IL DANNO NON PATRIMONIALE DA MORTE. Danno non patrimoniale dei congiunti di un soggetto deceduto a causa della commissione di un fatto illecito.

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IL DANNO NON PATRIMONIALE DA MORTE L evento morte, produce, sotto il profilo dei danni che da esso ne possono derivare, effetti negativi e lesivi di molteplici interessi: taluni incidenti direttamente la sfera del soggetto che perde la vita per effetto di un fatto illecito, altri pregiudicano la sfera degli affetti dei congiunti, ne ledono la integrità fisica o provocano pregiudizio morale ed esistenziale. Accanto, dunque, alla vittima primaria dell illecito si collocano le vittime c.d. secondarie, danneggiati di riflesso o di rimbalzo poiché subiscono danni dalla morte del congiunto conseguente alla commissione dell illecito. Analizzando i profili di problematicità connessi, da un canto, all individuazione ontologica dei danni risarcibili e, dall altro canto, alle tecniche di liquidazione da adottare al fine di garantire un risarcimento integrale e satisfattorio del pregiudizio patito, è opportuno trattare partitamene le due categorie di danneggiati e operare, se possibile, tratti di interferenza nei criteri di liquidazione del danno. Danno non patrimoniale dei congiunti di un soggetto deceduto a causa della commissione di un fatto illecito. Danni iure proprio Danno biologico iure proprio Può dirsi configurabile un danno biologico risarcibile per gli stretti congiunti di una persona deceduta a causa di una condotta illecita altrui, allorché la sofferenza causata a costoro dalla perdita abbia determinato loro una lesione dell integrità psicofisica, sicché il risarcimento deve essere liquidato, anche in via equitativa, solo allorquando venga fornita prova che il decesso abbia inciso negativamente sulla 1

salute dei congiunti in guisa da determinare un apprezzabile permanente patologia o l aggravamento della patologia preesistente (cfr. Cass. 2546 del 2007). Spesso tale voce di danno non viene espressamente riconosciuta perché le allegazioni, anche supportate dalla produzione di consulenze di parte, involgono profili esclusivamente di natura psicologica ipotesi di sofferenze post-traumatiche da elaborazione del lutto che si iscrivono nell area di tutela del danno morale parentale, piuttosto che tradursi in vere e proprie forme patologiche di lesione della salute. In ogni caso, qualora sussista e sia data prova dell esistenza di una patologia riconducibile eziologicamente all evento morte del congiunto, si ricorrerà ai comuni criteri di liquidazione del danno biologico in uso nel diversi Tribunali. Danno parentale iure proprio: Rispetto alla categoria della sofferenza morale dei congiunti, unica voce di danno che è suscettibile di risarcimento, potendo per essa avvalersi dello strumento della presunzione, è il danno parentale da perdita del congiunto, quale componente del danno non patrimoniale. Alla luce dei recentissimi approdi delle Sezioni unite in materia di danno non patrimoniale (SS.UU. sentenze 11.11.2008 nn 26972, 26973, 26974 e 26975) è necessario esporre talune considerazioni di carattere preliminare. Prima di giungere ai principi esposti dalle sezioni unite, la giurisprudenza della Suprema Corte, con sentenza n. 8828 del 31.5.2003 aveva avuto occasione di precisare che l uccisione di una persona è evento pluri-offensivo idoneo, in quanto tale, ad estinguere contemporaneamente il bene vita della vittima primaria ed il vincolo parentale con i congiunti di questa, ledendo in tale modo l interesse di rilevanza costituzionale alla intangibilità della sfera degli affetti reciproci e della scambievole solidarietà tra i familiari. Si sosteneva, perché possa ravvisarsi l illecito aquiliano è necessario che ricorra il nesso di causalità materiale tra la condotta del colpevole e la morte della 2

vittima primaria e quindi diviene necessario selezionare tra le possibili conseguenze quelle meritevoli di risarcimento, sì da delineare un nesso di causalità giuridica, infine è necessario riscontrare l elemento soggettivo di dolo o colpa in capo all autore dell illecito. Ricorrendo tali presupposti, il danno che ne derivava, ascritto alla categoria dei danni non patrimoniali, atteso che il bene pregiudicato è insuscettibile di diretta valutazione economica, veniva denominato danno da uccisione di un congiunto e si identificava con la irreversibile e permanente privazione della reciprocità affettiva. Esso, si diceva, è ontologicamente proiettato verso il futuro e può, dunque, affiancarsi e convivere col danno morale soggettivo contingente, inteso quale transeunte sofferenza indotta dall ingiustizia patita. Indi, secondo tale impostazione oggi disattesa, danno non patrimoniale da perdita del rapporto parentale e danno morale soggettivo concorrevano nel delineare l unica riparazione concessa alla vittima dell illecito, sì che la loro attribuzione congiunta postulava l attenta ponderazione delle poste risarcitorie onde evitare il rischio di duplicazioni del risarcimento. L uno riparava, come detto, lo stato di afflizione, di turbamento anche profondo, di dolore cagionato dalla morte di un proprio caro, l altro risarciva la lesione di un interesse protetto, quello all integrità del vincolo familiare. Tali assunti, sebbene dal punto di vista definitorio sembrano essere stati confermati dalla giurisprudenza delle sezioni unite, perlomeno rispetto alla categoria del danno parentale, risultano disattesi precipuamente nella parte relativa alla possibilità di duplice liquidazione sia del danno morale soggettivo che del danno esistenziale, trovando oramai spazio un unica voce di danno non patrimoniale, che nella specie è interamente assorbita dalla categoria del danno parentale da morte del congiunto. Rispetto alla questione che ci occupa, le SS.UU affermano che non può trovare spazio una duplice liquidazione del danno morale soggettivo e del danno parentale, perché la sofferenza patita nel momento della perdita del congiunto, sia nel momento 3

in cui viene percepita sia nell arco delle propria esistenza, costituiscono forme di pregiudizio suscettibili di un unico integrale ristoro (nozione ripresa da SS.UU. sent. n 557/09). Liquidazione: In ultimo la III sezione della Suprema Corte, soffermandosi proprio sul rapporto tra danno biologico e danno morale o sofferenza morale, ha nuovamente ribadito l autonomia ontologica delle due categorie di danno, che risarciscono interessi costituzionalmente rilevanti differenti l uno il diritto alla salute l altro l integrità morale protetta dall art. 2 Cost., in relazione all art. 1 del Trattato di Nizza, del Trattato di Lisbona, ratificato dall Italia con legge 2 agosto 2008 n 190 ed ha definitivamente scongiurato le tecniche liquidatorie che tengono conto dei parametri tabellari previsti per la liquidazione del danno biologico, affermando la necessità che si pervenga ad una liquidazione personalizzata, di matrice equitativa, che tenga conto delle condizioni soggettive della vittima e della gravità del fatto (cfr. Cass. n 28407 del 2008; Cass. 29191 del 2008). In particolare viene evidenziata la necessità che, anche nel caso di danno morale unitamente al danno biologico, si pervenga ad una liquidazione che, valorizzando l autonomia delle due figure, tanga conto delle condizioni soggettive del danneggiato, senza considerare il valore dell integrità morale una quota minore del danno alla salute (cfr. Cass. 29191 del 2008). Ciò posto, deve dunque, alla luce dei principi affermati dalla Corte, abbandonarsi il sistema di liquidazione del danno parentale che ancorava la posta risarcitoria spettante al congiunto al danno morale della vittima, secondo una forcella individuata tra un quarto e la metà del danno biologico della persona deceduta, modulando l individuazione delle somme al grado di parentela, alla convivenza, all età della vittima, ed altro. 4

Tale somma individuava il risarcimento del danno morale del congiunto a cui si aggiungeva una percentuale in aumento (20% o 30%) quale risarcimento del danno da lesione del vincolo parentale. Oggi, tali tecniche di liquidazione sono state scongiurate, sicché si impone una riflessione volta ad affrancare il sistema di liquidazione della sofferenza morale, intesa come danno parentale nella sua interezza, dal danno biologico della vittima primaria. Si potrebbe allora, sostenere l opportunità di individuare poste risarcitorie variabili, contenute in un limite massimo e un limite minimo, che tengano conto dei parametri più volte enucleati dalla giurisprudenza di legittimità (età della vittima, grado di parentela, convivenza, legami affettivi provati, etc..), sistema di liquidazione già in uso in altri Tribunale (Milano, Torino). Tale sistema consentirebbe di approdare ad una forma risarcitoria che, valorizzando esclusivamente la lesione della dimensione non patrimoniale, nella sub specie definitoria di danno parentale, patita dai prossimi congiunti individui una posta liquidatoria per equivalente che tenga conto del pregiudizio subito dai prossimi familiari della vittima. Ciò dovrebbe pure valere per la contemporanea sussistenza anche del danno biologico della vittima secondaria, derivante eziologicamente dal decesso del congiunto. Nel senso che, è coerente con il sistema e i principi pure rilevati dalle ultime sentenze della Cassazione, individuare sempre due distinte voci di risarcimento per due differenti beni pregiudicati dall evento morte, e ciò in parziale difformità da quanto sostenuto dalle sezioni unite in tema di rapporto tra danno biologico e danno morale, entrambi ricompresi nell unica categoria del danno non patrimoniale, giacché, senza snaturare le due forme di danno, annoverabili nell unica figura tutelata dall art. 2059 c.c., la liquidazione differenziata, seppur unitaria nella categoria del danno non patrimoniale, consente di ottenere un integrale risarcimento del danno, con 5

una somma che ristori la lesione dell integrità fisica e l altra somma che ripari la sofferenza morale subita dalla perdita del congiunto. Es. si potrebbe suggerire di adottare una forcella che vada da un minimo di 100.000,00 ad un massimo di 250.000 euro, superabile in ragione della valorizzazione, anche motivazionale, dei parametri dianzi identificati, per il risarcimento del danno parentale, da aggiungere al danno biologico eventualmente patito dal danneggiato. Danni iure successionis Danno biologico e danno morale iure successionis. Sussiste se ed in quanto la vittima primaria abbia maturato il relativo diritto a percepire il risarcimento del danno. Secondo gli orientamenti cristallizzati della giurisprudenza di legittimità, nel caso di fatto illecito che abbia provocato ad un soggetto lesioni personali cui, dopo un periodo di infermità, sia sopravvenuta la morte, il diritto al risarcimento del danno alla salute verificatosi dal momento della lesione a quello della morte, essendo entrato nel patrimonio dell'infortunato al momento della lesione, può essere fatto valere iure successionis dai suoi eredi (Cassazione, 27.12.1994, n 11169). La perdita della vita, invece, impedisce che la lesione si rifletta in una perdita e, in definitiva, in un danno per la persona; quindi, a seguito di una lesione di tal portata nel patrimonio del leso non entra un diritto al risarcimento del danno biologico (cfr. Cassazione civile 29.11.1999 n 13336). Ora, il bene salute ed il bene vita costituiscono valori distinti, tutelati in forma distinta, il primo ammettendo una forma di tutela risarcitoria, il secondo negandola, in quanto, essendo strettamente connesso alla persona del suo titolare, non può concepirsene l autonoma risarcibilità quando tale persona abbia cessato di esistere (Cass. 22 marzo 2007 n 6946; Cass. 10 settembre 1998 n 8970). Ne consegue che, nel caso di morte di un individuo causata dall altrui fatto illecito, ove la morte sia contestuale all azione dannosa, (danno da morte immediata o danno 6

tanatologico) nulla è dovuto agli eredi a titolo di risarcimento iure successionis del danno biologico sofferto dal loro dante causa, atteso che questi non ha subito alcun danno biologico nel senso dianzi precisato. Sicché, se il risarcimento del danno biologico ha la precipua funzione di reintegrare il soggetto leso di una utilità perduta definitivamente, non si comprende quale possa essere l utilità da compensare nel caso di morte del danneggiato in uno spazio di tempo talmente breve da impedire il consolidamento di qualsivoglia pregiudizio da ristorare diverso da quello letale. Ciò, peraltro, vale sia per il danno biologico in senso stretto sia per il danno morale, che, quale sub specie del danno non patrimoniale, richiede nel senso detto un consolidamento del patema d animo o del turbamento psichico, diverso da quello patologico, in capo al danneggiato non configurabile nel caso di sopravvivenza per un tempo davvero minimo. La suprema corte individua, in più occasioni l apprezzabile lasso di tempo in un tempo pari a 24 ore o anche tre giorni, idoneo a consentire la risarcibilità del danno biologico in capo alla vittima primaria e trasmissibile in via ereditaria (di recente però ha ritenuto che anche tre giorni non siano sufficienti a integrare il lasso di tempo utile si veda Cass. 458/2009 che ha confermato la sentenza C.A. Milano). In tal caso "il danneggiato acquisisce il diritto al risarcimento del danno biologico subito per l'effettiva durata della sua sopravvivenza...e si tratta di un danno alla salute, che se pure è temporaneo, è massimo nella sua entità ed intensità (cd. danno biologico terminale)" (Cass. civ, n. 18305/2003 cit., p. 5; Cass. civ. 16 maggio 2003 n. 7632). Ancor più di recente la Corte di Cassazione (19.10.2007 n. 21976) ha spinto ulteriormente in avanti il proprio ragionamento, configurando l esistenza di un danno biologico e morale terminale sussistente sempre che la morte non sia immediata ed indipendentemente dal grado di consapevolezza e coscienza degli eventi da parte della vittima: è errata la decisione impugnata nella parte in cui ha escluso il diritto al risarcimento del danno biologico e del danno morale terminali per il fatto che la 7

vittima, essendo rimasta in stato di incoscienza, non avrebbe potuto percepire i suddetti danni. Questa Corte ha già più volte precisato che il danno biologico, quale lesione dell interesse costituzionalmente garantito all integrità fisica e psichica della persona è presente ugualmente sia che la vittima abbia coscienza della lesione, sia che non l abbia e, quanto al danno morale, che quel turbamento ingiusto dello stato d animo che dà luogo al danno comprende anche le sofferenze fisiche e morali sopportate dalla vittima in stato incoscienza. Distinto ontologicamente dal danno tanatologico è il danno catastrofico annoverabile nella categoria del danno morale. Cass. 2.4.2001 n. 4783 riconosce che in caso di lesione illecita, che abbia portato a breve distanza di tempo ad esito letale, sussiste in capo alla vittima che abbia lucidamente percepito l approssimarsi della morte, un danno biologico di natura psichica, la cui entità non dipende dalla durata dell intervallo di tempo tra lesione e morte, bensì dall intensità della sofferenza provata dalla vittima dell illecito : posto che le lesioni mortali conducono, secondo l esperienza medicolegale e psichiatrica, alla presenza di un danno catastrofico per intensità, a carico della psiche del soggetto che attende lucidamente l estinzione della propria vita... essenzialmente come sofferenza esistenziale e non già come dolore, occorre riflettere sulla diversa natura del danno fisico del soma e delle funzioni vitali dove l apprezzamento della durata attiene alla stessa esistenza del danno... e del danno psichico, pur esso prodotto da lesioni mortali come danno catastrofico, la cui intensità può essere apprezzata dalla vittima, pur nel breve intervallo delle residue speranze di vita. Nel danno psichico non è solo il fatto durata a determinare la patologia, ma è la stessa intensità della sofferenza e della disperazione, due successive pronunzie Cass. 16.5.2003 n. 7632, Cass. 23.2.2004 n. 3549- propongono di implementare il risarcimento del danno biologico indotto dalla temporanea menomazione psicofisica del danneggiato, ciò in quanto il danno biologico terminale circoscritto nel tempo è massimo nella sua entità ed intensità poiché nessun danno alla salute è più grave di quello che trovando causa nelle lesioni che esitano 8

nella morte, temporalmente la precede : il danno biologico terminale è più intenso, perché l aggressione subita dalla salute dell individuo incide anche sulla possibilità di essa di recuperare le funzionalità perdute o quanto meno stabilizzarsi sulla perdita funzionale già subita. Sul punto anche le sezioni unite, sempre con la sentenza 26972/2008, hanno confermato (pag. 25) l orientamento che nel caso di danno tanatologico, non risarcibile come danno biologico perché non viene in rilievo un danno alla salute configurabile solo nei casi di sopravvivenza per un apprezzabile lasso di tempo, ammette la risarcibilità a diverso titolo della sofferenza psichica di massima intensità annoverabile nell ambito definitorio di danno morale. E allora si pone la questione, affrontata da altra giurisprudenza, della possibilità di liquidare solo il danno morale terminale o catastrofico configurabile anche in presenza di un lasso di tempo breve (poche ore di vita), non idoneo come tale a consolidare una lesione al diritto alla salute, nei termini esposti, acquisibile nella sfera giuridica del danneggiato e trasmissibile agli eredi, allorquando la vittima abbia, però, in quel tempo lucidamente percepito tragicamente l approssimarsi del proprio decesso. La giurisprudenza in più occasione ha ritenuto di aderire alla tesi (Cassazione 11003/03, 3414/03, 11601/05;15760/06), che considerano la autonomia ontologica di tale danno, come lesione della integrità morale della persona, con la stessa valenza costituzionale di inviolabilità, onde la doverosità di una adeguata considerazione ai fini del riconoscimento della posta risarcitoria non patrimoniale e della sua trasmissibilità jure hereditatis, e ciò anche quando, a cagione dello spazio breve non si sia prodotta una lesione della salute in capo alla vittima tale da dar vita ad un danno biologico terminale risarcibile (in ultimo Cass. 6946 del 2007 ha ritenuto la sussistenza del danno morale terminale nella vittima che sopravvive due ore e che è consapevole del ritardo nell arrivo dei soccorsi, cassando la sentenza della giurisprudenza di merito che aveva negato il relativo danno). 9

Anche rispetto alle due categorie delineate sembrerebbe potersi affermare che, nel caso di coesistenza di entrambe le voci di danno, non possa duplicarsi la liquidazione e si dovrà procedere all individuazione di un unica posta risarcitoria che ristori il danno non patrimoniale della vittima. Tuttavia, alla luce dei nuovi orientamenti inaugurati prima dalle sezioni unite e anche confermati in parte motiva da Cass. 458/2009, si pone la questione se in realtà debba riconoscersi, come io penso, un unica voce di danno terminale, da ricondurre sempre nella dimensione del danno non patrimoniale, inteso però come sofferenza morale della vittima che assiste allo spegnersi della propria esistenza, che costituisce l espressione massima di dolore, di patimento e dolorosa consapevolezza della cessazione imminente della propria esistenza e, anche richiamando quanto affermato dalle recenti pronunce sul valore costituzionale e comunitario da attribuire all integrità morale, paritario rispetto a quello della salute. Però, a questo punto, anche uno spazio di tempo breve, di alcune ore, potrebbe in ogni caso radicare tale terribile sofferenza psicologica nella vittima, come tale idonea a configurare danno risarcibile, giacché non sono richiamabili i principi elaborati fino ad ora dalla giurisprudenza in tema di danno tanatologico, valevole solo per il caso di lesione del diritto alla salute. L attenzione deve, però necessariamente spostarsi al profilo degli oneri probatori e, in questo caso, dovrebbe essere provato, anche documentalmente attraverso le risultanze del referto medico, lo stato di coscienza della vittima prima del decesso. Difatti, quanto affermato dalla Cassazione 21966/2007 sulla sussistenza del danno terminale anche in situazioni di incoscienza non può valere nel caso in cui si possa riconoscere solo la sofferenza morale, indipendentemente dal danno biologico, poiché al fine di potersi ritenere radicata la consapevolezza della propria fine imminente deve essere accertato lo stato di coscienza e lucidità della vittima in grado di percepire e, quindi, soffrire in, conseguenza di siffatta percezione, l approssimarsi della morte. 10

Dovrebbe essere demandata alla tavola rotonda l individuazione del parametro di liquidazione se, cioè, debba rapportarsi al danno biologico del danneggiato, calcolato al 100% ovvero all invalidità permanente assoluta per tutto il periodo della sopravvivenza a cui si aggiunga una posta a titolo di danno morale terminale o, infine, se si debba optare per parametri del tutto equitativi. Dott.ssa Sebastiana Ciardo 11