IL PERCORSO DELL IDENTITA DEI BAMBINI STRANIERI: CRESCERE TRA DUE MONDI



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Transcript:

IL PERCORSO DELL IDENTITA DEI BAMBINI STRANIERI: CRESCERE TRA DUE MONDI Dott.ssa Barbara Ghiringhelli Parlare dell'identità dei bambini e degli adolescenti di origine immigrata significa mettere al centro il tema della loro collocazione tra due mondi: quello di origine e quello di accoglienza. Non necessariamente il mondo d'origine è quello di provenienza poiché ad oggi quasi la metà della crescita annuale del numero di minori stranieri residenti in Italia è rappresentata dai bambini nati in Italia da genitori stranieri. Certamente per questi ultimi il sentirsi parte di un mondo piuttosto che dell'altro è ancora più problematico poiché a loro si chiede di prendere posizione rispetto a un'appartenenza che non ha "una condizione precedente", comunque per tutti, sia per coloro che hanno vissuto in prima persona lo spostamento da una realtà storico-geografico-culturale-religioso-linguistica all'altra, sia per coloro che sono nati in Italia, tale collocazione tra due mondi influisce e segna il processo di costruzione della propria identità-appartenenza culturale e psicologica. Così il minore immigrato può essere considerato come facente parte della cultura di origine, valorizzando la continuità del passato, oppure può essere assunto all'interno della cultura del paese ospite, privilegiando il momento presente. Ciascuna di queste posizioni è discutibile poiché pone il ragazzo a essere comunque "ai margini" se non addirittura estraneo ad uno dei due mondi in cui è inserito, la famiglia e la società. E l'espressione "generazione del sacrificio", generalmente utilizzata nella letteratura sull'argomento per descrivere la condizione dei figli degli immigrati, conferma con chiarezza la scomoda posizione della cosiddetta seconda generazione.(tarozzi 1986, Mazzetti 1996) L identità etnica Ma a chi ci si riferisce quando si parla di seconda generazione? E quale questione solleva la trasmissione generazionale della cultura e dell appartenenza nei nuclei familiari degli immigrati? Alla prima questione rispondiamo facendo riferimento alla Raccomandazione del Consiglio d'europa del 1984, in cui si considerano migranti della seconda generazione i figli di immigrati: a) nati nel paese in cui sono emigrati i genitori; b) emigrati insieme ai genitori; c) che hanno raggiunto i genitori a seguito del ricongiungimento familiare o comunque in un periodo successivo a quello di emigrazione di uno o di entrambi i genitori. (Dizionario delle diversità 1998 p. 256-257) La stessa Raccomandazione sottolinea che l'accezione di seconda generazione deve essere ristretta a quei figli che hanno compiuto nel paese di immigrazione una parte della loro scolarizzazione o della loro formazione professionale. Ciò che quindi sembra determinare il passaggio e lo scarto dalla prima alla seconda generazione di immigrati è l aver vissuto parte della socializzazione primaria concentrata soprattutto nella prima parte dell esistenza e mediata dal rapporto con la famiglia che fa da

tramite tra i modelli condivisi di comportamento sociale e la formazione della personalità del bambino - e la socializzazione secondaria che fornisce al bambino le competenze specifiche per operare all interno di contesti specifici e per svolgere determinati ruoli all interno del contesto sociale, che si realizza soprattutto tramite l interazione con il gruppo dei pari e gli insegnanti - nel paese di accoglienza. (Cesareo 1998) La seconda generazione è pertanto la generazione di coloro che vivono la prima e fondamentale parte del processo di crescita e di apprendimento a cavallo di due mondi, quello della famiglia e quello della società, mondi che si distinguono per valori, norme, tradizioni, pratiche di vita, religione, lingua. In tale contesto, rispetto a tali processi di apprendimento determinante è il concetto di etnia e in particolare dell identità etnica, che si pensava ormai elemento di identificazione obsoleto con l avvento del villaggio globale e della standardizzazione culturale, e che al contrario oggi vede rinnovata la sua importanza per la persona quale unità di misura di appartenenza e identità.(de Cristofaro 1993, Epstein 1983, Copans 1996) Ma cosa significa fare parte di un gruppo etnico? Da un punto di vista identitario gli indicatori più vistosi e importanti del gruppo etnico sono: a) il codice comunicativo espresso nella lingua del gruppo, che chiamiamo dialetto per distinguerlo da quello adottato nella sfera pubblica; b) la gestualità, o linguaggio del corpo; b) i modi di vita del gruppo attraverso i quali vengono soddisfatti i bisogni fondamentali nel modo specifico del gruppo, come l'alimentazione, e cioè l'elaborazione dei cibi, con gli odori, i colori, i sapori, oltreché gli ingredienti di cui sono composti, i quali rappresentano un aspetto vitale dal punto di vista identitario del benessere dei membri del gruppo; c) i costumi legati al matrimonio, alla nascita, alla morte, alle cerimonie di gruppo; d) le forme corali attraverso le quali si esprimono le emozioni, come la musica e la danza; f) le coordinate di senso e di scopo espresse dai significati e simboli delle forme artistiche, dalle credenze e dai rituali religiosi è da tenere presente che certamente questa descrizione non corrisponde ad alcun specifico gruppo etnico nella realtà e questo soprattutto oggi, tempo di società globali, è comunque però possibile dire che ancora oggi, anche nelle aree metropolitane, si muovono e continuano a vivere le passioni, le emozioni, i modi di vita etnicamente significanti" (Delle Donne 1998, p.11). Anzi, essendo l identità etnica un appartenenza che emerge nell individuo soprattutto nei momenti di mutamento e trasformazione della società e nei momenti di confronto con altre realtà etniche e culturali, in situazioni in cui quindi vi è il rischio di erosione culturale, di allentamento delle norme e dei valori di riferimento o in situazioni in cui il soggetto sente la necessità di rafforzare le forme di distinzione e di appartenenza, la mondializzazione dei processi migratori ha comportato una riscoperta dell elemento etnicità quale importante tratto di identificazione dell individuo e del gruppo.(epstein 1983) Come sottolinea Besozzi (1999, p.23) Più in generale, possiamo sottolineare come l etnicità si riveli una risorsa a due livelli diversi (Fabietti 1995): a livello interno del gruppo etnico, quale risorsa simbolica per la costruzione di identità dei soggetti e del gruppo; a livello esterno, nelle relazioni con gli altri gruppi, quale risorsa differenziante, capace di organizzare attorno a sé interessi e valori. In questa prospettiva del rapporto con altri gruppi etnici all interno di un contesto comune ma differenziato, l etnicità diventa una sfida, un rifugio, un pretesto o la

legittimazione dei conflitti per l accesso alle risorse o l affermazione di un dominio politico, economico o culturale. La difficile posizione della seconda generazione Ma come si articola nell ambito della prima e della seconda socializzazione la scelta di una identità etnica, piuttosto che un altra? La questione è di estrema rilevanza poiché, essendo l etnicità costituita da una dimensione biologica trasmessa per via ereditaria (tratti somatici, ecc.) e da una dimensione sociale (il complesso delle esperienze di vita) il bambino e l adolescente straniero entrano in contatto con diverse ipotesi di identità etnica: l identità etnica originaria della famiglia, quella del paese d accoglienza, quella che nel paese di accoglienza è ritenuta l etnicità presente nel paese d origine del minore, quella che la famiglia ritiene essere l etnicità del paese d immigrazione (Valeri 1998). Pertanto, quello che differenzia i bambini e gli adolescenti rispetto agli adulti immigrati è che per loro l'acquisizione dell'identità culturale, la percezione del sé, oscilla tra un sistema culturale emotivamente intenso, all'interno del nucleo d'origine, e un sistema di significati e di simboli socialmente forti e vincenti all'esterno, nella società d'accoglienza, che rinviano al minore l'immagine della sua diversità. Questa differenza intergenerazionale è tanto più forte poiché per gli adulti in situazione di immigrazione il sistema originario di significati e di simboli acquista ancora maggiore importanza come elemento di identità seguendo proprio le regole di quel processo precedentemente illustrato per il quale il confronto con l'altro che è distante da noi ci porta alla riscoperta e alla valorizzazione della nostra identità. (Mazzetti 1996, Nehru 1941, Llaumett 1984) L'adulto riscopre se stesso nel confronto con la società d'accoglienza, a volte ostile, dalla quale si distanzia, società d'accoglienza verso la quale però il figlio sembra essere orientato. Il cambiamento e la distanza rispetto all identità d origine che si registra tra i giovani emerge dalle ricerche sull'identità e sulle percezioni tra immigrati della seconda o terza generazione queste ultime sottolineano che: 1) ha avuto luogo un'acculturazione in termini di valori e orientamento; 2) la gente oscilla tra le sue due identità culturali; 3) spesso c'è una tensione fra questi individui e i loro genitori." (Delle Donne 2000, p. 79) E allora indubbio che oggi nella nostra società per i bambini e gli adolescenti lo status di immigrato o figlio di immigrati comporta una maggiore probabilità di incontrare difficoltà rispetto alla realizzazione in pieno della propria soggettività. Sono ragazzi che paradossalmente non hanno potuto dire la loro rispetto alla scelta migratoria, effettuata nella gran parte dei casi dai genitori o dagli adulti di riferimento, ma che si trovano a prendere una posizione, quindi a dover scegliere rispetto all'adesione alla cultura maggioritaria o all'ancoraggio al passato. Ma cosa significa diventare grandi, costruirsi un'identità in un contesto che non è quello di origine, in un ambiente dove si realizza l'incontro e il confronto tra due culture a volte in contrapposizione? - Significa vivere tale processo in mancanza di forti modelli di identificazione. Il modello famiglia è debole poiché rappresenta valori e tradizioni diversi da quelli della cultura maggioritaria, e anche perché occupa una posizione decisamente marginale nel nuovo contesto di inserimento. Spesso il minore immigrato o di origine immigrata svaluta le figure genitoriali e la propria origine. D'altra parte però anche la cultura maggioritaria, che certamente attrae il ragazzo, non è in grado di colmare il bisogno di identificazione e di certezze poiché cultura ostile o semplicemente poco conosciuta.

- Significa vivere tale processo in maniera decisamente diversa rispetto al gruppo dei pari autoctoni, i cambiamenti somatici, psichici e sociali, sono in qualche modo marcati etnicamente e culturalmente. Ciò che poi rende particolare tale fase di crescita per i minori immigrati è vivere in coincidenza la "crisi" adolescenziale e il processo di elaborazione dell'esperienza migratoria o comunque, per i ragazzi di origine immigrata, l'appartenenza a due mondi. - Significa affrontare la crisi adolescenziale con pochi aiuti esterni: difficile è comunicare e condividere sia con i pari, sia in famiglia, sia con gli altri adulti di riferimento "esponenti" della cultura maggioritaria i propri disagi, le proprie preoccupazioni e difficoltà. - Significa non ricevere un'adeguato e competente supporto da parte delle agenzie in qualche modo preposte all'aiuto del ragazzo: i servizi, la scuola, il mondo ricreativo generalmente è ancora poco capace e ricettivo della particolare incidenza delle diversità e delle appartenenze culturali, religiose, familiari nel percorso di crescita di questi ragazzi. - Significa elaborare e collocare il proprio percorso di vita, compresa l'esperienza migratoria e quello che viene definito shock culturale (il primo reale incontro con l'ambiente d'accoglienza), in una condizione di precarietà e incertezza non solo del presente ma anche rispetto al proprio futuro. Il termine minore di origine immigrata o immigrato di seconda generazione non è citato negli articoli della Convenzione dell'onu del 1989, ma in essa troviamo importanti passaggi che fanno diretto riferimento a questa popolazione, così come diversi sono gli articoli che menzionano specificatamente i diritti culturali e i diritti delle minoranze, e gli articoli che utilizzano un linguaggio che integra universalità e diversità. (Black 1998 p. 19) Convenzione sui diritti dell infanzia ART. 2: ingiunge il rispetto di tutti i diritti a prescindere da ogni considerazione di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o altra dall origine nazionale, etnica o sociale. ART. 4: trattandosi di diritti economici, sociali e culturali, gli Stati parti adottano tali provvedimenti entro i limiti e le risorse di cui dispongono. ART. 5: gli Stati parti rispettano la responsabilità, il diritto e il dovere dei genitori o, se del caso, dei membri della famiglia allargata o della collettività, come previsto dagli usi locali di dare l orientamento e i consigli adeguati all esercizio dei diritti che sono riconosciuti al fanciullo dalla presente Convenzione. ART. 8: gli Stati parti si impegnano a rispettare il diritto del fanciullo a preservare la propria identità, ivi compresa la sua nazionalità, il suo nome e le sue relazioni familiari. ART. 14: gli Stati parti rispettano il diritto del fanciullo alla libertà di pensiero, coscienza e religione". ART. 20: provvede alla cura di un fanciullo privato dell ambiente familiare; si terrà debitamente conto dell origine etnica, religiosa, culturale e linguistica del fanciullo. ART. 29: afferma che l educazione del fanciullo deve essere indirizzata verso, tra l altro, lo sviluppo del rispetto dei suoi genitori, della sua identità, della sua lingua e dei suoi valori culturali ; e la preparazione del fanciullo ad assumere le responsabilità della vita in una società libera, in uno spirito di comprensione, di pace, di tolleranza, di uguaglianza tra i sessi e di amicizia fra tutti i popoli e gruppi etnici, nazionali e religiosi e delle persone di origine autoctona;.

ART. 30: negli Stati in cui esistono minoranze etniche, religiose o linguistiche oppure persone di origine autoctona, un fanciullo autoctono o che appartiene a una di tali minoranze non può essere privato del diritto di avere una propria vita culturale, di professare e di praticare la propria religione o di fare uso della propria lingua insieme agli altri membri del suo gruppo. ART. 31: "gli Stati parti rispettano e favoriscono il diritto del fanciullo di partecipare pienamente alla vita culturale e artistica e incoraggiano l'organizzazione, in condizioni di uguaglianza, di mezzi appropriati di divertimento e di attività ricreative, artistiche e culturali". Il ruolo del contesto d accoglienza Il problema per i ragazzi che devono scegliere chi essere e dove essere - società d'origine, società d'accoglienza - sta proprio nella loro scarsa capacità di lettura e giudizio sui due mondi coi quali loro sono in contatto. Si è precedentemente riportato quanto il passato, la provenienza e quindi spesso la famiglia sono svalutati in termini di valori, di credenze, di pratiche di vita; il presente, il nuovo paese, i valori e la cultura della maggioranza vengono invece idealizzati perché vincenti e premianti. Ma il rischio a cui va incontro il ragazzo è il conflitto interculturale, la non appartenenza, l'esclusione sociale. Il rischio è di vedere disattese le aspettative della migrazione e della vita in un contesto "altro". Non è infatti da dimenticare che alla posizione del ragazzo di appartenere al nuovo mondo, per modi di pensiero, costumi, lingua, non necessariamente e soprattutto non automaticamente segue l'accoglienza di questo "nuovo membro" da parte del gruppo di maggioranza. Certo è che sul benessere di questi bambini incide anche il grado di ospitalità proprio dell'ambiente di inserimento. I bambini stranieri riusciranno infatti a valorizzare la loro appartenenza solo e se questa verrà riconosciuta e non limitata o sminuita. (Bracalenti 1993) In effetti, durante questo periodo cruciale di affermazione della personalità, in rapporto soprattutto al ruolo dell'individuo nella società, il bisogno di riconoscimento e di sicurezza diventa fondamentale. Ecco allora l importanza per il bambino straniero di una positiva esperienza scolastica. La scuola infatti non solo svolge un importante compito di formazione, ma è anche un principale ambito di socializzazione. Una scuola non accogliente o semplicemente non preparata ad accogliere alunni stranieri può causare un allontanamento e un abbandono di questi ultimi creando spazi di marginalità ed esclusione sociale. La scuola rischia allora di essere quel luogo in cui il bambino e il ragazzo vivono esperienze di inferiorizzazione e il luogo in cui scoprono la diversità dei due mondi, quello della famiglia e quello della società. (Bargellini 2000, Valeri 1998, Besozzi 1999) La posizione di questi giovani è allora difficile e conflittuale e li pone in una condizione di rischio più alta rispetto all intera popolazione minorile italiana. La condizione di benessere dei bambini e degli adolescenti migranti dipende allora da un insieme di condizioni - apertura/chiusura della società di accoglienza e della società d arrivo - e di soggetti - come la famiglia, il gruppo dei pari, i connazionali e gli autoctoni con cui interagisce -. Bibliografia:

Valeri M., Identità e diversità etnica, in Atti del Convegno Vivere tra due mondi? Enti locali e minori stranieri, Milano, 19 ottobre 1998, Ufficio del Ministro per la Solidarietà Sociale, Comune di Milano, Fondazione Cariplo-ISMU Bargellini C. (a cura di), Lingue e culture a scuola, Quaderni ISMU 3/2000 Besozzi E. (a cura di), Crescere tra appartenenze e diversità. Una ricerca tra i preadolescenti delle scuole medie milanesi, Fondazione Cariplo ISMU, Franco Angeli, Milano, 1999 Black M. (a cura di), Bambini e famiglie appartenenti a minoranze etniche, gruppi immigrati e popolazioni indigene, Edizioni Regione Toscana, Firenze, 1998 Bracalenti R., L'adolescenza. Gli anni difficili, Alfredo Guida, Napoli, 1993 Cesareo V. (a cura di), Sociologia. Concetti e tematiche, Vita e Pensiero, Milano, 1998 Copans J., Introduction à l ethnologie et à l anthropologie, Natan, Paris, 1996 De Cristofaro Longo G., Identità e cultura, Studium, Roma, 1993 De Leo G., Adolescenti che attraversano culture e famiglie, in Terapia Familiare, n. 54, luglio 1997 Delle Donne M., Convivenza civile e xenofobia, Feltrinelli, Milano, 2000 Dizionario della diversità. Le parole dell immigrazione, del razzismo e della xenofobia, Liberal Libri, Firenze, 1998 Epstein A.L., Identità etnica (1978), Loescher, Milano, 1983 Fabietti U., L identità etnica. Storia e critica di un concetto equivoco, la Nuova Italia Scientifica, Roma, 1995 Inglehart R., La rivoluzione silenziosa, Rizzoli Editore, Milano, 1983 Llaumett M., Les jeunus d origine étrangere de la marginalisation à la partecipation, L Harmattan, Paris, 1984 Lutte G., Psicologia degli adolescenti e dei giovani, Il Mulino, Bologna, 1987 Mazzetti M., Strappare le radici. Psicologia e psicopatologia di donne e uomini che migrano, L'Harmattan Italia, Torino, 1996 Nehru J., Toward freedom. Autobiography, John Day, New York, 1941 Tarozzi A., Generazione ed evoluzione sociale: dalle unità generazionali al rapporto di discendenza, in F. Bimbi e V. Capecchi (a cura di), Strutture e strategie della vita quotidiana, Franco Angeli, Milano, 1986