Dal Seicento. al Primo Ottocento. laletteraturalaterza. laletteraturalaterza. Dal Seicento. Dal Secondo



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cop_lettbase_vol2.eps 21-04-2009 16:18 Pagina 1 C M laletteraturalaterza laletteraturalaterza Dalle Origini al Cinquecento 1 + Dalle Origini al Cinquecento Antologia della «Divina Commedia» ISBN 978-88-421-0831-3 laletteraturalaterza laletteraturalaterza 2 3 Dal Seicento al Primo Ottocento Dal Secondo Ottocento a oggi 2 3 Dal Seicento al Primo Ottocento ISBN 978-88-421-0832-0 Dal Secondo Ottocento a oggi ISBN 978-88-421-0833-7 In copertina: Caravaggio, Canestro di frutta, 1596 ca., Pinacoteca Ambrosiana, Milano LE TT E Ed RA ito TU r R 08 i La A D 32 ter I B za AS E 2 Colori compositi CM MY CY CMY K laletteraturalaterza LETTERATURA DI BASE 1 Y Questo volume, sprovvisto del talloncino a fronte (o opportunamente punzonato o altrimenti contrassegnato), è da considerarsi copia di SAGGIO-CAMPIONE GRATUITO, fuori commercio (vendita e altri atti di disposizione vietati: art. 17, c.2 l. 433/1941). Esente da I.V.A. (D.P.R. 26-10-1972, n. 633, art. 2, lett. d). Esente da bolla di accompagnamento (D.P.R. 6-10-1978, n. 627, art. 4, n.6). Euro 30,00 (i.i.) 2 2 Dal Seicento al Primo Ottocento

Secondo Settecento Lo scenario GLI EVENTI Età delle riforme in vari Stati europei; i despoti 1750-1780 illuminati. 1751-1766 Diderot e d Alembert pubblicano l Enciclopedia. 1773-1776 Guerra di Indipendenza delle colonie americane. 1788 Costituzione degli Stati Uniti d America. 1789 Stati generali in Francia. Inizia la Rivoluzione francese: abolizione del regime feudale, Dichiarazione dei diritti dell Uomo e del Cittadino, monarchia 1789-1791 costituzionale. Seconda fase: esecuzione di Luigi XVI, è 1791-1793 proclamata la repubblica. Terza fase: Robespierre e i giacobini al potere; 1793-1794 il Terrore. Quarta fase: Robespierre è ghigliottinato; 1794 il potere passa alle forze borghesi. 1796 Napoleone in Italia. 1797-1799 Repubbliche giacobine in Italia. Repubblica Partenopea a Napoli; reazione borbonica a Napoli; colpo di Stato in Francia; 1799 Napoleone primo console. Codice civile napoleonico; Napoleone 1804 imperatore. Napoleone sposa Maria Luisa d Austria; l Europa 1810 continentale è sotto il controllo francese. Inizia la campagna di Russia; Napoleone a 1812 Mosca. Inizia la ritirata. 1813 Napoleone sconfitto a Lipsia. Napoleone esule nell Isola d Elba; i sovrani 1814 rientrano nei loro regni. Congresso di Vienna. Napoleone rientra in Francia e riconquista il potere. Battaglia di Waterloo (giugno). Napoleone esiliato a Sant Elena. Si chiude 1815 il Congresso di Vienna. IN QUESTA SEZIONE Moduli Storico-culturali L Età dei Lumi e delle rivoluzioni / L eredità del periodo L Età napoleonica e il trionfo del Neoclassicismo / L eredità del periodo Autori Carlo Goldoni Vittorio Alfieri Ugo Foscolo Opere Enciclopedia / dall opera al tema L importanza sociale della «virtù» (ma anche del «vizio») nel Settecento Il Giorno di Giuseppe Parini Genere Le origini del romanzo La seconda parte del Settecento segnò, per tanti aspetti, la nascita del mondo moderno; infatti alcuni eventi aprirono nuove prospettive storiche e culturali: la rivoluzione industriale, il trionfo della ragione illuminista, la crescita della borghesia, la rivoluzione e l indipendenza degli Stati Uniti d America, la Rivoluzione francese. Le conquiste del pensiero scientifico e filosofico fecero crescere nel corso del XVIII secolo un atteggiamento razionalistico che coinvolse strati rilevanti della borghesia europea: nasce così l Illuminismo, che conobbe il massimo sviluppo nei decenni tra il 1750 e il 1780. Esso trae il nome dal compito chiarificatore affidato all uso critico della ragione, in grado di sottoporre la realtà ad un analisi libera dai condizionamenti della religione, dell autorità degli antichi o della tradizione, e può contribuire alla «felicità pubblica». In nome di questi convincimenti gli illuministi lottarono per le riforme, la diffusione del sapere, il miglioramento delle condizioni di vita e per l emancipazione dalla superstizione, dal fanatismo. Protagonista dell Illuminismo fu un nuovo intellettuale, il philosophe, che riassume in sé gli elementi del nuovo ideale umano, le qualità morali, le virtù civili, la curiosità, l indipendenza di giudizio. Al centro dell esperienza illuminista c è la grande impresa dell Enciclopedia di d Alembert e Diderot. A partire dal 1780 la forza innovativa dell Illuminismo si esaurisce; la crisi si manifesta con la Rivoluzione francese: la Dichiarazione dei diritti dell Uomo e del Cittadino del 1789 riprende idee illuministe, ma gli eventi successivi mettono in crisi l ideologia delle riforme. La Rivoluzione francese, dopo la prima fase alla quale parteciparono le masse popolari e che si concluse con l esecuzione di Luigi XVI e il Terrore giacobino, imboccò decisamente una strada nuova dal 1795: emarginate le forze popolari, la

borghesia consolidò le conquiste compiute e il potere sull intera società. In questa fase emerge la figura di Napoleone; l Impero che egli riuscì a creare da una parte fu «figlio» della rivoluzione e delle sue idee, dall altro ne segnò la conclusione con la formazione di uno Stato borghese, fortemente accentrato. Il crollo dell Impero napoleonico segnò la rivincita delle potenze europee che si apprestarono a dare un nuovo assetto all Europa nel Congresso di Vienna (1814-15). Il secondo Settecento fu contraddistinto dal trionfo dell arte neoclassica, teorizzata da Johann J. Winckelmann. Il Neoclassicismo ebbe i suoi punti di forza nelle arti figurative, ma vi fu anche un Neoclassicismo letterario. Tuttavia, questa concezione artistica non fu univoca: accanto ad un recupero dei modelli classici, si affermò un Neoclassicismo che esaltava l antichità come patria dei valori civili e morali che tornavano in auge nella società moderna. La Grecia classica fu vista da molti poeti e scrittori come l immagine ideale di una situazione in cui l individuo era stato veramente libero, come non poteva più esserlo nel mondo moderno. Contemporaneamente si manifestarono, soprattutto in Germania e Inghilterra, movimenti artistici e letterari che contestavano quel modo di concepire l arte; alcuni poeti, critici e scrittori rivendicavano un idea di arte libera da regole e da modelli da imitare e produssero quei fenomeni culturali e letterari che si indicano solitamente come preromantici. I CONCETTI Illuminismo È il movimento culturale che domina la seconda metà del Settecento; il «Lume» al quale rimanda il nome è quello della ragione, che squarcia le tenebre dell ignoranza e della superstizione. Gli illuministi ebbero lo scopo di creare un sapere capace di migliorare le condizioni dell umanità e di incidere sulla vita pubblica; per questo alcuni di loro collaborarono con i monarchi europei per avviare riforme che furono un importante passo verso la modernizzazione della società. Tutti gli illuministi si sentivano partecipi di questo comune slancio culturale, al di là delle diverse componenti nazionali, e il movimento fu cosmopolita, in quanto questi intellettuali si sentivano «cittadini del mondo». Rivoluzione industriale Negli ultimi decenni del Settecento, in Inghilterra, si mise in moto il processo di trasformazione del modo di produrre manufatti che va sotto il nome di rivoluzione industriale. Essa si fonda sulla concentrazione nella fabbrica di una forza lavoro (operai) fra i quali viene suddivisa la lavorazione, «smembrata» in numerose operazioni semplici e ripetitive. La nascita della fabbrica moderna fu dovuta a vari fattori: la possibilità di utilizzare il vapore come forza motrice delle macchine, le numerose innovazioni tecniche e tecnologiche, la presenza di capitalisti che investivano in vista di un profitto. Sensismo Fu la filosofia che costituì la base teorica dell Illuminismo. Essa si fonda sulla convinzione che il pensiero nasce dalla rielaborazione, compiuta dalla mente, dei dati che le giungono dai cinque sensi; la mente quindi crea collegamenti fra le «idee semplici» e autonomamente crea le «idee complesse», come i concetti generali e astratti (p. es. quelli di libertà, amicizia, ecc.). Una delle maggiori novità del sensismo fu lo sforzo di spiegare il formarsi del pensiero senza ricorrere a elementi soprannaturali. Tolleranza È una delle maggiori conquiste intellettuali dell Illuminismo; consiste in un atteggiamento culturale e mentale che permette agli individui di non provare disagio e di non manifestare aggressività in presenza di un pensiero diverso dal proprio. La tolleranza comporta il confronto e il dialogo, lo sforzo di capire le ragioni degli altri, senza per questo rinunciare a sostenere le proprie. Pedagogia Nell ambito del pensiero illuminista fu riservato uno spazio notevole alla revisione del concetto di educazione dei bambini e dei giovani. La conquista maggiore (dovuta in gran parte a Rousseau) fu quella di non considerare più il bambino un «uomo in miniatura», ma un essere diverso dall adulto, con propri modi di rapportarsi con gli altri e con l ambiente. Per cui la pedagogia deve sforzarsi per prima cosa di far crescere le naturali propensioni dell individuo, prima di imporre regole e divieti. Questa è la base di tutta la pedagogia moderna.

Modulo Storicoculturale L Età napoleonica e il trionfo del Neoclassicismo MATERIALI T1 La Repubblica Partenopea nacque da una «rivoluzione passiva», da Saggio storico sulla rivoluzione napoletana del 1799, capp. XV-XVI, di Vincenzo Cuoco T2 Un generale che nel giorno della vittoria non dimentica la politica, da Proclama di Austerlitz di Napoleone T3 Il giudizio di un grande storico sul Codice napoleonico, da Napoleone di Georges Lefebvre l eredità del periodo T4 Dopo gli «evviva», subito grane per il Liberatore, da «Gazzetta di Bologna», n. 79, Sabato 22 ottobre 1796 T5 La liberazione di Milano nell entusiastico ricordo di Stendhal, da La Certosa di Parma di Stendhal T6 La Grecia antica, patria del bello, di Johann J. Winckelmann T7 Il canto del destino, da Poesie di Friedrich Hölderlin T8 La notte, I, dai Canti di Ossian tradotti da Melchiorre Cesarotti T9 Al signor di Montgolfier, da Odi di Vincenzo Monti l eredità del periodo T10 Prometeo, da Poesie di Johann W. Goethe T11 Un grande scrittore del Novecento ripensa il mito di Prometeo, da L estate di Albert Camus CONTENUTI L ascesa di Napoleone: dalla campagna in Italia all Impero. Le repubbliche giacobine in Italia, cause della loro fragilità. La proclamazione del Regno d Italia. La fine del potere napoleonico e il Congresso di Vienna. La Francia napoleonica, esempio di Stato moderno e accentrato. La nascita dell estetica come disciplina autonoma. Il Neoclassicismo, un estetica che non è solo riproposizione di antiche idee, ma sforzo per creare un arte moderna. Diversi esiti del Neoclassicismo. L estetica del «sublime», una prospettiva diversa. Il cosiddetto «preromanticismo»: l anticlassicismo tedesco e il movimento dello Sturm und Drang. La letteratura in Italia nell età napoleonica: Parini, Monti, Foscolo.

I CONTESTI Il contesto storico-politico 1 I La nuova fase della Rivoluzione francese Terminato, nel luglio del 1794, il predominio giacobino con l esecuzione di Robespierre, le forze politiche moderate che presero il potere si impegnarono in un lavoro di stabilizzazione e di pacificazione interna, favorito dalla disgregazione dei club giacobini, messi al bando. Questa operazione si concretizzò nel 1795 con la promulgazione della Costituzione dell anno III (della repubblica) che prevedeva il diritto di voto solo per coloro che dimostravano di avere un reddito piuttosto elevato. Il potere esecutivo veniva affidato ad un Direttorio di 5 membri che nominava i ministri e che conservava il controllo sulle assemblee elettive che detenevano il potere legislativo. Per certi versi si può dire che la Costituzione del 1795 ha carattere antipopolare e antidemocratico e mira a consolidare il predominio dei proprietari terrieri, delle borghesie imprenditoriali e delle professioni: si andava così formando la nuova classe dirigente del paese, che vedeva emergere al suo interno un gruppo importante di banchieri e affaristi che dovevano la loro fortuna alle forniture per l esercito. La politica del Direttorio ebbe un indirizzo chiaro: da una parte la pratica di una certa tolleranza verso le diverse posizioni politiche (ricomparvero sulla scena personaggi che nascostamente o moderatamente si professavano monarchici, così come si lasciò spazio alla rinascita di gruppi giacobini); dall altra l inflessibile repressione di tutti i movimenti «estremisti». Furono presi a cannonate, nelle strade di Parigi, migliaia di insorti favorevoli alla restaurazione della monarchia (ottobre 1795, operazione in cui si mise in luce Napoleone Bonaparte, allora ufficiale di artiglieria), così come fu repressa nel sangue la Congiura degli Eguali, un tentativo insurrezionale di ispirazione democratica radicale che richiedeva l abolizione della proprietà privata e di ogni privilegio; Gracco Babeuf, il capo della congiura, venne ghigliottinato nel maggio 1797. 2 I L ascesa di Napoleone Bonaparte Modulostoricoculturale L Età napoleonica e il trionfo del Neoclassicismo 421 La politica della giovane Repubblica Francese continuava a poggiare fortemente sulla guerra. Da un lato, la situazione di continuo scontro militare con le potenze europee era dovuta al fatto che i sovrani europei cercavano in ogni modo di scardinare un esperienza rivoluzionaria da loro ritenuta pericolosa, poiché capace di provocare turbamenti negli ordinamenti politici; dall altro lato, la classe dirigente francese vedeva nella guerra uno strumento per convogliare l attenzione delle masse popolari all esterno, per creare una situazione di continua emergenza che rendeva più facile il governo interno del paese. D altra parte, la sicurezza della Francia dipendeva dalla capacità di creare sui confini dello Stato una condizione favorevole. Le due situazioni da tenere sotto controllo erano principalmente quelle della Germania, dove una serie di piccoli Stati vivevano sotto l ombra della Prussia e dell Impero austriaco, e quella dell Italia. In quest ottica era necessario sconfiggere l Austria (la Prussia aveva firmato con la Francia la pace di Basilea nel 1795); per fare questo il Direttorio preparò un grande esercito da inviare in Germania (l «Armata del Reno») e un Armata d Italia, molto meno importante, affidata al giovane generale Napoleone Bonaparte (1769-1821). In gioventù Napoleone aveva assunto posizioni giacobine, ma era riuscito a sopravvivere alla caduta di Robespierre soprattutto per le sue capacità di legarsi a personaggi importanti e per l appoggio di Giuseppina Beauharnais, vedova di un visconte, ex amante di uno dei membri del Direttorio. La donna, che divenne moglie di Napoleone, guidò i primi passi nel difficile mondo della politica parigina del giovane generale, che intanto aveva dimostrato fermezza nella repressione delle sommosse filomonarchiche. Così Napoleone ottenne il comando della campagna d Italia (marzo 1796). La sua armata doveva avere, secondo i piani del Direttorio, la funzione di distogliere le forze austriache dal fronte principale, quello del Reno, e di fare bottino. Napoleone non si fece scappare l occasione per mettersi in mostra: le sue vittorie furono clamorose, velocissime e straordinarie per qualità strategica e tattica militare. Sconfitti i piemontesi (il re di Sardegna, Vittorio Amedeo III, fu costretto a cedere alla Francia la Savoia e Nizza), batté gli austriaci a Lodi e il 15 maggio 1796 entrava già a Milano. L imperatore d Austria compì un tentativo di riconquistare la Lombardia, ma Napoleone sconfisse i suoi eserciti ad Arcole (novembre), entrò nel territorio della repubblica Veneta (dove si formò una repubblica sul modello francese), riportò un altra grande vittoria a Rivoli (gennaio 1797), passò le Alpi e giunse fino a 100 chilometri da Vien-

422 Secondo Settecento na. L Austria chiese la tregua; il papa Pio VI (1775-98) riconobbe il potere francese sull Emilia e sulla Romagna. Fu Napoleone a dettare le condizioni della pace con l Impero austriaco che fu firmata a Campoformio nell ottobre del 1797: la Francia portava i suoi confini fino al Reno; veniva riconosciuta l annessione del Belgio; la Lombardia e l Emilia-Romagna restavano sotto il controllo francese, ma in compenso l Austria otteneva i territori della Repubblica Veneta (tranne Bergamo e Brescia che passavano alla Lombardia), che perdeva così la sua secolare indipendenza. Tornato a Parigi da trionfatore e con un peso politico ormai di primo piano, Napoleone, che fin da allora aveva intuito che il vero grande nemico della Francia sarebbe stata l Inghilterra, ottenne dal Direttorio di organizzare l occupazione dell Egitto. Il paese formalmente faceva parte dell Impero ottomano (turco), ma in realtà era uno Stato indipendente sotto i Mamelucchi, un gruppo di militari. Acquisendo il controllo dell Egitto, Napoleone cercava di interrompere le vie commerciali con l Oriente, fondamentali per l economia inglese. Sbarcato nel luglio del 1798, il generale condusse il suo esercito al Cairo, dove sconfisse i Mamelucchi (battaglia delle Piramidi), ma pochi giorni dopo la flotta inglese, comandata dall ammiraglio Nelson, distrusse quella francese davanti ad Abukir, isolando l esercito di Napoleone, che intanto cominciava ad essere decimato dalla peste. Intanto in Europa si era formata la II Coalizione antifrancese (Russia, Austria, Inghilterra, Regno di Napoli), che riuscì a cancellare quasi tutte le conquiste francesi in Italia e in Germania e minacciava la stessa Francia. Napoleone abbandonò l armata d Egitto e tornò a Parigi, dove la situazione politica era in grande fermento: si parlava di colpo di Stato da parte del Direttorio per rafforzare ulteriormente l esecutivo e modificare la Costituzione ritenuta troppo liberale, ma i deputati delle assemblee elettive si opponevano, forti dell appoggio popolare dei parigini. Napoleone, che era ormai l uomo forte grazie al controllo sull esercito, favorì il colpo di Stato: fra il 9 e il 10 novembre le assemblee elettive furono costrette a votare, sotto la minaccia dell intervento militare, una riforma della Costituzione che affidava i pieni poteri a tre consoli (Sieyès, Ducos e lo stesso Bonaparte). Nel giro di poco più di un anno Napoleone risolse definitivamente a suo favore la questione del potere; alla fine del 1799 fu promulgata la Costituzione dell anno VIII, confermata da un plebiscito (cioè da un voto dei cittadini che la approvarono: s L eredità del periodo, p. 434): Bonaparte era nominato Primo Console e riuniva nella sua persona il potere esecutivo e legislativo (vari organismi, peraltro controllati da lui, avevano solo funzioni consultive o di facciata). Di fatto, la Francia era sotto la dittatura di un solo uomo. 3 I In Italia nascono le «Repubbliche sorelle» Dopo che nel 1796 le truppe di Napoleone scesero dalle Alpi e si affacciarono sulla Pianura Padana, la situazione politica nella nostra penisola mutò radicalmente: realtà che si erano mantenute per secoli sparirono, altre se ne crearono, e indubbiamente si mise in moto un processo che influì fortemente sul successivo destino dell Italia. I francesi perseguirono un obiettivo preciso, quello di creare una serie di Stati satellite che si reggevano sulla forza dell Armata d Italia, le cosiddette «Repubbliche sorelle», che erano sorelle di quella francese solo nel nome, in realtà erano territori di conquista. Nel maggio del 1796, con l ingresso di Napoleone a Milano, si formò la Repubblica Transpadana nei territori lombardi strappati all Austria e, nel 1797, la Repubblica Cispadana, che comprendeva il territorio dell ex ducato di Modena e Reggio e quelli tolti allo Stato della Chiesa (Bologna, Forlì e Ferrara). Fu proprio quest ultima repubblica ad adottare per prima il tricolore, bianco, rosso e verde, con una delibera presa a Reggio Emilia. Nello stesso 1797 le due repubbliche si univano nella Repubblica Cisalpinacon capitale Milano, mentre nascevano la Repubblica Ligure, la Repubblica Veneta e la Repubblica di Lucca. Col trattato di Campoformio del 1797 Napoleone aveva deluso fortemente tutti gli italiani che avevano accolto i francesi con favore, non solo per la cancellazione della millenaria Repubblica di Venezia, ceduta all Austria, ma anche perché regioni importanti come il Piemonte e la Toscana erano state annesse direttamente alla Francia. Nel 1798 i francesi trovarono il pretesto per entrare a Roma e per instaurare una Repubblica Romana che comprendeva Lazio, Umbria e Marche; il papa Pio VI fu costretto a trasferirsi in Toscana. Tutte queste repubbliche furono definite giacobine; in realtà non esiste un legame con l ideologia giacobina, semplicemente il termine fu usato, soprattutto da chi si opponeva allo strapotere francese, per indicare i governi favorevoli alla Rivoluzione e a Napoleone. La loro vita fu breve e difficile, perché queste «minirivoluzioni» furono quasi sempre appoggiate da una cerchia ristretta di intellet-

Modulostoricoculturale L Età napoleonica e il trionfo del Neoclassicismo 423 L Italia nel 1799 SVIZZERA Milano Torino PIEMONTE REP. LIGURE CORSICA DUCATO DI PARMA REP. DI LUCCA VESC. DI TRENTO VENETO Verona REPUBBLICA CISALPINA Genova Mantova TOSCANA Firenze Venezia REP. ROMANA IMPERO AUSTRIACO Campoformio MAR ADRIATICO IMPERO OTTOMANO REPUBBLICA PARTENOPEA Roma Napoli REGNO DI SARDEGNA MAR TIRRENO domìni austriaci territori sotto l influenza francese REGNO DI SICILIA MAR IONIO tuali e di membri della borghesia cittadina che vedeva nell arrivo dei francesi un occasione per conquistare nuove posizioni di potere e nuove ricchezze. Coloro che inizialmente aderirono alle repubbliche in buona fede, spinti da ideali di rinnovamento e di libertà, presto rimasero delusi, dal momento che i governi formati da italiani agivano sotto tutela dei generali francesi che comandavano le truppe d occupazione; inoltre, la popolazione fu costretta a mantenere l Armata d Italia, a fornire alloggi e vitto ai francesi. Napoleone poi, per farsi propaganda in patria, diede inizio ad una vera razzia di opere d arte: carovane di carri viaggiarono verso Parigi cariche di statue, dipinti, codici antichi, reperti archeologici. Gli italiani acculturati piangevano la perdita di tanti capolavori di cui erano stati spogliati palazzi e chiese, ma anche la gente comune diventava ostile nei confronti di chi stava rubando immagini sacre da secoli oggetto di culto e di ammirazione. Questo sentimento popolare antifrancese rendeva ancor più isolata la minoranza che cercava di collaborare coi francesi e salutava come un bene l arrivo in Italia degli ideali di libertà, eguaglianza e fraternità affermati dalla Rivoluzione francese. Esemplare, a questo riguardo, è la storia della Repubblica Partenopea. Mentre Napoleone era in Egitto si era formata la II Coalizione antifrancese che aveva iniziato le ostilità; nelle primissime fasi della guerra i francesi avevano invaso il Regno di Napoli, il re, Ferdinando IV, si era rifugiato in Sicilia ed era stata instaurata la repubblica (gennaio 1799). Quando le truppe francesi dovettero

424 Secondo Settecento ritirarsi, il governo napoletano si trovò ad operare nell ostilità delle classi popolari, soprattutto dei contadini, che non vedevano immediati vantaggi nella nuova situazione (solo nell aprile fu abolito il regime feudale e si iniziò una riforma agraria) e furono guidati dalla propaganda borbonica, che fece passare l immagine distorta di un potere repubblicano antipopolare e antireligioso. In Calabria il cardinale Fabrizio Ruffo riuscì a raccogliere un esercito di contadini scontenti, ma anche di briganti e avventurieri, finanziato dal re e dagli inglesi, che chiamò Esercito della Santa Fede; con i sanfedisti risalì verso Napoli, che conquistò nel giugno del 1799. Il re, ripreso possesso del trono, avviò una repressione durissima, condannando a morte i massimi esponenti della repubblica; morirono così alcuni degli intellettuali che avevano reso vivo il dibattito sulle riforme e sulla modernizzazione del Sud d Italia, come Mario Pagano, Vincenzio Russo, Eleonora Pimentel e Francesco Caracciolo. Altri scamparono alla morte andando in esilio in altri Stati italiani o europei. Dalla rivoluzione napoletana, e dal suo rapidissimo declino, prese spunto lo scrittore politico Vincenzo Cuoco (1770-1823) per denunciare, nel Saggio storico sulla rivoluzione napoletana del 1799 (1801) l astrattezza dell azione dei patrioti napoletani e il carattere «passivo» della rivoluzione napoletana [s T1], voluta da una esigua minoranza. T1 Vincenzo Cuoco, Saggio storico sulla rivoluzione napoletana del 1799, capp. XV-XVI La Repubblica Partenopea nacque da una «rivoluzione passiva» Vincenzo Cuoco nacque a Civitacampomarano nel 1770; dopo gli studi esercitò l avvocatura a Napoli fino allo scoppio della rivoluzione ed alla proclamazione della Repubblica Partenopea (1799). Ebbe incarichi governativi, cosa che gli costò la condanna all esilio quando i Borboni tornarono sul trono (1800). Dopo alcuni viaggi in Francia e in Piemonte, si stabilì a Milano e divenne funzionario della Repubblica Cisalpina. Dal 1803 al 1806 fu direttore del «Giornale italiano», organo semiufficiale del governo repubblicano. Dal 1806 tornò a Napoli, dove era salito al trono Giuseppe Bonaparte che aveva fatto entrare il regno nel sistema di alleanze della Francia napoleonica. Quando Giuseppe fu sostituito con Gioacchino Murat, Cuoco collaborò attivamente con lui, occupandosi soprattutto dell organizzazione giuridica e dell istruzione. Traccia di questo impegno si trova nel Rapporto al re Gioacchino Murat per l organizzazione della pubblica istruzione nel Regno di Napoli (1809). La fine di Napoleone e la restaurazione dei Borboni furono un colpo durissimo per Cuoco che, allontanato dalla vita pubblica, impazzì. Morì nel 1823. La sua opera più importante è il Saggio storico sulla rivoluzione napoletana del 1799, pubblicato nel 1801 e ripubblicato con profonde modifiche nel 1806. Di seguito presentiamo due brevi passi tratti da quest opera. Nel primo, tratto dal capitolo XV, Cuoco indica alcune delle cause del fallimento della Repubblica Partenopea; in primo luogo, l eccessivo radicalismo delle posizioni rivoluzionarie, quindi, gli errori della classe dirigente, che non si rese conto del fatto che la Costituzione francese poteva essere giusta per quel popolo, ma non poteva corrispondere alle esigenze di una nazione diversissima per costumi e tradizioni, come quella napoletana. Il secondo passo, tratto dal capitolo XVI, è una delle pagine di maggiore interesse storico dell intera opera: l analisi della situazione politica e sociale della nazione napoletana si allarga all esame delle due culture separate e non comunicanti, quella dell élite illuminista e quella delle masse. Viene anche introdotto il fondamentale concetto di «rivoluzione passiva», cioè voluta e provocata da una minoranza; per Cuoco questo tipo di rivoluzione non è destinato ad un inevitabile fallimento, a patto che la minoranza rivoluzionaria sappia e voglia interpretare la volontà della maggioranza, eseguirla e darle uno sbocco sicuro. La rivoluzione passiva di Napoli fallì perché la classe dirigente non fu in grado di fare tutto questo. Siccome 1 in ogni operazione umana vi si richiede la forza e l idea 2, così per produrre una rivoluzione è necessario il numero e sono necessari i conduttori 3, i quali presenti- 1. Siccome: come. 2. in ogni forza e l idea: in ogni attività umana è necessaria la forza per compierla e l idea che guida la realizzazione. 3. è necessario i conduttori: sono necessari sia la forza delle masse (numero), sia le idee dei capi che guidino le masse.

Modulostoricoculturale L Età napoleonica e il trionfo del Neoclassicismo 425 no al popolo quelle idee, che egli talora travede quasi per istinto 4, che molte volte segue con entusiasmo, ma che di rado sa da se stesso formarsi. ( ) Le idee della rivoluzione di Napoli avrebbero potuto esser popolari 5, ove si avesse voluto trarle dal fondo istesso della nazione 6. Tratte da una costituzione straniera 7, erano lontanissime dalla nostra; fondate sopra massime troppo astratte, erano lontanissime da sensi, e, quel ch è più, si aggiungevano ad esse, come leggi, tutti gli usi, tutt i capricci e talora tutt i difetti di un altro popolo 8, lontanissimi dai nostri difetti, da nostri capricci, dagli usi nostri. Le contrarietà ed i dispareri si moltiplicavano in ragione del numero delle cose superflue, che non doveano entrar nel piano dell operazione, e che intanto vi entrarono 9. ( ) La nostra rivoluzione essendo una rivoluzione passiva 10, l unico mezzo di condurla a buon fine era quello di guadagnare l opinione del popolo. Ma le vedute de patrioti 11 e quelle del popolo non erano le stesse: essi aveano 12 diverse idee, diversi costumi e finanche due lingue diverse 13. Quella stessa ammirazione per gli stranieri, che avea ritardata la nostra coltura ne tempi del re, quell istessa formò, nel principio della nostra repubblica, il più grande ostacolo allo stabilimento della libertà 14. ( ) Siccome la parte colta si era formata sopra modelli stranieri, così la sua coltura era diversa da quella di cui abbisognava 15 la nazione intera, e che potea sperarsi 16 solamente dallo sviluppo delle nostre facoltà. Alcuni erano divenuti francesi, altri inglesi; e coloro che erano rimasti napolitani, che componevano il massimo numero, erano ancora incolti. Così la coltura di pochi non avea giovato alla nazione intera; e questa, a vicenda, quasi disprezzava una coltura che non l era utile e che non intendeva 17. Le disgrazie de popoli sono spesso le più evidenti dimostrazioni delle più utili verità 18. Non si può mai giovare alla patria se non si ama, e non si può mai amare la patria se non si stima la nazione 19. 4. egli talora per istinto: il popolo riesce a intravedere per istinto, non razionalmente. Compare l impostazione paternalistica che vede nel popolo qualità legate all istinto e ai buoni sentimenti, ma gli nega ogni forma di intelligenza politica razionale. Nei pensatori riformisti e moderatamente progressisti come il Cuoco prevale la considerazione della «genuinità» dei sentimenti popolari, cosa che determina la completa responsabilità, nel bene e nel male, della classe dirigente. 5. popolari: ben accette dal popolo. 6. ove si avesse della nazione: nel caso in cui (ove) ci fosse stata la volontà di derivare le idee guida della rivoluzione dalla base stessa (istesso) della nazione. 7. tratte straniera: (le idee) derivate invece da una Costituzione straniera, quella francese. 8. erano lontanissime dalla nostra difetti di un altro popolo: queste idee erano del tutto diverse da quelle del nostro popolo, basate su princìpi (massime) troppo astratti, ed erano lontanissime dalla nostra sensibilità e, cosa ancor più grave, si aggiungevano a quelle idee, con valore di legge, tutte le usanze, le stranezze e a volte i difetti del popolo francese. 9. Le contrarietà ed i dispareri vi entrarono: le opposizioni e i pareri contrari si moltiplicavano in proporzione alla quantità di provvedimenti superflui, inutili, che non dovevano rientrare nel piano della rivoluzione, ma che intanto vi rientrarono. 10. rivoluzione passiva: è l espressione su cui ruota idealmente tutta l opera del Cuoco. Con questa egli vuole indicare che la rivoluzione a Napoli non riuscì a coinvolgere le masse, in quanto fu voluta, organizzata e capita solo da un gruppo di intellettuali di formazione illuminista. Il carattere di «passività» risultava poi accentuato dal fatto che si trattò di una rivoluzione importata dall esterno e non si originò da un moto spontaneo del popolo napoletano. Infatti, come viene spiegato in altra parte dell opera, la rivoluzione «attiva», per il Cuoco, è quella che nasce dalla nazione, secondo una volontà comune, e trova la sua naturale guida nelle classi superiori. 11. le vedute de patrioti: il modo di vedere le cose dei fautori della repubblica e della rivoluzione. 12. aveano: avevano. 13. diversi costumi e finanche due lingue diverse: diversi stili di vita e addirittura parlavano due lingue diverse; le classi colte, infatti, parlavano in italiano o anche in francese, mentre il popolo usava solo la lingua napoletana. 14. Quella stessa della libertà: l ammirazione che le classi colte avevano per le culture straniere, e che già nel periodo della monarchia era stata un ostacolo allo sviluppo di una cultura autonoma e nazionale, costituì anche nel momento iniziale della Repubblica Partenopea l ostacolo più grande all affermazione della libertà. 15. abbisognava: aveva bisogno. 16. che potea sperarsi: che si poteva sperare di ottenere. 17. e questa, a vicenda non intendeva: e la cultura popolare, a sua volta (a vicenda), quasi disprezzava la cultura delle classi colte, che non le era di nessuna utilità e che non capiva. 18. Le disgrazie de popoli più utili verità: le disgrazie che incontrano i popoli sono spesso un esempio chiaro delle verità più utili. 19. Non si può stima la nazione: non è possibile essere utili alla patria se non la si ama, e non si ama la patria se non si ha stima e fiducia nel popolo.

426 Secondo Settecento Lavoraresultesto 1 Nella prima riga Cuoco parla di forza e di idea: a che cosa corrispondono, nella realtà politica? 2 Quali sono le qualità che Cuoco attribuisce al popolo, e quali i limiti? 3 Perché fu sbagliato accogliere le idee contenute nella Costituzione francese per fondare la Repubblica Partenopea? a. Perché era troppo radicale e avanzata. b. Perché era il frutto di esperienze troppo diverse. c. Perché conteneva idee sbagliate e pericolose. d. Perché era scritta in una lingua incomprensibile. 4 Cuoco definisce passiva la rivoluzione che portò alla Repubblica Partenopea; questo significa che: a. i patrioti che la fecero copiarono le idee francesi senza sforzarsi di crearne delle nuove; b. fu voluta dai francesi, che la imposero con la forza ai napoletani; c. fu voluta dalla minoranza di intellettuali e le masse popolari rimasero estranee; d. il governo repubblicano ebbe un atteggiamento passivo e privo di iniziativa; e. i capi non seppero svolgere fino in fondo una funzione attiva. 5 Cuoco giudica l ammirazione che le classi colte avevano per le culture straniere: a. in maniera totalmente positiva; b. in maniera totalmente negativa; c. in maniera negativa, perché impedì la nascita di una cultura nazionale; d. in maniera positiva, ma nello stesso tempo la giudica esagerata; e. in maniera positiva, perché altrimenti i napoletani sarebbero stati troppo ignoranti. Motiva la tua risposta. 6 Non si può mai giovare alla patria se non si ama, e non si può mai amare la patria se non si stima la nazione: commenta brevemente questa affermazione di Cuoco. 4 I Napoleone imperatore: l apoteosi La presa del potere da parte di Napoleone coincise con un momento di grande pericolo per la Francia, visto che le truppe della II Coalizione stavano per invaderla. Formati due eserciti, Napoleone mandò il primo a combattere sul confine tedesco al comando del generale Moreau, col secondo scese in Italia. In pochi mesi una serie ininterrotta di vittorie francesi (la più famosa a Marengo, in Piemonte, nel giugno del 1800) costrinse i nemici a desistere dalla guerra: la Russia si ritirò dal conflitto e l Austria firmò la pace di Luneville (1801): la Francia riconquistava i territori fino al Reno, si annetteva Piemonte, Liguria, Toscana e faceva risorgere la Repubblica Cisalpina, che nel 1802 divenne Repubblica Italiana (il cui presidente era lo stesso Napoleone), annettendosi il Veneto. Rimasta sola, l Inghilterra firmò la pace di Amiens (1802), riconoscendo le conquiste effettuate dalla Francia. Si aprì un periodo di pace che Napoleone utilizzò per consolidare il suo potere e renderlo ereditario; nel 1802 fece approvare con un plebiscito una nuova Costituzione in base alla quale egli divenne Console a vita con poteri accresciuti e la possibilità di nominare il successore; due anni dopo, con ulteriore cambiamento costituzionale, fu proclamato imperatore dei francesi, istituendo una dinastia, in quanto il titolo veniva trasmesso per via maschile ai suoi discendenti. Il 2 dicembre 1804 avvenne la solenne incoronazione nella cattedrale di Notre Dame di Parigi, alla quale fu costretto a partecipare anche il papa Pio VII. Le potenze europee cercarono di bloccare il trionfo travolgente di Napoleone; formatasi la III Coalizione (Inghilterra, Russia, Austria, Svezia, Regno di Napoli), si combatté in tutta Europa e sui mari. Non bastò che l ammiraglio Nelson distruggesse la flotta francese a Trafalgar, perché le continue e fulminanti vittorie di Napoleone a Ulma (Napoleone occupò la stessa capitale dell Impero austriaco, Vienna) e soprattutto ad Austerlitz, in Moravia, nel dicembre 1805 [s T2], costrinsero tutti i nemici alla resa, tranne l Inghilterra. Anche la IV Coalizione (che riuniva Prussia, Russia, Inghilterra, Svezia) subì la grave sconfitta di Jena, dove venne distrutto l esercito prussiano. Intanto la politica dell imperatore francese era mutata: non più Stati satellite repubblicani, i territori conquistati divenivano regni affidati a familiari e a generali fedeli. Così, nel 1805 la Repubblica Italiana divenne il Regno d Italia e Napoleone ne divenne il re; nel 1806, cacciati ancora una volta i Borboni da Napoli, Napoleone mise sul trono del Regno di Napoli il fratello Giuseppe, trasformò la Repubblica Batava in Regno d Olanda e la corona andò al fratello Luigi; poi creò in Germania il Regno di Vestfalia e lo affidò all altro fratello Gerolamo. Nel 1808 invase la Spagna e vi chiamò a regnare Giuseppe, mentre il Regno di Napoli veniva affidato al generale Gioacchino Murat; dopo che, nel 1809, si era formata la V Coalizione (Austria e Gran Bretagna), nel 1810 impose sul trono di Svezia il generale Bernadotte.

Modulostoricoculturale L Età napoleonica e il trionfo del Neoclassicismo 427 L Europa continentale era ormai in mano ai francesi e le altre potenze rimaste indipendenti (Impero austriaco, Russia, Prussia) avevano dovuto accettare di essere alleate di Napoleone. Per dare stabilità a questo quadro politico-militare, dopo aver ripudiato Giuseppina Beauharnais che non gli aveva dato figli maschi, Napoleone sposò Maria Luisa d Austria, figlia dell imperatore. T2 Napoleone, Proclama di Austerlitz, in Documenti storici, antologia a c. di R. Romeo e G. Talamo, vol. Il, L età moderna, Loescher, Torino 1972 Un generale che nel giorno della vittoria non dimentica la politica La battaglia di Austerlitz (2 dicembre 1805) fu una delle più grandi vittorie di Napoleone che, di fronte ad un esercito nemico assai più numeroso, scelse con cura la posizione da assumere sul terreno e utilizzò un piano audacissimo che prevedeva il fattore sorpresa. Il piano stava per fallire perché, a causa della nebbia, la cavalleria francese non riusciva a localizzare esattamente i nemici, ma quando finalmente il sole apparve, la vittoria divenne trionfale. Napoleone da quel giorno ricordò spesso il «sole di Austerlitz» come segno della sua buona fortuna e del suo destino di dominatore. Quello che riportiamo è il proclama che l imperatore indirizzò all esercito dopo la vittoria; è certo un esempio di «retorica di guerra», poiché ogni generale vittorioso ha sempre manifestato riconoscenza al valore dei propri soldati, però i numeri della vittoria non sono gonfiati, perché nella realtà tanti furono i cannoni catturati e i prigionieri; ma fra le righe Napoleone comunica anche altro ai suoi soldati. In primo luogo, dice una grande verità, cioè che il suo Impero poggia sulla forza e la fedeltà dell esercito. Soldati, io sono contento di voi. Nella giornata di Austerlitz voi avete giustificato tutto ciò che mi attendevo dalla vostra intrepidezza 1 ; voi avete decorato le vostre aquile 2 di una gloria immortale. Un esercito di 100.000 uomini, comandato dagli imperatori di Russia e d Austria 3, in meno di quattr ore è stato fatto a pezzi o disperso. Coloro che sono sfuggiti alle vostre armi si sono annegati nei laghi. Quaranta bandiere, gli stendardi della guardia imperiale di Russia, centoventi cannoni, venti generali, più di 30.000 prigionieri, sono il risultato di questa giornata, che resterà celebre per sempre. Questa fanteria così vantata 4, e in numero superiore, non ha potuto resistere al vostro urto, e ormai voi non avete più da temere rivali. Così, in due mesi, questa terza coalizione 5 è stata vinta e dissolta. La pace non può più essere lontana; ma, come ho promesso al mio popolo prima di passare il Reno, io farò solo una pace che ci dia delle garanzie, e che assicuri ricompense ai nostri alleati. Soldati, quando il popolo francese pose sulla mia testa la corona imperiale, io mi affidai a voi per mantenerla sempre in quell alto splendore di gloria che solo poteva darle pregio ai miei occhi 6. Ma nello stesso momento i nostri nemici pensavano a distruggerla e ad avvilirla! E quella corona di ferro, conquistata col sangue di tanti francesi, volevano obbligarmi a porla sulla testa dei nostri più crudeli nemici! 7 Progetti temerari e insensati che, nel giorno stesso dell anniversario dell incoronazione del vostro im- 1. intrepidezza: coraggio senza tentennamenti. 2. le vostre aquile: l aquila, simbolo imperiale, sovrastava le aste delle bandiere francesi. 3. comandato d Austria: Austerlitz passò alla storia come «la battaglia dei tre imperatori»; il terzo era ovviamente Napoleone. 4. questa vantata: particolarmente temuta era la fanteria russa. 5. terza coalizione: l alleanza antifrancese era costituita da Inghilterra (che ottenne la vittoria navale di Trafalgar), Russia, Austria, Svezia e Regno di Napoli. 6. io mi affidai miei occhi: io mi affidai a voi soldati perché la corona imperiale splendesse di quell alta gloria che è l unica qualità che le dava valore (pregio) ai miei occhi. 7. E quella nemici: e i nostri nemici pretendevano che io ponessi sulla loro testa la Corona d Italia, che era stata conquistata col sacrificio di tanti francesi. La corona di ferro deve il suo nome al fatto che all interno presenta un cerchio di ferro ricavato, secondo la tradizione, da un chiodo con cui era stato crocifisso Gesù. Sarebbe poi stata donata dalla regina longobarda Teodolinda al Duomo di Monza, dove è ancora conservata servì per incoronare tutti coloro che ebbero il titolo di re d Italia, da Berengario (888) fino a Napoleone.

428 Secondo Settecento peratore 8, voi avete annientati e confusi! Voi avete insegnato loro che è più facile sfidarci e minacciarci che non vincerci. Soldati, quando tutto ciò che è necessario per assicurare la felicità e la prosperità della nostra patria sarà compiuto, io vi ricondurrò in Francia; là voi sarete l oggetto delle mie più tenere sollecitudini. Il mio popolo vi rivedrà con gioia, e vi basterà dire Io ero alla battaglia di Austerlitz, perché si risponda, Ecco un valoroso. 8. nel giorno imperatore: la battaglia avvenne il 2 dicembre 1805 ed esattamente un anno prima Napoleone era stato incoronato imperatore a Parigi. Lavoraresultesto 1 La prima frase del proclama (Soldati, io sono contento di voi) è alquanto semplice, quasi in contrasto col resto del documento. Secondo te Napoleone la usa perché: a. vuol fare il falso modesto; b. si rivolge ai soldati e non agli ufficiali e ai generali; c. vuole esordire con un linguaggio diretto, quello che si usa tra commilitoni; d. non vuole che i soldati si montino la testa. Motiva brevemente la tua risposta. 2 Secondo te, nel proclama Napoleone tende a sminuire il nemico sconfitto? Motiva la tua risposta. 3 Individua nel testo la frase con la quale Napoleone informa i suoi soldati che non potranno tornare a casa subito, pur dopo una vittoria così clamorosa. In che modo giustifica la necessità di continuare la guerra? 4 In quale modo Napoleone dice che il suo destino di imperatore è legato all esercito? Individua la frase del testo che sottintende questo concetto. 5 Napoleone coglie anche l occasione per ribadire la legittimità del suo titolo di re d Italia; su che cosa egli basa questa legittimità? Ancora una volta, quindi, riafferma l importanza. per la sua politica. 6 Nelle ultime righe Napoleone fa una promessa ai suoi soldati: quale? Egli usa un tono da: a. buon padre; b. generale burbero, ma in fondo buono; c. capo di Stato giusto. 7 Considera la frase: Il mio popolo vi rivedrà con gioia: noti qualche cosa di particolare? Ragiona soprattutto sulla contrapposizione fra mio popolo e vi. 8 Ti risulta che qualche generale o capo di governo, nel corso della storia, non abbia detto che occorre fare la guerra perché è necessario per assicurare la felicità e la prosperità della nostra patria? Fai una riflessione su questo argomento. 5 I La lotta mortale con l Inghilterra e la fine di Napoleone L unica potenza che Napoleone non era riuscito a piegare era l Inghilterra. Forte della sua superiorità sui mari, garantita dalla flotta da guerra che aveva inflitto tremende sconfitte a quella francese, con un economia in pieno sviluppo che non veniva intralciata dalla guerra perché le navi inglesi erano libere di commerciare in tutte le parti del mondo, il Regno Unito era l unico in grado di contrastare Napoleone. Questi aveva progettato l invasione delle Isole britanniche per far valere così la superiorità del suo esercito sul suolo nemico, ma l impresa non poté essere realizzata proprio per l inferiorità francese sul mare. Perciò, fin dal 1806, Napoleone aveva proclamato il blocco continentale, proibendo a tutti i paesi europei di accogliere navi inglesi nei loro porti o di inviare loro navi in Inghilterra. Apparve subito chiara l impossibilità di far applicare questo provvedimento in maniera rigorosa: il danno economico inflitto all Inghilterra avrebbe avuto conseguenze negative in tutti i paesi che con essa avevano rapporti commerciali. Quando la Russia dichiarò che non avrebbe rispettato più il blocco, Napoleone le dichiarò guerra; raccolse quella che chiamò la Grande Armata, formata da francesi, dagli alleati prussiani e austriaci e da migliaia di uomini arruolati nei regni satellite e alleati: in tutto, un esercito enorme, di 600.000 uomini. Le operazioni cominciarono nell estate del 1812 e l avanzata, favorita da alcune vittorie parziali e non decisive, fu rapidissima. I russi applicarono la tattica della «terra bruciata», ritirandosi e distruggendo i raccolti e il bestiame così che la Grande Armata si trovasse sempre più lontana dalle sue basi e priva di rifornimenti. Il 15 settembre Napoleone era a Mosca, una città vuota, che fu

Modulostoricoculturale L Età napoleonica e il trionfo del Neoclassicismo 429 incendiata dopo pochi giorni; cominciò forzatamente la ritirata che avvenne nell inverno e fu una marcia tormentata dai continui attacchi dei russi. Per aprirsi la strada verso ovest la Grande Armata dovette combattere duramente per attraversare il fiume Beresina (novembre 1812), e fu ridotta a 100.000 uomini. Napoleone riuscì a tornare a Parigi, ma la sua tremenda sconfitta ricompattò il fronte dei nemici di sempre: Inghilterra, Prussia, Russia e Austria diedero vita alla VI Coalizione che mise in campo un grosso esercito, assai più grande di quello francese; lo scontro campale avvenne a Lipsia (16-18 ottobre 1813). La sconfitta di Napoleone aprì le porte della Francia agli eserciti alleati, che giunsero a Parigi; l imperatore fu costretto ad abdicare e gli fu assegnata l Isola d Elba: un modo per esiliarlo e controllarlo; sul trono di Francia fu messo il fratello di Luigi XVI, il re ghigliottinato, che assunse il nome di Luigi XVIII. Nel 1814 si riunì il Congresso di Vienna, col quale tutti i paesi europei si posero come obiettivo quello di dare un nuovo ordinamento al continente dopo la «tempesta» napoleonica. Ma in Francia la maggioranza della popolazione e soprattutto l esercito spingevano Napoleone a tornare. Questi tentò di nuovo l avventura del potere: sfuggito alle navi che pattugliavano l Elba, sbarcò nel Sud della Francia e la sua marcia verso la capitale fu un trionfo; Luigi XVIII fuggì e Napoleone rientrò nei suoi pieni poteri. Ma immediatamente dovette affrontare gli eserciti delle potenze nemiche; a Waterloo, in Belgio, si ebbe lo scontro finale il 18 giugno 1815; bloccato dagli inglesi guidati dal duca di Wellington, Napoleone fu assalito anche dall esercito prussiano e fu sconfitto. Consegnatosi agli inglesi, fu confinato in un isoletta in mezzo all Atlantico, Sant Elena, dove morì il 5 maggio 1821. 6 I Il Congresso di Vienna e la Restaurazione Lo sconvolgimento causato dalla Rivoluzione francese e da Napoleone aveva prodotto la coscienza che l Europa aveva vissuto un età di avvenimenti eccezionali, al termine della quale bisognava ricostruire un equilibrio. Il Congresso che si aprì a Vienna nel 1814 dopo la sconfitta di Napoleone a Lipsia ebbe questo compito. Dopo una pausa (ritorno di Napoleone in Francia, battaglia di Waterloo) riprese i lavori e vi parteciparono decine di delegazioni, ma a dominarlo furono Metternich, rappresentante dell Impero d Austria, lo zar Alessandro I, Castlereagh, ministro inglese, e Talleyrand, il plenipotenziario francese che riuscì a far passare l idea che la Francia e Luigi XVIII erano «vittime» di Napoleone. Il Congresso volle dare l idea di agire in nome dei popoli e delle nazioni, fissando princìpi ideali ai quali ispirarsi, come il principio di legittimità in base al quale occorreva ripristinare i diritti «legittimi» dei sovrani e dei popoli, violati dalla Rivoluzione e da Napoleone; di conseguenza, furono rimesse sul trono le vecchie dinastie (ma vi furono scambi ed eccezioni che dimostravano come il principio fosse interpretato in modo «elastico»). Lo zar Alessandro I, pervaso da un atteggiamento mistico, propose una Santa Alleanza che impegnasse tutte le potenze a vegliare sui popoli e imporre una pace fondata sui princìpi cristiani; l Inghilterra rifiutò di farne parte e Metternich trasformò il progetto in impegno di reciproca assistenza militare fra Austria, Prussia e Russia per soffocare eventuali nuove rivoluzioni. Quanto all assetto territoriale, la carta d Europa non fu sconvolta, ma riportata alla situazione precedente le grandi campagne napoleoniche. Il Congresso, che si chiuse con la convinzione dei partecipanti di aver dato un assetto durevole al Vecchio Continente, rimane un evento importante nella storia: inaugurò, infatti, la stagione delle grandi «conferenze» fra potenze che dura ancora oggi. Anche queste riunioni hanno l obiettivo e, potremmo dire, l illusione di instaurare una convivenza pacifica fra i popoli mediante la creazione di un «ordine internazionale». I CONTESTI Il contesto economico e sociale 1 I La Francia di Napoleone: un modello di Stato moderno Gli storici si sono chiesti in quale misura l esperienza napoleonica si debba considerare, nel suo insieme, il compimento della Rivoluzione francese o il suo affossamento. La risposta è: né l una né l altra cosa, perché lo Stato che Napoleone creò era assai distante dai progetti democratici più avanzati, ma nello stesso tempo era cosa totalmente diversa dalle

430 Secondo Settecento monarchie assolute, anche se alcuni dei loro caratteri furono accolti nella nuova organizzazione. Si può affermare che lo Stato, come lo intendiamo ancora oggi, è nato con Napoleone. Vediamo alcuni elementi fondamentali. Forte accentramento e presenza costante del potere centrale nelle realtà locali Napoleone ereditò la divisione della Francia in dipartimenti (territori che corrispondono alle nostre province) dall esperienza rivoluzionaria; la razionalizzò e, soprattutto, creò una nuova figura, quella del prefetto, che dipendeva direttamente dal governo centrale, lo rappresentava a livello locale, ne attuava gli ordini, svolgeva opera di sorveglianza politica e di polizia, costituiva, cioè, l occhio, l orecchio e la mano del governo. I prefetti furono lo strumento fondamentale per sorvegliare che le leggi fossero applicate in maniera uniforme su tutto il territorio. Creazione di un amministrazione e di una burocrazia di alto livello Napoleone ebbe chiarissima l idea che uno Stato moderno è una macchina complessa, difficile da gestire, e per questo si preoccupò di creare scuole superiori nelle quali formare le alte gerarchie dello Stato, amministratori e burocrati che conoscessero perfettamente tutte le componenti della «macchina-stato» e i segreti del suo funzionamento. Nacque così la figura del funzionario fedele al governo e competente, in grado di prendere iniziative e di dare attuazione alle direttive politiche. Assunzione da parte dello Stato di funzioni tradizionalmente svolte dalla Chiesa e da privati Napoleone aveva ereditato dalla prima fase della Rivoluzione i risultati della lotta contro i privilegi e i benefici ecclesiastici. La continuazione di questa politica lo portò su posizioni di duro scontro col papa e gli ecclesiastici, per l abolizione di ordini monastici, la sconsacrazione di chiese e la decisa volontà di sottomettere il clero alle direttive dello Stato. D altra parte, accanto alla necessità di «fare cassa», spogliando la Chiesa e soprattutto gli ordini monastici delle loro immense proprietà per venderle ai privati, c era l esigenza di rendere fruttuose enormi ricchezze che per secoli erano rimaste ai margini della dinamica economica (le proprietà ecclesiastiche non potevano essere vendute, erano cioè fuori dal mercato). Naturalmente, lo Stato dovette fornire quei servizi che tradizionalmente erano offerti ai ceti più poveri dalla Chiesa: nacque così la sanità pubblica, con strutture ospedaliere e mediche [s L eredità del periodo, p. 437]. Così si avviarono anche le prime esperienze di pubblica assistenza per gli indigenti, i disoccupati. Potenziamento dell istruzione pubblica e dell università Anche in questo caso lo Stato si sostituì alla Chiesa, soprattutto a partire dall istruzione successiva a quella elementare. Napoleone costruì una scuola pubblica fortemente accentrata, con programmi decisi dal governo, nomina diretta dei professori, controllo centralizzato dei risultati. L imperatore si vantò del fatto che in una determinata ora del giorno si poteva esattamente sapere che cosa si stesse facendo in tutte le scuole di Francia. Il gioiello di questo sistema fu il liceo, destinato a fornire un ampia preparazione di base fondata sull insegnamento di materie letterarie (greco, latino, letteratura, storia, filosofia) e mirato a formare la classe dirigente. Un altra punta di diamante del sistema fu la Scuola politecnica, che aveva il compito di formare i tecnici destinati ad agire nei settori delle costruzioni, delle miniere e dell artiglieria; a Napoleone si deve inoltre il potenziamento delle Accademie militari, trasformate in scuole di livello universitario dove i futuri ufficiali ricevevano un educazione completa e una specializzazione tecnica di alta qualità. Tale modello di Stato non fu importante solo per la Francia, ma per l intero mondo occidentale. Infatti, bisogna tenere presente che se le «imitazioni» che ne vennero fatte nei paesi conquistati da Napoleone ebbero spesso una portata limitata, molto più vasta fu l influenza che questo modello ebbe nel tempo. Alcune sue parti (per esempio il sistema scolastico) furono ricreate in realtà anche assai diverse e soprattutto il buon funzionamento dell amministrazione e della burocrazia francesi fece sì che molti altri Stati, anche a distanza di decenni, adottassero soluzioni simili. 2 I Il Codice civile di Napoleone diventa la base della moderna giurisprudenza La fama di Napoleone ancora oggi rimane legata alla promulgazione del Codice civile, avvenuta nel marzo 1804 [s L eredità del periodo, p. 436]. Una commissione lavorava fin dal 1794 alla stesura di questo documento che doveva rispecchiare il nuovo rapporto fra cittadino e legge nato dalla Rivoluzione. La prima grande novità fu proprio quella di riunire in un codice tutte le norme che regolavano i rapporti fra i cittadini e fra il singolo cittadino e lo Stato; infatti, fi-

Modulostoricoculturale L Età napoleonica e il trionfo del Neoclassicismo 431 no ad allora esisteva una frammentazione di regole valide a livello locale, in parte scritte, in parte affidate alla «consuetudine», alla tradizione non scritta. Questa frammentarietà derivava dall antica struttura feudale e il nuovo codice ebbe come primo compito la fissazione di norme per una società in cui il feudalesimo, con i suoi privilegi, era stato abolito. Un altro elemento decisivo fu l adattamento delle leggi alla realtà economica e sociale contemporanea; mantenuta ben salda l idea che alla base del vivere civile c è l inviolabilità della proprietà privata, il Codice si articola avendo come punto di riferimento una concezione liberale dell economia, proteggendo la libera iniziativa, favorendo le attività imprenditoriali, commerciali, professionali [s T3], tanto da limitare al minimo i diritti dei lavoratori dipendenti; ad essi veniva negato, per esempio, il diritto di sciopero. Il capitolo dei diritti civili è importante, perché fissa in maniera definitiva e traduce in norme pratiche i princìpi di eguaglianza fra i cittadini e libertà di espressione delle convinzioni religiose e politiche. Questo non significa che il regime napoleonico non conservasse strumenti anche forti di controllo sociale e di repressione, che anzi usò con continuità e decisione, tuttavia, fu ribadita la situazione nuova che si era creata dopo la Rivoluzione, nella quale ad ognuno era garantito il diritto di lavorare, arricchirsi e vivere senza essere discriminato per le proprie idee. Alcune norme furono decisamente innovative, come quelle che eliminavano i privilegi del figlio primogenito nei confronti dei fratelli minori o quelle che ammettevano e regolavano il divorzio. Napoleone completò l opera di codificazione emanando, dopo quello civile, il Codice di procedura civile (1806), il Codice di Commercio (1807, con le norme per la costituzione delle società, per la contabilità, il fallimento, ecc.) e il Codice penale (1810). L importanza dei codici napoleonici si desume dal fatto che, adottati in tutti paesi che caddero nell orbita francese, rimasero in vigore anche dopo la caduta di Napoleone. T3 Georges Lefebvre, Napoleone, Laterza, Bari 1960 Il giudizio di un grande storico sul Codice napoleonico Georges Lefebvre (1874-1959) fu uno dei più importanti storici della Rivoluzione francese e dell età napoleonica; la sua formazione risentì delle teorie storiche del marxismo, ma soprattutto egli fu fautore di una ricostruzione «dal basso» degli avvenimenti, in cui, cioè, si prendevano come punto di osservazione i fenomeni sociali. Le sue opere fondamentali sono La rivoluzione francese e Napoleone. Lefebvre, sottolineando l importanza storica del Codice napoleonico, intende chiarire anche in che senso esso si presenta come portatore di una ideologia borghese e come, fatti salvi i princìpi «rivoluzionari», in realtà esso miri al consolidamento del potere della borghesia sia in ambito economico sia sociale. Come tutta l opera di Napoleone, il Codice presenta un doppio carattere. Conferma la scomparsa dell aristocrazia feudale 1 e adotta i principi sociali del 1789: la libertà personale, l eguaglianza davanti alla legge, la laicità dello Stato e la libertà di coscienza, la libertà del lavoro. A questo titolo 2 esso apparve in Europa come il simbolo della Rivoluzione, e ha fornito, dovunque sia stato introdotto, le regole essenziali della società moderna. Se tale aspetto oggi è divenuto frusto 3, si falserebbe la storia dell età napoleonica se non gli si restituisse tutta la sua freschezza, e ci si condannerebbe a non comprendere la portata della dominazione francese. Ma esso conferma anche la reazione contro l opera democratica della Repubblica 4 : concepito in funzione degli interessi della borghesia, esso si occupa innanzitutto di consacrare e sanzionare il diritto di proprietà, considerato come naturale, anteriore alla società 5, assoluto e individualista (...). 1. Conferma la scomparsa dell aristocrazia feudale: l abolizione del sistema feudale era stato uno dei primi atti della Rivoluzione nel 1789. 2. A questo titolo: sotto questo aspetto. 3. oggi è divenuto frusto: oggi si è ormai consumato, non ha più forza. 4. la reazione della Repubblica: la reazione contro gli aspetti più democratici della Rivoluzione francese, in particolare del periodo giacobino. 5. come naturale società: come diritto naturale, cioè presente fin dall origine dell uomo, ancor prima che si formassero le più antiche società.

432 Secondo Settecento La famiglia è preziosa per lo Stato, poiché essa costituisce uno dei corpi sociali che disciplinano l attività degli individui. L autorità del padre, indebolita dalla Rivoluzione, viene dunque rafforzata: egli può fare imprigionare i suoi figli per una durata di sei mesi senza controllo dell autorità giudiziaria; è padrone dei loro beni; allo stesso modo amministra quelli della moglie (...). Ma come tutti i gruppi, la famiglia può diventare troppo potente di fronte allo Stato, e tanto più facilmente in quanto, generata spontaneamente dalla natura, la sua coesione è fortissima; attraverso di essa, potrebbe ricostituirsi un aristocrazia indipendente. Così essa vien posta sotto tutela; al padre, il diritto di testare 6 viene limitato dal ristabilimento della «legittima» 7, e il diritto di successione, dichiarato d ordine sociale, è regolato dalla legge. Sotto questo aspetto, il Codice fu amaramente criticato dall antica nobiltà e da una parte della borghesia, di cui esso limitò la potenza assicurando la divisione dei patrimoni 8. Tuttavia, di coloro che non posseggono nulla esso non parla se non per difendere la loro libertà personale proibendo i contratti e la locazione d opera a titolo perpetuo 9. Proclamando libero il lavoro e uguali i cittadini in diritto, esso abbandona in realtà il lavoro salariato a tutti i rischi della concorrenza economica 10 e non scorge in esso che una merce come un altra. (...) Contro il salariato, esso deroga persino al principio dell eguaglianza giuridica 11, poiché, in materia di salari, solo il padrone è creduto sulla parola. (...) Il Codice si presenta dunque come il frutto dell evoluzione della società francese in quanto essa ha prodotto la borghesia e l ha portata al potere. 6. testare: fare testamento. 7. legittima: è la parte di eredità alla quale per legge hanno diritto il coniuge sopravvissuto e i figli, anche se il testamento desse indicazioni diverse. 8. assicurando la divisione dei patrimoni: la vecchia nobiltà feudale (imitata anche dalla più ricca borghesia) riusciva a perpetuare il suo potere non dividendo il patrimonio di famiglia, che andava in massima parte al primogenito (questa norma si definisce «maggiorascato»). Dividendo il patrimonio fra tutti i figli si riduceva il potere delle famiglie più ricche. 9. proibendo a titolo perpetuo: proibendo i contratti e l affitto di manodopera senza limiti di tempo: sarebbe stata una forma di servitù della gleba o di schiavitù. 10. abbandona in realtà... concorrenza economica: lascia che la parte più debole, quella del lavoratore, corra tutti i rischi derivanti dalla concorrenza, per esempio, che uno venga licenziato e venga assunto un altro che si accontenta di un salario inferiore. 11. esso deroga giuridica: il Codice fa un eccezione al principio che tutti sono uguali di fronte alla legge. Lavoraresultesto 1 Secondo l autore, il Codice di Napoleone accoglie due «conquiste» della Rivoluzione: quali? 2 Il Codice apparve in Europa come il simbolo della Rivoluzione, e ha fornito, dovunque sia stato introdotto, le regole essenziali della società moderna. Spiega questa affermazione dell autore. Che cosa intende per dovunque sia stato introdotto? 3 Quale atteggiamento rivela il Codice nei confronti della famiglia? a. La valorizza, anche in termini economici, ma ne limita il potere. b. La rende completamente sottoposta agli interessi dello Stato. c. Ne fa il nucleo fondamentale della società e la sottrae al controllo statale. Motiva la tua risposta. 4 Quali diritti garantisce il Codice ai lavoratori salariati? 5 In che cosa il Codice favorisce il datore di lavoro rispetto ai suoi dipendenti? 3 I L esercito e la coscrizione obbligatoria Il potere di Napoleone si basò in gran parte sull esercito, che gli permise per molti anni di trionfare in Europa. Ma qui vogliamo soffermarci sulla funzione sociale dell esercito, che divenne uno strumento importante nella dinamica sociale. Napoleone indicò chiaramente ai francesi e ai popoli da lui sottomessi che la carriera militare poteva essere uno strumento di avanzamento nella scala sociale, un occasione che si offriva ai cittadini, anche provenienti dai ceti inferiori, di entrare a far parte della classe dirigente.

Modulostoricoculturale L Età napoleonica e il trionfo del Neoclassicismo 433 Non mancava l aspetto «propagandistico», rintracciabile nelle numerose promozioni sul campo in presenza di atti di valore: sottufficiali diventavano ufficiali, ufficiali inferiori diventavano superiori, colonnelli passavano al grado di generale; cose che alzavano il morale delle truppe e che permettevano a Napoleone di dire che nello zaino di ogni soldato delle sue armate si nascondeva il bastone da maresciallo di Francia (il simbolo che contraddistingueva i generali di maggior grado). Rilevante era, inoltre, la cura dedicata alla preparazione tecnica e culturale degli ufficiali, in modo che questi, una volta fuori dal servizio attivo, potevano diventare funzionari efficienti e fedeli. Tuttavia, vi è un carattere ancora più importante nell esercito napoleonico: già dal 1793, di fronte ai primi attacchi delle potenze europee, la Francia repubblicana aveva fatto ricorso alla coscrizione obbligatoria, cioè all obbligo per ogni cittadino maschio di una certa età di trasformarsi in soldato della repubblica. Napoleone rese stabile questa leva di massa, sia per le necessità delle continue guerre, sia perché il servizio militare era un periodo di vita in cui l individuo poteva essere formato e controllato in modo che, una volta tornato alla vita civile, rimanesse un cittadino legato allo Stato, avesse il senso della gerarchia e dell autorità. La superiorità dell esercito nazionale di cittadini sugli eserciti «vecchi» delle altre potenze, formati da mercenari o da uomini costretti a combattere in base ad antichi vincoli feudali, fece sì che anche in questo campo l esempio francese venisse seguito in Europa anche dagli altri Stati nemici di Napoleone. Bisogna però ricordare che la coscrizione obbligatoria colpiva in particolare le classi povere, mentre c erano molte possibilità per un giovane di famiglia abbiente di evitare il servizio militare (la più frequente: quella di pagare un poveraccio che lo facesse al posto suo). La coscrizione obbligatoria fu accettata in Francia, anche se suscitava resistenza e opposizione tra coloro che dovevano abbandonare il lavoro proprio nel momento in cui diventavano «produttivi»; costituì invece un motivo di grande malcontento e a volte di vera ribellione negli Stati satellite, come gli Stati tedeschi e l Italia: migliaia di giovani furono costretti ad arruolarsi nelle armate napoleoniche e a combattere per anni lontano da casa, senza ottenere poi i vantaggi ai quali potevano aspirare i commilitoni francesi. Perciò la leva obbligatoria fu tra i motivi che più alimentarono la diffusione di un sentimento anti-francese fra i popoli sottomessi a Napoleone.

434 Secondo Settecento L eredità del periodo INDIVIDUI E SOCIETÀ Il concetto di cittadinanza «Io sono un cittadino italiano.» Ciascuno di noi può dire questa semplice frase, ammesso che abbia la cittadinanza italiana; altrimenti dirà di essere cittadino francese o ucraino o senegalese. Queste cose sono talmente ovvie che ci sembra che siano state sempre così; invece il concetto di cittadinanza è uno dei più complessi da definire sia da un punto di vista pratico sia giuridico sia culturale, ed è una delle eredità più rilevanti della Rivoluzione francese e della successiva sistemazione ed elaborazione giuridica avvenuta in età napoleonica. Possiamo dire che la cittadinanza è lo stato giuridico in base al quale un individuo «appartiene» (nel senso che fa parte di) a uno Stato e per questo gode di diritti e ha dei doveri. Ogni uomo o donna che vive sul territorio di uno Stato gode dei diritti civili che gli sono garantiti dall essere uomo o donna, ma il cittadino gode anche dei diritti politici (come, per esempio, quello di votare o essere eletto). Tuttavia sarebbe sbagliato limitare il concetto di cittadinanza al dato politico, perché esso comprende anche un aspetto sociale (un cittadino ha il senso di appartenenza ad una struttura sociale di cui accetta le regole), un aspetto culturale (un cittadino si riconosce in certi modelli di vita che sente come caratteri «nazionali»), un aspetto economico (il cittadino è inserito in un sistema economico che ha certe regole o almeno le conosce), un aspetto giuridico (il cittadino riconosce un ordinamento codificato di diritti e doveri). L idea di cittadinanza è stata fondamentale per costruire l idea di Stato nazionale, così come trova attuazione nel pensiero e nella realtà storica dell Ottocento. Fino ad oggi, almeno nella cultura occidentale e in quelle parti del mondo che da tale cultura sono state influenzate, la vita degli individui si è sviluppata facendo costante riferimento alla presenza di Stati nazionali e al concetto di cittadinanza. Tuttavia, negli ultimi decenni questi punti di riferimento sono entrati in crisi. Possiamo dire che una causa certamente rilevante di ciò risiede in quell insieme di fenomeni che riguardano sia la politica, sia l economia, sia la cultura che indichiamo con il termine globalizzazione, intendendo far riferimento alla diffusione su scala planetaria del sistema di produzione, dei modelli culturali e sociali, degli stili di vita propri dell Occidente capitalista e alla creazione di un unico sistema mondiale all interno del quale sono frequentissime le relazioni economiche, sociali, culturali. Un italiano che ha fatto l università negli Usa, si è specializzato in Inghilterra e lavora ad Hong Kong potrà rimanere cittadino italiano da un punto di vista giuridico-politico, ma sarà sicuramente «meno italiano» da un punto di vista sociale e culturale. Attualmente noi italiani abbiamo già almeno due cittadinanze, quella italiana e quella europea, tanto è vero che siamo chiamati a votare per eleggere dei rappresentanti al Parlamento europeo e sul nostro passaporto risulta che sono due le istituzioni che ce lo rilasciano, l Unione Europea e la Repubblica Italiana. LE IDEE Plebiscito Il termine plebiscito deriva da plebe, ed era un istituzione della Roma repubblicana, una conquista appunto della plebe, che aveva ottenuto che alcune delibere votate dal popolo avessero valore di legge dello Stato. Il plebiscito tornò a vivere durante la Rivoluzione francese, ma con un significato profondamente modificato: infatti, si definì in questo modo la convocazione di una votazione che approvasse o meno un provvedimento proposto e presentato dal governo o da un assemblea legislativa. Naturalmente, questo procedimento si applica soltanto alle leggi fondamentali dello Stato, come appunto la Costituzione, che de-

Modulostoricoculturale L Età napoleonica e il trionfo del Neoclassicismo 435 LE IDEE finisce l ordinamento politico, giuridico, sociale ed economico, fissando quei princìpi generali ai quali le leggi devono adeguarsi. Se la Costituzione stabilisce che le leggi vengono fatte da un Parlamento, quando una nuova legge viene fatta non ha bisogno di essere confermata da un plebiscito. L idea di chiamare il popolo ad esprimere il suo parere ha le sue radici nel pensiero illuminista e in particolare in quello di Jean-Jacques Rousseau, il quale aveva sostenuto che alla base del governo delle società dovesse esserci l espressione della volontà generale, risultante dalla somma delle volontà individuali dei cittadini. Senza dubbio il plebiscito è una forma di democrazia diretta, cioè una possibilità che il popolo prenda una decisione politica senza la mediazione dei suoi rappresentanti eletti nel Parlamento; tuttavia, si deve anche riflettere sul fatto che se lo strumento è di per sé democratico, non sempre lo è l uso che se ne fa. Intanto, il plebiscito ebbe nel Settecento e nell Ottocento i limiti che erano comuni anche alle altre votazioni, perché votava solo una minoranza della popolazione, in quanto erano escluse le donne e altre categorie di persone. Inoltre, il plebiscito viene indetto da chi detiene il potere e ciò raramente accade senza che il promotore abbia una fondata convinzione che una larga maggioranza voterà per l approvazione del provvedimento sottoposto a plebiscito. Napoleone lo sapeva bene, e usò questo strumento per dare legittimità alla sua conquista del potere assoluto, prima come Primo Console, poi come imperatore. Infatti, se una modifica della Costituzione viene approvata a larga o larghissima maggioranza, chi ha indetto il plebiscito ha un potente mezzo per far tacere le opposizioni, vantando l appoggio del popolo. I plebisciti furono utilizzati largamente nell Ottocento, quando si formarono nuovi Stati, si trasformarono regni in repubbliche e viceversa; per esempio, tutto il processo storico che portò all unità d Italia fu sancito da plebisciti: quando il Regno di Sardegna, sotto la guida del re Vittorio Emanuele II prese possesso dell Emilia-Romagna, della Toscana, dell Umbria, delle Marche e via via degli altri Stati della penisola, gli abitanti vennero chiamati ad esprimere con un «sì» o con un «no» la loro volontà di entrare o meno a far parte del Regno d Italia. Tutte le votazioni ebbero risultati simili: la quasi totalità si espresse a favore e i voti contrari furono poche centinaia, anche perché il voto era palese, cioè il cittadino doveva chiedere davanti a tutti la scheda che intendeva infilare nell urna; in questo modo i notabili, gli uomini del governo e dei poteri locali erano in grado di controllare il voto di tutti. Anche Mussolini fece ricorso al plebiscito per dare una legittimità popolare alla trasformazione del governo italiano in una dittatura; i cittadini votarono in seggi presidiati dalle squadre fasciste, pronte all intimidazione e alla violenza fisica. L ultimo plebiscito che si è svolto in Italia è stato quello del 1946, quando gli italiani, dopo la caduta del fascismo, la sconfitta nella guerra e la dissoluzione del vecchio potere politico, furono chiamati a decidere se l Italia doveva continuare ad essere una monarchia o diventare una repubblica. In quel caso si trattò di un «vero» plebiscito, perché l esito non era scontato, il voto era segreto e per la prima volta il diritto di voto veniva esteso a tutti i cittadini maggiorenni, senza distinzioni di sesso. Tanto è vero che la repubblica vinse solo per poche centinaia di migliaia di voti. Oggi il ricorso al plebiscito è limitato; per lo più viene utilizzato da regimi dittatoriali o autoritari, per legittimarsi a livello internazionale. Nel linguaggio politico il termine «plebiscitario» ha ormai un significato negativo, nel senso che si usa per indicare la ricerca di un appoggio popolare che elimina la possibilità di discutere, il confronto fra maggioranza e opposizione e la mediazione e il compromesso fra le varie esigenze e richieste politiche. I «liberatori» La storia dell umanità è sempre stata segnata da guerre intraprese per motivi economici e di potere, ma giustificate con le più diverse motivazioni di carattere ideologico, religioso, culturale: un evento terribile come la guerra ha sempre necessitato di un «vesti-

436 Secondo Settecento LE IDEE to» che la rendesse presentabile agli occhi della gente. Fino alla Rivoluzione americana e alla Rivoluzione francese le cause delle guerre spesso erano rappresentate da motivi dinastici: quando in un regno si esauriva una dinastia, si facevano avanti diversi pretendenti, ognuno vantando legami di parentela con la dinastia estinta. La Rivoluzione americana fu una novità: anche se è possibile trovare nei secoli precedenti qualche analogia, era la prima volta che un popolo dichiarava guerra per rendersi indipendente da un altro; la bandiera che veniva alzata era quella della «libertà». La Francia rivoluzionaria dovette affrontare gli eserciti delle potenze europee che intendevano invaderla «per rimettere sul trono il legittimo re» ed anch essa lottò in nome della libertà e dell indipendenza da conservare. Ma a partire dal 1796 gli eserciti della Repubblica Francese marciarono fuori dai confini dello Stato e invasero paesi stranieri. Allora non si poteva più affermare di fare la guerra per la libertà e l indipendenza e si cominciò a proclamare che «si portava la libertà ai popoli oppressi dalla tirannide». Soprattutto con Napoleone prese forma l immagine del liberatore, ossia, di colui che, con la forza degli eserciti, permetteva ad un altro popolo di essere libero; tuttavia, già con lo stesso Bonaparte divennero evidenti i limiti di questa figura ideale. In Italia, inizialmente, buona parte della classe dirigente accolse positivamente l occasione di abbattere governi inefficienti o autoritari, anche se le masse contadine rimanevano piuttosto estranee al mutamento o comunque nutrivano la speranza che questo avrebbe alleviato le loro condizioni di miseria e di fatica. Ma un esercito straniero, anche se «liberatore», ha dei costi economici, sociali e politici rilevanti (va mantenuto e alloggiato), e, soprattutto, vuole portare la «sua» libertà: non può certo permettere che i popoli liberati facciano scelte incompatibili con le proprie esigenze di sicurezza, di potere, di conquista. Esso finisce per imporre un regime politico, economico e sociale simile al proprio, come avvenne in Italia con le cosiddette «repubbliche giacobine». La difesa della libertà e della democrazia contro le dittature e i totalitarismi sono motivazioni che si usano ancora oggi per dare una giustificazione alle guerre e agli interventi militari nelle varie parti del mondo. Non si può affermare che i «liberatori» agiscano sempre e soltanto per interessi economici o di predominio, rimane però il fatto che è molto più facile vincere delle battaglie che costruire dall esterno, in un paese straniero, una situazione di reale libertà e democrazia. LE ISTITUZIONI La legge è uguale per tutti Una delle caratteristiche dei Codici voluti da Napoleone fu l unificazione delle leggi. In precedenza, infatti, in Francia, come nelle altre monarchie europee, c era una sovrapposizione delle norme, perché la giustizia veniva amministrata a livello locale. Poche erano le leggi emanate dal re che avessero valore per tutti i sudditi, mentre la maggior parte erano norme, in vigore nei vari territori e nelle diverse città. Inoltre, in alcune zone sottoposte al potere di un nobile feudatario, questi era anche il giudice e applicava le leggi o infliggeva le pene a suo arbitrio. Una vera e propria «selva» di privilegi proteggeva i nobili e gli ecclesiastici: avevano tribunali a loro riservati, potevano essere giudicati solo da un loro pari o superiore nella gerarchia, rispetto ad alcune leggi godevano dell immunità e non potevano essere sottoposti a pene considerate degradanti, riservate solo ai ceti inferiori. A ciò si aggiunge il fatto che una delle fonti del diritto è la consuetudine, cioè la tradizione che assume valore di legge senza essere scritta. In queste condizioni la certezza del diritto era un utopia. I Codici napoleonici stabilirono invece il principio che la legge era uguale per tutti, e se è vero che non tutte le leggi erano «giuste» e che non tutti i cittadini erano davvero uguali di fronte alla legge, poiché le classi abbienti e gli imprenditori erano ancora avvantaggiati rispetto ai salariati, è però vero che da allora vi fu una raccolta delle leggi scritte, valide su tutto il territorio nazionale e fatte applicare da giudici che erano funzio-