Le dichiarazioni acquisite nel corso dell accertamento ispettivo: tra diritto di accesso ed efficacia probatoria



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Il punto di pratica professionale Le dichiarazioni acquisite nel corso dell accertamento ispettivo: tra diritto di accesso ed efficacia probatoria a cura di Vitantonio Lippolis Funzionario della DPL di Modena e membro del gruppo nazionale del MLPS che si occupa di rispondere agli interpelli Le modalità di raccolta delle dichiarazioni Le dichiarazioni rilasciate dai lavoratori al personale ispettivo nel corso degli accertamenti per verificare il rispetto delle norme in materia di lavoro e legislazione sociale rappresentano uno degli strumenti probatori più importanti nelle mani degli organi di controllo. Alcune recenti sentenze hanno tangibilmente enfatizzato la loro importanza. Traendo spunto da queste pronunce l articolo che segue ripercorre le modalità con le quali le dichiarazioni devono essere raccolte dagli organi ispettivi, la possibilità che gli interessati hanno di accedere ai contenuti delle stesse e, infine, l efficacia che questo strumento riveste in giudizio. Allo scopo di consentire al personale ispettivo, tanto degli istituti previdenziali ed assicurativi quanto del Ministero del Lavoro, il puntuale svolgimento dei compiti di vigilanza in materia di lavoro e legislazione sociale, la legge 1 attribuisce a tale personale, tra l altro, il potere di accertamento. Esso si estrinseca fra l altro - nel potere d interrogare il datore di lavoro, i dipendenti dello stesso, le rappresentanze sindacali e tutti coloro che possono fornire informazioni utili ai fini dell'ispezione. Il codice unitario di comportamento del personale ispettivo emanato con Decreto del Direttore generale per l attività ispettiva del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale del 20 aprile 2006 contiene una dettagliata disciplina delle modalità di raccolta delle dichiarazioni nel corso dell accertamento ispettivo. In particolare l art.12, del Codice esordisce affermando che Le dichiarazioni rese dai lavoratori devono essere acquisite di norma durante il primo accesso. Questa disposizione è evidentemente tesa a preservare la spontaneità del lavoratore e la genuinità delle proprie dichiarazioni, in modo da evitare che egli possa essere sottoposto ad eventuali condizionamenti da parte del proprio datore di lavoro. Sempre sotto il profilo metodologico, inoltre, le dichiarazioni dei lavoratori devono essere rese individualmente, mediante domande chiare e comprensibili, tali da non dar luogo a dubbi interpretativi. Membro del gruppo nazionale del MLPS che risponde ai quesiti in materia di DURC e di LUL. Le seguenti considerazioni sono frutto esclusivo del pensiero dell autore e non hanno carattere in alcun modo impegnativo per l Amministrazione di appartenenza. 1 Art.138, R.D. n.422/24; art.3, co.1, L. n.638/83; art.13, L. n.689/81. Circolare n. 30/2009, pag. 9

continua Da quali soggetti Modalità di raccolta Generalmente dai lavoratori e dal datore di lavoro. Ove necessario, inoltre, il personale ispettivo, al fine di arricchire d ulteriori elementi conoscitivi la vigilanza in corso, raccoglie le dichiarazioni dalle Rappresentanze Sindacali Aziendali (RSA), dalle Rappresentanze Sindacali Unitarie (RSU), dal Comitato Pari Opportunità (CPO), ove costituito, dal Consigliere di parità e, nel campo della vigilanza tecnica, dalle Rappresentanze dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS). Ai dichiaranti vanno rivolte domande chiare e comprensibili, tali da non dar luogo a dubbi interpretativi; eventuali rifiuti a fornire informazioni o a sottoscrivere dichiarazioni vanno riportati nel verbale di accertamento, indicando anche, se sussistono, le relative motivazioni; in fase d acquisizione delle dichiarazioni dei lavoratori non è ammessa la presenza del datore di lavoro e/o del professionista; le dichiarazioni e le notizie possono essere rese anche direttamente dai dichiaranti con un atto scritto, a forma libera, recante la sottoscrizione; le dichiarazioni sono riportate, in modo chiaro e leggibile, nel verbale di acquisizione di dichiarazione di cui deve darsi lettura al dichiarante affinché ne confermi il contenuto ovvero rilevi eventuali correzioni e quindi lo sottoscriva. Il diritto di accedere alle dichiarazioni raccolte in fase d ispezione Il personale ispettivo, sulla base delle dichiarazioni acquisite nel corso dell accertamento e di ogni altro utile elemento di prova, procederà - ricorrendone i presupposti di legge - alla contestazione delle violazioni accertate a carico del trasgressore mediante apposito processo verbale. I datori di lavoro, per poter conseguentemente approntare, sia in sede amministrativa che giurisdizionale, la propria linea di difesa in modo incisivo ed efficace, spesso hanno fatto ricorso all acquisizione di copia delle dichiarazioni rilasciate dai lavoratori. Al riguardo, tuttavia, il Consiglio di Stato, con la recente sentenza n.736 del 9 febbraio 2009, ha, di fatto, blindato tale documentazione. La questione affrontata e risolta dal massimo organo di giurisdizione amministrativa con questa decisione riveste un importanza cruciale nei rapporti tra ditte ispezionate, organi di vigilanza e lavoratori. Vediamo quindi in dettaglio di cosa si tratta. Il diritto di accesso ai documenti amministrativi si concretizza nel diritto degli interessati di prendere visione degli atti del procedimento amministrativo ovvero di estrarne copia. Esso trova il proprio fondamento nei principi costituzionali di buon andamento 2 ed imparzialità dell azione amministrativa 3, successivamente trasposti nel principio generale di trasparenza contenuto nella norma di riferimento, la L. n.241/90. Al riguardo va subito detto che non vi è alcun dubbio sul fatto che le dichiarazioni rese dai lavoratori nel corso degli accertamenti ispettivi rientrino a pieno titolo nell ampia definizione di documento amministrativo fatta dalla suddetta norma. L approccio del Ministero del Lavoro al tema è sempre stato improntato all estremo rigore. Difatti il Dicastero, allo scopo di evitare possibili ripercussioni o condotte discriminatorie nei confronti dei lavoratori che rilasciano le dichiarazioni, ha emanato un apposito regolamento 4 nel quale ha, in modo molto netto, precluso l accesso alle dichiarazioni (e alle denunce) rilasciate dagli stessi lavoratori nel corso del procedimento ispettivo, fino alla fine del rapporto di lavoro. Tale interdizione, oltre ad essere ripresa dai regolamenti Inps e Inail nell ambito delle rispettive attività di vigilanza, è stata ribadita e specificata nel già citato Codice di comportamento degli ispettori del lavoro; quest ultimo, in nome del buon andamento degli accertamenti, vieta al personale ispettivo non solo di rilasciare copie delle dichiarazioni del lavoratore al soggetto ispezionato, ma anche allo stesso lavoratore dichiarante, fintanto che non vengano conclusi gli accertamenti 5. 2 Art.97 della Costituzione. 3 Art.98 della Costituzione. 4 D.M. 4 novembre 1994, n.757. 5 Art.12, co.11, del Codice di comportamento del personale ispettivo, datato 20/04/2006: Nessuna copia delle dichiarazioni deve essere rilasciata al lavoratore e/o al soggetto ispezionato in sede di ispezione e sino alla conclusione degli accertamenti. In caso di richiesta il personale ispettivo informa il richiedente che l eventuale accesso alle dichiarazioni può essere rivolta all Amministrazione. Circolare n. 30/2009, pag. 10

La giurisprudenza favorevole al diritto di accesso Nel corso dell ultimo decennio la magistratura amministrativa (fra tutte, Tar Basilicata, n.797/02) ha più volte stigmatizzato il sopra indicato regolamento ministeriale nella parte in cui esso vieta l accesso alle dichiarazioni dei lavoratori in nome della tutela della riservatezza degli stessi. Più precisamente, secondo quest orientamento giurisprudenziale, tale divieto sarebbe contrario a norme imperative di legge, in quanto il Ministero del Lavoro, facendo prevalere in ogni caso le esigenze di riservatezza del lavoratore su quelle difensive della ditta ispezionata, si sarebbe indebitamente appropriato di un potere (quello di bilanciare gli interessi contrapposti tra datore di lavoro e lavoratore) di pertinenza del legislatore 6. Sempre nella stessa direzione, ma con diverse argomentazioni, si è mosso successivamente il Tar del Veneto (sent. n.1801/06), il quale ha affermato inoltre che il pericolo di ritorsioni cui sono esposti i lavoratori che rilasciano dichiarazioni agli organi ispettivi è ampiamente controbilanciato dalle garanzie e dagli strumenti di tutela che l ordinamento offre loro. Da ultimo il Tar dell Abruzzo (sent. n.497/08) ha riconosciuto la piena legittimità all accesso alle dichiarazioni raccolte dai lavoratori in sede ispettiva, senza esclusione di sorta e senza neppure fornire alcuna informativa preventiva ai lavoratori dei quali viene addirittura disconosciuto il possibile inquadramento come controinteressati. La recente giurisprudenza del Consiglio di Stato Quando ormai la giurisprudenza sembrava aver sancito la definitiva supremazia del diritto alla difesa del datore di lavoro sul diritto alla riservatezza del lavoratore, sulla complessa questione si è frapposto, con una completa inversione di rotta, il Consiglio di Stato. Difatti la sesta sezione del massimo organo di giurisdizione amministrativa, nel corso degli ultimi dodici mesi, è intervenuta per ben due volte sull argomento. Con la sent. n.1842/08 il Consiglio ha seccamente ritenuto che nessuna ragione possa giustificare una deroga al principio di riservatezza che fa capo ai lavoratori che hanno reso dichiarazioni, quand anche il rapporto di lavoro sia cessato. Ma la grossa novità introdotta da questa decisione sta nell aver spostato, per la prima volta, il baricentro della questione sul fondamentale interesse della Pubblica Amministrazione ad acquisire tutte le informazioni necessarie allo svolgimento di un efficace accertamento ispettivo. Infatti i giudici affermano che l interesse pubblico rappresentato dal controllo della regolare gestione dei rapporti di lavoro sarebbe fortemente compromesso dalla reticenza dei lavoratori ai quali non si accordasse la segretazione delle proprie dichiarazioni. Per contro il diritto di difesa del datore di lavoro risulta comunque garantito dall obbligo di motivare, da parte degli organi di vigilanza, i propri provvedimenti sanzionatori. I magistrati arguiscono, pertanto, come sia insussistente il diritto del datore di lavoro di accedere alla documentazione acquisita dagli ispettori del lavoro nel corso dell attività ispettiva. Con la seconda e più recente sentenza n.736/09, i giudici di Palazzo Spada non solo hanno confermato l impianto della precedente decisione, ma sono giunti a un interpretazione più rigorosa dell art.24, co.7 della L. n.241/90: la conoscenza di atti contenenti dati sensibili e giudiziari è garantita solo nella misura in cui sia strettamente indispensabile ai fini della difesa in sede giurisdizionale e amministrativa. Le conseguenze di tali decisioni sul diritto di accesso alle dichiarazioni In concreto, pertanto, oggi, in presenza di un istanza d accesso alle dichiarazioni rilasciate dai lavoratori che faccia leva su una generica esigenza di difesa da parte del datore di lavoro, la Direzione Provinciale del Lavoro non potrà che invocare, a sostegno del diniego, il proprio regolamento Ministeriale e il codice di comportamento degli ispettori del lavoro. In presenza, invece, di un istanza d accesso che indichi esplicitamente l effettiva necessità della conoscenza di tali dichiarazioni, l organo interpellato dovrà anche valutare l indispensabilità in concreto dell accesso ai fini difensivi. Appare chiaro che, qualora le contestazioni mosse alla ditta ispezionata siano fondate sulle constatazioni effettuate in sede di accesso ispettivo o sui documenti acquisiti, potrebbe essere non indispensabile la conoscenza delle dichiarazioni dei lavoratori. Viceversa, qualora gli illeciti contestati, siano fondati esclusivamente su quelle dichiarazioni, l amministrazione potrebbe giungere ad opposte conclusioni, ferma restando la possibilità di oscurare i dati anagrafici dei dichiaranti. 6 In proposito si ricorda che l art.24, co.7, della L. n.241/90 chiarisce che deve essere comunque garantito ai richiedenti l accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per difendere i propri interessi giuridici. Circolare n. 30/2009, pag. 11

Nell eventualità che, infine, il diritto di accesso venga invocato sulle fonti di prova raccolte nel corso dell accertamento ispettivo dal quale scaturiscano violazioni penalmente rilevanti (è il caso, ad esempio, della presenza di somministrazione illecita di manodopera, oppure di impiego di lavoratori extracomunitari clandestini, ecc.), l organo di vigilanza non potrà che rigettare l istanza, eccependo il segreto istruttorio prescritto dall art.329 c.p.p., secondo cui gli ufficiali di polizia giudiziaria non possono divulgare - fino al termine delle indagini preliminari - il contenuto degli atti compresi nel fascicolo del Pubblico Ministero. Condizioni per avere diritto d accesso agli atti Il richiedente, nell istanza, deve dimostrare di essere portatore di un interesse giuridicamente rilevante che abbia le seguenti caratteristiche: «diretto», vale a dire proprio e personale; «concreto», nel senso che deve risultare evidente un chiaro nesso fra il soggetto che chiede l accesso ai documenti e i documenti stessi; «attuale», in quanto l interesse deve rivestirsi d attualità affinché il suo portatore possa dirsi titolare del diritto di accesso; Ciò si realizza quando al datore di lavoro ispezionato viene notificato il verbale di accertamento degli illeciti con la relativa contestazione delle sanzioni. Ciò si realizza quando il datore di lavoro risulti destinatario del verbale di accertamento e del relativo provvedimento sanzionatorio nei confronti del quale lo stesso datore decide di predisporre le difese previste dalla legge in sede amministrativa o giurisdizionale. Ciò si realizza quando al datore di lavoro ispezionato viene notificato il verbale conclusivo degli accertamenti (con la relativa contestazione delle sanzioni) avverso il quale ha 30 gg. di tempo per presentare le sue prime difese in via amministrativa. Efficacia probatoria delle dichiarazioni acquisite nel corso dell accesso ispettivo In caso di impugnazione, da parte del datore di lavoro-trasgressore, dei provvedimenti sanzionatori comminatigli, si discute su quale sia il valore probatorio che il giudice può attribuire alle dichiarazioni acquisite dal personale ispettivo nel corso degli accertamenti. In particolare ci si chiede se prevalgano le dichiarazioni rilasciate originariamente al personale ispettivo o se, al contrario, primeggino quelle acquisite successivamente dal giudice nel corso dell istruttoria dibattimentale. Posto che non vi sono specifiche indicazioni normative al riguardo, le posizioni della giurisprudenza sull argomento si possono sintetizzare nei seguenti due indirizzi. L orientamento tradizionale Sulla base di un orientamento giurisprudenziale tutt ora prevalente, le dichiarazioni di terzi raccolte a verbale fanno piena prova dell esistenza e provenienza della dichiarazione, ma non dei contenuti della stessa. Pertanto, in base a questo orientamento, le dichiarazioni raccolte dall ispettore hanno nel processo, relativamente ai fatti dichiarati, lo stesso valore probatorio di quelle raccolte da qualsiasi altro soggetto. Del resto, secondo questa scuola di pensiero, se si assegnasse valore di prove autosufficienti alle dichiarazioni raccolte fuori dal processo, sarebbero violate le disposizioni sulla prova testimoniale, che impongono le garanzie della presenza del giudice imparziale con i relativi poteri di direzione del processo e di verbalizzazione, Circolare n. 30/2009, pag. 12

dell assunzione del contraddittorio tra le parti e della responsabilità per falsa testimonianza. Anche la legge di riforma dei servizi ispettivi 7, peraltro, considera i verbali come fonti di prova secondo la normativa vigente solo per gli elementi di fatto acquisiti e documentati, mentre le dichiarazioni stragiudiziali non solo non possono essere considerate fonti di prova in base alla normativa vigente, ma non sono neppure elementi di fatto acquisiti dall ispettore, bensì una mera narrativa dei fatti da accertare. Pertanto le dichiarazioni stragiudiziali non possono sostituire la prova testimoniale (Cass. n.11746/07), da espletarsi, anche d ufficio, su fatti specifici allegati e capitolati e non deducibile genericamente come conferma di quanto dichiarato all ispettore. In caso di difformità tra la dichiarazione stragiudiziale all ispettore e la deposizione testimoniale, si sostiene la prevalenza di quest ultima, in quanto vera prova assistita dalle garanzie tipiche della presenza e verbalizzazione del giudice, del contraddittorio tra le parti e della responsabilità per falsa testimonianza. Alle argomentazioni per cui la dichiarazione stragiudiziale all ispettore sarebbe preferibile perché immediata, spontanea e priva di condizionamenti da parte del datore di lavoro, questo orientamento ribatte che le eventuali dichiarazioni stragiudiziali non sono una prova e che il rischio di pressioni del datore di lavoro sul testimone si fronteggia con la denuncia per falsa testimonianza. L orientamento innovatore Una corrente giurisprudenziale alternativa alla precedente è, invece, orientata a riconoscere maggiore efficacia probatoria alle dichiarazioni rilasciate dai lavoratori in fase di accertamento ispettivo. La recente sentenza n.1625 del 14 aprile 2009 della Sezione lavoro del Tribunale di Milano ha portato nuova linfa proprio a questo indirizzo. Partendo, difatti, dall assunto che, nel giudizio di merito, non si può prescindere dalle dichiarazioni rilasciate dai lavoratori nel corso dell accertamento ispettivo, il Tribunale ambrosiano ha ribadito il principio secondo il quale il verbale d ispezione, essendo atto pubblico 8, fa piena prova di quanto avvenuto in presenza degli ispettori 9 e del fatto che i lavoratori sentiti abbiano riferito le circostanze riportate. Ma la peculiarità della decisione in argomento risiede nella valutazione di maggior fede che avrebbero le dichiarazioni rese dai lavoratori nel corso dell accertamento ispettivo anche rispetto a quelle rilasciate successivamente nel corso del giudizio. Si legge, difatti, nella sentenza che le dichiarazioni rese nell immediatezza dei fatti, presentano una spontaneità ed una genuinità che non possono essere trascurate non avendo i lavoratori sentiti alcun interesse a riferire fatti non rispondenti al vero. Tale valutazione privilegiata, sempre secondo l organo giudiziario, sarebbe ulteriormente rafforzata in presenza di dichiarazioni contenenti una serie di precisazioni e puntualizzazioni in ordine ai tempi ed alle modalità con cui l'attività lavorativa è stata in concreto svolta. 7 Art.10, co.5, del D.Lgs. n.124/04. 8 Art.2699 c.c. Atto pubblico: L'atto pubblico è il documento redatto, con le richieste formalità, da un notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato ad attribuirgli pubblica fede nel luogo dove l'atto è formato. 9 Art.2700 c.c. Efficacia dell atto pubblico: L'atto pubblico fa piena prova, fino a querela di falso della provenienza del documento dal pubblico ufficiale che lo ha formato, nonché delle dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti. Circolare n. 30/2009, pag. 13