ARPAT MOVIMENTAZIONE MATERIALI IN AMBIENTE MARINO O IN. Procedura operativa ZONE AD ESSO CONTIGUE

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Agenzia regionale per la protezione ambientale della Toscana MOVIMENTAZIONE MATERIALI IN AMBIENTE MARINO O IN ZONE AD ESSO CONTIGUE Procedura operativa Giugno 2005

INDICE 1 PREMESSA... 3 2 QUADRO NORMATIVO E AMMINISTRAZIONI COMPETENTI... 4 2.1 Competenze del Ministero dell Ambiente... 4 2.2 Competenze della Regione... 4 2.3 Competenze del Comune... 5 2.4 Competenze delle Capitanerie di Porto... 5 3 PROCEDURE E ACCERTAMENTI TECNICI... 6 3.1 Coordinamento interno delle attività... 7 3.2 Procedura per le principali attività di movimentazione... 8 4 PIANI DI CAMPIONAMENTO... 15 4.1 Dragaggi portuali e ripascimenti... 15 4.2 Posa di cavi e condotte, costruzione di moli e barriere... 20 4.3 Deposizione di materiali in aree marine non costiere... 21 4.4 Piani di monitoraggio... 22 5 CARATTERIZZAZIONE DEL MATERIALE DA MOVIMENTARE... 24 5.1 Caratterizzazione fisica... 24 5.2 Caratterizzazione chimica... 24 5.3 Caratterizzazione microbiologica... 25 5.4 Analisi ecotossicologiche (saggi biologici di tossicità acuta)... 28 5.5 Caratterizzazione dei popolamenti... 30 6 CLASSIFICAZIONE DEL MATERIALE DA MOVIMENTARE ED OPZIONI DI GESTIONE... 32 6.1 Considerazioni conclusive... 38 ALLEGATO 1: PRINCIPALI RIFERIMENTI NORMATIVI... 41 2

1 PREMESSA Il quadro normativo di riferimento è profondamente mutato in questi ultimi anni e, dopo un periodo di fluidità forse eccessiva, si è andato finalmente assestando, tanto da permetterci di impostare una procedura uniforme e omogenea all interno dell ARPAT, in quanto si ritiene che l Agenzia sarà chiamata sempre più spesso a pronunciarsi sull argomento. Nel passato, infatti, per la pressoché totale gamma delle attività di movimentazione dei materiali in ambiente marino o in zone ad esso contigue era il Ministero dell Ambiente che, ricevuta l istanza proveniente dall istruttoria condotta dalle Capitanerie di Porto dietro richiesta di un proponente, decretava un autorizzazione, in totale autonomia. Il ruolo dell ARPAT era limitato all esecuzione delle analisi dei materiali da movimentare; talvolta si estendeva anche a quello dell esecuzione dei campionamenti; più raramente arrivava a comprendere l elaborazione del piano di campionamento. Un parere, non sempre e, comunque, non condizionante, poteva essere richiesto dalle Capitanerie di Porto; non veniva praticamente mai richiesto dal Ministero. Nel quadro normativo attuale, invece, l ARPAT potrà verosimilmente essere spesso chiamata a esprimersi, in quanto gli Enti ora responsabili dell autorizzazione (siano essi Comuni, Province o Regione) con ogni probabilità richiederanno un parere all Agenzia, per la quale, quindi, occorre disporre di: - una conoscenza, la più certa possibile, del quadro normativo di riferimento e delle amministrazioni che possono concedere l autorizzazione, compresi i confini legislativi entro i quali esse sono competenti; - un corpo omogeneo di metodiche analitiche da utilizzare in tutti i Dipartimenti; - un insieme di criteri oggettivi necessari per poter esprimere l eventuale parere, ove richiesto. E da sottolineare che la presente procedura non contempera le attività legate alla movimentazione di sedimenti in aree di bonifica di siti contaminati, per le quali i criteri devono essere decisi di volta in volta con il coinvolgimento di tutti i soggetti istituzionali. 3

2 QUADRO NORMATIVO E AMMINISTRAZIONI COMPETENTI 1 In forza degli artt. 70 e 105 del D.Lgs. 112/1998, dell art. 35 del D.Lgs. n.152/1999 e successive modifiche, dell art. 21 della legge n. 179/2002, sono di competenza del Ministero dell Ambiente e delle Regioni le seguenti materie, così ripartite: 2.1 COMPETENZE DEL MINISTERO DELL AMBIENTE Scarichi deliberati in mare da navi e/o aeromobili o da strutture ubicate nelle acque del mare o in ambito ad esso contiguo (materiali di escavo di fondali marini o salmastri o di terreni litoranei emersi). Procedure d urgenza (per il ripristino del passo marittimo di accesso al porto, ostruito in tutto o in parte a seguito di mareggiate). Cavi o condotte di carattere internazionale Si ricorda che, come chiarisce la circolare n. 260/3/01 2 del Ministero dell Ambiente, nessuna autorizzazione ministeriale deve essere richiesta nel caso di deposito a terra dei materiali dragati e degli accumuli sabbiosi in ambito litoraneo. 2.2 COMPETENZE DELLA REGIONE 3 Immersione in casse di colmata, vasche di raccolta o comunque di strutture di contenimento poste in ambito costiero (materiali di escavo di fondali marini o salmastri o di terreni litoranei emersi; inerti, materiali geologici inorganici e manufatti al solo fine di utilizzo, ove ne sia dimostrata la compatibilità ambientale e l innocuità), ex art. 21 L. 179/2002, attribuita alla Provincia con L.R.T. n.19/2003. Realizzazione di moli e barriere artificial (inerti, materiali geologici inorganici e manufatti al solo fine di utilizzo, ove ne sia dimostrata la compatibilità ambientale e l innocuità), ex art. 21 L. 179/2002, attribuita alla Provincia con L.R.T. n.19/2003 Interventi di ripascimento, ex art. 21 L. 179/2002, attribuita alla Provincia con L.R.T. n.19/2003. Protezione della fascia costiera, ex art. 70 D. lgs.112/1998, attribuita alla Provincia con L.R.T. n. 91/1998, art.14. Cavi e condotte non aventi carattere internazionale, ex Art 35, comma 5, D.lgs. 152/99, attribuita alla Provincia con L.R.T. n. 1/2001, art. 21. (Qualora l attività di posa in mare di cavi e condotte e l eventuale relativa movimentazione dei fondali marini abbia 1 Per tutti i riferimenti normativi vedi allegato 1 2 Circolare del Ministero dell Ambiente e della Tutela del Territorio n. 260/3/01 del 10 settembre 2001 recante Autorizzazioni all immersione in mare di materiali derivanti da attività di escavo dei fondali marini. Movimentazione di fondali marini per attività di posa di cavi e condotte 3 la Regione Toscana ha attribuito alle Province, con Leggi Regionali, le competenze sotto richiamate, per cui, in pratica, al posto di Regione deve essere letto: Provincia 4

carattere interprovinciale, le autorizzazioni sono rilasciate dalla provincia ove l attività di posa in opera e relativa movimentazione dei fondali marini abbia il percorso prevalente). 2.3 COMPETENZE DEL COMUNE In forza della seguente normativa: L. 59/97; D.lgs. 112/98; L.R.T. 88/98 art. 27; L.R.T. n. 1/2001, art. 25, sono di competenza del Comune: Concessioni di beni del Demanio Marittimo e di zone del mare territoriale, nonché del Demanio Lacuale e Fluviale; Funzioni, non riservate alla Regione (materia opere pubbliche) concernenti le opere di manutenzione ordinaria e straordinaria delle aree a terra, degli specchi acquei, dei fondali e delle infrastrutture nei porti omissis. In pratica è attribuita ai comuni la gestione amministrativa del Demanio Marittimo (quali le attribuzione di titolarità di concessioni ecc.). La gestione amministrativa del Demanio Marittimo è esercitata dalle Autorità Portuali, ove istituite, nei limiti territoriali attribuiti dall atto istitutivo. Tutto quanto sopra non si applica ai siti elencati nel D.P.C.M. del 21 dicembre 1995 (porti ed aree di interesse nazionale). Pertanto, gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria della spiaggia (di definizione assai problematica) rientrano nella gestione amministrativa; non vi rientrano quelli di ripascimento o di difesa della costa, in quanto di competenza provinciale. Fanno parte del Demanio Marittimo: il lido, la spiaggia, i porti, le rade; le lagune, le foci dei fiumi che sboccano in mare, i bacini d acqua salsa e salmastra; i canali utilizzabili ad uso pubblico marittimo. L estensione verso il largo del Demanio Marittimo è intesa fino al limite delle acque territoriali (12 miglia dalla linea di base). 2.4 COMPETENZE DELLE CAPITANERIE DI PORTO Le Capitanerie di Porto (CP) hanno la competenza sulla sicurezza della navigazione. Potranno essere loro attribuite altre competenze dai decreti attuativi, al momento in itinere, previsti dall art. 35 del D.Lgs. 152/99. Per quanto concerne lo scarico a mare di materiali di dragaggio, l istanza al Ministero è presentata tramite le CP, le quali istruiscono la pratica acquisendo i pareri degli enti territoriali competenti circa l impossibilità di praticare soluzioni alternative, quali il ripascimento o l utilizzo a terra. Le Capitanerie di Porto comunque, tramite i loro uffici esperti, possono rappresentare un supporto tecnico per gli enti locali impegnati nella materia. 5

3 PROCEDURE E ACCERTAMENTI TECNICI Le procedure tecniche individuate dal D.M. 24/01/96, già inserite nella vecchia L.319/76, pur abrogata dall art. 63 del D.Lgs. 152/99, conservano validità in funzione del comma 8 art. 62 del D.Lgs. 152/1999 stesso. Il già citato D.M. 24/01/96 costituisce, al momento, il riferimento metodologico per la predisposizione del piano e le modalità di campionamento. Tale decreto indica anche i parametri analitici da determinare almeno fino all adozione dei previsti decreti attuativi dell art.35 del D.Lgs. 152/1999 e s. m. Nella normativa esaminata, però, non risulta con chiarezza quale sia la definizione di compatibilità ambientale e di innocuità dei materiali movimentati. La valutazione di tali definizioni è quindi affidata o all ente che autorizza le opere o a quello che rilascia il parere. Per quanto concerne i criteri da seguire per l emanazione del parere circa la cosiddetta compatibilità ambientale tra materiali utilizzati nelle opere di ripascimento, o di difesa, o di manutenzione, e le situazioni ambientali delle coste soggette a tali operazioni (es. tra sabbia di riporto e sabbia già esistente sul posto, ecc.) si adotteranno quelli riportati nel Quaderno ICRAM n. 1, 2002 Aspetti tecnico scientifici per la salvaguardia ambientale nelle attività di movimentazione dei fondali marini: Dragaggi portuali. La pubblicazione citata, che costituirà, tra l altro, la base fondamentale di uno dei decreti attuativi, prevede diverse tipologie di materiali e delinea una classificazione di essi sulla base di caratteristiche chimico fisiche e tossicologiche. Nell aprile 2005 è stata trasmessa al Ministero dell Ambiente da parte di APAT ed ICRAM l ultima versione della Proposta di allegati tecnici del regolamento emanato in applicazione del D.Lgs. 11/05/99, n. 152, art.35, commi 2 e 5, documento su cui il Ministero dovrebbe a sua volta impostare il decreto attuativo. Questa proposta, del tutto coerente per impostazione e criteri con il quella del Quaderno ICRAM n. 1, 2002, specifica ancor meglio le procedure di valutazione dei materiali, recependo, tra l altro il più recente D.M. 367/2003 che fissa gli standard di qualità ambientale anche per i sedimenti marini. Sulla base di entrambi questi documenti e dell interpretazione delle diverse norme, abbiamo cercato di determinare i criteri oggettivi necessari per definire la compatibilità ambientale dei materiali, almeno per i principali parametri chimici, fisici ed ecotossicologici. Al fine di omogeneizzare le metodiche analitiche e di indagine, sarà adottato il manuale: Metodologie analitiche di riferimento, del Ministero dell Ambiente, Servizio Difesa Mare, e ICRAM, con la collaborazione di ANPA (APAT), 2001. La validità dei risultati analitici potrà protrarsi per non oltre due anni dalla data del prelievo, valutando, comunque, caso per caso, la situazione. Nell esaminare i progetti, dovranno essere tenute in considerazione le problematiche relative all uso ricreativo delle acque marine, ivi compresa la balneazione, e quelle concernenti l attività di pesca e di allevamento. Sono altresì da valutare tutte quelle circostanze nelle quali le operazioni rientrano nella normativa di Valutazione di Impatto Ambientale, oppure incidono all interno di Siti di Bonifica, o quant altro. In questi casi le competenze delle varie amministrazioni possono, secondo le normative di settore, risiedere a livello ministeriale oppure a livello decentrato. 6

Per quanto riguarda l esecuzione delle attività di caratterizzazione dei sedimenti (piano di campionamento, prelievi ed analisi) e la loro valutazione in termini di gestione ed utilizzo, il D.M. 24/01/1996 affida alle ARPA questi compiti. Del resto, con il trasferimento di molte delle competenze alle Regioni (D.Lgs. 152/99) e, in Toscana, da questa alle Province, ARPAT è anche un soggetto istituzionale che deve fornire supporto tecnico a tutti questi enti nella valutazione dei progetti sottoposti a procedura di verifica e/o di valutazione d impatto (art. 11 e 14 L.R. 79/98) e per la richiesta di autorizzazione all intervento. Per le attività a supporto del proponente l intervento di movimentazione, sia esso un soggetto pubblico o privato, potrebbero essere individuati altri soggetti, derogando solo in parte a quanto previsto dal D.M. 24.01.1996 4. Questa facoltà, dato che il D.M. 24.01.1996, norma attuativa della L. 319/76, resta in vigore solo perché ancora non è stato emanato lo specifico decreto ai sensi dell art.35 del D.Lgs. 152/99, potrebbe essere consentita dal fatto che l art. 21 della L. 179/2002 assegna alla Regione questa competenza autorizzativa, così come le sono attribuite tutte le competenze in materia di protezione della zona costiera e molte di quelle sulle attività di costruzione e manutenzione dei porti regionali ed interregionali (artt. 70 e 105 D.Lgs. 112/98). In analogia a quanto proposto per altri settori (per esempio sull utilizzo dei fanghi di depurazione in agricoltura) la Regione, quindi, potrebbe stabilire i requisiti per i soggetti pubblici (Università, Istituti di Ricerca, ecc.) o privati (laboratori di analisi, studi professionali) ammessi ad espletare una o tutte le attività previste dal D.M. 24.01.1996, regolamentando altresì compiti e ruoli di ARPAT. Questo tipo di suddivisione dei compiti è quanto avviene, per esempio, nel caso di suoli e siti contaminati (bonifiche), dove il D.M. 471/1999 prevede che siano i soggetti privati (responsabili dell inquinamento o proprietari del sito) ad attivare le procedure o, comunque, a farsi carico di redigere il Piano di caratterizzazione, che verrà sottoposto all esame dell autorità pubblica, lasciando a quest ultima la verifica progettuale e gli eventuali approfondimenti e modifiche d indagine. 3.1 COORDINAMENTO INTERNO DELLE ATTIVITÀ Vista la complessità legislativa, metodologica e analitica legata a tali problematiche, nell ambito della Commissione Tutela Risorsa Idrica il GdL Balneazione viene rinominato Mare, assorbendo anche le competenze sui dragaggi, ripascimenti e quant altro interessi la movimentazione di sedimenti marini, e dovrà uniformare ed integrare le attività propriamente dipartimentali e quelle dell Area Mare. Alla luce di quanto sopra l Area Mare potrà, in accordo con i Dipartimenti provinciali costieri e con il Servizio sub-provinciale di Piombino, nel rispetto della loro autonomia operativa: 1. coadiuvare le attività che riguardano la movimentazione di materiali in ambiente marino o in zone ad esso contigue; 4 In realtà lo stesso D.M. 24.01.1996 prevede per le movimentazioni che non siano dragaggi portuali (all. B2) che le analisi per la caratterizzazione dei materiali dovranno essere effettuate dagli Organismi tecnici pubblici competenti (U.S.L. o, ove già operative, le Agenzie regionali per l ambiente) o da Istituti scientifici pubblici specializzati 7

2. garantire il supporto e la consulenza istruttoria e progettuale agli enti competenti, per la realizzazione ambientalmente compatibile delle attività che riguardano la movimentazione di materiali in ambiente marino o in zone ad esso contigue; 3. assicurare le necessarie relazioni con le Capitanerie di Porto; 4. assicurare l aggiornamento del quadro normativo; 5. costituire, se necessario, supporto tecnico per i Dipartimenti provinciali costieri e per il Servizio sub-provinciale di Piombino nelle funzioni di controllo sulle operazioni che riguardano la movimentazione di materiali in ambiente marino o in zone ad esso contigue. 3.2 PROCEDURA PER LE PRINCIPALI ATTIVITÀ DI MOVIMENTAZIONE Vengono di seguito schematicamente illustrate le procedure per le principali e più comuni attività di movimentazione dei materiali in ambiente marino, a partire dai soggetti proponenti e quelli titolari dell istruttoria, compresi i diversi accertamenti in fase autorizzativa dell intervento. Tutte queste fasi possono essere prese a riferimento, così come i successivi criteri di caratterizzazione e di gestione dei materiali, anche per la fase preliminare di progetti sottoposti a verifica o valutazione d impatto ambientale. 3.2.1 Scarico in mare Istanza da ente pubblico al Ministero dell Ambiente per il tramite della CP; Acquisizione da parte della CP dei pareri degli altri soggetti istituzionali (Regione, Provincia, ecc.) sulla impossibilità di praticare soluzioni alternative; Parere della Locale Commissione Consultiva della Pesca; Individuazione dell area di scarico; Relazione tecnica descrittiva dell opera marittima e dei lavori di dragaggio e scarico; Caratterizzazione (fisica, chimica, microbiologica, ecotossicologica e biocenotica) del sito da dragare; Caratterizzazione (meteomarina, idrologica, fisica, chimica, microbiologica, ecotossicologica e biocenotica) del sito di scarico e della zona circostante corredata da formale parere di idoneità della zona prescelta per il recepimento dei materiali di scarico; Piano di monitoraggio prima, durante e dopo (fino almeno ad un anno) l intervento sia nella zona di prelievo, sia in quella di deposizione ed in quella circostante, sia lungo le direttrici interessate dalle attività di trasporto del materiale. Si ricorda, a questo proposito, che ai sensi del D.M. 24.01.1996 allegato A punto 2, è vietato lo scarico in mare di: materiali di dragaggio classificabili come rifiuti tossico nocivi ai sensi della Delibera del Comitato interministeriale, ex art. 5 del D.P.R. n. 915/1982, 27 luglio 1984; materiali di dragaggio che contengano i componenti specificati negli allegati I e II alla legge 25 gennaio 1979, n. 30, con particolare riferimento a quelli sottoelencati ai seguenti punti da 1 a 10, in quantità, concentrazione o stato chimico fisico tali da poter 8

compromettere l equilibrio produttivo delle risorse biologiche interessanti la pesca o l acquacoltura o la fruizione delle spiagge e la balneazione o modificare in senso negativo le qualità organolettiche ed igienico sanitarie delle produzioni ittiche o alterare significativamente l equilibrio ecosistemico esistente: 1) sostanze organo-alogenate; 2) mercurio e suoi composti; 3) cadmio e suoi composti; 4) antimonio, arsenico, berillio, cromo, nichel, piombo, rame, selenio, vanadio, zinco e loro composti; 5) cianuri e fluoruri; 6) petrolio grezzo ed idrocarburi derivati; 7) pesticidi e loro isomeri e sottoprodotti diversi da quelli classificati al punto 1); 8) composti organostannici; 9) rifiuti ed altre materie fortemente, mediamente e debolmente radioattive come definite dall Agenzia Internazionale dell Energia Atomica (I.A.E.A.); 10) microrganismi potenzialmente nocivi. Inoltre, ai sensi del D.M. 24.01.1996 allegato A punto 9, la zona di scarico non può ricadere nelle aree protette o sensibili così come di seguito definite. aree entro le 3 miglia nautiche dalla costa nelle quali la profondità delle acque sia inferiore ai 50m; aree archeologiche marine di cui alla L. 1089/1939 e all'art. 1 della L.431/1985; zone marine di tutela biologica di cui al D.P.R. 1639/1968; zone marine di ripopolamento di cui all'art. 17 della L. 41/1982; zone marine e costiere elencate all'art. 31 della L. 979/1982, così come perimetrate, in via provvisoria, dall'allegato alla circolare n. 2 del 31-1-1987 del Ministro della Marina Mercantile nonché quelle istituite ai sensi dell'art. 18 della L. 394/1991; aree protette territoriali costiere (parchi e riserve naturali, nazionali e regionali) individuate o istituite in forza della L. 394/1991 ovvero da leggi statali o regionali comunque vincolate da altri provvedimenti amministrativi attuativi; zone marine che ospitano praterie di fanerogame; aree destinate ad usi legittimi (cavi, condotte e installazioni petrolifere, poligoni militari, maricoltura, trasporti marittimi, barriere artificiali, terminali off-shore, ecc.); Siti di Importanza Comunitaria; 9

Aree Speciali Protette di Importanza Mediterranea (ASPIM), stabilite dal protocollo Protocollo ASP 5, in attuazione della Convenzione di Barcellona del 1978; zone di particolare pregio biologico (aree di nursery delle principali specie ittiche demersali, ecc.); Santuario per i Mammiferi marini istituito ai sensi della L. 391/2001. Nei casi di cui agli ultimi 2 punti, le attività possono essere consentite purché si dimostri la ininfluenza delle attività di immersione e/o di prelievo nei confronti delle esigenze biologiche di quelle specie per la protezione delle quali tali aree sono state La scelta delle zone di scarico dovrà comunque essere effettuata in modo che lo scarico stesso avvenga a distanza tale da non influenzare, anche indirettamente: aree protette; ecosistemi fragili (es. formazioni di fanerogame marine, zone lagunari) e specie protette; uso protetto delle risorse marine (balneazione, maricoltura, pesca). Salvo che nei casi di opere di ripascimento o di altre opere specificamente autorizzate, la scelta della zona di scarico in mare dovrà inoltre essere effettuata nel rispetto delle seguenti condizioni: distanza dalla costa non inferiore a 3 miglia; profondità dei fondali non inferiore a 50 metri; superficie dell area di scarico sufficientemente estesa in rapporto alla quantità dei materiali da scaricare. Dovrà altresì essere evitata la scelta di zone all interno di ambienti costieri parzialmente confinati o di areali marini per i quali sussistano manifestazioni evidenti di compromissione ambientale. In prossimità di grandi complessi portuali dovrà essere individuata più di una zona di scarico al fine di poter disporre di una alternativa in caso di saturazione del sito prescelto. 3.2.2 Ripascimento 6 Istanza presentata dal Sindaco del Comune interessato alla Provincia; Parere e/o proposta della Capitaneria di Porto; 5 Il Protocollo relativo alle Aree Specialmente Protette e la Biodiversità in Mediterraneo fu adottato a Barcellona il 10 giugno 1995 durante la Conferenza dei Plenipotenziari delle Parti Contraenti, in seguito alla quale la Convenzione di Barcellona relativa alla protezione del Mar Mediterraneo dall'inquinamento (1978), ratificata con legge 21 Gennaio 1979 n. 30, cambia titolo diventando "Convenzione per la protezione dell'ambiente marino e la regione costiera del Mediterraneo" e amplia il suo ambito di applicazione geografica comprendendo le acque marine interne del Mediterraneo e le aree costiere 6 Si ricorda che tutti gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria delle spiagge (ricompresi nel paragrafo 3.2.7), la cui autorizzazione è di competenza esclusivamente comunale, non devono essere sottoposti ad alcuna caratterizzazione. Si ricorda, inoltre, che, ai sensi della L.R.T. 79/1998; D.P.R. 554/1999; D.P.R. 331/2001; D.G.R.T. 79/2001, devono essere sottoposti a procedura di verifica di competenza regionale (e quindi seguire l iter per la caratterizzazione come nel seguito del testo) i seguenti interventi: intervento di difesa della costa destinato a combattere l erosione (tranne quanto presentato nel paragrafo 3.2.7); realizzazione di spiagge in ghiaia su litorali sabbiosi; apertura cave marine. 10

Parere Ufficio del Genio Civile Opere Marittime; Relazione Tecnica descrittiva; Caratterizzazione (fisica, chimica, microbiologica, ecotossicologica e biocenotica) del sito di prelievo; Caratterizzazione (meteomarina, idrologica, fisica, chimica, microbiologica, ecotossicologica e biocenotica) del sito di deposizione e della zona circostante; Piano di monitoraggio prima, durante e dopo (fino almeno ad un anno) l intervento sia nella zona di prelievo, sia in quella di deposizione ed in quella circostante, sia lungo le direttrici interessate dalle eventuali attività di trasporto del materiale in ambiente marino. Utilizzo di sabbie relitte: se il materiale proviene da depositi sabbiosi sommersi (cave marine) dovrà essere altresì fatta una caratterizzazione fisico, chimico, microbiologica, meteo-marina e biocenotica del sito e dovrà essere acquisito il parere della Locale Commissione Consultiva della Pesca. Nella normativa esaminata non risulta con chiarezza quale sia l ente che autorizza il prelievo, a qualsiasi titolo esso venga eseguito, di materiale da fondali marini (apertura di cave marine). Si ritiene, comunque, sentito anche il parere della Direzione Marittima della Toscana, che si tratti del Ministero dell Ambiente e della Tutela del Territorio. E auspicabile, in questi casi, avanzare sempre, se l ARPAT è richiesta di un parere, la proposta di percorrere la Procedura di Verifica Regionale (L.R. 79/98), qualora non sia già stata prevista la procedura di VIA. 3.2.3 Riutilizzo in ambito portuale Istanza presentata da un Ente Pubblico per il tramite della CP alla Provincia; Parere e/o proposta della Capitaneria di Porto; Parere Ufficio del Genio Civile Opere Marittime; Relazione Tecnica descrittiva dell opera marittima e dei lavori di dragaggio e scarico; Caratterizzazione (fisica, chimica, microbiologica, ecotossicologica e biocenotica) del sito di dragaggio; Piano di monitoraggio prima, durante e dopo (fino almeno ad un anno) l intervento sia nella zona di prelievo, sia in quella circostante l area (conterminata) di deposizione, con particolare attenzione alle acque effluenti dalla vasca di colmata. Nel caso di deposizione del materiale in ambienti conterminati (vasche di colmata), in zona non ricompresa all interno di siti di bonifica di interesse nazionale, è opportuno, vista la similitudine con lo scarico a mare, procedere a: 1. Caratterizzazione del fondo della vasca; 2. Relazione tecnica sulle modalità costruttive delle strutture di conterminazione utilizzate che tenga conto degli esiti della caratterizzazione dei sedimenti da sversare. 11

3.2.4 Posa di cavi o condotte Istanza presentata dal titolare dell intervento per il tramite della CP al Ministero (carattere internazionale) o alla Provincia (altre); Parere e/o proposta della Capitaneria di Porto; Parere della Regione; Relazione Tecnica descrittiva dell opera marittima e dei lavori di dragaggio e scarico; Caratterizzazione (meteomarina, idrologica, fisica, chimica, microbiologica, ecotossicologica e biocenotica) del sito di intervento; Piano di monitoraggio prima, durante e dopo (fino almeno ad un anno) l intervento sia nella zona di intervento ed in quella circostante, sia lungo le direttrici interessate dalle eventuali attività di trasporto del materiale in ambiente marino. Ai sensi del D.M. 24.01.1996 Allegato punto 9, nel caso di operazioni di posa di condotte e cavi che comportino l attraversamento di aree sensibili, dovranno essere valutate le opportune ipotesi alternative di modifica del tracciato e, qualora questa non fosse possibile, dovranno essere previsti i necessari interventi atti a minimizzare gli effetti di disturbo ed a ottimizzare i controlli ambientali. In caso di necessità, il provvedimento di autorizzazione potrà prevedere il ripristino dei siti alterati. 3.2.5 Moli e barriere artificiali Istanza presentata dal Sindaco del Comune interessato alla Provincia; Parere e/o proposta della Capitaneria di Porto; Parere della Regione; Relazione Tecnica descrittiva dell opera marittima e dei lavori di dragaggio e scarico; Caratterizzazione (meteomarina, idrologica, fisica, chimica, microbiologica, ecotossicologica e biocenotica) del sito di intervento; Piano di monitoraggio prima, durante e dopo (fino almeno ad un anno) l intervento sia nella zona di intervento ed in quella circostante, sia lungo le direttrici interessate dalle eventuali attività di trasporto del materiale in ambiente marino. 3.2.6 Procedura d urgenza Istanza al Ministero presentata dagli aventi titolo al mantenimento o ripristino dell operatività del porto o degli accosti Parere e/o proposta della Capitaneria di Porto corredata da: 1. Coordinate e planimetria della zona di scarico nell ambito di aree idonee preventivamente individuate; 2. Quantitativo dei materiali da scaricare; 3. Tempi di esecuzione dell intervento; 12

4. Planimetria della zona di escavo; 5. Dichiarazione attestante l effettivo sussistere delle ragioni di urgenza; 6. Dichiarazione attestante che nell area oggetto delle operazioni di dragaggio non sono occorsi incidenti che abbiano determinato inquinamento dei sedimenti. Caratterizzazione (fisica, chimica, microbiologica ed ecotossicologica) del materiale da dragare; Caratterizzazione (meteomarina, idrologica, fisica, chimica, microbiologica, ecotossicologica e biocenotica) dell eventuale sito di deposizione in ambiente marino e della zona circostante. In realtà, sarebbe opportuno che, visti i tempi necessariamente ridotti della procedura d urgenza, tali aree marine (non costiere) venissero individuate (con le precauzioni del punto 3.2.1) precedentemente, rendendone così possibile una completa caratterizzazione; Piano di monitoraggio prima, durante e dopo (fino almeno ad un anno) l intervento sia nella zona di prelievo, sia in quella di deposizione ed in quella circostante, sia lungo le direttrici interessate dalle eventuali attività di trasporto del materiale in ambiente marino. 3.2.7 Piccole movimentazioni Tutti gli anni avvengono piccole movimentazioni (da centinaia a poche migliaia di metri cubi) di materiale nell ambito, per esempio, della stessa spiaggia, che rappresentano interventi non di vero ripascimento, ma di semplice manutenzione periodica ai fini della fruizione turistico balneare, considerato che l effetto di tali interventi è temporaneo (spesso sono interventi periodici a carattere stagionale). Un esempio di questo tipo è lo spostamento longitudinale di materiale addossato alla parte sopraflutto di un pennello, che viene ridistribuito sulla spiaggia a monte delle direzione di transito dei sedimenti. Queste attività, inoltre, sono riferite a quanto specificato al comma 3 dell art. 35 del D.Lgs 152/1999 ed a quanto la Regione Toscana, con nota prot. n. 108/1781/09 del 28 marzo 2002, ha chiarito circa le opere di manutenzione degli arenili da non sottoporre a procedure di verifica o valutazione di competenza regionale. Tali opere devono prevedere solo apporto di materiali finalizzati esclusivamente a sostituire i materiali asportati da periodiche mareggiate. Il materiale immesso deve avere le stesse caratteristiche di quello asportato ed il progetto non deve prevedere variazioni plano - altimetriche del litorale, rispetto alla condizione esistente prima degli interventi di disturbo (mareggiate). In tali casi dovrà comunque essere richiesta l autorizzazione ex art.35 D.Lgs. 152/1999 da parte del Comune territorialmente competente, prevedendo solo verifiche di natura: ingegneristica: la movimentazione del materiale per quantità e collocazione non deve incidere negativamente sui processi costieri e sulla stabilità della spiaggia naturalistica: la movimentazione del materiale non deve interessare habitat di pregio ambientale (D.Lgs. 152/1999) Per questa autorizzazione non deve essere richiesta alcuna caratterizzazione, in quanto il materiale movimentato è gia parte integrante dei processi costieri, tranne che in presenza di accertate fonti di contaminazione (scarichi, corsi d acqua inquinati, ecc.). 13

Quindi, riassumendo, nei casi di piccole movimentazioni e comunque in tutte le movimentazioni che non rientrano in procedura di verifica o valutazione ambientale, la procedura da seguire è la seguente: Istanza presentata dal Sindaco del Comune interessato alla Provincia; Parere e/o proposta della Capitaneria di Porto; Relazione Tecnica descrittiva dell opera marittima. 14

4 PIANI DI CAMPIONAMENTO La strategia ottimale di campionamento deve consentire una caratterizzazione significativa dell intera superficie e del volume di materiale da sottoporre a prelievo. I campionamenti dovranno essere effettuati sotto la direzione di un tecnico della struttura preposta all esecuzione delle analisi, il quale dovrà redigere apposito verbale, da allegare alla documentazione tecnica dell istruttoria, corredato da planimetria dell area sulla quale siano evidenziati i punti di campionamento. Per tutti gli aspetti tecnici non previsti dal presente documento, così come nel caso di attività non adeguatamente rappresentate, si deve far riferimento al Quaderno ICRAM n. 1, 2002 Aspetti tecnico scientifici per la salvaguardia ambientale nelle attività di movimentazione dei fondali marini: Dragaggi portuali 4.1 DRAGAGGI PORTUALI E RIPASCIMENTI Nel caso di porti dove non sia ipotizzabile la presenza di importanti fonti di contaminazione, soprattutto riferite all immissione nell ambiente marino di sostanze pericolose come definite dal D.M. 367/2003, e, comunque, laddove l area portuale non sia di grande estensione e non vi siano attività commerciali, industriali o marittime tali da essere rilevanti ai fini della contaminazione delle acque, si propone l adozione di quanto stabilito dal D.M. 24.01.1996. Viceversa, laddove la situazione dell area sottoposta a dragaggio portuale sia tale da non avere certezze sulla presenza di contaminanti e sulla loro dislocazione nei diversi settori portuali, si raccomanda di utilizzare l approccio descritto da ICRAM- APAT nella Proposta del 2005, che è comunque conforme al dettato del D.M. 24.01.1996, ma ne aumenta i contenuti conoscitivi, sia come aree e punti di prelievo che come quote di analisi delle carote. 4.1.1 Aree portuali non rilevanti e ripascimenti (D.M. 24.01.1996) A solo titolo di esempio, si possono definire tali tutte le aree di porti o porticcioli turistici nei quali l attiva più rilevante è il diportismo turistico e dove le uniche fonti di contaminazione possono essere rappresentate dalle attività di manutenzione delle imbarcazioni (alaggio e rimessaggio, piccole riparazioni, ecc.) e da eventuali scarichi civili depurati. Si possono, altresì, assimilare a queste aree anche quelle comprensive di una piccola componente di attività commerciale (piccola pesca, trasporto persone su imbarcazioni turistiche, ecc.) e di un impianto di distribuzione carburanti dedicato solo al rifornimento di tutte queste tipologie di natanti. All area da sottoporre a dragaggio o ripascimento verrà sovrapposta una griglia a maglie quadrate di 100 metri di lato (10.000 m²di superficie). All interno di ciascuna maglia denominata area unitaria, saranno individuati due punti di campionamento, ubicati in modo tale da essere sufficientemente distanti tra loro e dagli altri punti delle maglie circostanti. Le eventuali aree residue, risultanti dal frazionamento in lotti da 10.000 m², andranno trattate: se superiori a 5.000 m², come se ciascuna fosse un area unitaria (e pertanto prelevando due campioni); 15

se inferiori a 5.000 m², prelevando un solo campione. Nei casi in cui la richiesta di autorizzazione allo scarico in mare sia relativa a superfici di escavo inferiori a 10.000 m², dovranno essere comunque individuati almeno due punti di campionamento non ravvicinati. Per ciascuno dei punti di campionamento, individuati secondo le procedure sopra specificate, sarà effettuato un carotaggio dalla superficie del sedimento alla quota più profonda dello strato da dragare. Da ciascuna carota così prelevata saranno sezionati: a) per carote di lunghezza fino a 1,5 metri, gli strati relativi ai 20 cm di superficie ed ai 20 cm di fondo; b) per carote di lunghezza superiore a 1,5 metri e fino a 2 metri, gli strati relativi ai 20 cm di superficie, ai 20 cm intermedi ed ai 20 cm di fondo. Per i casi in cui lo spessore del sedimento da dragare sia superiore a due metri, oltre ai campioni indicati al punto b), verrà prelevata una sezione, sempre di 20 cm, rappresentativa dello strato sottostante i 2 metri. Per ogni "area unitaria", verrà preparato un campione medio, rappresentativo di ciascuna delle quote campionate, ottenuto mescolando i campioni elementari di corrispondente profondità provenienti dalle carote raccolte, come sopra indicato. I campioni medi, così preparati, dovranno essere suddivisi in due aliquote, ciascuna delle quali di quantità sufficiente per l esecuzione di tutte le analisi richieste. Un aliquota sarà utilizzata direttamente per le analisi, mentre l altra dovrà essere conservata, a cura del laboratorio preposto alle analisi, in surgelatore a -18 C, fino al completamento dell istruttoria. 4.1.2 Aree portuali potenzialmente contaminate (ICRAM-APAT 2005) Si intendono tutte quelle aree dove vi siano, ad esempio, attività di cantieristica e costruzioni navali, traffico merci (petrolifere e non), trasporto passeggeri e mezzi, attività legate alla pesca commerciale ed alla conservazione dei prodotti ittici, aree critiche ad elevata concentrazione industriale, scarichi urbani (superiori almeno ai 10.000 AE) o industriali. Si raccomanda, comunque, di seguire sempre questo schema quando, dalle conoscenze pregresse, si abbiano notizie di episodi di contaminazione (sversamenti di idrocarburi o altro), di presenza nel passato di attività industriali o di fenomeni di anossie e morie di organismi marini. Il criterio di campionamento descritto tiene conto della eterogeneità batimetrica dei fondali, della variabilità qualitativa dei sedimenti, nonché dell articolazione strutturale interna dei porti italiani. Esso prevede tre tipologie di aree unitarie, ciascuna delle quali da caratterizzare mediante un solo punto di campionamento e da posizionare a ridosso dei manufatti interni al porto (tipologia 1), nelle zone centrali del porto a distanza dai manufatti (tipologia 2) e presso le zone all ingresso dei porti o lungo i litorali adiacenti a zone portuali (tipologia 3), purché in assenza di contaminazioni specifiche deducibili dalle informazioni pregresse: Tipologia «1» (PORTI) Lungo la perimetrazione interna caratterizzata dalla presenza di manufatti, quali ad esempio pontili, darsene e banchine, all area da sottoporre a dragaggio deve essere 16

sovrapposta una griglia a maglia quadrata con aree unitarie di campionamento di tipo «1» di 50 m x 50 m. Eventuali aree residue, risultanti dal frazionamento nei lotti di 2.500 m 2, possono essere tralasciate se di superficie inferiore a 1.500 m 2 Tipologia «2» (PORTI) Nelle zone interne a distanze dai manufatti superiori a 50 m, all area da sottoporre a dragaggio deve essere sovrapposta una griglia a maglia quadrata di lato pari a 100 m (area unitaria di tipo «2»). Tale griglia di aree unitarie deve essere posizionata in contiguità con le eventuali aree unitarie di tipo «1» e «3». Eventuali aree residue, risultanti dal frazionamento nei lotti di 10.000 m 2, possono essere tralasciate se di superficie inferiore a 5.000 m 2. Tipologia «3» (PORTI, AREE LITORANEE ADIACENTI) Nell ambito delle imboccature portuali, delle zone esterne al porto ad esse adiacenti, lungo le dighe di protezione esterna e le barriere frangiflutto, nonché di altre aree adiacenti alla linea di costa, all area da sottoporre a dragaggio deve essere sovrapposta una griglia a maglia quadrata di lato pari a 200 m (area unitaria di tipo «3»). Tale griglia di aree unitarie deve essere posizionata in contiguità con le griglie di aree unitarie «1» e «2» ove presenti. Eventuali aree residue, risultanti dal frazionamento nei lotti di 40.000 m 2, possono essere tralasciate se di superficie inferiore a 10.000 m 2. Figura 1 - Esempio di posizionamento delle aree unitarie di tipologia 1 e 2. 17

Figura 2 - Esempio di posizionamento delle aree unitarie di tipologia 1, 2 e 3. Figura 3 - Esempio di posizionamento delle aree unitarie di tipologia 1 in canali di larghezza inferiore a 100 m 18

Figura 4 - Esempio di posizionamento delle aree unitarie di tipologia 1 in canali di larghezza superiore a 100 m All interno di ciascuna area unitaria e per tutte le tipologie deve essere individuato almeno un punto di campionamento 7, rappresentativo dell area unitaria, posizionato in funzione del volume di materiale da dragare e della distanza dal punto delle aree unitarie contigue. Indipendentemente dalla superficie interessata, il numero dei punti non deve essere comunque inferiore a tre. L altezza di ciascuna carota deve essere pari allo spessore di materiale da asportare previsto nel punto di campionamento. Da ciascuna carota devono essere prelevate, sezioni di circa 50 cm, secondo le seguenti indicazioni: le carote fino a 2 m di altezza devono essere suddivise in sezioni di 50 cm, a partire dalla sommità, prelevando quindi un numero di sezioni da 1 a 4, in funzione della lunghezza della carota, tralasciando la sezione più profonda quando quest ultima risulti inferiore a 25 cm (esempi 1 e 2); per carote con altezza superiore ai 2 m, oltre ai 4 livelli di cui al punto precedente, deve essere prelevata una sezione di 50 cm rappresentativa di ogni successivo intervallo di 2 m, tralasciando la sezione relativa all intervallo più profondo quando quest ultimo risulti inferiore ad 1 m (esempio 3); qualora sia accertato il raggiungimento del substrato geologico naturale costitutivo dell area, per il quale si possa escludere qualunque contaminazione antropica, è sufficiente il prelievo di una sola sezione di lunghezza 50 cm rappresentativa dell intero strato di base (esempio 4). In tal caso dovrà essere redatta apposita dichiarazione di responsabilità da parte del soggetto che richiede l autorizzazione, corredata da idonea relazione geologica. 7 Nel caso di situazioni di particolare rischio o di diversa dispersione degli inquinanti dovranno essere posizionati almeno due punti per ogni area unitaria e verrà preparato un campione medio, rappresentativo di ciascuna delle quote campionate, ottenuto mescolando i campioni elementari di corrispondente quota. 19

Figura 5 - Esempi di sezioni delle carote da prelevare per le analisi 4.2 POSA DI CAVI E CONDOTTE, COSTRUZIONE DI MOLI E BARRIERE Per la costruzione di moli e barriere, ai fini della caratterizzazione analitica dei materiali, i campioni devono essere prelevati nello strato superficiale dei sedimenti tramite benna o boxcorer lungo la direttrice del tracciato con una frequenza di prelievo di un campione ogni 200 m. Per la posa di cavi e condotte, ai fini della caratterizzazione analitica dei materiali, i campioni devono essere prelevati nello strato superficiale dei sedimenti tramite benna o boxcorer lungo la direttrice del tracciato con una frequenza di prelievo di un campione ogni 200 metri sino a 1.000 metri di distanza dalla costa per un numero minimo di cinque campioni. Per il tratto successivo sino a tre miglia dalla costa, dovranno essere prelevati ulteriori cinque campioni. Per i tratti successivi sino a completamento del tracciato la frequenza di prelievo varierà a seconda della tipologia del substrato e della variabilità delle biocenosi, in modo tale da ottenere una rappresentazione significativa delle caratteristiche dell area. Per i tratti successivi all isobata dei 200 metri sarà sufficiente fornire una descrizione delle caratteristiche generali dei sedimenti dell area. 20

Nel caso di posa di cavi, in cui le operazioni di affossamento e ricoprimento del cavo avvengano in maniera simultanea e con l utilizzo di tecniche di escavazione che minimizzano la dispersione dei sedimenti nell ambiente circostante, la frequenza del campionamento lungo il tracciato può essere ridotta del 50%. Nel caso di operazioni che interessino aree portuali o comunque zone in cui sia ipotizzabile un significativo livello di inquinamento e che comportino lo scarico, anche solo parziale, dei materiali in zona diversa da quella dell escavo, il campionamento dovrà essere svolto con le modalità di seguito indicate. Per ciascuno dei punti di campionamento, dovrà essere effettuato un carotaggio dalla superficie del sedimento alla quota più profonda dello strato da dragare. Da ciascuna carota così prelevata saranno sezionati: a) per carote di lunghezza fino a 1,5 metri, gli strati relativi ai 20 cm di superficie ed ai 20 cm di fondo; b) per carote di lunghezza superiore ai 1,5 metri e fino a 2 metri, gli strati relativi ai 20 cm di superficie, ai 20 cm intermedi ed ai 20 cm di fondo. Per i casi in cui lo spessore del sedimento da dragare sia superiore a due metri, oltre ai campioni indicati al punto b) verrà prelevata una sezione, sempre di 20 cm, rappresentativa dello strato sottostante i 2 metri. 4.3 DEPOSIZIONE DI MATERIALI IN AREE MARINE NON COSTIERE Questa tipologia di movimentazione si riferisce all eventualità di dover autorizzare uno scarico a mare di materiale proveniente da fondale marino (competenze del Ministero), per esempio a seguito di procedura d urgenza. La superficie del sito di immersione dovrà essere sufficientemente estesa in rapporto alla quantità dei materiali da scaricare (almeno pari a 20 volte il volume) ed il ricoprimento teorico medio del fondale non deve essere superiore a 5 cm, spessore che risulta compatibile con i processi di ricolonizzazione da parte degli organismi bentonici. A tal fine, si raccomanda l individuazione di più siti di immersione al fine di poter disporre di alternative in caso di «saturazione» del sito selezionato 8. L area del sito di immersione deve essere definita secondo forme geometriche regolari (quadrati o rettangoli), suddivisibili in subaree unitarie di 1 x 1 miglia nautiche (mn) nelle quali differenziare temporalmente i volumi di materiale da scaricare. Devono essere individuate, inoltre, almeno due aree di controllo (di almeno 1mn x 1mn) che abbiano le stesse caratteristiche del sito e che non siano influenzate da attività di origine antropica e presumibilmente anche da quelle di scarico. Per siti di immersione con superficie maggiore di 2 mn 2 devono essere posizionate un numero di stazioni di campionamento, scelte in relazione all ampiezza e alla variabilità delle sue caratteristiche (almeno due per ogni mn 2 ) come da Figura 6. 8 La Regione dovrebbe procedere all individuazione di siti adatti a ricevere questi materiali basandosi o su precedenti caratterizzazioni o su nuove indagini, in modo da sapere in anticipo dove e quanto materiale potrà essere scaricato in caso di necessità 21

Per siti di immersione con superficie minore di 2 mn 2 devono essere previste comunque almeno 3 stazioni di campionamento, posizionate con i medesimi criteri. Allo stesso modo nelle aree di controllo devono comunque essere posizionate in maniera random almeno 3 stazioni di campionamento per ogni mn 2 (Figura 6). Figura 6 - Esempio di campionamento di sedimenti per la caratterizzazione di siti di immersione. 4.4 PIANI DI MONITORAGGIO Le attività di movimentazione devono essere sottoposte a controlli sia in corso d opera sia al termine delle operazioni e ad almeno un anno dal termine dell intervento (con frequenza diversa a seconda dei diversi parametri considerati), mediante la formulazione di specifici Piani di monitoraggio, da definire caso per caso, con l obiettivo di verificare tutte le condizioni di salvaguardia ambientale. In particolare si segnala il controllo di: caratteristiche meteomarine climatologiche annuali, stagionali ed estreme; caratteristiche dinamiche della massa d acqua (ondametria, correntometria superficiale e profonda); caratteristiche fisiche del fondale (batimetria e morfologia) quantità del materiale movimentato; granulometria dei sedimenti superficiali (nel caso di ripascimenti); 22

rilievi topografici della linea di riva e della spiaggia emersa nel sito di ripascimento e nell area circostante; caratteristiche chimico-fisiche della colonna d acqua (fluorescenza, torbidità, ph, salinità, ossigeno disciolto, particellato sospeso, nutrienti, produttività primaria); possibili alterazioni delle biocenosi di elevato pregio naturalistico; principali popolazioni ittiche demersali ed eventuale presenza di aree di nursery. possibili aumenti di concentrazione nella colonna d acqua di quei contaminanti risultati particolarmente a rischio nella fase di caratterizzazione del sedimento; variazioni della biodisponibilità e mobilità dei contaminanti mediante l utilizzo di bioindicatori. In ogni caso, tutti i piani di monitoraggio, così come quelli di caratterizzazione, devono essere validati da ARPAT, anche qualora fossero eseguiti da altri soggetti pubblici o privati (istituti scientifici, università, ecc.) ed a prescindere dalle eventuali attività di controllo ambientale istituzionale e di controanalisi dell Agenzia. Tutte queste indagini dovranno essere effettuate sui fondali marini del sito oggetto dell intervento sia di prelievo che di eventuale scarico o deposizione (ripascimento), nelle zone potenzialmente sottoposte all influenza della movimentazione, sulla base delle caratteristiche meteomarime, idrologiche e sedimentologiche, in quelle interessate dalle eventuali attività di trasporto dei materiali e nelle aree di controllo. 23

5 CARATTERIZZAZIONE DEL MATERIALE DA MOVIMENTARE La caratterizzazione ambientale ai fini della richiesta di Autorizzazione è a cura ed onere del proponente. Le analisi devono essere condotte da Enti e/o Istituti Pubblici oppure da laboratori privati accreditati da organismi riconosciuti ai sensi della UNI CEI EN 45003 per le prove relative ai parametri sottoelencati. 9 I risultati delle analisi dovranno essere riportati su certificati rilasciati dai laboratori che le effettuano ed essere allegati all istruttoria in originale. Almeno nei casi di dragaggi di aree estese, siano esse portuali o no, ed in quelle all interno di aree portuali potenzialmente contaminate (vedi 4.1.2), per ciò che concerne i parametri chimici, almeno il 10% dei campioni dovrebbe essere analizzato anche da un secondo soggetto, di natura pubblica, incaricato dal proponente. A tal fine il piano di campionamento dovrà prevedere il prelievo di 3 aliquote per il 10% del totale dei campioni. Il numero di aliquote da destinare a tali controanalisi deve comunque essere non inferiore a 3. Per i parametri fisici, chimici e microbiologici da analizzare e valutare sono stati utilizzati come riferimento tecnico e/o normativo i seguenti elementi: quanto stabilito dal D.M. 24.01.1996 nei diversi casi (allegato B/1 e B/2); i limiti di accettabilità stabiliti dal D.M. 471/1999; i parametri presenti nel Quaderno ICRAM 1/2002 e nella bozza di Proposta di allegati tecnici del regolamento emanato in applicazione del D.Lgs. 11/05/99, n. 152, art.35, commi 2 e 5 presentata nell aprile 2005 da ICRAM ed APAT al Ministero dell Ambiente; i parametri ed i limiti previsti dall art. 1 comma 7 del D.M. 367/2003, che fissa gli standard di qualità per le sostanze pericolose nei sedimenti marini (allegato A tabella 2). 5.1 CARATTERIZZAZIONE FISICA Aspetto macroscopico dei materiali: colore, odore, eventuale presenza di concrezioni o altri materiali grossolani; granulometria (scala Wentworth); % umidità; peso specifico. 5.2 CARATTERIZZAZIONE CHIMICA Organometalli: TBT; Metalli: mercurio, cadmio, piombo, arsenico, cromo totale, rame, nichel, zinco, vanadio, alluminio; Idrocarburi Policiclici Aromatici: acenaftene, antracene, fluorantene, fluorene, fenantrene, indopirene, naftalene, pirene, risene, benzo(a)antracene, benzo(a)pirene, 9 Salvo diverso parere della Regione Toscana (vedi anche pag. 7) 24