GIUDIZIO DAVANTI AL GdP: NON NECESSARIO ESPERIRE PRIMA LA CONCILIAZIONE" GdP Napoli 23/3/2012 commento e testo Maria TALARICO



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GIUDIZIO DAVANTI AL GdP: NON NECESSARIO ESPERIRE PRIMA LA CONCILIAZIONE" GdP Napoli 23/3/2012 commento e testo Maria TALARICO P&D.IT L Ufficio del Giudice di Pace di Napoli ha emesso una sentenza che costituisce un precedente giurisprudenziale nell attuale scenario normativo che impone la procedura della media conciliazione come condizione di procedibilità dell azione giudiziaria in molte fattispecie giuridiche. In ordine all eccezione preliminare di improcedibilità dell azione per mancato esperimento della mediaconciliazione, formulata da una compagnia assicuratrice convenuta in un procedimento per richiesta di revoca di cambio di assegnazione della classe di merito della rc auto e connessa richiesta di risarcimento danni, il Giudice di Pace di Napoli ha argomentato in ordine al rigetto della suddetta eccezione preliminare. In particolare, pur riconoscendo che la materia per cui è causa rientra tra quelle soggette alla mediaconciliazione, il giudice adito ha osservato che la norma introdotta dal d.lgs. 28/10, sebbene di nuova introduzione, dev essere applicata ed interpretata nell ordinamento giuridico già esistente e non considerata avulsa dal medesimo. Pertanto, tale norma va confrontata con le disposizioni di cui agli artt. 320 e 322 c.p.c. che disciplinano, rispettivamente, la conciliazione in sede contenziosa e quella in sede non contenziosa nel procedimento innanzi al giudice di pace. È noto, infatti, che il GdP alla prima udienza tenta la conciliazione che, se riesce, trasfusa nel processo verbale a norma dell art. 185 c.p.c., costituisce titolo esecutivo. L ordinamento riconosce, altresì, alla giurisdizione del Giudice di Pace una competenza particolare che non è attribuita al Tribunale, ovvero quella disposta dall art. 322 c.p.c. che disciplina la conciliazione in sede non contenziosa, per cui è possibile adire il GdP anche prima dell instaurazione della controversia giudiziaria e, ai sensi del secondo comma del medesimo art. 322, il processo verbale di conciliazione in sede non contenziosa costituisce titolo esecutivo a norma dell art. 185 ult. Comma, se la controversia rientra nella competenza del giudice di pace. D altra parte, il GdP di Napoli ricorda che, vigendo l art. 311 c.p.c., per cui il procedimento davanti al giudice di pace, per tutto ciò che non è regolato nel presente titolo (Tit. II n.d.r.) o in altre espresse disposizioni, è retto dalle norme relative al procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica, in quanto applicabili, il rito che regola il procedimento innanzi al GdP è quello disciplinato dal titolo II del Libro II del c.p.c. ed altre disposizioni possono legiferare in merito al rito solo se prevedono espressamente un diverso regolamento del medesimo. Tale disposizione, pertanto, ha carattere di specialità rispetto al procedimento innanzi al tribunale per cui, con riferimento ai rapporti con il d.lgs. 28/10, va analizzato come si inserisce la norma sulla media

conciliazione nell ordinamento vigente. Secondo l adito GdP, in considerazione del menzionato carattere di specialità, vale il brocardo lex posterior generalis non derogat priori speciali, per cui il d.lgs. 28/10, pur essendo norma di nuova introduzione (lex posterior) ha carattere generale e non contiene alcun riferimento al giudice di pace, né abroga espressamente gli artt. 320 e 322 c.p.c., pertanto non può derogare alle disposizioni speciali ed esse continuano ad essere applicate nel rito procedimentale dinanzi al giudice di pace. D altra parte, arguisce il GdP, l intento deflattivo voluto dal legislatore del 2010 già informa il giudizio dinanzi al giudice di pace, poiché le norme prevedono la conciliazione sia in sede contenziosa che in sede non contenziosa e si comprende bene che la normativa sulla media conciliazione non potrebbe abrogare delle disposizioni che, di per sé, sposano l intento deflattivo e conciliativo del legislatore. Infine, non va dimenticato che, nelle materie in cui è applicabile la mediazione, anche quando la stessa non risulti esperita, il giudice assegna alle parti, ex art. 5 d.lgs. 28/10, un termine di quindici giorni per la proposizione dell istanza conciliativa e fissa l udienza dopo la scadenza del termine di cui al successivo art. 6, per cui l eccezione di improcedibilità della domanda non può trovare, in ogni caso, accoglimento. REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Giudice di Pace di Napoli Avv. Felice Alberto D'Onofrio, II Sezione, ha pronunziato la seguente SENTENZA nel procedimento incardinato con R.G.. N.../11,riservato all udienza del giorno 12/03/12 TRA K... srl, in persona l.r., el.te dom.ta in Napoli, al... presso lo studio dell'avv. A..., difensore in virtù di mandato a margine dell'atto di citazione Attrice E X...Assicurazione Pubblic Limited Company rappresentanza generale per l'italia, in persona del l.r.p.t., el.te dom.ta in Napoli, alla via..., presso lo studio dell' Avv. c..., difensore in virtù di mandato in calce alla copia notificata dell'atto di citazione Convenuta

Oggetto: risarcimento danni Conclusioni: come da verbali ed atti di causa SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con atto di citazione, ritualmente notificato, l'istante, il quale aveva stipulato con la convenuta polizza n... relativa alla copertura rea del veicolo tg. C*). lamentava l'ingiustificato passaggio dalla 3 alla 4 classe disposto dalla convenuta in virtù di un sinistro che sarebbe avvenuto nel 2010. Tanto essenzialmente premesso chiedeva la condanna della XXXX al ripristino della classe di merito ed alla ripetizione delle somme ingiustificatamente versate nonchè al risarcimento danni. Radicatosi il contraddittorio, si costituiva la convenuta che impugnava la domanda chiedendone il rigetto preliminarmente eccependo improcedibilità della domanda per mancato esperimento della media conciliazione nonché incompetenza per valore, indi disposto decidersi le eccezioni preliminari unitamente al merito della controversia ex art. 187 C.p.C 321 c.p.c., precisate le conclusioni di cui in epigrafe, all'udienza del 12/03/12, la causa veniva riservata a sentenza. MOTIVI DELLA DECISIONE Va preliminarmente esaminata la questione della applicabilità al presente giudizio della media conciliazione. lnvero, non vi è dubbio che la materia trattata rientri in quelle previste dall'art 5 comma I del d.lgs. 28/10 tuttavia, va osservato che una nuova norma non può essere considerata avulsa dal contesto preesistente ma va applicata ed interpretata all'interno dell'ordinamento giuridico nel quale si inserisce. Nel caso specifico va affrontato il rapporto tra il predetto d.lgs., il giudizio dinanzi al giudice di pace e l'art. 322 c.p.c.. Ebbene per risolvere eventuali antinomie l'ordinamento giuridico deve avere una propria coerenza sistemica con la conseguenza che il giudice secondo criteri logici o positivamente presenti, deve stabilire quale sia la norma da eliminare o da applicare al caso concreto. Come è noto i criteri di risoluzione delle antinomie, sono quattro quello cronologico (lex posterior derogat priori), quello della specialità (lex specialis derogat generali), quello gerarchico (lex superior derogat interiori), ed, infine quello della competenza. In particolare secondo il criterio di specialità va considerato il brocardo "lex posterior generalis non derogat priori speciali". Detto criterio, anche questo avente natura logico teoretica, limita l'applicazione di quello

cronologico, poichè nel caso della norma speciale il rapporto contenutistico prevale sulla dimensione temporale. In questo quadro va contestualizzato l'art 311 c.p.c. il quale prevede espressamente che "il procedimento dinanzi al giudice di pace per tutto ciò che non è regolato nel presente titolo o in altre espresse disposizioni, è retto dalle norme relative al procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica in quanto applicabili". Ebbene, la predetta disposizione, come già puntualmente evidenziato dalla Suprema Corte con ord. n. 21416/08, non soltanto si pone in rapporto di specialità rispetto al procedimento dinanzi al Tribunale, ma si configura come "metanorma" in quanto indica il modo di legiferare in ordine al rito processuale applicabile dinanzi al giudice cui si riferisce. In particolare, la norma dispone in via diretta che il procedimento dinanzi al giudice di pace è regolato dalle norme del titolo secondo del libro secondo e, per ciò che esse non regolano, da quelle sul procedimento dinanzi al tribunale in composizione monocratica (di cui al capo terzo del titolo primo di detto libro), ed esige che un diverso regolamento risulti da altre espresse disposizioni. Ne discende che una norma sul rito può essere applicata al Giudice di Pace solo se essa lo disponga espressamente altrimenti continuano ad applicarsi le disposizioni di cui al predetto titolo II. Va, altresì, osservato che il procedimento dinanzi al Giudice di Pace già prevede sia la conciliazione in sede contenziosa in virtù dell'art. 320 comma I che e in sede non contenziosa (non prevista invece dinanzi al Tribunale) ai sensi dell'art. 322 C.p.c. e tale istituto preesistente al d.lgs. 28/2010, de quo vertitur, essendo stato introdotto sin dall'istituzione del giudice di Pace (L. 374/91). Il predetto art. 322 C.p.c. detta al primo comma le modalità di presentazione della istanza, la quale può essere proposta anche verbalmente al giudice di Pace competente per territorio secondo le disposizioni della sezione III, capo I, titolo, I libro I mentre al comma 2 precisa che il processo verbale di conciliazione non contenziosa costituisce titolo esecutivo, a norma dell'art. 185, ultimo comma, se la controversia rientra nella competenza del giudice di Pace. Dunque il d.lgs. 28/10 non contiene alcun richiamo al giudice di Pace nè dispone espressamente l'abrogazione degli art. 320 e art. 322 c.p.c. ne deriva che in conformità a quanto

affermato dalla Suprema Corte, nel procedimento dinanzi al giudice di Pace vanno applicate le disposizioni di cui al libro II, titolo II, dall'art. 311 al 322 C.p.c.. Una diversa interpretazione non solo sarebbe in contrasto con il delineato quadro sistemico ma si rivelerebbe manifestamente illogica. Ed invero l'intento deflattivo che si è proposto il legislatore è stato assecondato proprio dall'istituto del giudice di pace che è nato (nomen omen) con lo scopo di favorire la conciliazione delle controversie che può avvenire nella fase giudiziale ex art. 320 C.p.c. ovvero in quella stragiudiziale azionabile ex art. 322 c.p.c. e pertanto sarebbe paradossale escludere dal processo conciliativo un istituto che è nato precipuamente per lo svolgimento di tale finalità. Sotto altro profilo va, in ogni caso, rilevato che il mancato esperimento o conclusione della mediazione, laddove applicabile, non comporta l'improcedibilità della domanda ma ai sensi dell'art 5 d.lgs. 28/10 l'assegnazione da parte del Giudice di 15 giorni per la proposizione della istanza con la fissazione di una successiva udienza dopo la scadenza del termine previsto dall' art 6 del citato d.lgs. Va, altresì, rigettata l'eccezione di incompetenza per valore tenuto conto che, anche senza la formulazione della clausola di contenimento, il cumulo delle domande non supera la somma prevista dall'art 7 comma 1 c.p.c.. La legittimazione delle parti, intesa come titolarità del rapporto controverso, a differenza della Iegitimatio ad causam, si configura come una questione che attiene al merito della lite e rientra nel potere dispositivo e nell'onere deduttivo e probatorio della parte interessata (ex multis Cass. n. 21192/06, Cass. n. 4796/06, trib. Napoli XI del 28/02/06). Nel caso di specie, non solo non è stata contestata e quindi non può essere rilevata di ufficio, ma è stata documentata dall'attestato di rischio versato in atti. Nel merito la domanda è fondata e va accolta.invero l'art 5 comma 2 D.L. n.7 del 31/01/01 (cd. decreto Bersani Bis) convertito in legge n. 40 del 02/04/07, aggiungendo all'art. 134 i commi 4 ter e quater ha espressamente previsto al predetto comma 4 ter: "Conseguentemente al verificarsi di un sinistro, le imprese di assicurazione non possono applicare alcuna variazione di classe di merito prima di aver accertato l'effettiva responsabilità del contraente, che è individuata nel

responsabile principale del sinistro, secondo la liquidazione effettuata in relazione al danno e fatto salvo un diverso accertamento in sede giudiziale. Ove non sia possibile accertare la responsabilità principale, (ovvero, in via provvisoria, salvo conguaglio, in caso di liquidazione parziale.) la responsabilità si computa pro quota in relazione al numero dei conducenti coinvolti, ai fini della eventuale variazione di classe a seguito di più sinistri" ed al successivo comma 4 quater : "È fatto comunque obbligo alle imprese di assicurazione di comunicare tempestivamente al contraente le variazioni peggiorative apportate alla classe di merito.» Nel caso di specie a fronte di quanto lamentato dall'attore il quale ha documentato il declassamento versando in atti l'attestato di rischio, l'onere della prova incombeva sulla impresa assicurativa. Di contro l'assicuratore non ha documentato di aver interpellato l'istante, posto che per esplicita statuizione normativa sull' assicuratore ricade l'onere, prima di liquidare il danno, di accertare la responsabilità dell'incidente nè di avergli comunicato, in violazione dell'art. 1917 C.C., la volontà di voler pagare al danneggiato l'indennità dovuta; infine, in violazione a quanto previsto dal citato art. 4 ter non ha dato prova di aver tempestivamente avvisato l'assicurato della variazione della classe di merito. Va, pertanto, dichiarata l'illegittimità del declassamento con la condanna della impresa assicurativa ad assegnare all'attrice la 2 classe. Per quanto concerne la ripetizione delle somme indebitamente percepite va osservato che l'istante non ha versato in atti le relative polizze e quindi non è possibile quantificare l'importo indebitamente pagato. In ogni caso, ritenuta l'esistenza ontologica del danno, stante la difficoltà di provarlo nel suo preciso ammontare, si procede alla liquidazione in via equitativa ai sensi degli artt. 1226 e 2056 cod. civ., espressione del più generale potere di cui all'art. 115 cod. proc. Civ. Ed invero è pacifico in giurisprudenza che l'esercizio del potere discrezionale di liquidare il danno in via equitativa, conferito al giudice dagli art, 1226 e 2056 cod. civ., presuppone che sia provata l'esistenza di danni risarcibili e che risulti obiettivamente impossibile o particolarmente difficile, per la parte interessata, provare il danno nel suo preciso ammontare (ex plurimis Cass. 22447/11, 10607/10) e pertanto la convenuta va condannata al pagamento di euro 300,00

oltre interessi dalla domanda. Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo. P.Q.M. pronunciando definitivamente sulla causa promossa come in narrativa, disattesa ogni contraria istanza ed eccezione, cosi provvede: accoglie la domanda principale e condanna l'impresa assicurativa convenuta ad assegnare alla società istante la 2 classe di merito nonché la condanna al pagamento in favore della predetta attrice della somma di euro 300,00, oltre interessi; condanna, infine, la convenuta al pagamento in favore dell'avv A., distrattario, delle spese di lite che liquida, di ufficio in assenza di nota spese, in euro 40,00 per spese, euro 300,00 per diritti ed euro 190,00 per onorario di avvocato, oltre rimborso spese forfettarie, cpa, iva. Napoli, li 23/03/12 Il Giudice di Pace Avv. Felice A. D'Onofrio