Macchine semplici. Vantaggi maggiori si ottengono col verricello differenziale (punto 5.5.) e col paranco differenziale (punto 5.6).



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Macchine semplici Premessa Lo studio delle macchine semplici si può considerare come una fase propedeutica allo studio delle macchine composte, poiché il comportamento di molti degli organi che compongono queste ultime è assimilabile a quello di macchine semplici (punto 5.1). Ridotte le forze resistenti e le forze motrici agenti su di esse alle loro risultanti Q (resistenza) e P ( potenza), lo studio dell equilibrio delle macchine semplici si effettua con le equazioni generali della statica applicate al semplice sistema costituito da queste due forze. In assenza d attrito si può allora calcolare l intensità della potenza P da applicare, note che siano la resistenza Q e le caratteristiche geometriche della macchina, e stabilire se essa è vantaggiosa, svantaggiosa o indifferente. Cosi per la leva, noti i bracci di P e di Q e la loro posizione relativa rispetto al fulcro, si trova che essa è sempre vantaggiosa se di 2 genere, sempre svantaggiosa se di 3 genere e che può essere vantaggiosa o indifferente se di 1 genere (punto 5.2.). In modo analogo alla leva si studia l equilibrio della carrucola fissa, che risulta indifferente, e della carrucola mobile che risulta vantaggiosa (punto 5.3.). Il verricello semplice, con ruota e tamburo e il verricello a manovella si comportano come leve di 1 genere vantaggiose (punto 5.4.). Vantaggi maggiori si ottengono col verricello differenziale (punto 5.5.) e col paranco differenziale (punto 5.6). Esaurito così lo studio della leva e delle macchine semplici da essa derivate, si passa allo studio del piano inclinato, trovando che esso è vantaggioso per qualsiasi inclinazione compresa tra 0 e 90 se la forza motrice agisce parallelamente al piano inclinato e che è vantaggioso solo per inclinazioni da 0 a 45 quando la forza motrice agisce parallelamente alla sua base (punto 5. 7.). Sempre vantaggioso risulta il cuneo, che si può pensare derivato dal piano inclinato, e tanto più vantaggioso quanto minore è il suo angolo di apertura (punto 5.8.). Il vantaggio della vite dipende dal suo passo e dal suo raggio medio. Piccoli passi e grandi raggi medi consentono di vincere grandi resistenze con potenze relativamente piccole. Per viti con forze motrici aventi bracci b > r m il vantaggio è, a parità di passo, tanto maggiore quanto più grande è la lunghezza del braccio di manovra (punto 5.9.).

5.1 - Macchine semplici e macchine composte Pur esistendo numerosissimi tipi di macchine, esse si possono distinguere fondamentalmente in due categorie: macchine semplici; macchine composte. Si definiscono macchine semplici quelle formate da un solo organo meccanico, assimilabile al un corpo rigido vincolato ad un punto o ad un asse o ad un piano fisso, capace di equilibrare o vincere, mediante forze motrici, forze resistenti esterne. Le macchine composte si possono invece definire come un insieme di organi, in parte fissi e in parte univocamente mobili, mediante i quali forze motrici esterne applicate ad uno di essi (movente) vengono trasformate e trasmesse ad un altro organo (cedente) per equilibrare o vincere forze resistenti esterne che agiscono su di esso. Esse si possono perciò riguardare come un insieme di macchine semplici. E quindi opportuno, prima di affrontare lo studio degli organi delle macchine composte, stu-diare l equilibrio delle macchine semplici, in regime ideale, cioè in assenza di attrito, lo studio si effettua applicando le equazioni di equilibrio della Statica al sistema di due forze, dette resistenza (Q) e potenza (P), ottenute riducendo le forze esterne resistenti e le forze esterne motrici alle loro risultanti. Se l equilibrio si ottiene con una potenza P minore della resistenza Q si dice che la macchina è vantaggiosa. Nei punti che seguono studieremo l equilibrio delle macchine semplici fondamentali, che sono la leva e il piano inclinato e delle altre macchine che si considerano da esse derivate: carrucola fissa, carrucola mobile, verricello, argano, paranco, derivate dalla leva; vite e cuneo, derivate dal piano inclinato. 5.2 - Leva Lo schema statico della leva è molto semplice: un asta rigida, che può ruotare intorno ad un punto fisso O detto fulcro, ai punti A e B della quale sono applicate la potenza P e la resistenza Q. fig. 5.la.b,c, sono rappresentate 1, 2, 3 genere, che differiscono per diversa posizione reciproca dei punti O, A, P. Alla distanza a = OA si assegna il nome braccio della potenza e alla distanza b = OB il nome di braccio della resistenza. Nota la resistenza Q, per la determinazione dei valori della reazione R, del vincolo O, e della potenza P sono sufficienti un equazione d equilibrio al la traslazione verticale e una equazione di equilibrio alla rotazione intorno al fulcro O. Assunto come positivo il senso delle forze dirette verso il basso e quello orario per la rotazione, le equazioni di equilibrio per la leva di 1 genere risultano: ΣV = P R + Q = 0 ΣM = P a + Q b 0 0 =

Da esse si ricavano le relazioni: R = P + Q P = Q x b/a dalla seconda delle quali si rileva che le forze P e Q sono inversamente proporzionali ai loro bracci: P b = per cui: Q a se b < a è P < Q la leva è vantaggiosa se b > a è P > Q la leva è svantaggiosa se b = a è P = Q la leva è indifferente Per la leva di 2 genere si ha: ΣV = P + Q R = 0 ΣM 0 = P a + Q b = 0 dalle quali si ricava: R = Q P e P = Q x b/a Essendo sempre b < a risulta P < Q e quindi la leva è sempre vantaggiosa. Infine le la leva di 3 genere risulta: ΣV = Q P + R = 0 ΣM 0 = Q b + P a = 0 e quindi: R = P Q e P = Q x b/a Essendo sempre b > a risulta P > Q e perciò la leva è sempre svantaggiosa. Organi o attrezzi meccanici schematizzati come leve sono, ad esempio, il bilanciere delle valvole in testa del motore a scoppio (1 genere), la morsa da banco (2 genere), la pinza, la cesoia, il tronchesino, la tenaglia, tutte di 1 genere. 5.3 - Carrucola La carrucola è una macchina semplice costituita da una ruota con scanalatura per l avvolgimento di una fune o di una catena e da un perno, intorno al quale essa può girare. A seconda del modo d impiego può essere fissa o mobile. Nella carrucola fissa la ruota gira intorno al suo perno O portato da una staffa che la collega ad un attacco fisso K (fig. 5.2a).

La potenza P e la resistenza Q sono applicate agli estremi A e B della fune o della catena. Il suo schema statico è quello di una leva di 1 genere (fig. 5.2b), per cui valgono ancora le rela-zioni (5.1) in cui si ponga a = b = r, essendo r il raggio della ruota. Con questa posizione esse diventano: R = P Q e P = Q x r/r = Q La carrucola fissa risulta perciò una macchina indifferente e la sua utilità consiste solo nel fatto di poter equilibrare la resistenza Q con una potenza P diretta verso il basso come la resistenza. La carrucola mobile differisce da quella fissa, perché la resistenza Q è applicata al perno mediante una staffa e il suo vincolo fisso realizzato mediante un estremo della fune della catena. All altro estremo di essa è applicata la potenza P (fig. 5.3a). Il suo schema statico è quello di una leva di genere (fig. 5.3b) per cui valgono ancora le relazioni ( 5.2) in cui si faccia a = 2 x r e b = r. Risulta pertanto: R = Q - P e P = Q x r/2r = Q/2 La carrucola mobile è quindi una macchina vantaggiosa, forza motrice si equilibra sempre una forza resistente doppia. 5.4 Verricello semplice Il verricello semplice è una macchina semplice le cui parti essenziali sono due cilindri di diametro diverso che possono ruotare intorno alloro asse comune. Il cilindro di diametro minore si chiama tamburo e quello di diametro maggiore ruota (fig. 5.4a). La macchina è sollecitata a girare in versi contrari dalla resistenza Q e dalla potenza P applicate all estremità di due funi avvolte in senso contrario rispettivamente sul tamburo e sulla ruota. Nota la forza Q ed i raggi r e R del tamburo e della ruota, si determina P mediante l equazione di equilibrio alla rotazione intorno all asse comune di ruota e tamburo, dalla quale risulta: P x R = Q x r e quindi: P = Q x r / R Il verricello semplice è perciò una macchina semplice il cui schema statico è quello di una leva di 1 genere vantaggiosa, essendo R > r (fig. 5.4b).

Solitamente i verricelli semplici si realizzano sostituendo la ruota con una manovella, ottenendo così dei verricelli a manovella (fig. 5.5a). Detta R m la lunghezza della manovella, lo schema statico che gli corrisponde è quello di 5.5b, cioè quello di una leva di 1 genere vantaggiosa, ma nella quale il braccio R m della potenza è ruotante intorno al fulcro O. Vige naturalmente ancora la relazione vista in precedenza. 5.5 Verricello differenziale Il vantaggio che si può ottenere col verricello semplice, è tanto maggiore quanto maggiore è il raggio R della ruota o quanto minore è il raggio r del tamburo: in entrambi i casi infatti, a parità di resistenza Q occorrerebbe applicare una potenza P minore. In pratica le dimensioni di tamburi e ruote non possono variare oltre certi limiti, per ragioni d ingombro o di resistenza dei materiali. Per ottenere vantaggi maggiori con note e tamburi di dimensioni normali si ricorre allora al verricello differenziale (fig. 5.6a). Esso è costituito da un tamburo e da una ruota coassiali, di diametri leggermente diversi, da una manovella e da una fune ai cui capi sono collegati uno al tamburo e l altro alla ruota. La resistenza Q è applicata ad una carrucola mobile su cui si avvolge la fune.

Durante la rotazione che produce il sollevamento della resistenza Q la fune si svolge dal tamburo e si avvolge sulla ruota. Sui due tratti di fune che giungono alla ruota e al tamburo risultano applicate due forze, ciascuna pari a Q/2. L equazione di equilibrio alla rotazione intorno all asse di rotazione di traccia O Q Q (fig. 5.6b) diventa in questo caso: P Rm r + R = 0 Da essa si ricava: 2 2 Q ( R r) P = 2 R m La macchina risulta quindi tanto più vantaggiosa quanto minore è la differenza (R- r) e più grande è il braccio R m della manovella. 5.6 Paranchi e taglie Con la carrucola mobile descritta al punto (5.3) la potenza P viene dimezzata, ma è diretta in senso opposto alla resistenza Q, cioè verso l alto. Si può ovviare a questo inconveniente accoppiando una puleggia mobile a una puleggia fissa, il cui effetto è solo quello di cambiare il verso di P, ottenendo il complesso di fig. 57 a cui si dà il nome di paranco semplice. Cosi facendo resta ancora valida la relazione: P = Q/2 e il verso di P risulta concorde a quello di Q. 5.7 Paranco differenziale IL vantaggio del paranco si può accrescere ulteriormente aumentando il numero delle carrucole che lo compongono. Adottando ad esempio due pulegge fisse e due pulegge fisse e due pulegge mobili si ottiene l apparecchio di fig. 5.8. A meccanismi del genere si dà il nome di paranchi multipli o taglie. Per motivi di ordine pratico di solito non si superano le tre o quattro carrucole mobili, specialmente se l apparecchio deve essere trasportabile. In installazioni di tipo fisso si utilizzano taglie con un numero superiore di carrucole che possono arrivare fino a 10 12. Un paranco multiplo ad n carrucole mobili si può assimilare a n paranchi semplici, per cui la potenza Q risulta: P = n e il vantaggio che ne deriva può 2 essere notevole. Nel caso di fig. 5.8, essendo n =2, si ottiene una potenza: P Q/4 realizzando un vantaggio doppio rispetto al paranco semplice. Gli stessi vantaggi del verricello differenziale descritto al punto 5.5, sono offerti anche dal paranco differenziale, che ha in più il pregio di essere più facilmente trasportabile (fig. 5.9). Al posto del tamburo e della ruota del verricello, nel paranco differenziale si hanno infatti due pulegge meno pesanti e ingombranti.

Le pulegge hanno gole intagliate per l avvolgimento di una catena. L impiego della catena e delle pulegge a gole intagliate è necessario per evitare slittamenti che si verificherebbero usando una fune, perché in questo caso non ci sono estremità fisse e l arco di avvolgimento sulle pulegge è molto ridotto. L intensità della potenza P si determina scrivendo l equazione di equilibrio alla rotazione intorno all asse delle pulegge di traccia O. Detti R ed r i loro raggi, per l equilibrio si ha: Q Q Q ( R r) P R r + R = 0 e quindi: P = 2 2 2 R La forza P diventa tanto più piccola, e quindi il vantaggio diventa tanto più grande, quanto più piccolo si fa il rapporto: (R - r) / R. Numerosi sono i tipi di paranchi e di verricelli presenti attualmente sul mercato, ma non si può farne una classificazione, in questo capitolo dedicato alle macchine semplici. 5.8 Piano inclinato Col nome di piano inclinato si indica la macchina semplice costituita da un piano indeformabile, capace di sostenere un carico, che forma un certo angolo α con il piano orizzonta le (fig. 5.10a). Il suo schema statico è un triangolo rettangolo il cui cateto orizzontale b costituisce la base del piano inclinato, quello verticale h, l altezza e l ipotenusa l la lunghezza (fig. 5. 10b). L angolo α è l inclinazione del piano indicato, la cui pendenza è espressa dalla tangente h dell angolo α e vale: = tan gα b Un corpo di peso Q appoggiato sul piano inclinato tende a scendere se non gli viene applicata una forza motrice P. Lo studio dell equilibrio si effettua nei due casi: a) forza motrice P parallela al piano inclinato: b) forza motrice P parallela alla base del piano inclinato.

Nel primo caso si scompone il peso Q nella componente Q parallela al piano inclinato e nella componente Q normale ad esso (fig. 5.11). Con le notazioni di figura esse valgono: Q = Q sen a Q Q cos a Nell ipotesi di operare in regime ideale, cioè in assenta di attrito, la componente Q non influenza il moto del corpo in quanto è equilibrata dalla reazione del piano inclinato. La forza resistente è rappresentata quindi dalla sola componente Q e per ottenere l equilibrio prossimo al moto ascendente basta applicare al corpo una forza P di intensità: P = Q = Q x sen α [5.9] Nel secondo caso il peso Q si scompone nella componente Q normale al piano inclinato e nella componente Q parallela alla sua base (fig. 5.12). Esse valgono rispettivamente : Q = Q tang α Q = Q / cos α Anche in questo caso l influenza della componente Q sul moto del corpo è nulla. Per l equilibrio si deve quindi applicare al corpo la forza motrice: P = Q = Q tang α [5.10] Facendo variare l angolo a tra i valori: 0 α 90 dalla (5.9) si vede che con la forza motrice parallela al piano inclinato si ha sempre vantaggio poiché è sempre sen α < 1 e quindi P < Q. Solo per α = 90 si ha P = Q Dalla (5.10) si vede invece che con la forza motrice parallela alla base si ha il vantaggio solo fino al valore α = 45, per il quale è tg α = 1 e quindi P = Q. Per valori di α tra 45 e 90 il valore della tangente diventa maggiore di uno e non si ha più vantaggio ( P > Q ). Per valori dell angolo α = 5 6 le due relazioni ( 5,9) e ( 5.10) si possono usare indifferentemente, senza tenere conto della direzione della forza motrice P perché, come è noto, per tali valori la differenza tra le funzioni trigonometriche sen α e tang α è così piccola che si può ritenere: sen α = tang α. Nella pratica il piano inclinato trova applicazione per il carico e lo scarico di corpi pesanti. realizzato sia manualmente che con mezzi meccanici.

5.9 Cuneo Il cuneo è un solido prismatico a base triangolare ABC, in cui si distinguono la testa, normalmente alla quale agisce la forza motrice P, e i fianchi, sui quali agiscono le resistenze Q. Lo spigolo di traccia A, che può anche mancare, costituisce il tagliente. L angolo 2α formato dai fianchi è l angolo di apertura del cuneo (fig. 5. 13a). Le resistenze Q si oppongono alle componenti N di P normali ai fianchi. Per l equilibrio del cuneo deve essere chiuso il poligono delle forze che su esso agiscono (fig. 5.13b). Dal suo esame si ricava: (5.11) P = 2 Q senα che esprime la condizione di equilibrio alla traslazione verticale. Quella di equilibrio alla traslazione orizzontale è pure soddisfatta, essendo le due componenti Q cosa uguali ed opposte. Dalla relazione (5.11) si deduce che il cuneo è tanto più vantaggioso quanto minore è il suo angolo di apertura 2α Per piccoli valori di 2α si possono vincere grandi resistenze Q con piccoli valori di P. Utensili a forma di cuneo vengono utilizzati per operazioni di taglio (accette. scalpelli, coltelli, ecc.) e dispositivi a forma di cuneo servono per la registrazione e il collegamento di organi di macchine (chiavette, spine coniche. biette, ecc.). 5.10. Vite La vite è costituita da un corpo cilindrico detto nucleo sulla cui superficie si avvolge ad elica un risalto, detto filetto, a sezione triangolare, rettangolare, trapezia, ecc. (fig. 5. 14).

Ogni vite è caratterizzata dal passo della filettatura p e dal raggio medio r m,. Il passo è la distanza tra due punti consecutivi A e B del filetto situati sulla stessa generatrice. Il raggio medio r m, è la distanza tra l asse della vite e la generatrice media del filetto. Il tratto di elica compreso tra due suoi punti consecutivi situati sulla stessa generatrice si dico spira dell elica media. La spira AB dell elica avvolta sul cilindro di raggio r m, è una spira dell elica media del filetto (fig. 5.15). Si dice angolo di inclinazione dell elica l angolo costante formato dalla tangente all elica in un suo punto qualunque, con il piano normale all asse della superficie cilindrica. Sviluppando la superficie cilindrica su un piano, l angolo di inclinazione risulta definito da una spira e dalla circonferenza di base della superficie cilindrica rettificate. Nel caso della spira dell elica media esso è uguale all inclinazione α del piano inclinato di altezza h p h = p e base b = 2 π rm, la cui pendenza vale: = = tan gα b 2π rm La vite si accoppia con la madrevite che è un corpo sulla cui superficie interna si svolge una scanalatura di sezione uguale a quella del filetto della vite. La coppia costituita da vite e madrevite si dice coppia elicoidale e può essere realizzata in modo che: a) la vite ruoti e avanzi assialmente, mentre la madrevite è ferma; b) la vite ruoti senza poter avanzare, in questo caso è la madrevite che si sposta assialmente. Il caso (a) è quello delle viti di collegamento, mentre il caso (b) è quello delle viti di manovra. Nel secondo caso, operando in assenza dì attrito, sotto l azione del carico Q ad essa applicato la madrevite scenderebbe ruotando su se stessa. La discesa può essere impedita applicando tangenzialmente alla vite, in un piano perpendicolare all asse, una forza capace di opporvisi. Il caso in esame corrisponde a quello del piano inclinato con forza motrice parallela alla base. Tale piano, trattandosi di una vite, è rappresentato dallo sviluppo della spira dell elica media ed ha le dimensioni h, b e la pendenza prima definite. p Indicando con P la forza motrice e ricordando la (5.10) si ha allora: P' = Q tan gα = Q 2π r m

Il vantaggio della vite risulta quindi inversamente proporzionale al suo passo e direttamente proporzionale al suo raggio medio. Alla stessa conclusione si perviene anche nei caso di madrevite fissa e vite mobile. Nel caso in cui la forza motrice agisce in un piano normale all asse della vite ma con braccio b > r m come accade quando si avvitano i dadi dei bulloni con le apposite chiavi, si risale all intensità P della forza motrice dalla condizione di equilibrio tra il suo momento rispetto all asse di rotazione e ' p quello della forza P (fig.5.16). Si ottiene: P b = P rm = Q rm e semplificando si ha 2π rm p : P = Q 2π b Il vantaggio della vite è allora inversamente proporzionale al suo passo e direttamente proporzionale alla lunghezza del braccio della chiave di manovra.