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N. 00930/2015REG.PROV.COLL. N. 08223/2014 REG.RIC. R E P U B B L I C A I T A L I A N A IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 8223 del 2014, proposto dal Comune di Giugliano in Campania, in persona del Commissario straordinario, rappresentato e difeso dall'avvocato Giuseppe Russo, con domicilio eletto presso l avvocato Luigi Napolitano in Roma, Via Sicilia n. 50; contro Società Ediguida s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Alfredo Messina, con domicilio eletto presso l avvocato Massimo Angelini in Roma, piazza Adriana n. 4; per la riforma della sentenza del T.a.r. per la Campania sede staccata di Salerno - Sezione I, n. 1367 del 16 luglio 2014. Visti il ricorso in appello e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio della Società Ediguida s.r.l.;

Viste le memorie difensive depositate dal comune (in data 23 gennaio 2015) e dalla società Ediguida (in data 29 gennaio 2015); Visti tutti gli atti della causa; Relatore nella camera di consiglio del giorno 10 febbraio 2015 il consigliere Vito Poli e uditi per le parti gli avvocati Angelini, su delega dell avvocato Messina, e Grella, su delega dell avvocato Russo; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO 1. Con decreto ingiuntivo irrevocabile emanato dal giudice di pace di cava dei Tirreni n. 242 del 14 luglio 2009 il comune di Giugliano in Campania è stato condannato a pagare in favore della società Ediguida s.r.l.: a) sorte capitale pari ad euro 1192,64; b) interessi a far data dalla domanda; c) spese della procedura monitoria pari ad euro 334. 1.1. In data 28 gennaio 2011 la società ha notificato al comune il decreto ingiuntivo munito di formula esecutiva. 1.2. Con tre mandati di pagamento emessi in data 28 aprile 2011 il comune ha accreditato alla società l importo dell intera sorte capitale portata dal decreto ingiuntivo. 1.3. Il 21 febbraio 2014 la società ha notificato al comune ricorso per ottemperanza chiedendo il pagamento: a) della sorte capitale di euro 1192,64; b) della somma di euro 426,76 per interessi di mora ex art. 5, d.lgs. n. 232 del 2002; c) della somma di euro 334, oltre IVA e CPA per spese del procedimento monitorio liquidate nel decreto ingiuntivo; d) della somma di euro 346,32 per spese di registrazione del decreto ingiuntivo.

1.4. Il comune non si è costituito in giudizio. 1.5. Con determinazione dirigenziale n. 282 del 2 aprile 2014, il comune ha liquidato la complessiva somma di euro 789,68 (di cui 34,37 a titolo di interessi legali, 408,99 a titolo di spese del procedimento monitorio e 346,32 per spese di registrazione del decreto ingiuntivo); tale determinazione è stata inviata in data 15 aprile 2014, a mezzo p.e.c., al difensore della società; 1.6. Con mandati di pagamento nn. 969 e 968 del 10 aprile 2014 e n. 1148 del 24 aprile 2014, l intero importo pari ad euro 789,68 è stato accreditato sul conto corrente della società creditrice; 1.7. Alla camera di consiglio dell 8 maggio 2014, il giudizio di ottemperanza è stato trattenuto in decisione senza che sia stata resa, oralmente o per iscritto, alcuna informazione al giudice. 2. L impugnata sentenza - T.a.r. per la Campania sede staccata di Salerno - Sezione I, n. 1367 del 16 luglio 2014 -: a) ha accolto il ricorso per ottemperanza nel presupposto del totale inadempimento del comune; b) ha ordinato il pagamento della sorte capitale, degli interessi ragguagliati al tasso legale fino all effettivo soddisfo, della somma di euro 334 oltre IVA e CPA (a titolo di spese del procedimento monitorio), infine, della somma di euro 346,32 (a titolo di spese di registrazione del decreto ingiuntivo); c) ha respinto la domanda di rimborso delle spese di precetto e di procedura esecutiva; d) ha nominato il commissario ad acta; e) ha posto a carico del comune le spese del giudizio di ottemperanza liquidate in euro 800,00 oltre accessori. 3. Prima di proporre il presente gravame, il comune ha tentato infruttuosamente di risolvere bonariamente la contesa illustrando tutte le circostanze di fatto salienti e

invitando la controparte ad un componimento (cfr. le missive del 7 agosto e 9 settembre 2014, cui ha replicato la società con le missive dei propri difensori in data 18 agosto e 16 settembre 2014). 4. Con ricorso ritualmente notificato e depositato (rispettivamente in data 2 e 15 ottobre 2014), il comune ha interposto appello avverso la su menzionata sentenza deducendo, con un unico complesso motivo (pagine 3 4 del gravame) che: a) l ente non si era suo tempo costituito in giudizio davanti al T.a.r. per evitare inutili esborsi di spesa pubblica e confidando << quantomeno in una pronuncia di sopravvenuta carenza di interesse in ossequio al principio che le condizioni dell azione devono sussistere al momento della domanda e permanere per tutta la durata del giudizio>>; b) era ingiustificata la pretesa azionata in giudizio dalla società, sia ab origine (perché la sorte capitale era stata pagata), sia successivamente (perché prima del passaggio in decisione della causa l intero debito era stato saldato); c) la necessità di annullare la sentenza del T.a.r. per evitare una duplicazione di pagamenti. 5. Si è costituita la società Ediguida deducendo che: a) prima della proposizione dell appello aveva informato il comune che avrebbe decurtato dalle somme indicate nella sentenza del T.a.r. quelle pagate prima e durante il corso del giudizio; il gravame, pertanto, non ha lo scopo di evitare duplicazioni di pagamento bensì quello di evitare al comune la refusione delle spese del giudizio di primo grado; b) il comune, prima della decisione del T.a.r., era ancora debitore della complessiva somma di euro 165,70 in quanto, fra l altro, non aveva correttamente calcolato gli interessi sulla sorte capitale, avendoli determinati al tasso legale invece che a quello di mora, ai sensi dell art. 5, d.lgs. n. 231 del 2002, come richiesto nel ricorso monitorio;

c) non sussistevano i presupposti per la declaratoria, da parte del T.a.r., dell improcedibilità del ricorso in ottemperanza ovvero della cessazione della materia del contendere; d) l accredito materiale delle somme pagate dal comune in corso di causa è avvenuta solo due giorni prima della camera di consiglio fissata per la discussione dell affare davanti al T.a.r., senza che di tale circostanza sia mai stata data comunicazione alla società o ai suoi difensori. 6. Le parti hanno meglio illustrato le proprie posizioni scambiando le memorie difensive indicate in epigrafe. 7. Alla camera di consiglio del 10 febbraio 2015 la causa è stata trattenuta in decisione. 8. L appello del comune è fondato e deve essere accolto per le seguenti ragioni: a) il decreto ingiuntivo, a fronte della richiesta di riconoscimento degli interessi di mora ai sensi dell art. 5, d.lgs. n. 231 del 2002, ha condannato il comune a pagare solo gli interessi; come rettamente ritenuto anche dal primo giudice, tale clausola deve intendersi riferita ai soli interessi legali; non sono inoltre rinvenibili errori di calcolo nei conteggi effettuati dal comune nella determinazione concreta dell ammontare degli interessi legali sulla sorte capitale; si precisa che il dies a quo del computo degli interessi legai sulla sorte capitale è quello della domanda che, in assenza di prove sul punto da parte del creditore, deve intendersi riferito al momento del perfezionamento della notificazione del decreto ingiuntivo al debitore (nella specie 3 settembre 2009); b) risulta per tabulas che: I) la società Ediguida aveva ricevuto il pagamento della sorte capitale ben prima di instaurare il giudizio di ottemperanza e di tale circostanza avrebbe dovuto fare menzione nel ricorso al T.a.r. per evitare la creazione, come puntualmente avvenuto, di un secondo titolo esecutivo avente ad oggetto il medesimo credito;

II) nel corso del processo di ottemperanza - svoltosi nell assenza dell ente locale per ineludibili esigenze di risparmio di spesa - il difensore della società ha avuto piena contezza della determinazione dirigenziale recante la liquidazione integrale del residuo credito vantato nel confronti dell ente; III) è irrilevante che non sia stata comunicata, da parte del comune, la data dell effettivo accredito della somma comunque intervenuto in data antecedente la camera di consiglio fissata per la discussione del ricorso in ottemperanza perché minime regole di prudenza e correttezza avrebbero imposto che della determinazione dirigenziale n. 282 del 2014 (e quindi anche del pregresso pagamento dell intera sorte capitale), fosse edotto il giudice; c) sussistevano i presupposti per la declaratoria di cessazione della materia del contendere poiché l art. 34, co. 5, c.p.a., cristallizzando un consolidato indirizzo giurisprudenziale, esige che allorquando l originario ricorrente abbia ottenuto il bene della vita cui aspirava (nella specie l integrale pagamento delle somme portate dal decreto ingiuntivo de quo agitur), il giudice ne dia atto con una sentenza di merito che assodi tale peculiare causa estintiva del processo (cfr. ex plurimis Cons. St., Sez. V, 11 luglio 2014, n. 3536; Sez. V, 6 dicembre 2012, n. 636); d) è evidente che, nella specie, non essendo stato portato alla cognizione del giudice di primo grado il reale assetto di interessi riveniente dal complesso quadro fattuale dianzi illustrato, quest ultimo non ha potuto prendere atto dell intervenuta cessazione della materia del contendere assumendo le consequenziali e discrezionali decisioni in ordine al carico delle spese di lite e del contributo unificato; e) l accertamento dell integrale conseguimento del bene della vita nel corso del processo di primo grado determina l obbligo, per il giudice di appello, di dichiarare cessata la materia del contendere e riformare la sentenza impugnata. 9. In conclusione l appello deve essere accolto.

10. Il contegno difensivo assunto nel processo dalla parte appellata si è posto in contrasto con il dovere di lealtà e probità sancito dall art. 88 c.p.c. 10.1. La indeterminatezza del precetto è colmata dalla enumerazione dei puntuali doveri deontologici forensi (dettati a livello nazionale ed europeo). In particolare, la condotta difensiva della società contrasta frontalmente: a) con il dovere di verità sancito dall art. 14, co. 1, del Codice deontologico forense ratione temporis vigente (oggi art. 50, co. 5 e 6, del nuovo Codice deontologico forense pubblicato nella G.U. 16 ottobre 2014, n. 241); b) con l obbligo di non aggravare la posizione debitoria della controparte, quando ciò non corrisponda ad effettive ragioni di tutela della parte assistita, sancito dall art. 49 del Codice deontologico applicabile (oggi art. 66, co. 1, del nuovo Codice deontologico; cfr., per un precedente applicativo dell art. 88 c.p.c. in materia di proposizione della procedura esecutiva allo scopo di lucrare le spese del procedimento, Cass. civ., sez. III, 16 maggio 2006, n. 11379). 10.2. Tanto conduce il Collegio a condannare, a mente del combinato disposto degli artt. 88 e 92, co. 1, c.p.c. e 26, co. 1, c.p.a., l intimata società al pagamento delle spese di entrambi i gradi di giudizio (comprensive del contributo unificato), in favore del comune di Giugliano in Campania, liquidate in dispositivo tenuto conto dei parametri stabiliti dal regolamento 10 marzo 2014, n. 55. 11. Il Collegio rileva che l accoglimento dell appello si fonda, come dianzi illustrato, su ragioni manifeste che integrano i presupposti applicativi delle norme sancite dall art. 26, co. 1 e 2, c.p.a. secondo l interpretazione che ne è stata data dalla giurisprudenza di questo Consiglio (cfr. da ultimo Sez. V, n. 5758 del 2014; Sez. V, 11 giugno 2013, n. 3210; Sez. V, 26 marzo 2012, n. 1733; Sez. V, 31 maggio 2011, n. 3252, cui si rinvia a mente degli artt. 74 e 88, co. 2, lett. d), c.p.a. anche in ordine alle modalità applicative ed alla determinazione della pena pecuniaria ex art. 26, co. 2, c.p.a.).

Le conclusioni cui è pervenuta la giurisprudenza del Consiglio di Stato sul punto in esame sono state, nella sostanza, recepite dalla novella recata dal d.l. n. 90 del 2014 all art. 26 c.p.a. Invero: a) l art. 26, co. 2, c.p.a. prevedeva (e prevede) che il giudice condannasse d ufficio la parte soccombente al pagamento di una sanzione pecuniaria, in misura non inferiore al doppio e non superiore al quintuplo del contributo unificato dovuto per il ricorso, quando la parte soccombente aveva agito o resistito temerariamente in giudizio; b) il d.l. n. 90 del 2014 ha inciso sia sull art. 26, co. 1, c.p.a., in termini generali, valevoli per tutti i riti davanti al giudice amministrativo, sia sull art. 26, comma 2, c.p.a., in termini specifici, valevoli solo per il rito appalti; c) nell art. 26, co. 2 c.p.a. si detta una ulteriore regola (inapplicabile nella specie) sulla sanzione pecuniaria per lite temeraria nel caso di contenzioso sui pubblici appalti soggetto al rito dell art. 120 c.p.a.; infatti l importo della sanzione pecuniaria (che come visto va dal doppio al quintuplo del contributo unificato dovuto per il ricorso introduttivo), può essere elevato fino all'uno per cento del valore del contratto, ove il valore del contratto sia superiore al quintuplo del contributo unificato. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto: a) accoglie l appello e, per l'effetto, in riforma dell impugnata sentenza, dichiara cessata la materia del contendere; b) condanna la Società Ediguida s.r.l. al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio che liquida in euro 2.000,00 (duemila/00), oltre accessori di legge (I.V.A., C.P.A. e 15% a titolo di rimborso di spese generali) in favore del comune di Giugliano in Campania; c) pone a carico della Società Ediguida s.r.l. il contributo unificato relativo ad entrambi i gradi di giudizio;

d) condanna la Società Ediguida s.r.l. al pagamento della somma di euro 1.000,00 (mille/00) ai sensi dell art. 26, co. 2, c.p.a., che è tenuta a versare secondo le modalità di cui all art. 15 delle norme di attuazione del c.p.a., mandando alla Segreteria per i conseguenti adempimenti. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 10 febbraio 2015 con l'intervento dei magistrati: Mario Luigi Torsello, Presidente Vito Poli, Consigliere, Estensore Paolo Giovanni Nicolo' Lotti, Consigliere Antonio Amicuzzi, Consigliere Doris Durante, Consigliere L'ESTENSORE IL PRESIDENTE DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 25/02/2015 IL SEGRETARIO (Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)