QUADERNI DI CHIRURGIA VASCOLARE



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QUADERNI DI CHIRURGIA VASCOLARE 03 Collana della Scuola di Specializzazione in Chirurgia Vascolare dell Università degli Studi di L Aquila diretta da Carlo Spartera

Carla Petrassi / Mario Manno Mario Masturzo / Ludovico Perilli Patologia venosa

Copyright MMVII ARACNE EDITRICE S.r.l. www.aracneeditrice.it info@aracneeditrice.it 00173 Roma via Raffaele Garofalo, 133 A/B (06) 93781065 ISBN 978 88 548 1057 0 I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento anche parziale, con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi. I edizione: marzo 2007

Indice Prefazione................................................. 7 Capitolo 1 La malattia venosa........................................ 9 Capitolo 2 Emodinamica del sistema venoso............................ 19 Capitolo 3 Patologia cronica del circolo superficiale...................... 25 Capitolo 4 Trombosi venosa profonda................................. 55 Capitolo 5 Embolia polmonare....................................... 101 Capitolo 6 Patologie dell arto superiore................................ 111 Letture consigliate.......................................... 117 5

Prefazione Nell ambito della patologia vascolare la flebologia è sempre stato ritenuto un settore di minore importanza sia dal punto di vista diagnostico che terapeutico e quindi le manifestazioni cliniche sono state sempre affrontate in maniera empirica. È ormai accettato da tutti che quanto avvenuto in passato sia stato un grosso errore di valutazione per diversi motivi. Innanzi tutto per l entità numerica di tale patologia che colpisce una popolazione molto vasta e spesso in età lavorativa, con indubbia ricaduta socioeconomica. Un altro motivo che, negli ultimi decenni, ha fatto rivalutare il settore flebologico è stato l avvento di una diagnostica non invasiva di alto livello tecnologico che ha permesso di studiare i risvolti fisiopatologici e porre indicazioni terapeutiche più mirate senza necessità di ricorrere a metodiche invasive come la flebografia. In particolare l ecocolordoppler nella patologia varicosa e l Angio-RM venosa nella patologia trombo-embolica hanno permesso una diagnostica ed un indicazione terapeutica sempre più personalizzate, con indubbio miglioramento dei risultati immediati ed a distanza. Ultimo motivo per l inversione di tendenza nell approcciarsi del chirurgo vascolare al settore flebologico è stato l avvento delle tecniche di chirurgia endovascolare, sia nella patologia varicosa che in quella trombotica. Tutto questo ha fatto sì che oggi la flebologia non sia più la Cenerentola nel settore dell Angiologia e della Chirurgia Vascolare ma, a pieno diritto, rivesta un ruolo paritario nei riguardi della più impegnativa patologia arteriosa. Questa monografia affronta in modo esauriente le tematiche fondamentali della patologia venosa, dall anatomia alle moderne tecniche terapeutiche endovascolari. Carlo Spartera 7

8

1. La malattia venosa La prima pubblicazione sulle vene risale al 1550 a.c.; si tratta del papiro di Ebers sul quale venivano raffigurate delle tortuosità serpiginose considerate allora delle entità nosografiche ad altissimo rischio emorragico e che, pertanto, non andavano incise. La prima illustrazione di una vena varicosa risale al IV secolo a.c. in una tavola votiva ritrovata ai piedi dell Acropoli di Atene. Essa ritraeva la faccia mediale di una gamba con una lunga tumefazione serpiginosa. L inizio della chirurgia delle vene varicose si deve far risalire a Galeno (130-200 d.c.). La prima descrizione delle valvole risale al 1547 con la descrizione di pieghe valvolari nella vena azygos. Nel 1793 si descrive per la prima volta l ostruzione della vena cava inferiore e si afferma che una riduzione del flusso porta alla trombosi. Nel 1859 si riscontra il legame tra trombosi venosa profonda ed embolia polmonare. Nel 1891 Trendelemburg descrive la legatura della vena grande safena al terzo superiore di coscia. Nei primi 40 anni del secolo scorso la flebologia è stata quasi dimenticata, ma da circa 40 anni, questo campo è tornato a suscitare l interesse che merita grazie anche al progredire dei mezzi diagnostici a disposizione che hanno consentito una diagnosi più accurata e maggiormente indirizzata alla scelta del miglior trattamento, sia medico che chirurgico. La patologia venosa è in continuo aumento a causa dei repentini cambiamenti di stile di vita che si sono verificati dal dopoguerra ai nostri giorni. La sedentarietà e l obesità incidono molto sulla malattia venosa, così come l aumento delle malattie neoplastiche si associa ad una maggiore incidenza di trombosi secondarie del circolo venoso profondo. D altra parte anche la maggiore capacità di porre diagnosi rende più frequente il riconoscimento della malattia; infatti i notevoli miglioramenti nell imaging diagnostico, che si basano sul migliore uso dell eco-color-doppler e sui progressi delle tecniche TC e RM, rendono la diagnosi rapida e precisa. La naturale conseguenza è un netto miglioramento della terapia, grazie all introduzione di strategie vincenti sia in campo medico che chirurgico. Ad esempio, l introduzione delle eparine a basso peso molecolare rende la terapia più agevole che in passato, sia per il paziente che per il medico. Il progresso nel campo della chirurgia del circolo venoso superficiale sembra, tuttavia, avere avuto la maggiore eco. L introduzione di metodiche endovascolari ha permesso di raggiungere ottimi risultati estetici senza alterare l efficacia terapeutica. Sono stati ridotti i tempi di degenza e, di conseguenza, anche i costi. 9

10 Capitolo 1 Anatomia del circolo venoso Le vene rappresentano quella parte del sistema circolatorio che trasporta il sangue dalla periferia verso il cuore. Le vene sono assai diverse dalle arterie sia per numero che per struttura. Il letto vascolare venoso è molto esteso; le vene, infatti, coprono una superficie circa doppia rispetto alle arterie. Inoltre, la superficie del circolo venoso periferico è nettamente più ampia rispetto a quella del circolo venoso delle parti centrali del corpo. Questa particolare disposizione favorisce la spinta idraulica verso il cuore. La parete venosa è sottile e collassabile e soltanto le vene di grosso e medio calibro posseggono una classica struttura a tre tuniche rappresentate da una tunica intima, una media ed un avventizia (Fig. 1). Le piccole vene, invece, che nascono immediatamente dopo i capillari arteriosi, al di fuori dello strato endoteliale, hanno soltanto un sottile involucro di fibre connettivali ed e- lastiche. Tra l intima e la media delle vene di grosso e medio calibro sono disposte le fibre elastiche e muscolari, queste ultime molto meno rappresentate che nelle arterie. Ci sono, inoltre, differenze tra le varie parti del corpo per quanto riguarda la composizione delle tre tuniche; a livello degli arti infe- Figura 1: Struttura della parete delle vene di medio e grosso calibro

La malattia venosa 11 riori la tunica media ha lo spessore maggiore, mentre è meno rappresentata a livello degli arti superiori, è estremamente ridotta nella vena porta e, infine, è assente nella vena cava superiore, nella succlavia e nelle vene della testa. L avventizia è, invece, sempre molto ben rappresentata e contiene anche vasa vasorum e reti nervose, soprattutto a livello delle vene di calibro più grosso. La principale caratteristica delle vene è sicuramente rappresentata dalle valvole. Queste strutture a forma di semiluna nascono dall intima venosa e poggiano su di uno strato di connettivo costituito da fibre elastiche e da rare fibre muscolari (Fig. 2); esse hanno il compito fondamentale di assicurare la direzione del flusso venoso dalla periferia verso il cuore. Per la loro posizione topografica distinguiamo, a livello degli arti, vene superficiali, vene profonde, vene comunicanti e vene perforanti. Le prime hanno un decorso sottocutaneo, mentre quelle profonde hanno un decorso sottofasciale. I due sistemi sono in comunicazione tra loro attraverso un sistema di vene che perforano la fascia muscolare e vengono pertanto dette vene perforanti. Il nome di vene comunicanti viene dato a quei vasi che mettono in comunicazione due vene che appartengono entrambe al sistema superficiale o a quello profondo. A livello dell arto inferiore (Fig. 3) il sistema venoso profondo è costituito, a Figura 2: Anatomia di una valvola venosa

12 Capitolo 1 partire dalla periferia, da due vene tibiali anteriori, da due tibiali posteriori e da due vene peroniere; queste vene si uniscono prossimalmente a formare la vena poplitea. Al di sopra del ginocchio la vena poplitea si continua con la vena femorale superficiale che, insieme alla vena femorale profonda, si u- nisce a formare la vena femorale comune a livello inguinale. Mentre nella gamba le due vene decorrono ai lati dell arteria omonima, la vena poplitea ha, al cavo popliteo, un decorso più profondo rispetto all arteria poplitea e più superficiale rispetto al nervo. I loro rapporti vengono in genere schematizzati con la sigla NE.V.A. (rispettivamente nervo, vena, arteria secondo un piano d osservazione postero-anteriore). A livello dell inguine, nella lacuna vasorum, è il nervo femorale che ha una posizione più laterale, mentre, pro- Figura 3: Anatomia del sistema venoso degli arti inferiori

La malattia venosa 13 cedendo verso la parte mediale, incontriamo l arteria e quindi la vena femorale (N.A.VE.). A livello degli arti inferiori il circolo superficiale è dominato dalla vena grande safena; questa nasce dall arcata plantare superficiale e passa anteriormente al malleolo mediale per risalire verso l alto, con un decorso posteriore rispetto alla parte mediale del piatto tibiale, e sboccare a livello inguinale nella vena femorale comune attraverso una struttura unica nel sistema vascolare rappresentata dalla crosse safeno-femorale (Fig. 4). Nella crosse safeno-femorale sboccano altri rami venosi che vanno sotto il nome di collaterali della crosse e che sono rappresentati dalla vena epigastrica superficiale, dalla vena pudenda esterna, dalla vena circonflessa iliaca superficiale e dal ramo antero-laterale. Figura 4: A sinistra: decorso della vena grande safena dall origine fino alla crosse safeno-femorale; a destra: decorso della vena piccola safena che diventa sottofasciale a livello del terzo medio di gamba

14 Capitolo 1 La vena grande safena si può presentare, in alcuni casi, doppia; i due tronchi venosi possono sboccare separatamente nella crosse oppure uno può confluire nell altro a diversi livelli del decorso. Al sistema venoso superficiale appartiene anche la vena piccola safena che decorre sulla faccia posteriore del polpaccio in regione mediana. Essa nasce dalla vena marginale laterale del piede e, dopo un decorso retromalleolare laterale, sale verticalmente verso il poplite dove sbocca nella vena poplitea a livello della crosse safeno-poplitea (Fig. 4). Qui confluiscono anche le vene gemellari costituite da un gruppo di 1-4 vene che si riuniscono in un tronco venoso extramuscolare che può confluire direttamente nella vena poplitea o contemporaneamente nella vena poplitea e nella vena piccola safena con una terminazione a lambda. La principale vena comunicante è la vena di Giacomini che decorre tra le vene piccola e grande safena con un percorso nella parte postero-mediale della coscia. A livello di gamba, la comunicazione intersafenica è garantita dal reticolo venoso del polpaccio e da vene comunicanti dirette. A livello degli arti esiste un sistema venoso di grande importanza che va sotto il nome di sistema delle perforanti e che è rappresentato da vene che, perforando la fascia muscolare, mettono in comunicazione il sistema venoso superficiale con quello profondo. Di particolare interesse chirurgico sono un gruppo di 6-8 perforanti mediali di polpaccio rappresentate dalle: - vene di Boyd, un gruppo di 3-6 vasi che collegano le vene tibiali posteriori con una collaterale della vena grande safena o con una safena accessoria; - vene perforanti gemellari che mettono in comunicazione le vene gemellari interne con una collaterale della vena grande safena, con una safena accessoria o con il reticolo venoso del polpaccio; - vene di Cockett che mettono in comunicazione le vene tibiali posteriori con la vena di Leonardo o con vasi comunicanti o collaterali della vena grande safena. Le vene della gamba sono densamente valvolate; le valvole sono orientate in modo che il sangue progredisca in modo centripeto e non viceversa. La vena poplitea ha, di solito, 2-3 valvole nella regione dell articolazione del ginocchio. Nella vena femorale superficiale, nel 90% degli arti, una valvola è presente appena distalmente alla sua unione con la vena femorale profonda ed un altra valvola è localizzata all ingresso del canale di Hunter. Le valvole nelle altre vene profonde della gamba sono incostanti per numero e posizione e variano non solo da persona a persona, ma anche tra gamba destra e sinistra di uno stesso soggetto. Sia nella grande che nella piccola safena vi sono 8-10 valvole. Una valvola è invariabilmente presente all estremità prossimale della grande safena ed è ritenuta di notevole importanza nel prevenire il reflusso del vaso. Le vene perforanti

La malattia venosa 15 della gamba hanno valvole orientate in modo da dirigere il flusso del sangue dalle vene superficiali a quelle profonde; queste valvole si trovano sia superficialmente che profondamente rispetto alla fascia muscolare profonda. A livello soprainguinale la vena femorale comune si continua nella vena i- liaca esterna che confluisce, insieme alla vena iliaca interna, a formare la vena iliaca comune a livello della parte superiore dell articolazione sacro-iliaca. La vena iliaca interna drena il sangue venoso degli organi pelvici, compresi i genitali. La vena iliaca interna riceve numerosi collaterali che permettono l instaurarsi di validi circoli di compenso in caso di ostruzione della via venosa principale. In particolare, è opportuno ricordare il plesso emorroidario che permette la creazione di circoli collaterali con la vena mesenterica inferiore e, quindi, con la vena cava. Esiste anche una vena ileo-lombare che, attraverso anastomosi con la vene lombari, entra in comunicazione con il sistema delle vene azygos e, quindi, con la vena cava superiore. L iliaca comune di destra decorre prima dietro l arteria omonima per poi portarsi lateralmente. La vena iliaca comune di sinistra contrae rapporti con l arteria iliaca comune omolaterale, rispetto alla quale si trova medialmente, e passa, in prossimità del carrefour aortico, al di sotto dell arteria iliaca di destra. Di grande importanza chirurgica sono i rapporti della vena iliaca sinistra con i rami del plesso nervoso simpatico che innerva gli organi genitali e con l uretere di sinistra. La vena cava inferiore si forma sul lato destro della quarta vertebra lombare dall unione delle due vene iliache comuni. In questo tronco venoso confluìscono tutte le vene della parte sottodiaframmatica del corpo; il territorio di sua competenza corrisponde a quello di distribuzione dell aorta addominale. È la vena più grossa del corpo umano, vaso impari, decorre verticalmente a Dx della colonna vertebrale e termina nell atrio destro. Ha una lunghezza media di 22 cm, di cui 18 cm per la porzione addominale, ed un calibro di circa 30 mm. Nella porzione addominale ha rapporto posteriormente con il lato destro dei corpi vertebrali, medialmente con l aorta addominale, lateralmente con il margine mediale del muscolo psoas e, più in alto, con il margine mediale del rene Dx; anteriormente ricoperta dal peritoneo, corrisponde dapprima alla radice del mesentere; risale quindi dietro al duodeno, alla testa del pancreas ed al fegato. Nella breve porzione toracica ha rapporti con la base del polmone Dx e con il legamento freno-pericardico Dx; penetra nel sacco pericardico e termina sboccando nell atrio Dx. I rami affluenti della vena cava inferiore si distinguono in: parietali (vene lombari e freniche inferiori) e viscerali (vene renali, surrenale Dx, genitale Dx ed epatiche). Il sangue refluo da tutti gli organi della parte sotto-diaframmatica dell apparato digerente e dalla milza, raccolto in modo pressoché totale dalle vene mesenterica superiore, mesenterica inferiore e lienale, confluisce in un unico importante tron-

16 Capitolo 1 co, la vena porta che raggiunge l ilo del fegato e si ramifica all interno dell organo. Solo dopo aver attraversato le reti sinusoidali epatiche il sangue raggiunge, mediante le vene epatiche, la vena cava inferiore. Il circolo superficiale dell addome è rappresentato da una serie di vene tra cui la vena epigastrica superficiale, la circonflessa iliaca superficiale e la toracoepigastrica. Questi circoli superficiali sono in comunicazione con il circolo profondo. Normalmente non sono evidenti ma, in caso di ostruzione del circolo venoso profondo, possono diventare notevolmente ipertrofici. Ad esempio, la presenza di circoli lungo la pareti laterali dell addome indica una comunicazione collaterale tra il circolo cavale superiore ed inferiore, mentre la presenza di circoli a livello periombelicale è indice di stasi del sistema portale che si scarica attraverso il sistema delle vene ipogastriche. A livello sopra-diaframmatico il sangue venoso viene drenato nella vena cava superiore. Essa si forma dalla confluenza dei due tronchi brachio-cefalici che raccolgono il sangue degli arti superiori, del collo e del capo oltre che della parte sopra-diaframmatica del torace. La vena cava superiore non possiede valvole e la sua parete non ha tunica muscolare. Se ne distingue una porzione intra-pericardica ed una extra-pericardica. La vena cava superiore si trova a destra dell aorta e contrae rapporti con il nervo frenico lateralmente, con la pleura in avanti, mentre poggia con la sua faccia posteriore contro il bronco di destra con l interposizione del nervo vago. I principali rami confluenti nella cava superiore sono la vena azygos e le due vene emiazygos. Esse raccolgono il sangue delle regioni lombari del corpo risalendo verso il torace e drenando a loro volta il sangue da numerose vene intercostali. La vena azygos, o grande azygos, sbocca nella cava superiore a livello della III-IV vertebra toracica dopo aver formato un arco a livello del bronco principale di destra. Le due emiazygos si distinguono in superiore ed inferiore. La emiazygos superiore drena il sangue delle prime cinque coste e, scendendo verso il basso, si congiunge con quella inferiore, oppure piegando verso destra drena nell azygos di destra. La emiazygos inferiore si forma direttamente dalla vena lombare ascendente di sinistra e passa attraverso il diaframma per poi confluire, attraverso un passaggio retroaortico, a livello della VIII-IX vertebra toracica nell azygos. A livello dell arto superiore il circolo venoso profondo è costituito da vene che decorrono ai lati delle arterie omonime. Dall arcata venosa palmare si formano le due vene radiali e le due vene ulnari che confluiscono, a livello del gomito, nelle due vene omerali o brachiali che poi formano la vena a- scellare, unica, che confluisce nella vena succlavia. Quest ultima confluisce con la vena giugulare interna a formare il tronco brachio-cefalico omolaterale. Il circolo venoso superficiale dell arto superiore prende origine dall abbondante rete venosa della mano ed è rappresentato dalle vene cefalica, late-

La malattia venosa 17 ralmente, e basilica, medialmente, che si congiungono a livello della piega del gomito con la vena mediana dell avambraccio. La vena basilica dopo un decorso sulla faccia mediale dell avambraccio e del braccio si approfonda al di sotto della fascia muscolare per terminare nella vena omerale. La vena cefalica, invece, corre sulla faccia laterale dell avambraccio e del braccio per passare sotto la fascia a livello del solco deltoideo-pettorale e terminare nella vena ascellare (Fig. 5). Figura 5: Sistema venoso dell arto superiore

18 Capitolo 1

2. Emodinamica del sistema venoso Le vene rappresentano il più voluminoso sistema vascolare del corpo. Esse svolgono l importante funzione di riportare il sangue al cuore e di regolare la capacità del letto vascolare. L aspetto fasico delle flusso ematico venoso è influenzato dalla presenza delle valvole, dalla natura collassabile della parete venosa, dalle basse pressioni intravascolari. Le notevoli acquisizioni fisiopatologiche, ottenute anche con l ausilio degli ultrasuoni, hanno permesso di approfondire lo studio della fisiologia venosa; la comprensione delle basi dell emodinamica venosa è una premessa imprescindibile per affrontarne gli aspetti patologici. Relazione pressione-flusso Se consideriamo un punto qualsiasi di un vaso, la pressione al suo interno dipende da tre componenti fondamentali: la pressione dinamica, la pressione di riempimento statico e la pressione idrostatica. La pressione dinamica è quella determinata dalla contrazione del cuore. La pressione di riempimento statico dipende, sostanzialmente, dalle caratteristiche strutturali della parete venosa ed in particolare dalla sua elasticità. Essa è la pressione che si registrerebbe se escludessimo l azione cardiaca e se la pressione idrostatica fosse pari a 0. Nel sistema venoso il contributo dato da questa componente alla pressione intravascolare è esiguo (circa 6 mmhg) e, in genere, viene trascurato. Ben più importante è, invece, il contributo offerto dalla pressione idrostatica. Essa è fortemente influenzata dalla forza di gravità e, nel sistema venoso, partecipa alla pressione intravascolare in maniera ancor più importante della pressione dinamica; nel sistema arterioso, invece, è la pressione dinamica ad influenzare in maniera predominante la pressione intravascolare. Considerando un soggetto in ortostatismo, la pressione idrostatica aumenta se ci spostiamo nelle regioni più basse del corpo e diminuisce andando dal cuore verso la testa secondo la relazione P = -ρg h, dove ρ è la densità del fluido, g è la forza di gravità e h è la distanza di un punto del corpo dall atrio di destra. Ne deriva che per un uomo in ortostatismo essendo g e ρ costanti sulla superficie terrestre, la pressione venosa alla caviglia aumenta in maniera direttamente proporzionale alla distanza h dall atrio di destra (circa 125 cm) e risulta pari a circa 117 cmh 2 O. Se, invece, andassimo a misurare la pressione a livello dell arto superiore alzato sopra la testa troveremmo una pressione pari a zero. In realtà in base a quanto detto prima ci dovremmo aspettare una pressione negativa, poiché la pressione idrostatica diminuisce di 19

20 Capitolo 2 circa 50 cmh 2 O. Tuttavia le vene collassano, si chiudono e così la pressione non può scendere al di sotto di quella atmosferica. Il piano in cui le pressioni restano invariate, indipendentemente dalla posizione assunta, prende il nome di piano di indifferenza idrostatica e, nel soggetto in posizione eretta, questo piano si trova 4-5 cm al di sotto del diaframma. Pertanto tutte le regioni al di sopra di questo piano hanno una pressione minore in ortostatismo che in clinostatismo, viceversa accade nell addome. Flusso ematico venoso e ritorno venoso al cuore Il sangue venoso si muove dalla periferia al cuore spinto da un gradiente pressorio, cosi come avviene per tutti i fluidi in un sistema idraulico. Appare chiaro che, in questo caso la forza di gravità si oppone al ritorno venoso annullando la componente data dalla forza idrostatica. Esistono, pertanto, due forze che garantiscono il ritorno di sangue venoso verso il cuore, forze che vanno sotto il nome di vis a tergo e vis a fronte. La prima è la forza propulsiva trasmessa dal sangue arterioso a livello capillare, mentre la seconda deriva dal fatto che tra l atrio Dx ed il capillare venoso esiste una differenza di pressione che richiama il sangue venoso verso il cuore. A questa si aggiunge l attività respiratoria. Infatti, la pressione a livello dell atrio Dx, identificata anche come pressione venosa centrale, è pari a 2-4 mmhg, mentre la pressione a livello delle vene periferiche è di circa 15 mmhg. A livello dell arto superiore esistono pressioni pari o prossime allo zero. In tal caso è la forza di gravità a giocare un ruolo favorente il ritorno verso il cuore, per cui si potrebbe dire che il sangue cade verso l atrio Dx. Se noi escludessimo anche la pressione dinamica e considerassimo la pressione venosa di riempimento statico essa sarebbe pari a 6 mmhg per cui avremmo comunque un gradiente pressorio pari a 2-4 mmhg che garantirebbe il ritorno del sangue venoso verso l atrio Dx. La pompa muscolare periferica Oltre all attività cardiaca, l altra importante componente che garantisce il ritorno venoso al cuore, contro la forza di gravità è la pompa muscolare periferica. Essa è rappresentata, a livello degli arti inferiori, in special modo dai muscoli del polpaccio, soprattutto dal gastrocnemio e dal soleo. Il flusso di sangue alla parte superiore della gamba giunge dalle vene del plesso plantare situato tra i muscoli del piede. La sequenza viene così schematizzata: (1) la dorsiflessione del piede svuota le vene della parte distale della gamba; (2) il

Emodinamica del sistema venoso 21 peso del corpo svuota le vene del piede; (3) la successiva flessione plantare svuota le vene della parte prossimale della gamba a seguito della contrazione dei muscoli del polpaccio. In un soggetto che passa dalla posizione supina a quella ortostatica, circa 500 ml di sangue si riversano nelle vene delle gambe e né la cute né la fascia musclolare sono in grado, da sole, di opporsi al passaggio di liquidi nello spazio interstiziale che si verifica come conseguenza dell aumento della pressione idrostatica. La contrazione muscolare necessaria all acquisizione della stazione eretta e la conseguente compressione da parte dei muscoli della gamba sulle pareti venose permetterà di evacuare questa quantità di sangue dalle vene degli arti inferiori, garantendo la riduzione della pressione sul capillare venoso ed assicurando il flusso artero-venoso in maniera molto più consistente di quanto possa fare la sola venodilatazione. Durante la contrazione muscolare si sviluppano pressioni molto alte all interno delle vene profonde, pari a circa 200 mmhg. È in questo momento della sistole muscolare che le valvole delle vene profonde o delle perforanti giocano il loro ruolo più importante. Le prime si aprono e lasciano defluire il sangue verso il cuore, le seconde, impedendo il reflusso verso il circolo superficiale, garantiscono che il sangue venoso venga spinto in senso centripeto. Se, infatti, le valvole non fossero presenti, il sangue tenderebbe a refluire verso il circolo superficiale, per la presenza di un gradiente pressorio tra i due sistemi. In condizioni d insufficienza venosa cronica le valvole non riescono a sopportare il peso della colonna ematica e così si avrà un reflusso verso il basso che sarà responsabile dell ipertensione venosa che è alla base delle principali complicanze cliniche dell insufficienza venosa. Il contributo della pompa muscolare periferica al ritorno venoso è di grande valore anche durante l esercizio fisico. Circa il 30% dell energia necessaria alla circolazione ematica durante l esercizio strenuo viene fornito dall azione dei muscoli della gamba. Durante la fase di rilassamento muscolare o diastole, il sistema venoso si riempie con il sangue che proviene dal circolo superficiale e con quello che proviene dalle zone più distali. Il passaggio dal circolo venoso superficiale a quello profondo avviene, ancora una volta, per gradiente pressorio. Infatti, durante la diastole muscolare, la pressione nel sistema venoso profondo è praticamente zero, mentre nel sistema superficiale pieno di sangue si hanno, in media, pressioni di circa 100-110 mmhg. Il sangue passa allora nel circolo profondo, mentre quello superficiale si svuota di circa il 70%. È stato visto che la decompressione del circolo superficiale che avviene con questo meccanismo è essenziale nel prevenire le turbe del trofismo cutaneo e sottocutaneo. Se persistesse una pressione costantemente elevata si avrebbero, infatti, fenomeni di morte cellulare.

22 Capitolo 2 Effetto della respirazione Le fasi della respirazione influenzano significativamente il ritorno venoso. Le cavità addominale e toracica sono, infatti, caratterizzate da condizioni pressorie particolari e del tutto diverse dalle regioni periferiche. Nella vena cava inferiore si ha una pressione pari a circa 10 mmhg che poi si riduce a 4-5 mmhg quando, oltrepassando il diaframma, raggiunge la cavità toracica. La cava ha una parete sottile con un contenuto muscolare scarso. A livello addominale durante la fase inspiratoria, l abbassamento del diaframma causa un aumento della pressione endo-addominale, al punto che il flusso venoso proveniente dall addome è molto rallentato o addirittura momentaneamente sospeso. Nella fase espiratoria il sollevamento del diaframma determina una situazione opposta grazie alla quale viene favorito il ritorno venoso. A livello toracico, invece, l inspirazione determina una riduzione delle pressioni endocavitarie che favorisce il ritorno di sangue dalla vena cava superiore, mentre l espirazione lo rallenta o lo blocca. Controllo della capacità venosa Il sistema venoso svolge un ruolo di grande importanza anche sulla regolazione del volume ematico. Quest ultimo risulta condizionato soprattutto dai cambiamenti del diametro venoso che, invece, influisce in maniera praticamente nulla sulla regolazione delle resistenze periferiche totali. La capacità venosa può cambiare passivamente in base alla variazione della pressione, oppure rispondere attivamente soprattutto a stimoli simpatici, a farmaci adrenergici o ad altri stimoli intrinseci od estrinseci. I vasi venosi hanno una struttura tridimensionale di tipo ellittico che tende a diventare circolare quando la pressione intravascolare raggiunge valori di 10 mmhg. In questo modo la sezione aumenta ed il vaso accetta un maggior volume ematico mantenendo costante la pressione. Quando la pressione intravascolare supera i 15 mmhg qualsiasi ulteriore aumento pressorio causa lo stiramento della parete venosa e delle fibre nervose, causando una risposta vasomotoria attiva. Questa grande flessibilità consente al serbatoio venoso normale di accettare notevoli quantità di liquidi, ad esempio durante le trasfusioni o le infusioni, senza importanti conseguenze emodinamiche sulla pressione venosa centrale. Soltanto se le vene sono piene e la pressione è già elevata un aumento di fluido può causare un aumento importante della pressione venosa centrale. Analogamente, solo se il sistema è vuoto una perdita ematica potrà avere importanti conseguenze. A differenza delle arteriole, il cui tono è influenzato dall ambiente chimico locale, la regolazione nervosa delle vene dipende sostanzialmente

Emodinamica del sistema venoso 23 dall innervazione simpatica e sono soprattutto le vene periferiche ad essere sottoposte ad un maggiore controllo nervoso. I principali tipi di stimoli che possono scatenare una risposta venomotoria attiva sono rappresentati dall emozione e dal dolore, dalla iperventilazione, dalla manovra di Valsalva e dall esercizio fisico. Non sempre è noto il punto di partenza dello stimolo efferente responsabile della venocostrizione. Ad esempio, durante l iperventilazione, lo stimolo origina a livello della parete toracica o del diaframma, in risposta soprattutto ad improvvisi cambiamenti del tono dei muscoli respiratori. In caso di un emorragia improvvisa, la risposta vasoattiva risulta efficace quando il volume ematico si riduce di circa 15-20% e la maggior parte del sangue giunge al cuore dal letto venoso splancnico. In questo caso, ad esempio, non è nota la sede di partenza dell impulso afferente cui fa seguito la risposta adrenergica efferente; secondo alcuni Autori questo impulso origina da riflessi vagali a partenza cardio-polmonare. Quando, invece si verifica una condizione di shock la venocostrizione lascia spazio alla venodilatazione. Se, infatti, la pressione passa da 50 a 30 mmhg in genere si verifica una perdita, non più controllabile, del tono venoso. Il reintegro del volume e l incremento pressorio riporteranno il tono venoso a valori normali.

24 Capitolo 2

3. Patologia cronica del circolo superficiale Le vene varicose, o varici, hanno sempre afflitto il genere umano; già un antico bassorilievo greco ci mostra un malato che offre al dio Esculapio, forse per essere guarito, una statua raffigurante una gamba con voluminose varici. Sin dal I sec. d.c., i medici islamici hanno descritto il metodo chirurgico di incisione e di asportazione delle vene varicose degli arti inferiori. Le malattie venose sono in continuo aumento e, nel mondo occidentale, rappresentano un importante causa di morbilità e pesano gravemente sui costi della salute pubblica. Metà della popolazione adulta presenta i segni della malattia venosa cronica superficiale (55% delle donne; 44-45% dei maschi), anche se meno della metà di essa ha varici macroscopicamente evidenti (Fig. 1). L incidenza delle vene varicose cresce con l età. La malattia venosa cronica del circolo superficiale comprende uno spettro di manifestazioni cliniche che va dalle teleangectasie (dilatazioni venulari intradermiche) alle vene varicose (vene superficiali dilatate e tortuose), alle ulcere cutanee. La possibilità di usare tecniche non invasive come l ultraso Figura 1: Evidenti varici a carico della vena grande safena Dx 25

26 Capitolo 3 nografia Doppler, che consentono uno studio accurato delle vene degli arti inferiori, ha reso possibile specificare le condizioni funzionali e fisiopatologiche del sistema venoso. Con i continui progressi nelle metodiche di valutazione dell anatomia e dell emodinamica venosa, la terapia delle varici si trova in una perenne fase di evoluzione. In molti paesi occidentali, il trattamento chirurgico di un insufficienza venosa cronica superficiale è spesso la procedura più comune. Una valutazione preoperatoria inadeguata e la non corretta pianificazione della procedura chirurgica sono considerate le principali ragioni di un alto tasso di recidiva dopo la chirurgia venosa superficiale. La recidiva è comune soprattutto dopo il primo intervento di stripping della vena grande safena. Verso la fine degli anni 90 hanno fatto ingresso nel panorama chirurgico alcune tecniche endovascolari per il trattamento delle varici che raccolgono sempre più consensi con il passare degli anni. Classificazione Le varici si distinguono classicamente in: - primitive, che rappresentano la forma più comune e nelle quali non si riconosce un fattore etiologico evidente; il maggiore fattore di rischio è rappresentato dalla familiarità. - secondarie a trombosi del circolo venoso profondo e/o superficiale. La patologia più frequentemente riscontrata è l insufficienza della vena grande safena (che si verifica nel 66% dei casi). Negli anni sono stati proposti diversi tipi di classificazione delle varici che tenevano conto della loro importanza, della sede, della tipologia clinica, dell etiologia, etc. La classificazione attualmente in uso è quella CEAP, introdotta nel 1994 e poi rivista e migliorata nel 2004. Essa si basa sullo stadio clinico della malattia (C) a seconda dei segni obiettivi, sull etiologia (E), sulla distribuzione anatomica (A) del reflusso e dell ostruzione delle vene superficiali e sulla fisiopatologia di base (P). Per i criteri clinici sono previste 7 classi: C0: nessun segno visibile o palpabile di malattia venosa C1: teleangectasie o vene reticolari C2: vene varicose (diametro > 3 mm). C3: edema C4: alterazioni cutanee o del tessuto cellulare sottocutaneo legate a malattia venosa cronica. Questa classe si suddivide in C4 a (pigmentazione e/o eczema venoso) ed in C4 b (ipodermite sclerotica e/o atrofia bianca). C5: ulcera cicatrizzata

Patologia cronica del circolo superficiale 27 C6: ulcera non cicatrizzata Ciascuna classe deve essere completata con A (asintomatico) o con S (sintomatico). Il criterio etiologico comprende le classi: Ec: malattia venosa congenita Ep: malattia venosa primitiva Es: malattia venosa secondaria (post-trombotica) En: nessuna etiologia venosa identificata La classificazione anatomica comprende: As: sistema venoso superficiale. Va inoltre specificato se la patologia consiste in teleangectasie e vene reticolari (1), se riguarda la vena grande safena al di sopra del ginocchio (2), la vena grande safena al di sotto del ginocchio (3), la vena piccola safena (4) o se è extrasafenica (5). Ad: sistema venoso profondo. Anche in questo caso va specificato il territorio: vena cava inferiore, vena iliaca comune, vena iliaca interna, vena iliaca esterna, vene pelviche, vena femorale comune, vena femorale profonda, vena femorale superficiale, vena poplitea, vene di gamba (tibiali anteriori, posteriori ed interossee), vene muscolari del muscolo gastrocnemio, del soleo, altre. Ap: vene perforanti, che possono essere di coscia o di polpaccio. An: nessuna lesione anatomica riportata. Con la lettera P si precisa il tipo di danno anatomo-emodinamico; in particolare: Pr: reflusso Po: ostruzione Pr+o: reflusso ed ostruzione Pn: nessun danno fisiopatologico venoso identificato. Etiopatogenesi ed epidemiologia La causa dell insufficienza venosa è probabilmente multifattoriale. È stato suggerito un ruolo di fattori genetici o acquisiti. Per quanto riguarda le varici primitive sono state formulate diverse teorie e- tiopatogenetiche; secondo la teoria emodinamica, la malattia varicosa sarebbe determinata da un alterazione valvolare primitiva dei tronchi venosi; il fattore emodinamico gioca un ruolo fondamentale e viene riconosciuto come il pattern etiopatogentico principale. L altra teoria è quella parietale secondo la quale la malattia varicosa sarebbe determinata da un alterazione iniziale, su base ereditaria, della parete venosa (riduzione del tessuto muscolare liscio e di quello collagene ed elastico) che porterebbe allo sfiancamento della vena ed alla sua dilatazione, con insufficienza valvolare secondaria.

28 Capitolo 3 Le varici secondarie, si sviluppano a seguito del maggior carico emodinamico al quale il circolo superficiale viene sottoposto quando si trova a supplire il circolo venoso profondo o grossi tronchi superficiali ostruiti. La malattia colpisce con maggiore frequenza il sesso femminile, soprattutto nei primi 5 decenni di vita con un rapporto M/F che varia tra 1:3 e 1:4. Dopo i 50 anni le differenze tra i due sessi si riducono. La gravidanza è sicuramente un importante fattore di rischio. L insufficienza venosa cronica si verifica, infatti, nel 10-20% delle donne incinte; ciò sembra dovuto ad un aumento del tasso di estrogeni ed ad un effetto meccanico compressivo dell utero gravidico sulle vene della pelvi. Il diametro delle vene, sia competenti che incompetenti, cresce durante la gravidanza e decresce nel post partum. Pare che gli ormoni sessuali giochino un ruolo molto importante, nello sviluppo dell insufficienza venosa, nel post-partum come nelle donne in menopausa. L aumentata concentrazione dei recettori per gli ormoni sessuali nei segmenti varicosi delle vene rafforza l importanza del ruolo ormonale nello sviluppo della malattia. Anche la dieta viene ritenuta un possibile fattore di rischio. Il grado con il quale ciascun fattore di rischio contribuisce allo sviluppo della malattia resta, però, difficile da accertare. Il Framingnham Study ha dimostrato che possono essere considerati importanti fattori di rischio l obesità, una dieta povera di proteine e di fibre, un elevata pressione sistolica, il fumo di sigarette e la sedentarietà. Diagnosi Diagnosi clinica I segni clinici nei pazienti affetti da insufficienza venosa cronica del circolo superficiale degli arti inferiori variano dalle teleangectasie all ulcera venosa. L anamnesi è molto importante; in particolare bisogna indagare, nella storia clinica del paziente, sulla presenza di familiarità per insufficienza venosa cronica, sulla presenza di una pregressa trombosi venosa profonda e/o del circolo superficiale. Di grande utilità nei pazienti obesi, in modo particolare, è valutare lo stile di vita e l alimentazione che è necessario correggere ancor prima del trattamento. Spesso la gravidanza rappresenta un punto cruciale nella storia clinica della malattia che si presenta in forma più accentuata proprio dopo il parto. È ovvio che le pluripare hanno un rischio sicuramente più elevato rispetto alle nullipare. Bisogna conoscere che tipo di disturbi il paziente avverte e come tali disturbi incidono sulla sua qualità di vita. In genere i pazienti riferiscono un notevole

Patologia cronica del circolo superficiale 29 senso di pesantezza a fine giornata o in seguito ad una stazione eretta prolungata, mentre riportano un certo sollievo al risveglio. Possono essere presenti anche crampi notturni, formicolii, prurito anche intenso fino ad un vero e proprio dolore. Il segno clinico più importante e l edema degli arti inferiori che, insieme al resto del corteo sintomatologico, dimostra un andamento ingravescente nel tempo; spesso i pazienti riferiscono che le loro varici si sono trasformate da semplici vene visibili in franchi gozzi varicosi ai quali si sono poi associate le discromie cutanee. I pazienti potranno, inoltre, presentare complicanze quali tromboflebiti superficiali. L insufficienza del circolo venoso superficiale non è un semplice problema estetico, ma può portare ad importanti conseguenze. Un insufficienza venosa superficiale non trattata porta inevitabilmente, nel tempo, a modificazioni della cute quali eczema, iperpigmentazione della caviglia, lipodermatosclerosi sottocutanea, fino alle ulcere venose. L arto va esaminato sia in ortostatismo che in clinostatismo. Si ottengono, in questo modo, informazioni dirette sulla distribuzione delle varici, sulla presenza di edema e di ulcere. Con la palpazione si possono evidenziare varici nascoste, situate più profondamente, nel tessuto sottocutaneo o, in caso di varici secondarie a fistole artero-venose, si può percepire un thrill che, all auscultazione, è accompagnato da un soffio. All esame obiettivo segue una serie di test clinici che studiano sia il sistema venoso superficiale che quello profondo. Quelli attualmente più utilizzati sono il test di Rima-Trendelemburg (Fig. 2) che si esegue con il paziente in posizione clinostatica. Si svuota l albero venoso superficiale sollevando l arto e Figura 2: Test di Rima-Trendelemburg

30 Capitolo 3 si pone un laccio alla radice della coscia. Si invita il paziente ad alzarsi. Alla rimozione del laccio, se compare un rapido riempimento dall alto verso il basso, si ha a che fare con un incontinenza valvolare. Un lento riempimento venoso dal basso indica una condizione di normalità. Il test di Perthes è un test che esplora soprattutto la funzionalità del circolo venoso profondo e del sistema delle perforanti. Con il paziente in ortostatismo si pone un laccio alla radice della coscia e si invita il paziente a camminare. Se il paziente interrompe la marcia dopo pochi passi per la comparsa di dolore ed aumento del turgore delle ectasie venose, questo è indice di ostruzione del circolo venoso profondo con insufficienza delle vene perforanti. Il circolo venoso superficiale rappresenta l unica via di scarico per il sangue venoso e, pertanto, non può essere eliminato. Se il paziente non è obbligato ad interrompere la marcia ma si nota comunque un aumentato turgore dei segmenti varicosi, questo è un indice di un sistema venoso profondo pervio e l incremento delle ectasie venose è dovuto all insufficienza di una o più perforanti. Se, infine, il paziente non è impedito nella marcia e si osserva lo svuotamento delle ectasie venose, il circolo venoso profondo è pervio e non si riscontrano vene perforanti insufficienti. Diagnosi strumentale Le indagini diagnostiche non invasive più utilizzate sono attualmente quelle ultrasonografiche ed in particolare l eco-color-doppler. Le caratteristiche tecniche della metodica sono state riportate a proposito della diagnosi della trombosi venosa profonda. Lo studio dell insufficienza del circolo venoso superficiale viene effettuato in ortostatismo (le vene superficiali si riempiono e raggiungono il loro massimo calibro), con il peso del corpo poggiato sull arto non in esame; l arto da studiare deve restare rilassato. L esame inizia con lo studio ecografico. Si valuta la morfologia della grande safena alla crosse e la funzionalità delle valvole. Le valvole sono ben apprezzabili in posizione di apertura; si presentano come orletti ecogeni, sporgenti nel lume vasale, con un caratteristico movimento di va e vieni. Con l introduzione delle metodiche endovascolari, oggi è importante anche conoscere il diametro trasverso massimo della vena grande safena alla crosse. Si studia, poi, tutto il tronco venoso per valutarne la pervietà e la funzionalità valvolare. L esame Doppler viene eseguito in fase dinamica, ovvero attraverso l esecuzione di manovre di attivazione, quali la manovra di Valsalva o l inspirazione profonda (Fig. 3). Con queste manovre si valuta la corretta chiusura dei lembi valvolari prossimi alla crosse safeno-femorale, quindi la sua continen-

Patologia cronica del circolo superficiale 31 za. L abbassamento del diaframma che avviene durante questa manovra provoca una fase d ipertensione delle vene addominali che si riflette sulle valvole delle vene degli arti inferiori determinando la chiusura dei lembi valvolari normali. Se vi è insufficienza valvolare si osserverà un reflusso venoso verso il basso a livello della crosse. All esame color questo reflusso apparirà con colori tra il rosso ed il verde, indici di flusso centrifugo e turbolento, rispettivamente. All esame spettrografico, in condizioni normali, le manovre di attivazione producono una netta interruzione dell onda flussimetrica, come conseguenza della chiusura delle valvole, e non si ascolterà alcun suono. In caso d incontinenza valvolare si può notare un onda negativa caratteristica del reflusso trans-valvolare, associata ad un suono che normalmente non si dovrebbe udire. Oltre allo studio della crosse, bisognerà esaminare anche i principali rami collaterali della crosse, da cui possono originare le recidive se non trattati correttamente. Se c è il sospetto d insufficienza anche della piccola safena andrà esaminata la giunzione safeno-poplitea. Questa può essere valutata con il paziente in ortostatismo oppure in clinostatismo a ginocchio flesso. Particolare attenzione va posta ai rami che mettono in comunicazione i due principali assi venosi superficiali, in particolare alla vena di Giacomini (la principale comunicante tra i due sistemi a livello della coscia), così come alle vene perforanti. Figura 3: Presenza di reflusso all esame Doppler durante la manovra di Valsalva

32 Capitolo 3 Una metodica che, certamente, ha un notevole valore diagnostico è la misurazione della pressione venosa ambulatoriale; questa misurazione può avvenire in modo cruento od incruento. Con il metodo cruento, la pressione viene misurata prima, durante e dopo la marcia attraverso un ago inserito a livello di una vena dorsale del piede. Normalmente la pressione venosa a riposo, in ortostatismo, si aggira intorno ai 90 mmhg. Viene considerato normale un valore pressorio, durante la deambulazione, di 20-30 mmhg o comunque inferiore al 50% del valore a riposo. Per ottenere il riempimento venoso e, quindi, il ritorno ai valori pressori normali dopo la deambulazione, viene considerato normale un tempo superiore ai 20 sec. Se la pressione non si riduce durante la marcia o si riduce poco e se le vene si riempiono rapidamente si pone diagnosi di insufficienza venosa. La misurazione incruenta della pressione venosa si ottiene utilizzando un manicotto di sfigmomanometro applicato alla caviglia. Utilizzando una sonda doppler, si misura la pressione venosa in ortostatismo; si fa, quindi, deambulare il paziente e si misura nuovamente la pressione venosa. Anche con questa tecnica è importante valutare la variazione pressoria dopo deambulazione ed il tempo necessario a ché la pressione torni ai valori di base una volta sospesa la marcia. Nella valutazione della malattia varicosa lo studio invasivo è rappresentato dalla flebografia che, tuttavia, oggi non ha nessuna indicazione nelle varici semplici data l affidabilità dell esame ultrasonografico. Terapia La malattia varicosa è una patologia assolutamente benigna anche se con il tempo si va incontro ad un deterioramento della qualità di vita per il suo carattere evolutivo e per l insorgenza di complicanze. Pertanto, se da un lato la terapia medica ha lo scopo di attenuare i sintomi, la terapia chirurgica ha l obiettivo di eliminare il reflusso venoso patologico alla base della sintomatologia clinica. Va sottolineato però, che neppure la terapia chirurgica, nelle varici primitive, ha la possibilità di eliminare le condizioni predisponenti allo sviluppo dell insufficienza venosa cronica; può solo modificare l evoluzione della malattia o prevenirne le complicanze. Terapia medica Il ruolo della terapia medica nel trattamento dell insufficienza venosa cronica superficiale è d estrema importanza. Da un lato è importante che il paziente adotti uno stile di vita corretto e cerchi di eliminare i fattori di rischio per la

Patologia cronica del circolo superficiale 33 sua malattia, dall altro, prima di passare alla soluzione chirurgica, è possibile adottare una serie di presidi, in particolar modo le calze elastiche, che possono alleviare molto la sintomatologia. È comunque importante sottolineare che se il paziente non è in grado di modificare il proprio stile di vita e di collaborare in maniera attiva con il medico l intervento chirurgico potrebbe rappresentare una risoluzione solo temporanea del problema. Norme igieniche e di profilassi Il paziente deve evitare l immobilità prolungata, sia in posizione eretta che seduta. Quest ultima posizione causa, infatti, un importante ostacolo meccanico al normale flusso centripeto che si aggiunge anche all inattività della pompa muscolare del polpaccio. Sarebbe opportuno evitare bagni eccessivamente caldi, la sauna, metodi depilatori che prevedono un azione di strappo, ancor più se associati al calore, ed ogni tipo di calore intenso applicato direttamente alle gambe. Evitare scarpe troppo basse o tacchi troppo alti e pantaloni troppo stretti, soprattutto all inguine; evitare sport traumatici ed attività fisica che prevedano contrazioni muscolari intense ed improvvise; adottare una dieta ricca di fibre e liquidi e combattere la stipsi. Terapia farmacologica I farmaci utilizzati si dividono in non venoattivi e venoattivi. Per quanto riguarda i farmaci non venoattivi sono particolarmente utilizzati nelle forme più severe di IVC e sono costituiti sopratttutto da agenti eparinici e fibrinolitici che intervengono su diversi aspetti microcircolatori come l endotelio e la trombosi capillare o l emoreologia andando ad agire sul manicotto di fibrina pericapillare di cui si è discusso nel paragrafo sulla fisiopatologia. Comprendono i glicosamminoglicani, la pentossifillina e il defribrotide. I glicosamminoglicani possono essere somministrati per via orale, sottocutanea ed endovenosa ed hanno un azione diretta sull endotelio dove raggiungono la massima concentrazione. Hanno attività antitrombotica inibendo alcuni fattori della coagulazione, prolungano il tempo di protrombina ed inibiscono l adesività piastrinica. Inoltre possono ridurre la viscosità ematica che in genere risulta aumentata nei pazienti con grave insufficienza venosa cronica. Il defribotide è un polidesossiribonucleotide a catena singola ottenuto mediante depolimerizzazione controllata del DNA proveniente da mucosa intestinale suina. Può essere somministrato per via orale, intramuscolare o endovenosa. Studi clinici hanno dimostrato le sue proprietà antitrombotiche, antinfiammatorie e trombolitiche. È stata anche dimostrata la sua attività ci-