I quaderni. dell Istituto di Sociologia 1 / 2003. Avere un figlio. Giovani coppie e comportamenti riproduttivi a Pesaro. a cura di Luigi Ceccarini



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I quaderni dell Istituto di Sociologia 1 / 2003 Avere un figlio Giovani coppie e comportamenti riproduttivi a Pesaro a cura di Luigi Ceccarini (Bozza Non citare) 1

SOMMARIO Premessa p. Introduzione (L. Ceccarini) p. I Un profilo delle donne intervistate (B. Raspugli) II Verso la vita adulta (S. Rapari) p. III Quando arrivano i figli (B. Polini) IV Donne e numero di figli: quali differenze? (I. Quadrelli) p. V Un figlio in più? No grazie! (B. Di Edoardo) p. VI Le politiche: meglio il tempo del denaro (L. Ceccarini) VII Famiglia, lavoro e fecondità: opinioni ed esperienze a confronto (I. Quadrelli e S.Rapari) p. VIII Fecondità e percorsi di vita: cambiamenti nei ruoli sociali e familiari (G. Maggioni). Bibliografia di riferimento p. 2

Comitato editoriale Luigi Alfieri Cristiano Maria Bellei Luigi Ceccarini Ilvo Diamanti Alessandra Vincenti Segreteria di redazione Istituto di Sociologia Università degli Studi di Urbino Carlo Bo I 61029 Urbino - Via Saffi, 15 Tel. +39(0)722-2670 Fax +39(0)722-322437 e-mail: quaderni@soc.uniurb.it Scarica il quaderno da : http://shakti.uniurb.it/shiva/main/quaderni.htm ISBN Stampato da Edizioni Goliardiche, Trieste nel mese di ottobre 2003 3

Premessa L indagine, di cui presentiamo i principali risultati in questo primo Working Paper dell Istituto di Sociologia, è parte di un ampio progetto di ricerca cofinanziato dal Miur (Ministero Istruzione, Università e Ricerca) nell anno 1999. Nel progetto, dal titolo La bassa fecondità italiana tra costrizioni economiche e cambio di valori, erano coinvolte diverse sedi universitarie italiane: il gruppo di ricerca nazionale è stato diretto dal Prof. Massimo Livi Bacci, dell Università di Firenze, ed era composto oltre che dalla sede di Urbino, anche dalle Università di Messina, Padova, Udine e Verona. Di seguito vengono illustrati i risultati emersi in tre diverse iniziative di indagine che compongono il progetto nel suo complesso, e hanno fatto riferimento a diversi approcci e tecniche della ricerca sociale 1. Per la parte quantitativa della ricerca, denominata Troppi o nessuno si è svolta una inchiesta tramite questionario strutturato, e autocompilato, sottoposto alle madri di studenti di tutte le classi di 3 media degli istituti scolastici ubicati nella città di Pesaro 2. In relazione alla parte qualitativa della ricerca, coordinata a livello nazionale dalla sede di Urbino, si sono effettuate due specifiche iniziative di indagine 3 : a) una attraverso la tecnica del focus group, che consiste nell effettuare interviste e discussioni di gruppo coordinate da un moderatore che, seguendo una traccia degli argomenti da trattare, preventivamente costruita dai ricercatori, indirizza il dibattito e l interazione dei partecipanti su argomenti rilevanti per gli scopi della ricerca; e b) una ricerca basata sulle storie di vita, la quale consiste nell intervistare i soggetti selezionati in modo aperto e flessibile, senza un questionario rigido e standardizzato, facendo attenzione a ripercorre i momenti e le fasi principali del vissuto individuale con particolare attenzione ai temi oggetto della ricerca. I principali risultati relativi alla indagine Troppi o nessuno, svolta mediante il questionario, sono presentati nei primi sei capitoli di questo lavoro. Il primo dei capitoli illustra le caratteristiche delle donne intervistate, tracciando non solo un profilo di questi soggetti, ma anche della loro famiglia di origine, della vita di coppia, del lavoro, degli stili di vita e della religiosità, con la finalità di precisare i tratti individuali, familiari e sociali delle madri coinvolte nell indagine. Il secondo capitolo si concentra sul percorso di transizione alla vita adulta dei soggetti intervistati. Farà riferimento, quindi, ad una serie di tappe - a partire dalla prima relazione sentimentale, e passando attraverso la fine degli studi, l entrata nel mondo del lavoro, l uscita dalla famiglia di origine, giunge al matrimonio o alla convivenza e quindi si concentra sulla nascita dei figli - che rappresentano i passaggi rituali del cammino di un soggetto verso il ruolo di adulto. Il terzo capitolo si concentra su un evento centrale per gli obiettivi della ricerca: la nascita dei figli. Quindi si considera non solo il numero figli avuti e in quale momento del corso di vita sono nati, ma la nascita dei figli viene messa in relazione alla situazione economica familiare, al lavoro della donna e del partner, al tempo libero, al lavoro domestico, alla cura stessa della prole. 1 L unità locale dell Università di Urbino è stata diretta da Guido Maggioni. L indagine quantitativa, denominata Troppi o nessuno è stata coordinata da Luigi Ceccarini, mentre la ricerca tramite tecniche di tipo qualitativo, storie di vita e focus group, sono state coordinate rispettivamente da Isabella Quadrelli e Sabina Rapari. Il gruppo di ricerca era composto inoltre da Barbara Di Edoardo, Benedetta Polini, Barbara Raspugli, Pietro Saitta, Bettina Severini, Noemi Sollima. 2 Per la realizzazione dell indagine sono state contattate le seguenti scuole medie inferiori: Alighieri, Galilei, Leopardi, Olivieri, Don Gaudiano, Manzoni e la scuola media annessa al conservatorio Rossini. Agli studenti di terza media sono stati distribuiti due differenti questionari da autocompilare; oltre, infatti, al questionario rivolto alle loro madri è stato predisposto un ulteriore questionario indirizzato agli studenti stessi su temi quali gli stili di vita e di consumo. Per l interesse e la disponibilità dimostrati nei confronti dell indagine si ringraziano il provveditore agli studi della provincia di Pesaro Urbino, dott. Romualdo Discenza e i presidi delle scuole medie contattate e i docenti che hanno collaborato nella rilevazione dei dati. Una ulteriore fase dell indagine Troppi o nessuno ha coinvolto le donne senza figli residenti nella città di Pesaro alle quali è stato somministrato un questionario telefonico attraverso lo strumento del CATI (Computer Assisted Telephone Interviewing). 3 Per il metodo utilizzato e il rilievo scientifico di questi approcci negli studi demografici si veda il capitolo 7 di questo working paper. 4

Il quarto capitolo, invece, mette in evidenza le differenze tra le donne con un diverso numero di figli. Una particolare attenzione viene posta alle peculiarità che potrebbero aver influito sulla bassa fecondità, come ad esempio le caratteristiche della famiglia di origine, l impegno lavorativo svolto, la vita di coppia, gli stili di vita, la religiosità. Il quinto capitolo tenta di esplorare le motivazioni per cui la coppia non ha cercato di avere un altro figlio, un figlio in più rispetto a quello o quelli avuti. Il sesto capitolo si concentra sulle politiche sociali, sulla valutazione, da parte delle madri, di ipotetici interventi e azioni che le istituzioni pubbliche potrebbero implementare al fine favorire la fecondità e sostenere le famiglie con figli. Il capitolo settimo riporta un prima sintetica lettura di quanto emerge dal filone qualitativo dell indagine, svolta attraverso incontri e interviste con madri e padri mediante la tecnica del focus group e delle storie di vita. Infine l ultimo capitolo, l ottavo, esula dalla specifica analisi dei dati della ricerca. Nonostante si collochi in fondo alla presentazione dei principali risultati emersi dal lavoro non costituisce una conclusione (ogni capitolo, del resto, termina con un paragrafo conclusivo). Il capitolo può essere letto sia come ulteriore approfondimento della tematica affrontata che come introduzione, offrendo uno scenario nel quale collocare la tematica affrontata nello specifico caso di studio locale. Il saggio, infatti, ricostruisce il quadro evolutivo e concettuale relativo alla fecondità e ai percorsi di vita, nella cornice dei cambiamenti nei ruoli sociali e familiari indotti dai processi di modernizzazione. Urbino, giugno 2003 L.C. 5

Introduzione LUIGI CECCARINI La bassa fecondità e, parallelamente, l invecchiamento della popolazione italiana, sono fenomeni diventati ormai oggetto di dibattito non solo tra gli studiosi, gli esperti e gli amministratori pubblici, ma coinvolgono la gente comune e trovano progressivamente spazio nei media. Del resto le implicazioni legate a questo fenomeno demografico ha, ed avrà in futuro, sempre maggiori ripercussioni sulla vita dei singoli cittadini. Basti pensare al sistema formativo e alla diminuzione del numero di studenti e alunni, al sistema pensionistico con sempre meno contribuenti e sempre più titolari di pensione, alla crescente domanda di servizi socio-sanitari delle persone anziane, tanto per citare gli ambiti più vicini all esperienza quotidiana dei cittadini. Studiare le cause della bassa fecondità, quindi, non rappresenta solo un esercizio intellettuale, accademico, di ricerca pura, ma ha forti implicazioni di tipo applicato. Sviluppare la conoscenza su questo ambito significa acquisire un sapere che può essere utile a chi, ricoprendo ruoli di responsabilità pubblica ed essendo direttamente coinvolto nei processi decisionali relativi alle politiche di intervento, si trova ad affrontare gli effetti di questa problematica. E proprio a questo proposito che il tema delle politiche di sostegno alla fecondità e alla famiglia, pur non esaurendo i termini del dibattito, occupa un posto centrale nella discussione. Ma va anche detto che la bassa fecondità è influenzata non solo dalla presenza o meno di azioni di intervento, ma anche da altri fattori che disincentiverebbero, o comunque non favorirebbero, la scelta delle coppie di adottare modelli riproduttivi che prevedono un numero maggiore di figli. Tra questi fattori vanno anzitutto ricordati i cambiamenti nella sfera culturale legati ai processi di modernizzazione sociale. Essi hanno investito la società italiana nel suo complesso e in particolare contesti territoriali - come quello di Pesaro, oggetto del nostro studio - che negli ultimi decenni hanno vissuto un profondo sviluppo sociale ed economico. Tali cambiamenti hanno interessato i diversi aspetti della vita di coppia: come le aspettative individuali, l identità femminile e le aspirazioni delle donne. Ma anche i ruoli di genere, la pratica sessuale, i percorsi personali e di coppia. A questo proposito si è parlato di seconda transizione demografica, per indicare una maggiore propensione della popolazione 4 a costruire nuovi modelli di famiglie: single, unioni alternative a quelle coniugali, che nascono ad esempio in seguito a separazioni e divorzi; convivenze non formalizzate dal matrimonio, e dunque, anche nascite extraconiugali. Tra i diversi fattori va ricordata anche la dimensione più strettamente economica e sociale, come le problematiche legate al lavoro, la (scarsità) della risorsa tempo ad esso connessa, il costo della vita, i consumi, il problema della casa, l innalzamento dei livelli di scolarizzazione, la transizione scuola-lavoro, la mobilità sociale. Si tratta di tessere di un mosaico ampio e complesso sul quale si sono concentrati, a più riprese, vari studiosi italiani 5 che hanno messo ben in evidenza questi aspetti e le implicazioni sulla società italiana [De Sandre et al. 1999]. In definitiva siamo di fronte ad una serie di questioni, tra loro legate, che sicuramente influenzano gli stili riproduttivi delle coppie italiane. E che hanno uno stretto legame con quella che viene ormai definita la <<sindrome del ritardo>> [Livi Bacci 1999a, 33]. Con ciò si intende il crescente ritardo con cui i giovani italiani superano le tappe dell autonomia, per entrare nella vita adulta; infatti rispetto alle generazioni passate, ma anche rispetto ai giovani di altri paesi europei, si ritarda la fine del percorso formativo, quindi più tardi si trova un lavoro stabile, in ritardo si lascia la Università degli Studi di Urbino Carlo Bo, Istituto di Sociologia. E-mail: l.ceccarini@soc.uniurb.it 4 Va detto che in Italia questo fenomeno rispetto ad altri paesi europei si presenta meno diffuso 5 Basti ricordare La seconda indagine campionaria su controllo e aspettative di fecondità, denominata Inf-2 [De Sandre, Pinnelli e Santini, 1999]. 6

casa (o il nido come è stato definito) dei genitori e si avvia una relazione di coppia stabile. Infine, più avanti negli anni si hanno dei figli, o più spesso l unico figlio. La lunga transizione all età adulta [Cavalli 1997, 15-30] comporta necessariamente un prolungamento della fase giovanile. Le ragioni sono diverse. Alcune di ordine demografico, come l innalzamento della vita media. Altre di tipo sociale e culturale, come la crescente aspirazione delle donne alla auto-realizzazione, l innalzamento del livello medio di istruzione. E lo stesso mondo del lavoro a cambiare, a richiedere nuove competenze e flessibilità, diventando sempre più complesso e al tempo stesso sempre meno manuale. Sono tutti segni della modernità, che implicano processi largamente irreversibili come, appunto, il prolungamento della giovinezza. E un fenomeno che si riscontra un po ovunque nelle società avanzate. Ma in Italia è più accentuato che altrove [Cavalli 1993, 235-236]. Il graduale declino del numero delle nascite segna nel corso del XX secolo non solo l Italia ma anche l Europa [Livi Bacci 1999b]. Ma è proprio nel nostro paese che, superata la fase del baby boom 6, la parabola delle nascite appare particolarmente accentuata, discendente. In Italia nel 1970 il numero medio di figli per donna era di 2,42, all incirca come il dato della Comunità Europea. Una decina di anni più tardi, nel 1983, scende a 1,49. Nel 1990 è pari a 1,34. Nel 1995 a 1,20. Tra la fine degli anni 90 e l inizio del XXI secolo si assiste ad una lieve ripresa. Nel 2000, infatti, il numero medio dei figli per donna è di 1,26. Dunque negli anni più recenti si è verificato un debole recupero della fecondità, ed ha interessato principalmente le regioni del Centro-Nord. Il contesto meridionale, che partiva da una fecondità più elevata, il declino delle nascite non si è mai arrestato. Ma il passo del decremento rallenta prima di raggiungere i bassi livelli delle aree centro-settentrionali [Crisafulli e Dalla Zuanna 2002]. Nonostante queste variazioni siamo ancora ben lontani dalla soglia di sostituzione dei 2,1 figli a coppia, che garantirebbe il ricambio naturale della popolazione autoctona. Un tale scenario si riflette anche sulla dimensione locale. Infatti, considerando la città di Pesaro, i livelli di fecondità negli ultimi venti anni sono stati di poco superiori ad un figlio per donna (Tab.1). La fecondità declina fino alla seconda metà degli anni 90, per poi accennare ad un recupero, sull onda di quanto avviene nel più ampio contesto del Centro-Nord Italia. Se allarghiamo lo sguardo all intera regione, le Marche, si riscontrano alcune differenze territoriali; la fecondità nell arco dei venti anni considerati, appare più elevata nelle province meridionali, Macerata e Ascoli Piceno [Dalla Zuanna 2002]. Nella parte settentrionale si registrava negli anni 80 una differenza più marcata nel numero di figli a favore della provincia di Pesaro rispetto a quella di Ancona. Ma tale differenza è andata assottigliandosi fino, praticamente, a scomparire nel periodo 1996-2000 (Tab.1). Si osserva, inoltre, una sorta di processo di convergenza tra contesto urbano (città di Pesaro) e comuni non urbani della provincia. La differenza che si registrava all inizio degli anni 80 è andata progressivamente riducendosi, fino quasi a dissolversi nell ultimo periodo considerato (Fig.1). Questa tendenza interessa non solo l ambito pesarese, la città di Pesaro e il suo contesto non urbano, ma, come mostra la tabella 1, si può estendere anche al territorio regionale nel suo insieme: la differenza di fecondità tra città e non città si attenua nel tempo, era del 15% all inizio degli anni 80 e si riduce al 6% alla fine del secolo. Segno, questo, che le specificità tra città e contesto non urbano, almeno sotto il profilo riproduttivo, stanno progressivamente ricomponendosi. Il modello, tradizionale negli studi demografici, di una più bassa fecondità urbana pare indebolirsi nel corso degli ultimi anni. Alcuni studiosi hanno già messo in evidenza questo fenomeno che, peraltro, interessa l intero paese [Crisafulli e Dalla Zuanna 2002], e non solo il contesto locale oggetto del nostro studio. 6 Il baby boom è durato circa una ventina di anni a partire dalla fine della seconda guerra mondiale fino alla fine degli anni 60 7

Tabella 1. Fecondità nelle province e nelle città delle Marche. 1981-2000 PERIODO 1981-85 1986-90 1991-95 1996-200 Province Pesaro-Urbino 1,43 1,26 1,17 1,16 Ancona 1,34 1,18 1,15 1,15 Macerata 1,47 1,29 1,20 1,18 Ascoli Piceno 1,49 1,31 1,22 1,21 Città Pesaro 1,21 1,12 1,07 1,13 Urbino 1,33 1,20 1,12 1,17 Ancona 1,18 1,04 1,05 1,08 Macerata 1,30 1,18 1,10 1,05 Ascoli Piceno 1,43 1,29 1,26 1,17 Marche città 1,26 1,13 1,10 1,11 Marche non città 1,47 1,29 1,21 1,19 Città / non città 85% 88% 91% 94% Marche totale 1,43 1,26 1,18 1,17 Fonte: nostre elaborazioni su dati ISTAT Fig. 1 Stima del numero medio dei figli per donna nella città di Pesaro e negli altri comuni della provincia di Pesaro Urbino. Anni 1981-2000 Numero medio di figli per donna 1,6 1,5 1,4 1,3 1,2 1,1 1 0,9 1,21 1,51 1,31 1,12 1,2 1,17 1,07 Città di Pesaro Altri comuni delle provincia 1,13 0,8 1981-85 1986-90 1991-95 1996-00 Anno di calendario Fonte: nostre elaborazioni su dati ISTAT 8

Capitolo 1 Un profilo delle donne intervistate BARBARA RASPUGLI 1.1. Alcune caratteristiche socio-demografiche della donna e della sua famiglia d origine Le donne intervistate nella città di Pesaro hanno un età media di poco superiore ai quarant anni (41,5 anni) praticamente in linea con la media delle altre città campione (42,3 anni). Il 73.2% è nato a Pesaro e, confrontando con Udine (60%), Padova (66%) e Firenze (55%), le altre città del Centro-Nord possiamo notare come la mobilità territoriale sia molto bassa confermando sostanzialmente (Fig.1) la tendenza percentuale caratterizzante la generazione precedente [Dalla Zuanna e Salvini 2002]. Si tratta di un dato che accomuna Pesaro alle caratteristiche delle donne di Messina. Fig.1.1. Mobilità della generazione precedente 100 88,8 75 60,3 65,7 55,3 73,2 50 25 0 Udine Padova Firenze Pesaro Messina Nella città di Pesaro, dunque, si registra una mobilità piuttosto ridotta. Ciò, probabilmente, è il frutto della tradizione e della cultura locale, che vede le persone fortemente legate alle proprie radici, e al territorio. Questa bassa mobilità è da leggere anche come la risposta naturale alle opportunità offerte dal contesto non solo sociale ma anche economico e produttivo. Quello pesarese è un ambito dove il lavoro non manca, e quindi le opportunità di entrare nel mercato del lavoro sono concrete. La provincia, infatti, fa parte di quell area definita <<terza Italia>> [Bagnasco 1977], un ambito territoriale che abbraccia tutto il Centro-Nord-Est; un area cioè, costellata da piccole imprese e dai distretti industriali. Inoltre va detto che rispetto alle altre città del Centro-Nord, Pesaro non ha rappresentato negli ultimi decenni una meta dei flussi migratori, che si sono diretti, invece, verso il Nord del paese. Per questo, Pesaro, si avvicina maggiormente alle caratteristiche di Messina. Università degli Studi di Urbino Carlo Bo, Istituto di Sociologia. E-mail: barbararaspugli@libero.it 9

A questo fa eco il titolo di studio, dove il 37% delle donne ha conseguito un titolo non superiore al diploma di scuola dell obbligo (Tab.1.1), distaccandosi dalle altre donne intervistate nei centri del Centro-Nord e avvicinandosi al dato di Messina. Peraltro a Pesaro registriamo il gruppo di donne il numero di laureati più basso rispetto alle altre quattro città considerate (12,6%). Tab. 1.1. Titolo di studio delle donne intervistate Città di residenza Udine Padova Firenze Pesaro Messina Totale Nessun titolo o quinta elementare 2,5 4,2 3,9 6,2 10,1 5,8 Terza media o avviamento 28,0 21,2 20,3 31,1 31,3 26,6 Diploma professionale (2-3 anni) 17,4 14,6 11,5 20,5 6,1 12,7 Diploma di Maturità 33,7 29,3 36,6 29,7 33 32,7 Diploma universitario o laurea 18,4 30,7 27,8 12,6 19,6 22,1 Totale 100 100 100 100 100 100 N 632 659 670 454 1022 3437 La cultura del lavoro - anche e soprattutto intesa come fonte di sussistenza e di guadagno, più che come espressione della propria individualità - combinata con le opportunità lavorative riduce l orientamento delle donne verso l idea di continuare i propri studi, che e forse, viene visto come una inutile perdita di tempo. Si può meglio comprendere il retroterra di questa cultura se si tiene conto anche dell ambiente da cui la nostra donna proviene: la famiglia delle donne intervistate a Pesaro è probabilmente una famiglia operaia. Infatti il padre, nel 67% dei casi non ha un titolo di studio, o tutt al più, ha conseguito la quinta elementare. Solo il 16.5% ha raggiunto la scuola dell obbligo oppure l avviamento (Tab 1.2). Tab. 1.2. Titolo di studio del padre della donna intervistata Città di residenza Udine Padova Firenze Pesaro Messina Nessun titolo di studio o quinta 46,0 41,6 43,5 67,0 51,4 elementare Terza media o avviamento 26,7 20,3 20,7 16,5 26,3 Diploma professionale (2-3) anni 8,8 8,5 8,7 5,2 4,1 Diploma di Maturità (4-5 anni) 11,3 15,2 13,5 8,4 10,4 Diploma universitario o laurea 7,3 14,5 13,6 2,9 7,8 Totale 100 100 100 100 100 N 604 627 646 443 977 La madre dell intervistata, nel 66% dei casi lavorava negli anni successivi alla nascita del primo figlio. Il dato più alto tra le 5 città, solo Firenze supera il 60%, mentre a Messina le madri che lavoravano si fermavano al 35,3% (Tab.1.3). Il basso ceto sociale della famiglia, come si può desumere dal titolo di studio del padre, e l elevata partecipazione al lavoro da parte delle madri delle intervistate, suggerisce che forse era il lavoro era anche dovuto ad una necessità economica fortemente sentita nella famiglia. 10

Tab. 1.3. Lavoro della madre della donna intervistata negli anni successivi alla nascita del primo figlio Città di residenza Udine Padova Firenze Pesaro Messina Totale Si 57,4 49,6 61,1 66,0 35,3 51,2 No 42,6 50,4 38,9 34,0 64,7 48,8 Totale 100 100 100 100 100 100 N 629 659 668 456 1023 3435 Se consideriamo l andamento nel corso dell ultimo ventennio del 900 [Dalla Zuanna e Salvini 2002] abbiamo un ulteriore conferma della continuità con la generazione precedente: il 60% delle madri delle nostre intervistate lavorava negli anni successivi la nascita del primo figlio, confermando anche il primato di Pesaro come città con la percentuale maggiore di donne lavoratrici. Un dato interessante, invece, è il numero dei figli della madre delle nostre intervistate, sempre per operare un confronto nel tempo del mutamento delle abitudini, degli stili di vita, del cambiamento dei valori e dei ruoli sociali (Tab.1.4) Tab. 1.4. Numero di figli della madre della donna intervistata Città di residenza Udine Padova Firenze Pesaro Messina 1 9,8 6,0 16,8 7,7 3,2 2 38,7 34,1 40,1 38,5 21,5 3 e più figli 51,5 59,9 43,1 53,8 75,3 Totale 100 100 100 100 100 N 631 662 666 454 1027 La tabella 1.5 ci parla di una generazione, quella precedente alle nostre intervistate, in cui è ben visibile la cultura della famiglia numerosa, ponendo Pesaro in linea con le due città del Nord- Est, di 10 punti superiore a Firenze, anche se ben lontana dalla "prolifica" Messina (oltre 20 punti sotto). Il dato risulta interessante, se poi, lo mettiamo in relazione alla tabella Tab.1.3, che vede le madri di Pesaro come le più laboriose. Osservando i dati (Tabb.1.3 e 1.4), emergerebbe una società, una generazione che, più di altre e volendo - più della generazione successiva - quella relativa alle nostre intervistate - è riuscita a coniugare le esigenze del dovere lavorare con la "cultura" della famiglia numerosa. Questa possibile risposta potrebbe essere adottata anche mettendo a confronto la percentuale dei figli unici, non solo con le altre città campione, ma anche con la percentuale dei figli unici delle figlie. Ma per questo approfondimento, si rimanda al cap. IV del presente lavoro. 1.2. La vita di coppia e il partner Le seguenti tabelle (da Tab.1.5 a Tab.1.8) ci presentano alcuni dati relativi alla vita di coppia. Come prevedibile la coppia coniugata è il caso più frequente: il 90% delle donne intervistate dichiara di vivere con il marito (Tab.1.5). Si intravedono alcuni elementi di modernità anche se piuttosto ridotte rispetto alle altre città. Infatti solo l 8,4% delle pesaresi hanno avuto una esperienza di convivenza prima di sposarsi. Inoltre sul livello di Messina e di Padova le donne intervistate a Pesaro hanno iniziato a vivere con il loro partner contestualmente al matrimonio (Tab.1.6). 11

Tab. 1.5. Attuale situazione di coppia Città di residenza Udine Padova Firenze Pesaro Messina Totale Vivo con mio marito 83,7 89,6 83,1 90,0 89,6 87,3 Vivo con il mio compagno 6,7 3,8 4,9 3,3 2,0 3,9 Ho un compagno fisso, ma non viviamo insieme 2,1 1,2 3,3 1,1 1,8 1,9 Attualmente sono sola e non ho una relazione fissa 7,6 5,3 8,7 5,6 6,7 6,8 Totale 100 100 100 100 100 100 N 631 656 669 450 1017 3423 Tab. 1.6. Tipologia di inizio della vita di coppia Città di residenza Udine Padova Firenze Pesaro Messina Totale Abbiamo convissuto senza mai sposarci 3,2 2,0 3,8 2,7 1,2 2,5 Per un certo periodo abbiamo convissuto, poi ci siamo sposati 16,8 10,7 20,0 8,4 10,4 13,3 Abbiamo iniziato a vivere assieme al momento del matrimonio 80,0 87,2 76,2 88,8 88,4 84,3 Totale 100 100 100 100 100 100 N 620 642 651 439 990 3342 Tab. 1.7. Eventuale scioglimento della prima coppia convivente Città di residenza Udine Padova Firenze Pesaro Messina Totale E' ancora in corso 82,3 90,2 81,9 89,0 88,8 86,6 Ci siamo divisi 15,9 8,7 15,9 8,9 9,3 11,6 Mio marito (o compagno) è deceduto 1,8 1,1 2,2 2,1 1,9 1,8 Totale 100 100 100 100 100 100 N 616 641 648 438 989 3332 Tab. 1.8. Durata (in anni) della prima esperienza di convivenza di coppi a per le donne che vivono con il Città di residenza primo compagno Udine Padova Firenze Pesaro Messina Totale Media 18,6 18,3 18,2 17,9 17,6 18,1 Mediana 18,0 17,0 17,0 17,0 16,0 17,0 primo Quartile 15,0 15,0 15,0 14,0 14,0 15,0 terzo Quartile 21,0 21,0 20,0 21,0 20,0 20,0 N 497 566 524 385 844 2816 non vivono con il primo compagno Media 10,1 12,5 10,8 11,2 11,6 11,1 Mediana 10,0 12,0 10,0 11,5 11,0 11,0 primo Quartile 6,0 8,0 5,0 6,3 7,0 6,0 terzo Quartile 14,0 18,0 15,0 15,0 15,5 15,0 N 103 61 110 44 101 419 12

Si conferma, quindi, la forza dell istituzione matrimonio (90%, la più alta) e la debolezza, per contro, della convivenza (3.3%). La stessa differenza di concezione fra matrimonio e convivenza, quindi fra tradizione, continuità di costume e come dire - comportamenti più moderni viene confermata anche dalla Tab.1.6, che sancisce, per l 88.8% l inizio della vita di coppia con il matrimonio, piuttosto che con una convivenza, anche se pre-matrimoniale. In entrambi i casi, Pesaro detiene il primato rispetto alle altre città campione. 7 La visione della coppia e la forza dell istituzione matrimoniale, vista anche come naturale compimento e traguardo di una storia stabile e importante viene confermata anche dalla proporzione dei non-sposati (sia uomini che donne tra i 30 e i 35 anni). A questo proposito, Pesaro risulta essere la città con la percentuale più bassa (confermando una volta una tendenza coerente con quella della generazione precedente), molto più vicina a Messina che non alle altre città campione del Centro- Nord, come sottolineano Dalla Zuanna e Salvini [2002] nel loro quadro generale, dando come possibile risposta un tipo di attività e una certa concezione del lavoro, potremmo aggiungere, estranea a qualsivoglia sete di emancipazione e di auto realizzazione attraverso esso - che non ostacolerebbe la realizzazione, il percorso della coppia. E così che ci si può addentrare nel tema dell occupazione, che potrebbe fornire anche spunti di riflessione rispetto all immagine del lavoro, come poc anzi si diceva. 1.3. Il lavoro attuale Pesaro si contraddistingue per avere la più alta percentuale di donne lavoratrici (80.4%), essendo, anche se di poco, superiore a Firenze (79.8%) e di quasi 10 punti superiore a Messina (Fig.3). Fig. 1.2. Percentuale di donne lavoratrici 100 75 24,1 23,9 20,2 19,6 28,9 Si No 50 75,9 76,1 79,8 80,4 71,1 25 0 Udine Padova Firenze Pesaro Messina 7 Per ulteriori approfondimenti rispetto al tema, e in particolare a quello della convivenza come espressione della realizzazione della coppia e della vita in comune, rimando a: Zanatta [1997]; Sponchiado [2001], nonché alle relative bibliografie 13

Fig.1.3. Precarietà dell attuale lavoro 100 75 6,9 8,7 7,6 15,1 16,7 Precario Fisso 50 93,1 91,3 92,4 84,9 83,3 25 0 Udine Padova Firenze Pesaro Messina Se da un lato le donne di Pesaro si distinguono per un elevato coinvolgimento nel mondo del lavoro, dall altro fanno osservare un come la presenza di lavoro precario sia piuttosto rilevante (15 %) quasi ai livelli di Messina, e molto più elevato del dato registrato nelle altre città del Cento-Nord. La precarietà del lavoro sicuramente legata al tipo di lavoro svolto dalle donne intervistate. Il profilo lavorativo delle donne pesaresi si caratterizza per una maggiore presenza operaie, addette alle pulizie, colf o baby sitter, coadiuvanti familiari in imprese agricole o artigiane, commesse (probabilmente in una certa misura stagionali essendo Pesaro una città balneare). Appaiono sottorappresentati invece posti fissi in larga misura afferenti al settore pubblico, quali insegnanti o funzionari, come mostra la Tab.1.9. Tab. 1.9. Tipologia dell attuale lavoro Città di residenza Udine Padova Firenze Pesaro Messina Totale Operaia o bracciante 5,0 4,6 4,4 9,7 2,6 5,0 Addetta alle pulizie 5,5 3,3 3,8 9,1 5,1 5,1 Collaboratrice familiare o baby sitter 2,6 2,9 2,4 4,1 3,4 3,0 Commessa 5,2 3,1 3,2 8,0 1,3 3,9 Impiegata 33,4 31,2 38,0 34,8 33,9 34,3 Infermiera 6,6 7,3 5,1 5,9 5,8 6,1 Insegnante (asilo o elementari) 7,2 4,8 6,5 4,1 9,0 6,4 Insegnante (medie, superiori, università) 11,1 14,6 8,9 6,8 13,6 11,2 Funzionaria o dirigente 3,9 7,5 6,9 2,1 7,5 5,8 Agricoltore o art igiana (o coadiuvante) 3,3 3,3 3,0 6,2 1,7 3,4 Commerciante (o coadiuvante) 6,3 5,0 6,1 5,6 6,0 5,8 Libera professionista, imprenditrice 9,8 12,5 11,7 3,6 10,3 10,0 Totale 100 100 100 100 100 100 N 458 481 505 339 469 2252 Dunque l occupazione tipica del pesarese è quella dell impiegata, come le altre città campione (34.8%). Oppure l operaia (9.7%), la più alta percentuale rispetto alle altre città. Segue l addetta alle pulizie (9.1%) e la commessa (8%). Per quanto riguarda il marito ritroviamo una tipologia professionale coerente con quella delle mogli. Si registra un peso elevato della categoria degli operai 14

e dei lavoratori autonomi, come artigiani, commercianti e piccoli imprenditori agricoli. (Tab. 1.10.). Due le cose da rilevare rispetto a questi ultimi dati: 1) la continuità con il passato, con il proprio retroterra culturale ed economico, con il tipo di lavoro, quindi, della propria famiglia d origine; 2) il tipo di occupazione è legata alla vocazione produttiva del contesto territoriale e al livello di istruzione prevalente, che abbiamo visto essere generalmente più basso rispetto alle altre zone. Per quanto riguarda la professione del marito, in particolare, riflette il tessuto socio-economico locale, di una zona dove le aziende sono di piccole dimensione e a conduzione familiare: basti far riferimento al dato degli artigiani 13,4% (Tab.1.10), la più alta percentuale rispetto alle altre città campione, quasi doppia. Tab. 1.10. Lavoro dell'attuale marito o compagno Città di residenza Udine Padova Firenze Pesaro Messina Totale Operaio, bracciante, manovale 11,4 9,9 11,6 22,5 11,3 12,6 Impiegato, commesso, infermiere 31,7 20,3 26,9 21,2 34,5 27,9 Insegnante 4,0 6,0 3,9 1,3 3,1 3,8 Funzionario o dirigente 12,0 18,2 13,0 8,6 7,0 11,6 Artigiano, agricoltore 5,4 7,3 8,5 13,4 3,6 6,9 Commerciante 4,2 4,8 6,0 8,4 5,7 5,7 Libero professionista 10,2 18,4 13,9 10,7 10,4 12,7 Imprenditore 7,2 5,7 3,9 4,3 1,8 4,4 Disoccupato o precario 1,1 0,9 1,5 1,8 9,2 3,5 Pensionato 4,8 3,1 2,3 2,0 6,0 3,9 Nessun marito o compagno attuale 8,0 5,4 8,7 5,7 7,6 7,2 Totale 100 100 100 100 100 100 N 625 648 663 440 924 3300 Infine, l orario di lavoro. In media, come si può vedere dal grafico seguente, la donna pesarese lavora 32 ore, al pari di quelle di Udine. Meno di Firenze 34,2, ma più di Padova e Messina (rispettivamente 31,2 e 31,4). Fig. 1.4 Rigidità dell orario di lavoro 100 9,1 10,9 10,9 9,3 10,9 75 41,8 47,2 46,4 43,1 39,6 Posso scegliere Flessibile Rigido 50 25 49,1 41,9 42,7 47,6 49,5 0 Udine Padova Firenze Pesaro Messina 15

Fig. 1.5. Numero medio di ore lavorate per settimana 36 34 34,2 32 32,0 31,2 32,0 31,4 30 28 Udine Padova Firenze Pesaro Messina Rispetto alla rigidità o flessibilità dell orario di lavoro Pesaro si colloca in una posizione intermedia (47,6% sono le intervistate con orario rigido). La proporzione di donne con un orario rigido è inferiore a Messina e Udine (oltre il 49%), ma maggiore di Padova o Firenze, intorno al 42%. In particolare a Pesaro il 47.6% ha un orario rigido, il 43.1% ha un orario flessibile. Il 9,3 dice invece che può scegliere quando lavorare. La questione dell orario di lavoro richiama sul tavolo della riflessione sulla fecondità il tema del tempo: una maggiore flessibilità potrebbe (o dovrebbe) supporre una maggiore possibilità di gestire il tempo da dedicare al lavoro e il tempo da dedicare alla famiglia, e quindi ai figli. Il legame fra la problematica del tempo da dedicare alla famiglia, la cui quantità e flessibilità a è anche legata al tipo di occupazione svolta, e il tema della fecondità sono argomenti centrali nel dibattito e verranno ripresi nei prossimi capitoli. Infatti, considerando come viene visto e vissuto il lavoro, e come questa si concili con l altro luogo in cui la donna si muove, vale a dire la famiglia e, nella fattispecie la cura dei figli, vediamo come Pesaro sia pressoché in linea con le altre tre città del Centro-Nord (Tabb.1.11-1.13), e si distanzi completamente da Messina. Nel corso della ricerca, infatti, si era chiesto alle donne intervistate di esprimere il grado di accordo rispetto alle seguenti affermazioni: Una donna può realizzarsi completamente attraverso il lavoro ; E possibile conciliare figli e lavoro ; E bene che una donna con figli rinunci al lavoro. Entrando nel merito, della prima affermazione Una donna può realizzarsi completamente attraverso il lavoro, il 18,7% si dice d accordo. Un dato molto vicino, anche se superiore a quello registrato nelle altre città del Centro-Nord. Ma si differenzia in modo netto dall orientamento delle donne di Messina, le quali appaiono particolarmente d accordo su questa affermazione (37,4%); sono il doppio di Pesaro quasi tre volte la componente delle altre città (Tab.1.11). Il che farebbe presupporre che la donna di Pesaro, pur vedendo nel lavoro un canale importante di realizzazione considera importanti anche in altri spazi. E, di conseguenza, non vede nel lavoro l unico mezzo di emancipazione. Questo orientamento, ovviamente, riflette anche le condizioni socio-economiche 16

del contesto, piuttosto ricco e dinamico sotto il profilo economico, quindi sicuramente diverso da quello della città siciliana. Le aspettative rivolte al lavoro, diverse tra le donne di Pesaro e delle altre città centrosettentrionali rispetto a quelle di Messina, ma la stessa pratica lavorativa più diffusa tra le prime, meno d accordo con l affermazione è possibile conciliare figli e lavoro, suggerendo quindi una maggiore difficoltà nel raggiungere questo obiettivo (Tab. 1.12). Eppure, al lavoro vuoi per una necessità economica o di evasione dalla famiglia - non vi si rinuncerebbe per i figli (Tab. 1.13). Se in media 3 donne su 4 non condividono l affermazione E bene che una donna con figli rinunci al lavoro, questo dato scende leggermente tra le donne di Pesaro e quelle di Messina (71% contro il 76% di Padova e il 78% di Firenze). Tab. 1.11. Una donna può realizzarsi completamente attraverso il lavoro Città di residenza Udine Padova Firenze Pesaro Messina Totale D'accordo 12,4 11,3 13,3 18,7 37,4 20,6 Abbastanza d'accordo 57,1 56,9 50,7 53,7 36,4 49,3 Abbastanza contraria 23,3 26,6 28,6 21,8 19,4 23,6 Molto contraria 7,2 5,2 7,3 5,7 6,7 6,5 Totale 100 100 100 100 100 100 N 627 657 668 454 1010 3416 Tab. 1.12. È possibile conciliare figli e lavoro Città di residenza Udine Padova Firenze Pesaro Messina Totale D'accordo 31,0 31,1 31,5 31,1 51,4 37,2 Abbastanza d'accordo 58,4 53,2 54,1 57,3 32,5 48,7 Abbastanza contraria 8,4 14,2 12,2 10,1 10,2 11,0 Molto contraria 2,2 1,5 2,3 1,5 5,9 3,1 Totale 100 100 100 100 100 100 N 632 660 666 454 1019 3431 Tab. 1.13. È bene che una donna con figli rinunci al lavoro Città di residenza Udine Padova Firenze Pesaro Messina Totale D'accordo 5,4 5,5 7,8 7,7 17,8 9,9 Abbastanza d'accordo 21,2 18,0 13,8 21,0 10,5 16,0 Abbastanza contraria 40,7 41,7 38,5 43,4 39,9 40,6 Molto contraria 32,6 34,8 39,8 27,9 31,8 33,6 Totale 100 100 100 100 100 100 N 631 655 665 452 1016 3419 1.4. Stile di vita e religiosità Concludiamo con la parte riguardante il costume sociale, e in materia di consumi e in materia di pratiche religiose, presenti o meno (e comunque in quale misura) nella vita delle nostre intervistate. 17

La parte dedicata a cogliere gli orientamenti consumistici delle 5 città, mostra Pesaro in contraddizione più con se stessa, che non con le altre città campione. Ci si riferisce alla differenza rilevata rispetto all aspetto generale, i consumi (Tab.1.14) e l aspetto per eccellenza del consumismo, emblema dell edonismo e dell apparire: la moda (Tabb.1.15 e 1.16). Quasi che l aspetto sociale (i consumi) e l aspetto individuale (la moda, l apparire, l essere, il distinguersi come individuo rispetto alla massa ) fossero su due piani diversi. Infatti, alla domanda Solo grazie allo sviluppo dei consumi la gente potrà vivere meglio, Pesaro, pur confermandosi al 1 posto delle città del Centro Nord (Tab.1.14), si ha un totale di 30.5% 8. Ma compiendo la stessa operazione rispetto alle due voci negative ("Abbastanza contraria" e "Molto contraria)", si ottiene il 46.1%. Alle due domande successive Mi piace comperare cose che mi facciano fare bella figura e Mi piace seguire la moda, Pesaro si conferma, tra le città del Centro Nord la più consumistica in fatto di moda, di oltre 10 punti superiore, in fatto di consumi, a Firenze (Tab. 1.15). Infatti, sommando le due possibilità positive riguardo i consumi, otteniamo il 65.3%, contro il 55.3% di Firenze. Si distanzia, invece, per difetto, di 6 punti da Messina. La stessa situazione la si può leggere attraverso la tabella1.16. Tab. 1.14. Solo grazie allo sviluppo dei consumi la gente potrà vivere meglio Città di residenza Udine Padova Firenze Pesaro Messina Totale D'accordo 6,3 5,8 9,0 10,3 22,1 11,9 Abbastanza d'accordo 21,8 17,2 17,7 20,2 15,0 17,9 Non saprei 17,3 14,4 17,5 23,4 32,0 21,9 Abbastanza contraria 38,1 42,7 36,3 32,8 21,6 33,1 Molto contraria 16,5 19,9 19,5 13,3 9,2 15,2 Totale 100 100 100 100 100 100 N 619 639 645 436 980 3319 Tab. 1.15. Mi piace comperare cose che mi facciano bella figura Città di residenza Udine Padova Firenze Pesaro Messina Totale Si 21,7 18,1 19,9 25,7 43,6 27,6 Abbastanza 41,0 37,5 35,4 39,6 28,1 35,2 Non saprei 2,1 2,9 4,2 3,5 2,6 3,0 Poco 21,7 25,4 24,4 19,9 17,5 21,4 No 13,6 16,1 16,0 11,3 8,3 12,7 Totale 100 100 100 100 100 100 N 632 653 663 452 1008 3408 8 sommando le due modalità D accordo + Abbastanza d accordo 18

Tab. 1.16. Mi piace seguire la moda Città di residenza Udine Padova Firenze Pesaro Messina Totale Si 13,0 10,8 10,0 15,6 34,5 18,7 Abbastanza 44,5 44,7 38,7 45,3 28,6 38,8 Non saprei 0,8 1,4 1,7 0,7 1,0 1,1 Poco 31,6 32,2 34,5 28,8 30,3 31,5 No 10,0 11,0 15,1 9,6 5,6 9,8 Totale 100 100 100 100 100 100 N 629 656 661 448 1011 3405 Concludiamo la sezione relativa al costume, rilevando la posizione pesarese rispetto alla pratica religiosa, considerando i comportamenti della donna a 25 anni e i padri dopo la nascita del 1 figlio. Tab. 1.17. Frequenza alla messa della donna a 25 anni Città di residenza Udine Padova Firenze Pesaro Messina Totale Mai (eccetto matrimoni, funerali,...) 15,8 14,2 23,9 11,2 9,0 14,4 Solo alle grandi feste (Natale, Pasqua...) 26,5 23,1 31,3 31,4 19,4 25,3 Circa una volta al mese 11,4 7,5 9,7 13,8 11,0 10,5 2-3 volte al mese 19,5 20,0 15,4 21,1 24,8 20,6 Praticamente tutte le settimane o più volte 26,8 35,3 19,8 22,6 35,8 29,2 Totale 100 100 100 100 100 100 N 631 655 662 456 1013 3417 Tab. 1.18 Frequenza alla messa del padre del primo figlio prima dell arrivo del bambino Città di residenza Udine Padova Firenze Pesaro Messina Totale Mai (eccetto matrimoni, funerali,...) 26,5 26,9 42,4 28,9 29,8 31,0 Solo alle grandi feste (Natale, Pasqua...) 32,3 29,7 31,6 40,5 27,9 31,5 Circa una volta al mese 10,0 7,2 4,9 6,3 11,4 8,3 2-3 volte al mese 13,2 12,7 9,8 11,2 14,3 12,5 Praticamente tutte le settimane o più volte 18,0 23,5 11,2 13,1 16,6 16,7 Totale 100 100 100 100 100 100 N 589 629 632 412 896 3158 Percentuale di "Non so, non ricordo" sul totale 3,8 2,0 2,8 3,3 7,0 4,1 Nota: 135 persone (il 4,1% del totale ) ha risposto "Non so, non ricordo" Per quanto riguarda la religiosità, misurata attraverso la pratica alla messa domenicale, le donne di Pesaro hanno dichiarato che quando avevano 25 anni andavano a messa settimanalmente nel 22,6% dei casi, e 2-3 volte al mese nel 21,1%. Si tratta di una osservanza dei riti religiosi che si colloca in una posizione media rispetto alle altre città (Tab.1.17). Da un lato, infatti, la pratica regolare non raggiunge il dato che si registra nella città di Padova, Udine o di Messina; il Veneto e il sud Italia si sono mostrate tradizionalmente aree cattoliche fortemente legati ai rituali della chiesa; con una forte presenza sul territorio del mondo cattolico con le sue organizzazioni nelle regioni del Nord-est, e di una diffusa religiosità nel meridione. Dall altro la pratica delle donne intervistate a Pesaro non scende ai livelli della più laica città di Firenze, e del contesto toscano segnato culturalmente e politicamente da un orientamento più secolarizzato. 19

Questo orientamento ravvisabile presso le donne intervistate a Pesaro si riflette anche sui padri prima dell arrivo del primo bambino. Si conferma cioè un livello di religiosità inferiore alle città del Nord-est (Padova e Udine) e del Sud (Messina), ma superiore a quella registrata a Firenze. 1.5. Conclusioni L analisi del profilo delle intervistate è stata fatta compiendo una suddivisione in tre aree comprendenti: a) Caratteristiche socio-demografiche della donna e della sua famiglia d origine b) La vita di coppia e il partner c) Stili di vita e religiosità Il primo settore intendeva compiere un identikit delle mamme intervistate a Pesaro; il secondo mirava a dare una risposta rispetto alla concezione della coppia; infine, il terzo riguardava la dimensione degli stili di vita e dei valori. La donna Pesarese ha un titolo di studio medio-basso, rispetto alle altre città campione, e la professione che la caratterizza maggiormente è relativa al settore impiegatizio e operaio. E una donna nata, cresciuta e che vive da sempre a Pesaro, che lascia trasparite una bassa mobilità, dovuta forse, da una parte, ad un legame con le proprie radici, in continuità con il proprio passato, con la propria famiglia d origine, e dall altra con un contesto socio-economico che favorisce le opportunità di entrata nel mercato lavorativo. Anche rispetto alla concezione della coppia, notiamo una sorta di continuità con il passato, con la tradizione, rispetto a comportamenti più moderni. Appare maggiormente diffusa l istituzione matrimonio, inteso come traguardo, compimento e realizzazione piena della coppia, rispetto ad altri modi di intendere la relazione a due, come ad esempio la convivenza. Quando questa esperienza è stata fatta veniva intesa come fase di rodaggio delle vita di coppia, preliminare al passo successivo del matrimonio. Infine, il discorso sugli stili di vita, sui valori che contraddistinguono un contesto rispetto ad un altro. Riguardo alla tematica legata alla concezione del consumismo, nella contesto analizzato si osserva un considerevole orientamento al consumo di moda, e di oggetti che <<facciano fare bella figura>>. Superiore alle altre realtà. Fa eccezione Messina, del resto un contesto che sotto il profilo economico è inserito in un ambito segnato da precarietà e difficoltà. E comprensibile di conseguenza rilevare aspirazioni considerevoli sul fronte delle aspettative rispetto ai consumi. Rispetto all osservanza dei riti religiosi, e in una certa misura rispetto alla religiosità Pesaro si colloca in una posizione mediana. Da un lato le due città del Nord-Est e Messina, tradizionalmente più cattoliche. E dall altro lato la laica Firenze. 20

Capitolo 2 Verso la vita adulta SABINA RAPARI 2.1. Le tappe dell autonomia In questo secondo capitolo del working paper, prenderemo in considerazione le tappe che segnano l ingresso nella vita adulta delle donne coinvolte nella nostra indagine. Stabilire gli elementi che delineano il passaggio dalla giovinezza alla maturità non è impresa facile, Joseph Conrad ne parla come di una linea d ombra, proprio per caratterizzarne l incertezza [Bonifazi, Menniti, Misiti e Palomba 1999]. In genere, tuttavia, ci sono alcuni comportamenti, comunemente usati quali indicatori di questa transizione. Nella presente indagine i passaggi considerati rilevanti per l ingresso nell età adulta sono stati: 1) la prima relazione sentimentale importante, 2) il termine degli studi, 3) l entrata nel mercato del lavoro, 4) l uscita dalla famiglia d origine, 5) la costituzione di una famiglia propria e, infine, 6) l avere dei figli. La società italiana è caratterizzata da un susseguirsi molto rigido di questi passaggi, più rigoroso che in altre società europee; nel nostro contesto culturale sembrerebbero quasi evidenziarsi delle regole di sequenza non scritte fra questi eventi e l ultimo anello di tale catena è rappresentato dalla nascita del primo figlio [Dalla Zuanna e Salvini 2002]. I passaggi che segnano la transizione allo stato adulto sono diventati oggetto di indagini sempre più dettagliate e approfondite in questi ultimi anni, caratterizzati da un rallentamento del passaggio della giovinezza alla maturità. In particolare si sta avvertendo questo come «problema centrale per la dinamica della popolazione e per l equilibrio sociale ed economico tra le generazioni» [De Sandre, Pinnelli e Santini 1999, 26]. Tra le cause di questa evoluzione culturale si pensa al prolungamento della vita scolastica (con il conseguente ritardo dell ingresso nel mercato del lavoro) e ad un aumento del sostegno che i giovani ricevono dalla famiglia d origine [Billari e Ongaro 1999]. Il protrarsi della permanenza nella famiglia d origine e il conseguente ritardo nei comportamenti di passaggio, che riguarda soprattutto un rallentamento e un rinvio della nuzialità inserito in un «processo di rinvio complessivo delle scelte attinenti al processo riproduttivo (dalla sessualità all unione di coppia alla fecondità), con scarsa diversificazione e autonomia delle sue fasi componenti» [De Sandre, Pinnelli e Santini 1999, 27], ha interessato in modo particolare le generazioni nate negli anni 60 e 70, anche se nelle grandi città i processi di rallentamento e ritardo sono stati più precoci e hanno riguardato anche le generazioni nate dalla seconda metà degli anni 50 [Dalla Zanna e Salvini 2002]. Infatti, una maggiore precocità, relativa alla prima esperienza sessuale femminile, si evidenza solo per le generazioni del dopoguerra fino a quelle del 1961-1965 e poi si registra un successivo rallentamento [Cazzola 1999]. Le donne coinvolte nella nostra indagine dovrebbero, alla luce di queste informazione, essere fra le prime generazioni investite da questo cambiamento, la loro età media si aggira infatti intorno ai quaranta anni, sono dunque nate intorno agli anni 60. Tuttavia questo fenomeno, almeno per la Università degli Studi di Urbino Carlo Bo, Istituto di Sociologia. E-mail: sabina.rapari@tiscali.it 21

generazione delle donne oggetto di studio, non è così diffuso come sembra esserlo per le coorti successive 9, ma più rilevante per alcune categorie di donne. Una variabile che sembra strettamente connessa ai tempi dell ingresso nella vita adulta è il titolo di studio della donna e la scolarizzazione dei genitori [Rosina, Allegra, Ranaldi, Ravioli e Tuorto 2001]. Si parla di un effetto famiglia d origine sui percorsi di vita dei singoli: a più alto strato sociale di provenienza (maggiore istruzione del padre) corrisponde più facilmente un uscita dalla famiglia per studio e ritardo del matrimonio; in senso opposto agisce il numero crescente di fratelli [Billari e Ongaro 1999]. Le mamme intervistate a Pesaro, come abbiamo visto nel capitolo precedente, sono caratterizzate da un livello di istruzione non particolarmente elevato, il 37.2% ha la licenza elementare o media, il 50.2% ha un diploma professionale o di maturità e solo il 12.6% una laurea, relativamente a questa caratteristica le donne pesaresi si distinguono nettamente da quelle delle altre città coinvolte nell indagine, dove le laureate sono molto più numerose. Più basso è anche il livello di scolarizzazione dei padri delle donne intervistate a Pesaro rispetto a quello delle altre città. Il 67% è privo di un titolo di studio o ha quello elementare e il 16.5% ha il diploma di scuola media inferiore, solo il 16.5% dei padri ha un livello di scolarizzazione medio-alto. Richiamare queste informazioni è importante per contestualizzare adeguatamente i risultati e dare conto delle differenze che caratterizzano Pesaro rispetto alle altre città. Le donne intervistate a Pesaro evidenziano in generale una maggiore precocità dell ingresso nella vita adulta rispetto a quelle delle altre città, in modo particolare le differenze sono rilevanti con le donne intervistate ad Udine, Padova e Firenze, comunque per tutte le variabili prese in considerazione le età medie rilevate a Pesaro sono più basse della media di tutte le città (Tab. 2.1). L età media alla prima relazione sentimentale delle donne di Pesaro è pari a 17,7, quella delle donne residenti nelle altre città è compresa fra 18 (a Messina) e 18,5 (a Padova), anche l età media all uscita della scuola è la più bassa a Pesaro (17,5), il che non sorprende troppo considerando i più bassi livelli di scolarizzazione rispetto alle donne delle altre città. Rispetto a queste prime due caratteristiche notiamo una maggiore contiguità con Messina che con le altre città del centro nord. Inoltre sia a Pesaro che a Messina, l uscita da scuola precede in media la prima relazione sentimentale. L età media all inizio del primo lavoro accomuna, invece Pesaro alle altre città del centro nord, anche se l età media di Pesaro (21,1) rimane più bassa che nelle altre città. Sulla distanza Pesaro-Messina, per questa caratteristica ecc., pesa probabilmente la peculiarità del mercato del lavoro nel sud Italia. Per quanto riguarda le caratteristiche prese in esame che più marcatamente caratterizzano l ingresso nella vita adulta (età all uscita della famiglia d origine, età all inizio del primo matrimonio/convivenza e età alla nascita del primo figlio) si nota una contiguità fra Messina, Pesaro ed Udine, che già relativamente all età del primo lavoro presentava valori non troppo distanti da Pesaro (20,4 vs 20,1). L età media all uscita della famiglia è mediamente di un anno inferiore a Messina (22,5), Pesaro (22,7) e Udine (23,7) rispetto a Padova (23,6) e Firenze (23,5). La situazione è simile per quanto riguarda l età media al primo matrimonio/convivenza. A Pesaro e Messina si registrano risultati molto simili (23,2 e 23,1), in una posizione intermedia ma meno vicina si trova Udine (23,7) e poi con più di un anno di ritardo ci sono le donne intervistate a Padova (24,5) e Firenze (24,7). Ritroviamo la stessa identica situazione per quanto riguarda l età media alla nascita del primo figlio, anche se la distanza fra Pesaro e Messina è lievemente più marcata che per gli altri indicatori (25 vs. 24,4), come più incidente è la distanza fra le età delle donne di queste due città e quelle di Padova e Firenze (27,5). Anche fra le mamme intervistate a Pesaro, come quelle di Udine, Padova e Firenze, non viene meno la rigida sequenza fra le diverse variabili scelte per delineare il passaggio alla vita adulta. Da 9 Per i giovani italiani lavorare o avere il posto fisso non implica come conseguenza l autonomia dei genitori: nel 1995 il 54% dei ragazzi italiani occupati fra i 25 e i 29 anni abitava con i genitori (nel 1987 erano il 47%), contro una percentuale compresa fra il 16 e il 26% degli altri paesi europei [Decanini e Palomba 1999]. Anche l età media al matrimonio cresce progressivamente, è passata dal 1984 al 1994 da 24,4 a 26,4 per le donne e da 27,5 al 29,4 per gli uomini [ibidem]. 22