Giuseppe Limone, Chiromanzia della parola. Lessico da rottamare, in Fresco di Stampa, rivista mensile, n 2 Anno IV, Febbraio 2009
Chiromanzia della parola. Lessico da rottamare Esiste un paradosso nella democrazia contemporanea, per cui mentre i democratici teorizzano l esportazione della democrazia anche con le armi, le democrazie degli esportatori sono dai democratici stessi sempre più delegittimate. La parola democrazia si è logorata al punto da rendere difficile capire che cosa sia democrazia e a che cosa si contrapponga. Siamo tutti democratici. Democrazia è il diritto di parola? È il principio di maggioranza? È il principio delle minoranze? È la libertà di espressione? È la partecipazione alla gestione del potere? E la possibilità garantita del dissenso? È il rispetto dei diritti altrui? Poiché siamo tutti democratici, non si capisce bene su che cosa litighiamo. La democrazia è diventata un lecca lecca con cui si può condire qualsiasi discorso. Per capirla proviamo a estrarle il cuore. Come è noto, democrazia significa governo del popolo, ossia governo del popolo da parte del popolo. Che cosa è il popolo? La risposta è solo apparentemente semplice, perché il concetto di popolo non è empirico ma simbolico. Esso non dice la mera somma degli individui, i quali sarebbero, in questo senso, tutt al più, gente, ossia folla di individui. Il popolo non è una mera somma empirica di individui, ma un idea: l idea per la quale si crede che un insieme di individui possa avere consapevolezza di un bene comune. In 2
questo senso, il popolo non è soltanto l insieme dei singoli, ma la consapevolezza di una tradizione, di valori, di una Carta costituzionale vissuta e, soprattutto, dell idea che ciò che unisce è molto più di ciò che divide. Potremmo dire perciò che il concetto di popolo essendo un concetto simbolico è un concetto teologico: esso sta, per così dire, al posto di Dio perché sa dell esistenza del bene comune e non si sbaglia nel riconoscerlo e volerlo. Un tale popolo deve poter governare sé stesso nella forma della democrazia. In che modo lo farà? Potrà farlo in forma diretta, ma, nel mondo contemporaneo, lo fa in forma indiretta, cioè attraverso rappresentanti che sono eletti con mandato fiduciario il che significa senza vincoli predefiniti. Come si realizza una tale democrazia rappresentativa? Lo si fa attraverso un insieme di procedure mirate alla costituzione di organismi rappresentativi, fra le quali quella del voto libero e segreto. La democrazia contemporanea pensa che la procedura democratica sia sufficiente per realizzare la democrazia, essa però non dice che cosa è accaduto del voto e, soprattutto, non dice quali sono i presupposti del voto stesso. Siamo nel tempo in cui i partiti politici si sono trasformati in forme industriali del consenso. Chi cattura più voti, pertanto, è nelle condizioni per dire che, poiché la somma maggioritaria dei voti rappresenta il popolo, essi rappresentano il popolo. Ma è così? Quali sono i presupposti del voto su cui la procedura del votare nulla dice? Presupposto essenziale del voto è che ci sia una serrata discussione tra le persone, che ci sia la possibilità di parlare e di ascoltare, che si guardi a ciò che l altro dice senza pregiudizi, che si guardi al bene comune, di cui il proprio bene individuale fa parte. Forse non guasterà qui dire che il bene comune può meglio comprendersi se lo si intende come la condivisa percezione della catastrofe comune. Siamo però nel mondo in cui chi non è visibile non è e, soprattutto, siamo nel mondo in cui si è sostituita la potenza di uccidere con la potenza di comprare: non ti 3
uccido, ti compro. Occorrono inoltre, non solo i presupposti del voto, ma i presupposti del comportamento dell eletto: che l eletto sappia di rappresentare la volontà del bene comune e se ne senta vincolato. Nelle condizioni d oggi, il voto dei singoli individui è franato nei sui presupposti. Chi vota non partecipa ad una discussione ma scambia il proprio interesse con qualcosa che gli viene offerto. Ossia, il popolo di cui parlavamo si è dissolto nella sommatoria dei singoli individui separati fra di loro. Ci sono alcuni equivoci sulla democrazia. Uno consiste nell idea che la verifica della volontà popolare risulti dai sondaggi, laddove invece il sondaggio è solo una registrazione di singole opinioni avulse da ogni informazione e discussione comune. La democrazia si snatura così in sondaggiocrazia. C è un secondo equivoco consistente nel credere che la verifica del consenso popolare debba essere controllata istante per istante come con un tachimetro: si dimentica così che una volontà popolare vera deve potersi esprimere nel tempo e non momento per momento. Ne nasce l illusione di una democrazia al tachimetro che non consente nessun governo lungimirante sulle soluzioni da adottare. In tali condizioni, la democrazia può costituire una veste con cui può passare qualsiasi decisione pilotata o comprata dall alto. L intera questione può essere oggi ripensata incominciando a capire che il concetto di popolo non può essere ridotto alla mera sommatoria delle procedure con cui si vota e che, d altra parte, la libertà di opinione che è sacrosanto diritto civile non può essere confusa con una rinuncia a distinguere fra le qualità diverse delle opinioni. Se mancano tutti i presupposti detti, sommando le tessere dei voti non si ottiene più l immagine del popolo, ma la tirannia di colui che ha collezionato più voti. L idea del popolo è l idea che la verità non si mette ai voti perché esiste la fede che stando insieme si individuino i contorni del bene condiviso e della catastrofe comune. 4
Ci si domanda perciò: l idea di popolo è morta? Se l idea di popolo è morta, è morta la democrazia. La quale ormai è ridotta al suo più misero significato: che non è quello per cui chi è eletto rappresenta il bene comune ma, è quello per cui chi comanda è esposto almeno al timore permanente di poter perdere in qualsiasi momento il potere collezionato. Ma la democrazia può risorgere, a certe condizioni. 1)Occorre che sia recuperata qualitativamente la dimensione pubblica del dibattito generale sul bene comune. 2)Occorre che la dimensione pubblica non riguardi soltanto l interesse generale votato a maggioranza, ma riguardi contemporaneamente ogni singola persona che ha, in quanto persona, diritti e doveri fondamentali che sono pubblici e incancellabili, anche se la quasi totalità degli altri intendesse cancellarli. 3)Occorre che esista una Carta costituzionale rigida, che sia presidiata da una Corte costituzionale indipendente dai poteri politici di governo. Tutto questo è riassumibile in una procedura? Noi crediamo di no. Perché i presupposti del voto, del consenso, del dissenso, e del comportamento degli eletti, che mettono in moto la democrazia non sono traducibili in procedura. Ossia non c è nessuna procedura che possa garantire la capacità democratica di quella procedura. Cioè: perché ci sia democrazia non basta una procedura, ma occorre una virtù. Parola disusata, quasi clandestina se non fuggiasca. Ma senza questa virtù la democrazia sta compiendo l ultimo suicidio e l ultimo paradosso del suo senso: sta democraticamente togliendo legittimità alla sua democraticità, ossia sta democraticamente passando dall industria del consenso alla democrazia del lecca lecca. 5