ABUSO DEL PROCESSO FRAZIONAMENTO DEL CREDITO CONTRATTO DI LAVORO INTERESSE OGGETTIVAMENTE VALUTABILE ALLA TUTELA PROCESSUALE

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Cass., Sez. Un., sent. 16 febbraio 2017, n. 4090. ABUSO DEL PROCESSO FRAZIONAMENTO DEL CREDITO CONTRATTO DI LAVORO INTERESSE OGGETTIVAMENTE VALUTABILE ALLA TUTELA PROCESSUALE Le Sezioni unite della Corte di Cassazione ritornano sul tema, già affrontato in diverse pronunce, dell abuso del processo nel caso in cui siano proposte molteplici domande per crediti riferibili ad un unico rapporto obbligatorio e, specificamente, relativi al rapporto di lavoro. Allo scrutinio delle Sezioni unite è sottoposta la seguente questione: se, una volta cessato il rapporto di lavoro, il lavoratore debba avanzare in un unico contesto giudiziale tutte le pretese creditorie che sono maturate nel corso del suddetto rapporto o che trovano titolo nella cessazione del medesimo e se il frazionamento di esse in giudizi diversi costituisca abuso sanzionabile con l improponibilità della domanda. Dopo aver sintetizzato i propri precedenti sulla questione (Cass., Sez. un., sentenze nn. 23726/2007 e 26961/2009), la Cassazione risponde negativamente e afferma il seguente principio di diritto: Le domande aventi ad oggetto diversi e distinti diritti di credito, anche se relativi ad un medesimo rapporto di durata tra le parti, possono essere proposti in separati processi. Se tuttavia i suddetti diritti di credito, oltre a far capo ad un medesimo rapporto di durata tra le stesse parti, sono anche, in proiezione, inscrivibili nel medesimo ambito oggettivo di un possibile giudicato o comunque fondati sul medesimo fatto costitutivo - sì da non poter essere accertati separatamente se non a costo di una duplicazione di attività istruttoria e di una conseguente dispersione della conoscenza di una medesima vicenda sostanziale -, le relative domande possono essere proposte in separati giudizi solo se risulta in capo al creditore agente un interesse oggettivamente valutabile alla tutela processuale frazionata. Ove la necessità di siffatto interesse (e la relativa mancanza) non siano state dedotte dal convenuto, il giudice che intenda farne oggetto di rilievo dovrà indicare la relativa questione ai sensi dell art. 183 c.p.c. e, se del caso, riservare la decisione assegnando alle parti un termine per memorie ai sensi dell art. 101 comma 2 c.p.c.. Le Sezioni unite giungono a tale conclusione, dopo aver evidenziato che la tesi della infrazionabilità dei crediti relativi ad un medesimo rapporto di durata non trova conferma nella disciplina processuale. Numerose disposizioni, infatti, depongono nel senso della proponibilità in tempi e processi diversi di domande tese al recupero di singoli crediti facenti capo ad un unico rapporto complesso esistente tra le parti; il riferimento è agli artt. 31, 40, 104 c.p.c. in tema di domande accessorie, connessione e proponibilità nel medesimo processo di più domande nei confronti della stessa parte. A queste va aggiunta la previsione in tema di condanna generica e la necessità di esplicita domanda di parte affinché l accertamento su questione pregiudiziale abbia efficacia di giudicato ai sensi dell art. 34 c.p.c. Un ulteriore argomento a sostegno della tesi negativa è individuato nell elaborazione giurisprudenziale e dottrinale in tema di estensione oggettiva del giudicato che perderebbe di significato laddove si ritenessero improponibili domande precedute da altre a prescindere dal passaggio in giudicato della decisione sul primo credito o dalla inscrivibilità della diversa pretesa creditoria successivamente azionata nel medesimo ambito oggettivo di un giudicato in fieri tra le stesse parti di un medesimo rapporto di durata. Si fa notare, inoltre, che una generale previsione di improponibilità della domanda graverebbe ingiustamente sul creditore, il quale sarebbe privato della disciplina peculiare relativa ai diversi crediti vantati: si pensi alla possibilità di agire in via monitoria per crediti muniti di prova scritta o di

agire dinanzi al giudice competente per valore per ciascuno dei crediti e con possibile esposizione alla necessità di scegliere di proporre o meno una tempestiva insinuazione al passivo fallimentare, col rischio di improponibilità di successive insinuazioni tardive per altri crediti. Ulteriormente, l onere di azione contestuale per crediti distinti, considerata la molteplicità dei regimi disciplinati (ad es. in tema di prescrizione e di onere della prova), determinerebbe un allungamento dei tempi del processo per la soddisfazione del creditore con violazione contestuale del principio di economia processuale. La Corte si sofferma anche su un altra conseguenza pregiudizievole di non poco conto ossia quella relativa all attività economica. In particolare, si evidenzia l incidenza negativa di un unico processo per tutti i crediti riferibili a rapporti di durata sulla circolazione del denaro, sugli scambi e sugli investimenti. Le Sezioni unite operano poi una lettura speculare della disciplina processuale precedentemente richiamata rilevando che essa è intesa a consentire, ove possibile, la trattazione unitaria dei processi e ad attenuare o elidere gli inconvenienti della proposizione e trattazione separata dei medesimi. In questo senso, il meccanismo di preclusione dopo il passaggio in cosa giudicata della sentenza che chiude uno dei giudizi e il rimedio impugnatorio per la sentenza contraria ad un precedente giudicato rispondono all esigenza di evitare la duplicazione di attività istruttoria e decisoria, il rischio di giudicati contrastanti e la dispersione dinanzi a giudici diversi della conoscenza di una medesima vicenda sostanziale. Rispetto alle questioni relative ai crediti distinti, pur riferibili al medesimo rapporto di durata, e inscrivibili nel medesimo ambito di altro processo precedentemente instaurato, così da potersi ritenere già in esso deducibili o rilevabili - nonché, in ogni caso, le pretese creditorie fondate sul medesimo fatto costitutivo -, possono ritenersi proponibili separatamente, ma solo se l attore abbia un oggettivo interesse al frazionamento. Secondo i giudici della Cassazione, l interesse di cui all art. 100 c.p.c. investe non solo la domanda ma anche, ove rilevante, la scelta delle relative modalità di proposizione. In quest ottica, si riconosce al creditore procedente la possibilità di provare ed argomentare circa il proprio interesse in caso di contestazioni da parte del convenuto e, laddove manchi tale contestazione, si sancisce il dovere del giudice - che rilevi ex actis la necessità di un interesse oggettivamente valutabile al frazionamento e ne metta in dubbio l esistenza - di indicare la questione ex art. 183 c.p. e, se del caso, di riservare la decisione assegnando alle parti termine per memorie ex art. 101 c.p.c. Nel caso di specie, i giudici precisano poi le diversità tra gli istituti del TFR (oggetto della domanda di rideterminazione tenendo conto di alcune voci retributive percepite in via continuativa precedentemente proposta) e del premio fedeltà (oggetto della domanda successiva di ricalcolo con inclusione dello straordinario prestato a titolo continuativo). Si osserva infatti che la differenza riguarda oltre che la fonte della pretesa creditoria (legale in un caso e pattizia nell altro), anche i presupposti e le finalità degli istituti. A parere della Corte, appare diverso sia l ambito oggettivo del giudicato ipotizzabile che il fatto costitutivo sicché non appare necessaria, nel giudizio in questione, la verifica della sussistenza di un interesse oggettivamente valutabile alla separata proposizione delle domande.