la Copertina di Eleonora Vallin Ridotta dimensione, sacrifici, umiltà, nessun contenzioso, formazione e regole. La ricetta sembra facile ma non lo è. A confronto le storie riuscite di otto imprese familiari del Nordest attive dal XIX secolo. Tra crisi superate, assenza di eredi, trasformazioni e manager. E nell esclusivo club mondiale delle 29 aziende ultracentenarie, ben cinque sono trivenete Con l elisir di lunga vita, la saga funziona Si contano sulle dita di due mani, qui a Nordest, eppure sono la dimostrazione che il controllo familiare, di contro a un diffuso pregiudizio, non sempre è dannoso all azienda. Anzi: i dati dimostrano una precisa correlazione tra lunga vita imprenditoriale (fino a 250 anni) e redditività; con parametri perfino superiori alle altre aziende. Stando all analisi dell Osservatorio AUB dell Associazione delle imprese familiari (Aidaf), condotta su 2.522 gruppi familiari nel 2009, pur in coincidenza di riduzione dei ricavi legata alla grande crisi, nel 22% dei casi si rileva un incremento, sul 2008, delle disponibilità liquide, determinante per la ripresa. Importante, per numeri, anche la riduzione dell indebitamento, mentre la redditività operativa è superiore di 1,3 punti percentuali rispetto quella delle imprese non familiari. La redditività del capitale proprio segna invece +0,7%. Lo studio evidenza però anche una tendenza che sembrerebbe confermare, scientificamente, il detto: «La prima generazione crea, la seconda conserva e la terza distrugge». I dati sui differenziali di performance sono infatti stabili nel primo passaggio ma inferiori nel cambio con la terza generazione. L erede rifondatore «Il fondatore fa dell azienda la propria creatura spiega Gioacchino Attanzio, direttore generale Aidaf per questo, nelle generazioni successive, il fattore determinante è che l erede diventi un rifondatore. Spesso succede, ma talvolta i figli sono lì, si sentono destinati e non ne sono capaci». «L altro elemento decisivo continua è poter scegliere il gestore aziendale in una rosa di candidati dove, accanto ai parenti, ci sono anche manager esterni. E dove si opta per il migliore. Questa però è un opzione che non tutte le imprese possono permettersi, specie se piccole. Il problema è che se un azienda viene anche amministrata bene ma non si rinnova e non si adatta ai tempi è destinata a morire nel tempo. E questo non lo dico io, lo diceva Schumpeter cento anni fa». L elisir di lunga vita aziendale è dunque una miscela di formazione (da iniziare per tempo con «apertura, disponibilità e attenzione», dice Attanzio), ma anche fortuna, competenza, umiltà e rigore, come confermano i protagonisti. «Ciò che ci ha salvato è sempre stata l educazione dei nostri genitori racconta Lucia Munari, responsabile amministrativa del Molino Munari (gestito dal fratello Enrico, data di fondazione 1751) -. Non siamo attaccati al denaro, non giriamo con abiti firmati, niente auto di lusso, nessuna guerra intestina. Chi non ha voluto entrare in azienda ha fatto altre scelte, liberamente. Spesso sono i grandi guadagni che creano tensioni». Fattore dimensione Non è un caso, dunque, che tutte le storie raccolte a Nordest, pur 36 nordesteuropa.it marzo 2011
Tre lezioni di famiglia di Paolo Gubitta Corsivo Bortolo Nardini. L azienda è stata fondata nel 1779 nelle mille sfaccettature, abbiano un punto in comune: la dimensione. Si tratta, infatti, di piccole-medie aziende (fatturato non superiore ai 20 milioni). «La distribuzione dei compiti è più facile rivela Attanzio e la struttura è meno complessa». Il segreto è quello di «evitare il conflitto in famiglia ribadisce il direttore meglio fissare regole e accordi in tempi di pace, oppure virare per altre soluzioni come la quotazione in Borsa o la vendita a un fondo estero». È successo ai Tabacchi di Safilo che hanno aperto al fondo di investimento Hal, ma anche a Coin, dove la famiglia fece un passo indietro già nel 2005. Non è tuttavia il caso di Barovier e Toso di Murano (vetreria artistica fondata nel 1295), della Colbachini nel padovano (datata 1745 e titolata stabilimento pontificio per la realizzazione di campane), né della ditta Bortolo Nardini di Bassano, o dei bottai Garbellotto di Conegliano. Tutti iscritti all esclusivo club europeo «The Henokiens» che annovera tra le 14 aziende italiane iscritte su 29 totali al mondo (tutte ultracentenarie) ben cinque ditte storiche del Nordest, tra cui anche il Lanificio Conte (fondato nel 1757), dal 1987 nelle mani di Alvise Boniver Conte, e tutt ora attivo a Piovene Rocchette. L azienda e il cognome, in questo caso, sono stati passati per concessione dalla madre Gemma Boniver Conte. I «patti di famiglia» Servono però anche regole. Giuseppe Nardini, presidente dell omonima distilleria di Bassano del Grappa (Vi) racconta come «per tenere unita la famiglia, la scelta degli avi fu quella di adottare fino al secondo dopoguerra l abitudine tipica trentina del maso chiuso, allontanando le donne e selezionando i maschi. Il nostro obiettivo era evitare l affollamento economico». Dal 1945 sono entrate anche le donne, «ma a titolo personale e senza cedere titolarità ai mariti», spiega. E dal 2008 i Nardini hanno firmato i «patti di famiglia» che regolano i passaggi generazionali e le competenze delle persone che hanno titolo per entrare in azienda. «Sono serviti ad aumentare l orgoglio dell appartenenza dice il presidente, classe 1927 della settima generazione, oggi attorniato da figli e nipoti i manager sono entrati in azienda ma a dirigere c è Celebrare oggi e qui in Italia le imprese nate da almeno cento anni e fin dalla costituzione nelle mani dello stesso gruppo familiare sembra un nonsense. Negli ultimi tempi, gli sforzi delle istituzioni e gli interessi degli studiosi si sono concentrati sulle regole per rendere contendibili le imprese familiari, sulle condizioni per promuovere la nascita di nuove imprese, sui presupposti per sostenere la mobilità sociale. Ciò nonostante, le storie imprenditoriali di queste famiglie ci possono fornire alcune buone lezioni. Un tratto tipico e comune delle imprese ultracentenarie è la stabilità del controllo, che è un formidabile strumento al servizio delle decisioni strategiche perché garantisce capitali pazienti, che rendono più ponderata la valutazione dei progetti qualsiasi sia il loro livello di rischio. Sarebbe superficiale e fuorviante liquidare questo fattore chiamando in causa il collante dei valori e della cultura della famiglia. Oltre al patrimonio, ogni generazione lascia in eredità un certo numero di aventi diritto, che nel tempo allentano il vincolo affettivo con l impresa fondata dagli avi e portano negli organi di governance aspirazioni differenziate. La stabilità del controllo è spesso il frutto di sofisticate strutture giuridiche fatte di patti di famiglia e patti parasociali. Queste famiglie resistono in sella perché hanno scelto a chi dare il potere di comandare e a chi lasciare solo il diritto di votare in assemblea. La capacità di rinnovamento è la seconda lezione che ci danno le imprese ultracentenarie. Nessuna di esse continua a fare oggi le cose che faceva alla fondazione, e se le fa adotta nuovi strumenti o nuovi approcci gestionali. La caratteristica che accomuna le famiglie imprenditoriali che hanno superato indenni gli shock economici e finanziari, tecnologici e competitivi susseguitesi dall inizio del Novecento è la capacità di selezionare le competenze distintive da trasferire alle generazioni successive, di sviluppare nuove competenze con percorsi formativi per le nuove generazioni, e di ampliare il portafoglio di competenze con l inserimento di manager esterni. Non si tratta di capacità innate, e quindi inspiegabili, ma di abilità che riesce a sviluppare chi ha visione strategica e spirito autocritico. Per rinnovarsi, infatti, bisogna anche avere il coraggio di abbandonare le attività senza più mercato e di rinunciare a una parte della storia di famiglia, senza lasciarsi sopraffare dalla sindrome di invincibilità che inibisce i processi di cambiamento. La terza lezione che ci danno le imprese ultra centenarie riguarda le dinamiche intergenerazionali. Il trasferimento della funzione imprenditoriale va pianificato e non include solo gli aspetti patrimonial-giuridici e di business descritti sopra. marzo 2011 nordesteuropa.it 37
la Copertina il Caso Il ricambio alla guida dell impresa investe la leadership e ha una valenza relazionale e organizzativa. Le famiglie che da oltre un secolo gestiscono con successo la successione generazionale si distinguono per aver saputo progettare in modo adeguato i ruoli di tutti gli attori coinvolti: la generazione uscente ha fatto un passo indietro, fornendo a quella entrante l opportunità di mettersi alla prova; la seconda ha preso le leve del comando, fornendo alla prima l opportunità di reinventarsi un ruolo dentro o fuori l impresa di famiglia. In questo via vai virtuoso di opportunità tra generazioni, bisogna ricordarsi anche di quelli che, non per colpa, non sono nati in una famiglia di imprenditori. Perché non è sbagliato celebrare chi è nato con la camicia, ma è socialmente inaccettabile non fornire l opportunità di provare a indossarla a chi è nato senza. Paolo Gubitta è professore associato di organizzazione aziendale alla Facoltà di Economia dell Università di Padova, dove insegna Organizzazione delle PMI e Italian Entrepreneurship. È Direttore scientifico dell Area Imprenditorialità del CUOA. È membro del Consiglio direttivo di StartCube. la famiglia che continua a mantenere la tradizione innovando continuamente, dal progetto di Fuksas al nuovo Capodanno 2050». Senza prole Meno fortunata, invece oggi, la storia della Camuffo di Portogruaro (data di nascita 1438, nell articolo allegato) oggi guidata dai due fratelli Marco e Giacomo, entrambi settantenni e senza eredi. Manca la prole anche ai tre fratelli Garbellotto, artigiani del legno dal 1775. «Siamo all ottava generazione risponde Piergregorio, uno dei titolari ma nessuno dei tre è sposato. Il problema di certo si porrà più avanti ma siamo aperti alla managerialità», risponde. Il segreto? «Umiltà e passione ribadisce e tanto lavoro. Già da piccoli noi figli eravamo ogni estate a scuola dal maestro bottaio. Abbiamo imparato presto il valore del sacrificio». E la continua riorganizzazione è l ultimo asso nella manica. Lo testimonia la più giovane delle aziende intercettate: Berto Industria tessile di Bovolenta (Pd) appena, si fa per dire, alla quarta generazione. Partita come negozio, poi ditta per la realizzazione delle vele delle barche di Chioggia oggi è un azienda di abbigliamento passata dalla camiceria al denim per segmento lusso. «Nessun cambio drastico rileva il titolare Flavio Berto abbiamo solo colto le opportunità. Nessuno ha mai imposto nulla. Abbiamo superato una grossa crisi negli anni Ottanta ma poi abbiamo ripreso saldo il timone della situazione». BOTTAI. Garbellotto, artigiani del legno da otto generazioni Camuffo, l ultima generazione dal 1438 Sei secoli di storia, nessun sito né pubblicità e ora nessun erede: «Abbiamo provato ad aprire le porte agli esterni ma non ha funzionato», dicono gli imprenditori ancor oggi noti come «quei delle barche». La crisi oggi? «Una gran bruttura» Civico 33, laterale del centro di Portogruaro. Nessuna insegna, né un nome sul campanello. Davanti una villetta col giardino all inglese, a fianco un piccolo capannone grigio, dietro il fiume. Giacomo Camuffo si presenta alla porta con un maglioncino di lana e una camicia a quadri. Pantalone da lavoro comodo, capello bianco e un ufficio nell entrata della casa di famiglia dove vive il fratello Marco con la moglie. Sul tavolo una bottiglia di vino appena aperta con tre bicchieri, il telefono a manovella come una volta color nero. Giacomo ha 77 anni e con Marco (classe 1932) rappresenta la 18esima generazione dei Camuffo. La storia, perché di storia si tratta, inizia nel 1438. Il capostipite si chiamava El Ham Mufti, detto Camuffi per comodità di pronuncia. Professione «magister stadi», quello che oggi si chiama ingegnere navale. «Vantiamo 78 chilometri di documenti nell archivio di stato a Venezia, siamo secondi solo al Vaticano chiosa l imprenditore -. La storia è diversa dalla tradizione, servono le fonti per dichiararsi impresa di famiglia» risponde con forza. Li chiamano «quei de le barche» e grazie a una decina di «artisti», i Camuffo riescono a mettere in mare ancora oggi tre imbarcazioni all anno di grandezza diversa. Yacht rigorosamente fatti a mano destinati per il 50% all Italia e per il 50% all estero. Nessun sito internet, solo due brochure in italiano e inglese. Ma come vi promuovete? «Sono i clienti a trovarci e di Camuffo ce n è uno solo. Vengono tutti personalmente perché la trattativa deve essere dal vivo», rispondono in dialetto veneto. «Non siamo viziati ma virtuosi». «Non è stata colpa nostra entrare in questo business dicono la barca era interesse della Repubblica Veneta e in un mondo fatto di tre quarti d acqua e uno di terra serve qualcos altro oltre alle macchine che sono fin troppe». Un alone di tristezza vela gli occhi però di fronte alla domanda: eredi? «Nessun figlio. Siamo purtroppo l ultima generazione. È un mestiere difficile fatto più di intuizione che di esperienza, e a molti interessa solo il marchio racconta Giacomo abbiamo tentato di aprire le porte a esterni ma non ha funzionato. Noi abbiamo quattro qualità insostituibili: una barca, una storia, una prestazione in mare (ovvero: velocità massima con consumi minimi), una garanzia: quella di restituire tutti i soldi, perfino la parcella del notaio, se qualcosa non funziona a dovere». Ma serve anche «pazienza» conclude Giacomo, soprattutto in questa crisi di una «gran bruttura». E.V. 38 nordesteuropa.it marzo 2011
Imprese il Rapporto L impresa si fa sul web Un tempo semplici blog o idee quasi irrealizzabili, oggi vere e proprie aziende con una storia, un consolidato di tutto rispetto e una natura worldwide. Sono le società della rete che coprono nicchie sofisticate e non convenzionali. I casi di: Scuolazoo, Onvis, Ubiest, Naim Unique e Mentis di Giambattista Marchetto Che il web non sia più un gioco virtuale dedicato alla comunicazione o alla promozione di un mondo che rimane pur sempre materico e reale è un dato assodato da qualche anno. La Rete è infatti sempre meno uno specchio nel quale si riflette il mondo e si trasforma sempre più in un universo parallelo, con proprie dinamiche sociali l esplosione dei social network ne testimonia potenzialità e rischi e di conseguenza con dinamiche economiche peculiari. In quest ottica stupisce sempre meno lo sviluppo di un mercato parallelo fatto di imprese che nascono, vivono e fanno business solo (o quasi) sul web. Un contesto che di virtuale ha solo l infrastruttura di base, generando invece concretissimi e fisici utili, offrendo lavoro a un numero crescente di addetti e, in generale, smettendo i panni delle eterne newco dal fiato corto. Oggi le web-companies possono vantare una storia, un consolidato di tutto rispetto, hanno un respiro per natura worldwide e talvolta debordano dalla rete con spin-off che vanno a occupare nicchie di mercato tradizionale, trascinate però da un marketing polimorfo che affonda le proprie radici nella rete. Dall idea goliardica all impresa È il caso del brand ScuolaZoo, un avventura nata nella primavera del 2007 dall idea vincente di due universitari: Francesco Nazari Fusetti che studiava alla Bocconi e Paolo De Nadai che studiava a Padova. «Tutto è partito dall idea di creare un punto di incontro online per gli studenti delle superiori racconta Nazari Fusetti, presidente della società che ha il nome del marchio -. Siamo partiti da un semplice blog e abbiamo avuto una notevole risonanza grazie all utilizzo di strumenti di marketing innovativi. Così abbiamo raccolto una fascia consistente di utenti, arrivando a picchi di 100mila visitatori in un giorno. Questo significa che, al tempo, il nostro era il blog più visitato in Italia dopo quello di Beppe Grillo». Visto il successo dell idea goliardica, i due fondatori decidono di reinvestire gli utili generati dalla pubblicità derivata dalle inserzioni di Google per creare una community con un modello inedito. Per sostenere i costi di questo secondo step, però, l advertising online non bastava. «Ci siamo lanciati nello sviluppo di licenze offline riferisce il presidente -. Con il gruppo Cartorama abbiamo creato una linea partita dall agenda (quest anno siamo arrivati alla vendita di quasi 100mila diari marchiati ScuolaZoo) e sviluppata con quaderni, astucci, zaini. Ora stiamo passando all abbigliamento. E poi attraverso il sito organizziamo vacanze: proponiamo il tradizionale viaggio post-maturità o vacanze per universitari». Il giro d affari è di circa 2 milioni di euro e la struttura dà lavoro a 22 persone. Pur sempre mantenendo un richiamo allo spirito goliardico del blog iniziale», perché il vero plus continua a essere la community, che attrae ogni mese 1,2 milioni di studenti. Amir Baldissera, direttore Mentis marzo 2011 nordesteuropa.it 69
Imprese siamo ispirati». E sulla stessa scia un imprenditore giovane e dinamico di Conegliano, Alessandro Moras, ha lanciato il progetto Naim Unique e vende jeans su misura via Ipad. De Mattia, ad Ubiest L incertezza che piace Sullo store online (e solo su quello) ha puntato la Onvis di Asolo (Tv), che distribuisce jeans solo via web in tutto il mondo. «Abbiamo scelto la strategia online perché è la forma di distribuzione del futuro chiarisce il creatore del marchio Shannon Sadler -. Per ora ancora spaventa ed è acerba, ma ci sono strumenti e sinergie da poter sfruttare che magari oggi non esistono. È proprio il non sapere cosa ci sarà domani che ci piace. Qui le cose corrono! Invece non ci sentivamo a nostro agio nei canali di distribuzione convenzionali che riteniamo un po' saturi, con poche idee e privi di iniziative creative. Oggi sfruttiamo la rete e la possibilità di targetizzare il cliente ovunque sia ed esattamente per quello che sta cercando». Non cambia solo il business, cambia la cultura di fondo dell impresa. «Vantaggi? Poter "chiacchierare" online con un ragazzino che vive in un paesino del Canada e ha letto di noi su un blog Giapponese. Aiutarlo e consigliarlo per concludere l ordine qualche clic dopo l'ordine. Tutto questo magari in wireless con il telefonino mentre si aspetta di imbarcarsi su Ryanair verso una capitale europea. È un po' anche a loro che ci Pionieri dal 2000 Dal web si sta invece spingendo sempre più sul web-mobile la trevigiana Ubiest SpA, che fornisce soluzioni di Location Intelligence, ovvero mappe online, strumenti di navigazione, servizi di localizzazione e geomarketing accessibili attraverso Internet e connessioni mobili. «Siamo nati nel 2000 e abbiamo scelto fin da subito di puntare solo su prodotti web-based chiarisce l amministratore delegato Nicola De Mattia -. All inizio non era facile, i tempi non erano ancora maturi e si dovevano abbattere alcune resistenze. Poi le idee si sono evolute di pari passo con lo sviluppo delle tecnologie e con il miglioramento della connettività. Per non parlare dei terminali mobili, dai netbook agli smartphone, che sono oggi la frontiera di maggiore interesse». Ubiest (6,5 milioni di consolidato e 40 addetti) ha un mercato italiano ed europeo di aziende che utilizzano direttamente i servizi o ne sviluppano di più complessi, ma vende anche al consumatore finale (direttamente o attraverso provider telefonici). «Il mercato è in accelerazione e la mentalità è completamente cambiata chiosa De Mattia -. Oggi l utilizzo della rete è massivo e ogni prodotto deve essere pensato anche orientato sul web. E non ci sono più distinzioni per fasce di età o per capacità di spesa». Internet arma a doppio taglio Una linea su cui concorda Amir Baldissera, direttore operativo di Mentis Srl (13 addetti e mezzo milione di fatturato), società con sede a Massanzago (Pd) specializzata nella consulenza strategica di marketing e comunicazione 2.0. «Fin dal suo avvio, Mentis si è concentrata sulla creazione di valore per il cliente chiarisce e la diffusione del web 2.0 ha poi comportato un completo ribaltamento di marketing e comunicazione. Però il business su web non è gioco semplice, bisogna conoscerne a fondo le strategie ed essere pronti ad adottarle fino in fondo». E questo non vale solo in positivo. «Oggi gli errori si pagano cari sottolinea -. Tutto su Internet è registrato e memorizzato, basta una ricerca con Google e anche il più piccolo scivolone riemerge amplificato. Un azienda può subire attacchi e vedere intaccato il valore dei suo brand senza neppure rendersene conto. Per questo abbiamo scelto di specializzarci nell integrazione di progetti dedicati all universo interattivo del web 2.0. È un mondo in continua evoluzione, per questo complesso e stimolante». 70 nordesteuropa.it marzo 2011