da un valore minimo corrispondente all'istante di sorgere dell'astro considerato ad un valore massimo misurato all'istante del suo tramonto. Allo stesso modo l'altezza sull'orizzonte raggiungerà il suo valore minimo al sorgere e al tramontare dell'astro e il suo valore massimo nell'istante di culminazione o, in altre parole, di transito al meridiano locale. Nel caso del disco solare, la culminazione dell astro avverrà all istante del mezzogiorno vero e locale del punto di osservazione. Ovviamente il valore dell'altezza sull'orizzonte di un certo astro sarà funzione sia della latitudine che della longitudine geografica dell'osservatore. Nonostante tutti questi problemi tecnici il sistema altazimutale è fondamentale per l'archeoastronomia in quanto riflette perfettamente la situazione in cui si trovavano gli antichi che dovevano, con mezzi modesti, compiere osservazioni relativamente alla posizione apparente degli astri visibili nel cielo ed ai loro movimenti. 3

Il secondo sistema di coordinate è quello Equatoriale. Questo sistema è quello maggiormente usato attualmente in Astronomia in quanto è indipendente dalla posizione geografica dell'osservatore. Questo significa che la posizione di un dato astro sarà determinata da una coppia di coordinate, dette Ascensione Retta e Declinazione, le quali saranno sempre le stesse per qualsiasi postazione osservativa posizionata geograficamente in una qualsiasi località della Terra. Immagine: sistema di coordinate Equatoriale I cerchi fondamentali per questo sistema sono l'equatore Celeste, che è definito come la proiezione dell'equatore terrestre sulla sfera celeste, ed il Meridiano Astronomico Fondamentale il quale è il meridiano che partendo dal Polo Nord celeste attraversa l'equatore nella posizione occupata dal Sole all'istante dell'equinozio di primavera cioè ad una delle intersezioni tra il cerchio dell'eclittica e quello dell'equatore Celeste. Questo particolare punto è detto Punto Vernale o Punto d'ariete o anche Punto Gamma o più semplicemente Punto Equinoziale Primaverile. Affinché le coordinate di un astro, in questo sistema, siano indipendenti dal luogo di osservazione è necessario che il sistema di coordinate Equatoriali sia in costante movimento di rotazione apparente in accordo con il moto di rotazione apparente della Sfera Celeste, ma non solo, essendo l'equatore celeste uno dei due cerchi fondamentali, l'inclinazione del sistema di coordinate equatoriali, rispetto al cerchio dell'orizzonte astronomico locale sarà differente per differenti latitudini sul globo terrestre. 4

Un terzo sistema di coordinate astronomiche è quello Eclittico. Le due coordinate tipiche di questo sistema sono la Longitudine e la Latitudine Eclittica. Il cerchio fondamentale in questo caso è l'eclittica che è la proiezione dell'orbita della Terra sulla sfera celeste. Immagine: variazione dell Obliquità dell Eclittica dal 4000 a.c. al 2000 d.c. L'Eclittica è inclinata rispetto all'equatore celeste, di un angolo che varia lentamente, ma periodicamente nel tempo. Questo particolare angolo è l'obliquità dell'eclittica ed attualmente il suo valore è 23,44, mentre, ad esempio, nel 1800 a.c. era 23,91 e nel 2500 a.c. il suo valore raggiungeva i 24,00. L'angolo di Obliquità dell'eclittica varia ciclicamente nel tempo con un periodo vicino ai 41000 anni a causa delle influenze gravitazionali combinate del Sole, della Luna in particolar modo ed in misura minore di tutti gli altri pianeti che compongono il Sistema Solare. L'influenza perturbativa gravitazionale implica una variazione dell inclinazione dell'asse della Terra. La variazione dell Obliquità della Eclittica esercita una notevole influenza sia sulla posizione del Sole che di quella della Luna osservati da una determinata località geografica quindi la conoscenza dell'angolo di inclinazione dell'asse terrestre e la sua variazione nel tempo riveste una particolare importanza dal punto di vista archeoastronomico in quanto esso entra praticamente sempre in tutti i calcoli finalizzati ad ottenere un'accurata ricostruzione dell'aspetto del cielo visibile in corrispondenza di una determinata epoca remota, sia dal punto di vista della posizione delle stelle sia del Sole e della Luna. 5

Variazione dell Obliquità dell Eclittica dal 10000 a.c. al 10000 d.c. Nell immagine qui a fianco eclittica ed equatore celeste. I punti di intersezione e sono rispettivamente il Nodo ascendente (Punto Vernale) ed il Nodo discendente. Le costellazioni che il cerchio immaginario dell'eclittica attraversa sono dette "Zodiacali", termine anche questo di derivazione antica. L'inclinazione dell'eclittica sull'equatore Celeste implica l'esistenza di due punti di intersezione, tra i due cerchi, che sono detti nodi. 6

Il quarto sistema di coordinate astronomiche è quello Galattico, ma dal punto di vista archeoastronomico esso non ha rilevanza in quanto la sua introduzione risale al secolo scorso con lo scopo di definire la posizione degli astri all'interno della nostra galassia. Ovviamente esistono delle formule che permettono la trasformazione delle coordinate istantanee di un oggetto celeste riferite a un certo sistema a un altro, e viceversa. Tutte le coordinate appartenenti ai sistemi descritti sono soggette a piccole, ma sistematiche variazioni con il passare degli anni e dei secoli. L'andamento delle variazioni non è lineare e dipende dalla posizione sulla sfera celeste dell astro considerato, però per brevi periodi di tempo l'approssimazione lineare funziona bene. In Archeoastronomia i periodi di tempo di cui è necessario andare indietro sono generalmente grandi, di conseguenza le approssimazioni lineari non sono più adeguate per il calcolo delle coordinate delle stelle nelle epoche antiche, occorre quindi applicare metodo rigorosi che tengano conto di tutti i fenomeni, anche quelli di minore importanza, che provocano un graduale cambiamento di posizione degli astri, nel tempo. Nel campo dell'archeoastronomia la letteratura relativa all'esistenza vera o presunta, in taluni siti, di allineamenti diretti verso il punto di levata o di tramonto di oggetti astronomici è abbondante. Capita spesso di leggere che talune linee di pietre o buche di palo sarebbero orientate verso il punto di sorgere o di tramonto del Sole, della Luna o di qualche stella luminosa in corrispondenza di qualche data o posizione particolare. Il Sole e la Luna sono astri molto luminosi che possono essere osservati non appena il loro lembo superiore fa capolino al limite dell'orizzonte locale apparente o di quello fisico, se nel luogo considerato esistono dei rilievi che si elevano di alcuni gradi sopra l'orizzonte astronomico. Talvolta si legge anche di orientazioni stellari e generalmente nella letteratura viene preso in considerazione, dopo le debite correzioni per la rifrazione atmosferica, l'azimut di levata della stella all'orizzonte astronomico locale. In realtà un simile approccio non è metodologicamente corretto in quanto non vengono quasi mai presi in considerazione gli effetti dell'estinzione atmosferica la quale gioca un ruolo determinante facendo sì che la stella diventi visibile solamente quando la sua altezza rispetto all'orizzonte astronomico locale abbia già raggiunto un consistente valore, che chiameremo in questa sede "altezza di prima visibilità", abbreviata in HPV. La HPV dipende pressappoco dalla trasparenza dell'atmosfera in prossimità dell'orizzonte in direzione della stella che sorge e dalla sua magnitudine visuale apparente. In letteratura possiamo trovare il termine "angolo di estinzione" per designare HPV e qualche studio relativamente ad esso è stato fatto in passato. L'archeoastronomo A. Thom (1967) propose una semplice regola messa a punto da O. Neugebauer sulla base di antiche osservazioni stellari registrate su tavolette babilonesi. La regola di Thom-Neugebauer ci dice che una stella di magnitudine visuale "m" diverrà visibile nel cielo mattutino a un'altezza sull'orizzonte approssimativamente pari alla sua magnitudine visuale. 7

In questo modo una stella di prima magnitudine diverrà visibile a 1 grado di altezza sull'orizzonte astronomico locale. Una di seconda magnitudine sarà visibile a due gradi e cosi via. Al tramonto le cose s invertono nel senso che la stella di seconda magnitudine sparirà al tramonto a due gradi dall'orizzonte, quella di prima grandezza a un grado e così via. La dipendenza di HPV dalla trasparenza atmosferica può essere tecnicamente quantificata mediante il coefficiente di estinzione atmosferica K nella banda visuale ben noto a chi lavora nel campo della fotometria fotoelettrica. I fotometristi sanno determinare sperimentalmente notte per notte il valore di K, per le lunghezze d'onda di osservazione, ma volendo stimare l'azimut di prima visibilità di una stella ad esempio 3000 anni fa, nessuna determinazione sperimentale è ovviamente possibile. Gli effetti dell'estinzione atmosferica agiscono pressappoco sul cammino dei fotoni provenienti dalla stella attraverso tre differenti strati all'interno dell'atmosfera terrestre. Il primo strato importante è quello della fascia di ozono a circa 20 Km di altezza dal suolo, il secondo è quello che si stende a circa 8.2 Km di quota e contribuisce al cosiddetto "Rayleigh scattering" e il terzo è lo strato degli aerosols, posizionato a circa 1500 metri di altezza e in cui possiamo trovare particelle di acqua nebulizzata, polveri portate dal vento, pollini degli alberi e altre particelle solide che interagiscono con la luce che giunge dalla stella. In letteratura è possibile reperire alcuni modelli utili alla quantificazione degli effetti di estinzione attraverso i vari strati. Ad esempio Hayes e Latham (1975) si sono occupati di tutte e tre le zone, Bower e Ward (1982) si sono occupati dello strato di ozono e vari autori, tra i quali Shafer (1993) si sono occupati dello strato in cui predominano gli aerosols. Una formula rigorosa e chiusa per mettere in relazione "m" e "Kv" non esiste, ma esistono dati sperimentali e dati di simulazione al computer ottenuti da Schafer e Liller (1990) a cui è possibile fare riferimento. Al fine di stabilire un algoritmo di calcolo pratico sufficientemente semplice risulta molto utile applicare una rete neuronale artificiale e addestrarla sui dati sperimentali disponibili sia derivanti dalle simulazioni che dalle osservazioni chiedendo a essa di ottimizzare una forma funzionale approssimata, ma sufficientemente accurata. Esaminando i modelli messi a punto da questi autori siamo in grado di estrarre le informazioni che ci permettono di mettere a punto la topologia iniziale (mesostruttura) della rete neuronale artificiale da addestrare in modo che l'approssimazione ottenuta permetta di predire con un buon margine di affidabilità l'altezza di prima visibilità delle stelle in funzione della loro magnitudine e di alcuni parametri atmosferici locali e dell'incertezza con cui la valutazione di HPV è possibile. Nota HPV, la sua conversione nell' "azimut di prima visibilità" a una data latitudine geografica diventa solamente una questione di semplice calcolo trigonometrico. Impiegando le funzioni che descrivono la "massa d'aria" pertinenti a ciascuno strato, è stato possibile mettere a punto un modello numerico capace di fornire la HPV di una stella in funzione della sua magnitudine visuale apparente, della latitudine geografica e della quota sul livello del mare del luogo e del tasso di umidità relativa dell'aria. 8

Il problema è comunque mal determinato e il grado d incertezza insito in esso è molto elevato, tale da richiedere l'utilizzo di particolari tecniche matematiche di valutazione quali sono le reti neuronali artificiali dette a Link Funzionale, sviluppate per la prima volta da Pao (1989) al fine di migliorare la potenza di calcolo delle reti neuronali artificiali, aumentandone la capacità di approssimare il comportamento di sistemi non lineari, diminuendo nel frattempo il tempo richiesto dalla fase di apprendimento. Tornando al presente problema, la mesostruttura ritenuta più efficiente per permettere alla rete neuronale artificiale di stimare HPV è stata la seguente: Formata da una sottorete FLN a cinque link funzionali non lineari più un elemento sommatore e da un neurone addizionale con attivazione a rampa capace di aggiungere gli effetti dovuti alla rifrazione atmosferica e alla quota del sito. La fase di apprendimento ha permesso di arrivare alle determinazioni del seguente insieme ottimale di pesi: ottenuti minimizzando l'energia complessiva della rete. 9

Il modello proposto è quindi il seguente: in cui il peso sinaptico r(1) è il contributo R della rifrazione atmosferica, calcolato analiticamente più avanti, H è la quota del sito rispetto al livello del mare (in Km), K è il coefficiente di estinzione atmosferica che misura il cammino ottico totale verso lo zenit e che è misurato in magnitudini per unità di massa d'aria, Ho è l'altezza apparente dell'orizzonte fisico rispetto a quello astronomico. Il contributo dovuto alla rifrazione astronomica può essere valutato mediante la seguente relazione: in funzione della pressione atmosferica P (in millibar), della temperatura dell'aria T in oc, della quota dell'osservatore H (in Km) e dell'elevazione Hm che vale: che rappresenta l'altezza di prima visibilità, ottenuta trascurando la rifrazione atmosferica, in cui Hp=1.1 Km. Il coefficiente di estinzione è legato alla profondità ottica "q" nel modo seguente: K = 1.086 q e al grado di trasmissione atmosferica T come segue: K = -2.5 Log(T) Il coefficiente K dipende dalla lunghezza d'onda della luce incidente e dai materiali predominanti nei vari strati di atmosfera attraversati dalla luce della stella. Esso consta di tre distinte componenti, vale a dire a) una componente che dipende dalla scattering di Rayleigh (Kr) che può essere facilmente determinato in funzione della lunghezza d'onda (Wl) della luce incidente, della quota H dell'osservatore e dell'indice di rifrazione dell'aria secondo quanto indicato da Hayes and Latham (1975): che per le osservazioni visuali diventa (Wl=0.55 microns (V-band)): in cui Hr=8.2 Km 10

La componente dovuta agli effetti dell'ozono stratosferico è determinabile in base al modello di Bower and Ward (1982): Ko = 0.031 + 0.0041 [ f cos(as) - cos(3 f) ] dove "f" è latitudine geografica del sito e As è l'ascensione Retta del Sole la quale codifica le variazioni stagionali dello strato di Ozono. L'ultima componente è quella dipendente dal contenuto di aerosols nella bassa atmosfera. Questo è di gran lunga il termine più difficoltoso da valutare in quanto dipende da numerosissimi fattori quali la concentrazione delle polveri, dei pollini degli alberi dispersi dal vento nell'atmosfera, dalle goccioline di acqua di mare nebulizzata nella bassa atmosfera e così via. Al contrario di oggi l'inquinamento atmosferico può essere trascurato per quanto riguarda l'antichità'. Nonostante queste difficoltà è possibile eseguire una stima conveniente anche di questo fattore: in cui S è il grado di umidità relativa dell'aria e "Ha" vale 1.5 Km. L'incertezza sulla valutazione di Ka può essere stimata mediante la seguente semplice approssimazione: e[k(a)] = 0.01 + 0.4 Ka Il coefficiente di estinzione totale K vale quindi approssimativamente: K = Kr + Ko + Ka che tutto sommato rappresenta comunque un'approssimazione molto grossolana. L'azimut di prima visibilità, FVA, sarà facilmente determinato mediante la seguente relazione trigonometrica: dove D è la declinazione della stella che sorge. L'Archeoastronomia si occupa prevalentemente di allineamenti diretti verso taluni punti dell'orizzonte, quindi gli oggetti celesti interessati hanno generalmente altezze molto ridotte, qualche grado al massimo. E quindi facile rilevare che per astri bassi sull'orizzonte l'effetto dello strato di aerosols a 1.5 Km di altezza è quello determinante e quindi il valore del coefficiente di estinzione generale K è prevalentemente dominato dalle particelle solide disperse nell'atmosfera attraversata dai fotoni provenienti dall'astro che sta sorgendo o tramontando. 11

L'intensita di luminosità di un astro osservato attraverso l'atmosfera è esprimibile mediante la seguente relazione matematica: In cui Io è la luminosità extra-atmosferica e Dm è la perdita di magnitudine causata dell'estinzione. Per un astro molto basso sull'orizzonte, abbiamo una variazione della luminosità apparente proporzionale pressappoco con un valore di massa d'aria X~40. L'intensità di luminosità di un astro osservato molto basso sull'orizzonte approssimativamente calcolabile mediante la seguente relazione matematica: è, quindi, da cui appare chiaro che variando, ad esempio, K da 0.24 a 0.25 si ottengono variazioni d intensità di luminosità osservata visualmente dell'ordine del 45%, quindi la sorgente più consistente di "fuzziness" sulle altezze (e quindi sugli azimut) di prima e ultima visibilità proviene proprio dall'incertezza relativa a quello che succede nei primi 1500 metri di altezza dal suolo, dove il contributo degli aerosols è dominante. Adriano Gaspani Bibliografia Bower, F. A., Ward, R. B., 1982, "Stratospheric Ozone and Man", CRC Press. Hayes, D. S., Latham, D. W., 1975, Astrophys. J., Vol. 197, 593-601. Pao Y. H., 1989, "Adaptive Pattern Recognition and Neural Networks", Addison Wesley, Reading, MA. Shafer B. E., 1993, Vistas in Astronomy, Vol.36, pp. 311-361 Thom, A., 1967, "Megalithic Sites in Britain", Clarendon Press, Oxford 12