Jean-Marc Lévy-Leblond La velocità dell ombra Torino, Codice edizioni, 2007 Traduzione di F. Niola e V. Roncarolo [Editions du Seuil, 2006]. M. Squillacciotti Anche per chi ha seguito le lezioni senesi del professore, è difficile definire con poche battute, al termine della lettura di questo libro, Cosa ho letto?. Proviamoci e tanto per entrare nell ordine delle idee, con poche battute, mi viene da commentare così: lettura piacevole, seducente, accattivante di un testo convincente, rigoroso, fantasioso. Come dire, allora, che JMLL - così si sigla lui stesso - con questo suo libro fa una seria proposta di sconfinamenti, un gioioso esempio di lavoro sulla soglia (con accesso da entrambi i suoi lati) situata tra i campi di scienza e letteratura, storiografia ed analisi critica della teoria e pratica delle scienze. Uno sguardo all indice, prima di andare oltre, dentro il testo, e qui la sorpresa di vedere saggi su diversi campi della scienza alternati o seguiti da scherzi, schede, interventi letterari Legame unico di partenza, al di là dell articolazione della forma espressa e dei diversi capitoli, è 1) la dichiarazione della necessità per la scienza esatta ( scienze asociali e inumane, p. 185) di avvalersi di quel corredo critico che le altre scienze (scienze umane) hanno elaborato per la consapevolezza delle forme e delle condizioni dello stesso produrre scienza; 2) ed il seguente paradigma: «Un enunciato scientifico non può essere vero o falso, ma solamente vero se o falso ma La scienza non produce verità assolute e universali; piuttosto fornisce degli enunciati condizionali e la sua forza sta proprio nella sua capacità di definire le loro condizioni di validità» (p. 156). Libro, quindi, che trova una giusta collocazione nella biblioteca di SOLIMA ma che dovrebbe entrare a pieno titolo tra le lettura di quanti aspettano ancora sulle rive opposte della conoscenza dotata in sé (in attesa che si palesi il monolite di 2001-Odissea nello spazio ) o della crisi della ragione; entrambe forse consolatorie e rassicuranti ma statiche nelle reciproche soluzioni proposte: l assoluto fedele o il relativismo parolaio (cascame, questo, del principio di relatività) Afferma in proposito JMLL «[ ] non stiamo affatto sostenendo una visione meramente relativista della conoscenza [ la] validità delle conoscenze fornite dalle scienze contemporanee non può essere separata dalla discussione critica sulla loro pertinenza, che è necessariamente contestuale. (p. 184) I diversi momenti dello sviluppo scientifico non possono in alcun modo essere trattati come fasi successive di un progresso continuo e omogeneo. (p. 198) Esistono delle scienze [ ] nel senso in cui le modalità di produzione, di espressione e di applicazione delle conoscenze differiscono radicalmente in funzione dei tempi e dei luoghi. (p. 199)». Devo confessare che dopo anni di dibattito, per quanto ampio ed approfondito, tra antropologi leggo con un certo senso di sollievo la avvertenza di JMLL, dal titolo Classificazioni e classi finzioni (pp. 46-47), riguardo al procedere classificatorio delle scienze: «Ogni classificazione, per quanto pretenda di essere scientifica, è sempre strettamente legata alla lingua comune [ ] La scienza deve sempre passare attraverso le parole. [ ] ogni scienza comporta necessariamente una parte irriducibile di finzione. Impossibile dunque resistere all idea che la scienza, quando classifica, produce classi finzioni. [ ] ogni processo di classificazione è immerso in un contesto insieme culturale e naturale che va oltre, esterno al dominio scientifico in cui opera la classificazione [ ] ogni classificazione è sempre provvisoria [ ] attività dinamica che rielabora i propri criteri mano a mano che si va avanti [ ]». Un esempio di tutto ciò, per questo invito alla lettura, può venire dal gioco della scienza che con ironia e simpatia propongo qui in formato di testo-immagine: 1
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