MARCEL DUCHAMP: una collezione italiana. Museo d arte contemporanea Villa Croce 11 maggio - 16 luglio 2006 Marcel Duchamp: una collezione italiana



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MARCEL DUCHAMP: una collezione italiana. Disegni, grafiche, fotografie e multipli del padre dell arte contemporanea Museo d arte contemporanea Villa Croce 11 maggio - 16 luglio 2006 La mostra Marcel Duchamp: una collezione italiana presenta per la prima volta in Italia la collezione di Luisella Zignone; 150 opere tra disegni, grafiche, foto e readymade che documentano compiutamente l attività concettuale dell artista francese, ineliminabile punto di riferimento per tutta l arte contemporanea dagli inizi del 900 ad oggi. Per molti se non per tutti gli appassionati d arte contemporanea, Marcel Duchamp è prima ancora che un artista, il simbolo e lo stereotipo dell arte come idea, l insostituibile protagonista di un gesto dissacratorio che sottrae al contesto un oggetto indifferente e gli attribuisce con ciò lo statuto di opera d arte, il punto di partenza del percorso dell arte dal Novecento ad oggi, la sua giustificazione e il suo peccato originale che l ha per sempre allontanata dal paradiso terrestre di un rapporto integrato con la società e con i suoi valori, a cominciare da quella categoria estetica del gusto a cui Duchamp deliberatamente si sottrae proprio con la scelta estrema del ready-made. Così mentre un quadro di Picasso appare ormai a tutti, o quasi, un capolavoro-feticcio da ostendere ed ammirare anche se non lo si comprende, lo scolabottiglie di Duchamp è ancora vissuto dai più come un corpo estraneo nel mondo dell arte e dagli appassionati come la bandiera di una rivoluzione appena cominciata! A partire dal 1911 Duchamp si allontana progressivamente dagli stili e dai soggetti dell avanguardia cubista e futurista per esplorare due grandi filoni tematici che rimarranno, da quel momento, fondamentali per la sua ricerca artistica, pur sviluppandosi in modo indipendente l uno dall altro. L origine comune di questi due temi è la ricerca di una forma d arte concettuale dove la pittura non deve essere solo visiva o retinica. Deve interessare anche la materia grigia, il nostro appetito di comprensione. (intervista a Duchamp di James J. Sweeney). Il primo dei due filoni è espresso in una serie di lavori non convenzionali che portano Duchamp ad esplorare molte possibilità creative diverse: i giochi verbali, gli scacchi, le incisioni, l impaginazione di libri e di cataloghi, l ideazione di copertine, riviste e manifesti, la rilegatura di libri e soprattutto i Readymade. I Readymade costituiscono un innovazione formale tra le più dirompenti, capaci di cambiare il modo stesso di fare arte: oggetti di uso comune, non progettati ma scelti dall artista, presentati come opere d arte. Il secondo tema - al centro e fonte di tutto il lavoro futuro è La Mariée mise à nu par ses célibataires, même (La Sposa messa a nudo dai suoi scapoli, anche), opera nota come Grand Verre (Grande Vetro) (1915 1923), poema visivo e cosmogonia laica, la cui epopea troverà, dopo mezzo secolo, la sua conclusione nell Etant donné, opera a cui lavora per gli ultimi vent anni della sua vita (1946/1968). Tra il 1915 - inizio del Grande Vetro - e il 1946 - esordio di Etant donné - nascono una serie di opere preparatorie che avranno la loro collocazione in quest ultimo lavoro, ritenuto il suo testamento spirituale.

LE OPERE Nella collezione in mostra al Museo si trovano lavori che costituiscono una documentazione di massima importanza delle tematiche affrontate dall artista francese nel corso della sua attività artistica. Nella sezione Readymade possiamo trovare 7 pezzi del 1964, realizzati in collaborazione con Arturo Schwarz in edizione numerata e firmati, in occasione del cinquantesimo anniversario del primo ready-made. Tra questi Egouttoir (Scolabottiglie), Fountain (Fontana), un vero e proprio orinatoio presentato senza interventi ma solo ribaltato e firmato con uno pseudonimo (R. Mutt), uno dei lavori più universalmente noti di Duchamp per la sua carica eversiva, e Why not sneeze Rose Sélavy (Perchè non starnutire Rose Sélavy?), una gabbietta per uccelli contenente 152 cubetti che apparentemente sembrano zollette di zucchero, ma che si rivelano essere di marmo, creando un effetto di spiazzamento. Tra i pezzi più straordinari la celebre Door, 11 rue Larrey, del 1927, vera e propria porta dell appartamento parigino dell artista, che contraddice ironicamente la massima secondo cui una porta deve necessariamente essere aperta o chiusa e che Duchamp commentò con la nota "Il n'y a pas de solution parce qu'il n'y a pas de problème" (Non c è soluzione perché non il problema esiste). Nella sezione delle Boîtes (scatole) sono esposte la Boîte Alert, la Boîte-en-valise (Scatola in valigia) del 1935-41 e la celebre Boîte verte (Scatola verde) del 1934, un lussuoso cofanetto di velluto verde in cui sono raccolti un assortimento di 93 fogli a stampa dei bozzetti del Grande Vetro, riprodotti da Duchamp dopo essere venuto a conoscenza che la sua opera più importante si era frantumata. La sezione Incisioni comprende 40 acqueforti dalla serie Morceaux Choisis I e II stadio, e The Large Glass I e II stadio e alcuni Bon à Tirer, che testimoniano tra l altro la propensione di Duchamp alla citazione o meglio al riuso dell iconografia della storia dell arte (d après Rodin, d après Ingres, d après Courbet). In mostra è presente d après Cranach con l ironica variante fotografica di Man Ray Marcel Duchamp e Bronja Perlmutter come Adamo ed Eva in Relâche intermezzo teatrale di Cinésketch con testo di Francis Picabia e regia di René Clair, Parigi, 1924. Accanto a queste le incisioni riferite ai congegni meccanomorfi del Grand Verre (la Sposa, i Nove stampi maschili, i Setacci o Crivelli, i Testimoni oculari, il Mulino ad acqua, la Macinatrice di cioccolato) sottoposti ad un analogo trattamento di raffreddamento e di smaterializzazione. Nella sezione Fotografie ricordiamo cinque ritratti dell artista eseguiti da Nicky Ekstrom del 1964, fotografie di Man Ray (tra cui alcuni Rayogrammi e due ritratti di Duchamp) e alcuni ritratti realizzati da Ugo Mulas a New York durante il suo primo soggiorno nel 1964 e nello stesso anno a Milano in occasione della mostra Omaggio a Duchamp alla galleria Schwarz. Foto e altri documenti sono conservati nel Black Book realizzato da Duchamp in occasione della retrospettiva alla Cordier&Ekstrom Gallery di New York nel 1964. L esposizione comprende inoltre 1 Rotorelief - un apparecchio con motore elettrico in edizione limitata in 12 pezzi (1935-1963) - e documenti vari, tra cui lettere dell artista, disegni, copertine di libri e cataloghi, inviti a mostre. La mostra è a cura di Sergio Casoli con un allestimento ideato da Massimiliano Fuksas. Il catalogo edito da Skira è stato curato da Arturo Schwarz con testi di Sergio Casoli, Edoardo Sanguineti, Arturo Schwarz, Sandra Solimano e con un disegno originale di Massimiliano Fuksas La mostra è stata realizzata con il contributo di Costa Crociere, iguzzini, ArtCeiling.

INZIATIVE ORGANIZZATE DURANTE LA MOSTRA Sabato 20 maggio sino alle ore 23 nell ambito de La notte dei Musei, performance del gruppo Coniglio Viola, un omaggio contemporaneo al travestitismo di Marcel Duchamp con apertura straordinaria della mostra. Sabato 27 maggio alle ore 18 Poesia e suono intorno a Marcel Duchamp : Recitazione di testi letterari ed esecuzione di brani scelti quali i Mesostics e il profilo di Marcel Duchamp (che è in realtà una partitura). A cura dell Accademia del Chiostro. Giovedì 8 giugno alle ore 18 Marcel Duchamp e il cinema. Proiezione di filmati sperimentali di Marcel Duchamp. A cura di Magazzino Sanguineti con la partecipazione straordinaria di Edoardo Sanguineti Marcel Duchamp: una collezione italiana. Museo d'arte Contemporanea di Villa Croce Via Jacopo Ruffini 3-16128 Genova Tel. +39 010 585772-010 580069; fax +39 010 532482 E-mail museocroce@comune.genova.it www.museovillacroce.it Date: dal 11 maggio al 16 luglio 2006 Orari: da martedì a venerdì (9.00 19.00); sabato e domenica (10.00 19.00); lunedì chiuso ingresso: intero 6.00; ridotto 4.00 Visite guidate alla mostra (comprese nel costo del biglietto) su prenotazione tel.+39 010 585772 Ufficio Comunicazione Cultura ed Eventi Palazzo Ducale - Piazza Matteotti 9 - Genova Palazzo Ducale - Tel. 010.5574012-4047 - ufficiostampa@palazzoducale.genova.it ctalfani@palazzoducale.genova.it - freimann@palazzoducale.genova.it - msorci@comune.genova.it Skira Mara Vitali Comunicazione Lucia Crespi tel. 02.73950962 arte@mavico.it

Testo A.Schwarz Marcel Duchamp sempre attuale, anche 1. Marcel Duchamp, Leonardo del secolo scorso Agli albori del secolo scorso, Guillaume Apollinaire ebbe alcune intuizioni profetiche che erano destinate a realizzarsi prima ancora della sua fine prematura sopraggiunta il 9 novembre 1918. Egli ebbe quindi il tempo di accorgersi che nuovi fremiti percorrano la nostra atmosfera intellettuale (cito a memoria). Nel 1913, anticipando la svolta epocale che vide l intrusione dell oggetto comune nella tela del pittore, egli suggeriva all artista: dipingete con qualsiasi materiali vi aggradi, con pipe, francobolli candelabri colletti (1913: 38). Il 26 novembre 1917 (strana coincidenza, dall altra parte dell Europa iniziava la Rivoluzione d ottobre), il poeta faceva una conferenza al teatro del Vieux Colombier dal titolo Lo spirito nuovo, nel corso della quale affermava che questo spirito nuovo segnerà lo spirito universale e non intende limitare la sua attività a questo o a quello (1917: 9). Continuando, egli precisava anche che lo spirito nuovo è nemico innanzitutto dell estetismo e delle formule (id. 27). Con straordinario intuito, nelle sue Méditations esthétiques, egli annunciava: l oggetto, reale o illusorio è chiamato, senza dubbio, a svolgere un ruolo sempre più importante. (1913: 35-6). Apollinaire anticipava così sia la liberazione da ogni canone estetico, sia l odierna globalizzazione dell attività artistica, sia, infine, la diffusione di questo spirito nuovo in tutti campi tra cui quello dei costumi, dei consumi e delle attività creative. Per quanto riguarda Marcel Duchamp, Apollinaire, nel ben noto saggio Les Peintres cubistes pubblicato nel 1913, l anno del primo Readymade: la Ruota di bicicletta intuì che Duchamp produrrà delle opere di una forza della quale non abbiamo idea aggiungendo forse toccherà a un artista libero da preoccupazioni estetiche come Duchamp, di riconciliare l Arte e il Popolo. (1913: 75, 76). Proprio Duchamp, infatti, riprese, per proprio conto, un pensiero di Lautréamont che precorreva l arte del secolo scorso: sappiate che la poesia si trova dovunque (1869: 379). Un anno dopo, sempre Lautréamont, insisteva: la poesia deve essere fatta da tutti. (1870: 491). La vita e il lavoro di Duchamp indissolubilmente legati inciteranno André Breton a constatare che, nel caso dell amico Marcel, viene a trovarsi contestata, e finirà poi annullata, la distinzione fra arte e vita che a lungo si era ritenuta necessaria (1950: 223). Prima di proseguire mi sembra utile ricordare un tratto fondamentale del carattere di Duchamp. Intervistato dagli amici George e Richard Hamilton, egli affermò: Per me è molto importante non essere instradato su alcun binario. Voglio essere libero, e voglio essere libero anzitutto verso me stesso (Hamilton 1959: n.p.). Questo desiderio imperioso di libertà ha condizionato un atteggiamento di tolleranza, di non dogmatismo, di rifiuto di verità inconfutabili e di soluzioni nette. In questo senso è paradigmatica un opera della raccolta Zignone, la Porta: 11 rue Larrey (1927), una porta che, significativamente è sempre chiusa e aperta allo stesso tempo. Mi spiego: Duchamp allestì personalmente il suo studio di rue Larrey. L appartamento era però così piccolo da non permettere l'esistenza di più d'una porta tra lo studio, la stanza da letto e la camera da bagno. Per questo, Duchamp ideò una sola porta di legno naturale che apriva e chiudeva, alternativamente, i tre vani dell'appartamento. Il detto francese bisogna che una porta sia aperta o chiusa si trovava così sfatato definitivamente. *** Due grandi temi corrono paralleli nell opera di Duchamp; nascono entrambi nel 1911 e da allora si sviluppano in modo più o meno indipendente l uno dall altro. Tuttavia, come insegna Einstein, le parallele possono anche incontrarsi, come succede spesso con Duchamp, dato che i due filoni sono strettamente connessi e interdipendenti e si intersecano. Entrambi i temi hanno la stessa origine: la ricerca di una forma

d arte più concettuale che visiva. Ne conseguirà la scomparsa delle attività artistiche nel senso convenzionale di quell epoca, la liberazione dell artista dalla gabbia della specializzazione elitaria imposta dall accademismo e l affermazione di una libertà creativa illimitata. Il primo dei due temi si è espresso in una serie di lavori non convenzionali che hanno portato Duchamp ad esplorare molte e diverse possibilità creative. Tra queste i celebri Readymade definiti da André Breton oggetti di serie promossi dalla scelta dell artista alla dignità di oggetti d arte (1935: p. 7). Nobilitare un oggetto comune non era affatto un gesto gratuito e privo d impegno; la trasmutazione era il frutto di una complessa operazione sia concettuale che fisica, come vedremo tra poco. E' utile segnalare, tuttavia, che l operazione duchampiano era in linea con l affermazione di Lautréamont per il quale l arte come la poesia poteva e doveva essere fatta da tutti (1869: p. 327). Coerentemente con quest idea, Duchamp aveva affermato, nel corso d un intervista a Jean Schuster: sono gli spettatori che fanno il quadro ( 1957: p. 143). anche i giochi di parole assumono una dimensione non solo ludica. Duchamp indagò molti altri campi creativi: la falegnameria, le illusioni ottiche, le incisioni originali, gli scacchi, l impaginazione di libri e di cataloghi a questo proposito è d obbligo segnalare la presenza in questa raccolta di un rarissimo esempio di rivoluzionaria impaginazione, il Some French Moderns Says MacBride che risale al 1929 l ideazione di manifesti e di copertine per riviste, la rilegature di libri, ecc. Il grande merito di Luisella Zignone sta nel non avere trascurato questo importante aspetto dell opera duchampiana e nel documentare tanto compiutamente l attività artistica e concettuale di Duchamp da coprire l intero arco della sua produzione: dal primo autoritratto, Giovane triste in treno del 1911, all ultimissimo lavoro Camino anaglifico del 1968. Il secondo tema centro e fonte di tutto il suo lavoro futuro è La Sposa messa a nudo dai suoi scapoli, anche, opera nota, più brevemente, come Il Grande Vetro (1915-1923). Si tratta di un grande poema visivo dipinto su due lastre di vetro sovrapposte, la cui epopea troverà la sua conclusione, quasi mezzo secolo dopo, nell environment che si può ritenere il suo testamento spirituale: Dati: La caduta d acqua / 2. Il gas d illuminazione (Etant donné ). Duchamp lavorò a quest opera per gli ultimi vent anni della sua vita: dal 1946 al 1966, solo due anni prima di averci lasciati nel settembre del 1968. Anche in questo caso, la raccolta Luisella Zignone propone l intero corpus delle 35 acqueforti originali che illustrano entrambe queste opere monumentali. Tra il 1915 inizio del Grande Vetro e il 1946 inizio di Etant donné sono nate una serie di opere preparatorie che hanno trovato un collocamento in Etant Donné, molte delle quali sono egregiamente rappresentate qui. *** A proposito dei Readymade, dissipiamo l impressione che chiunque, nel tentativo di imitare Duchamp, sia in grado di scegliere un oggetto di serie e promuoverlo alla dignità d un oggetto d arte per il solo fatto di averlo scelto e firmato. Troppo facile. Si dimentica che non vi è opera di Duchamp che non sia il frutto di quello che ho definito il rigore dell immaginazione. Ed è proprio questo rigore con Duchamp sempre esacerbato che l inciterà a promulgare quattro condizioni che governano il processo di trasformazione d un oggetto comune in un oggetto d arte. E' necessario, innanzitutto, dare all oggetto quello che Duchamp chiama un colore verbale e cioè un titolo che non deve essere descrittivo ma tale da trasportare la mente dello spettatore verso altre regioni più mentali: si tratta di scoprire la dimensione poetica dell oggetto scelto. Attratto dalla scultura innovativa del Woolworth Building, per esempio, si propose di farne un Readymade (nota datata gennaio 1916 in Schwarz 1969a) ma non avendo saputo trovare un titolo appropriato, vi rinunciò. Nel 1915, invece, scelse un semplice badile per la neve per il quale trovò un titolo che lo soddisfaceva Anticipo per il braccio rotto. L anno seguente attribuì alla fodera di una macchina da scrivere il titolo Pieghevole da viaggio. Il 1917 è un anno fertile che lo vede scegliere due Readymade: un orinatoio che chiama Fontana e un attaccapanni, Trabocchetto.

La seconda regola ha un carattere più evanescente. Per Duchamp è necessario pianificare un incontro con l oggetto è una specie di appuntamento. Naturalmente bisognerà datarlo tale data, ora minuto (Nota 54). Un esempio classico è il Pettine ((1916) sul dorso del quale Duchamp scrisse con la biacca bianca, in caratteri minuscoli, il titolo e la data: 3 ou 4 gouttes de hauteur n ont rien à faire avec la sauvagerie Feb 17 1916 11 A.M. La terza regola stabilisce che bisogna spaesare l oggetto, riproponendolo con l angolo visuale di percezione cambiato al fine di de-contestualizzarlo. Con Einstein e la sua teoria della relatività si è raggiunta una maggiore consapevolezza dell importanza assunta dal punto d osservazione dello spettatore. Il Principio d indeterminazione di Heisenberg ha messo ancora più in evidenza l importanza di questo fattore obiettivo: il mezzo di osservazione è importante quanto il suo punto di osservazione. Esempi paradigmatici di tali Readymade sono la Ruota di bicicletta (1913), montata su uno sgabello da cucina, Fontana (1917) dove l orinatoio è poggiato sul dorso e, dello stesso anno, Trabocchetto: dove un comune attaccapanni da parete è inchiodato al pavimento. Infine, la quarta regola che Duchamp s impone proprio per non scadere nell atto ripetitivo, egli quindi si propone di limitare il numero dei Readymade scelti in un anno (nota 53). Più tardi spiegherà: Molto presto mi resi conto del pericolo di ripetere indiscriminatamente questa forma di espressione e decisi di limitare a un piccolo numero di pezzi la produzione annuale di Readymade. A questo punto comprendevo che più per lo spettatore che per l artista l arte è una droga che dà assuefazione, e volevo proteggere i miei Readymade contro una simile contaminazione (1966: 47). Questa precisazione mi sembra necessaria dato l uso indiscriminato e sempre più frequente di tali creazioni e perché credo che il mondo dell arte stia vivendo una contraddizione mortale. Si sta manifestando un odio delle arte plastiche che esigono un certo grado di manualità e che sono frutto di un'autentica esigenza interiore. Con il pretesto di volere respingere il formalismo dell arte per l arte, si è giunti ad una forma d arte contro l arte. Questa auto-proclamatasi avanguardia ha tutte le caratteristiche della più trita accademia: ripetizione, al massimo con lievi varianti, sia del tema che della forma, ricorso al monumentale e allo smisurato, accento sul decorativo, ambizione di épater le bourgeois, in una parola, scandalizzare, preoccupazione di far soldi ad ogni costo e mancanza totale d ispirazione. Credo sia utile soffermarsi su un altro apporto duchampiano, l utilizzo cosciente del fattore caso nel processo creativo. Conosciamo l importanza cardinale che ha avuto il fattore caso per la poetica delle avanguardie storiche e delle generazioni successive. E' Arp a ricordarlo, il caso è un ordine di cui ignoriamo le leggi. Duchamp fu certamente il primo artista del secolo scorso ad intuirne l enorme importanza tanto che il fattore caso è stato un elemento primordiale anche dell opera che sta al centro di tutta la sua creatività, il già citato Grande Vetro. Dal 1913 in poi, il caso interviene nella praxis duchampiana, in molte opere ta cui i 3 Rammendi-tipo dello stesso anno e nei Pistoni di corrente d aria dell anno successivo. Impossibile chiudere queste annotazioni senza accennare ad un aspetto dell opus duchampiano raramente evocato e costantemente sottovalutato, e penso all attività letteraria che costituisce l espressione più compiuta della sua preoccupazione di elaborare una forma di attività artistica più mentale che visiva. Questa attività va di pari passo con quella plastica e ne costituisce, anzi, a volte la dimensione esegetica e poetica. Esempi classici della volontà di fornire uno sfondo, sia letterario sia esegetico, all opera che costituisce il punto focale della sua vita il Grande Vetro sono le raccolte di appunti che hanno preceduto e accompagnato la sua elaborazione. Questi appunti costituiscano una documentazione insostituibile per una comprensione dell epopea sviluppata nel Grande Vetro. Ulteriore pregio della raccolta Zignone è di presentare il corpus completo di questi appunti. La prima scarna raccolta degli stessi, la Scatola del 1914, fu incorporata 30 anni dopo, ne la Scatola Verde (il cui titolo originale riprende quello del Grande Vetro, ma senza la virgola finale: La Sposa messa a nudo dai suoi scapoli anche), rappresentata qui dall edizione di

lusso che si fregia di un suo collage in prima e quarta di copertina. Vale la pena di ricordare come Duchamp descrisse il modo in cui riunì i vari componenti (77 note e schizzi e 17 riproduzioni di opere) della Scatola Verde: Dopo dodici anni che avevo finito o piuttosto messo da parte il mio Vetro, ho trovato per caso gli appunti di lavoro scribacchiati alla meglio su un centinaio di pezzetti di carta. Desideravo riprodurli il più esattamente possibile, feci così litografare tutto con lo stesso inchiostro che era stato adoperato per gli originali. Per trovare la carta identica dovetti rovistare tutti i cantucci e i buchi più inverosimili di Parigi. Dovemmo poi ritagliare trecento copie di ogni litografia aiutandoci con i modelli di zinco che seguivano il contorno degli originali (Sanouillet 1954: p.5). Questo modo di presentazione conciliava due pulsioni conflittuali in Duchamp quella di dare una chiave di lettura del Grande Vetro proposito, questo, comune ad ogni creatore che vorrebbe che la propria opera fosse capita e apprezzata e quello di oscurarne il significato, dato il contenuto autobiografico della stessa. Questa modalità, inoltre, era consone con il suo modo di pensare. Duchamp non crede che le cose abbiano un ordine naturale e non desidera quindi imporre un ordine artificiale ai suoi pensieri. Se ricordiamo le sue parole: il Vetro è, al tempo stesso, un matrimonio di reazioni mentali e visive e un accumulazione d idee è chiaro il rapporto del Vetro con le note. Il fatto è che alcune idee richiedono un linguaggio grafico per non essere violate: così è per il mio Vetro. Ma alcune note di commento possono essere utili come le diciture sotto le fotografie in un catalogo delle Galeries Lafayette. Questa è la raison d être della mia scatola (loc.cit). Le note riunite nella Scatola verde (1934) e nella successiva A l infinitif (del 1967, detta anche Scatola Bianca ) arricchita, quest ultima, da una serigrafia originale sulla copertina di plexiglass sono così un corpo di prosa poetica parallelo allo spirito del Vetro o viceversa piuttosto che un commento al Vetro stesso. Inoltre, dato che note e Vetro implicano due modi espressivi diversi, non tutte le note hanno trovato una soluzione grafica nel vetro; così come non tutti gli elementi del Vetro hanno una loro espressione letteraria nelle note. Dato poi che la contraddizione è insita nella natura del processo creativo insieme al fatto di essere soggetto a regressioni, esitazioni e improvvisi chiarimenti anche le note, a volte, si contraddicono. Non dimentichiamo che sono state scritte nel corso d un periodo lungo dieci anni circa e che nel frattempo diversi progetti furono abbandonati mentre altri subirono un evoluzione nel senso d una maggiore semplicità o complessità. Le contraddizioni che riscontriamo nelle note sono in rapporto alla molteplicità delle funzioni di ogni elemento del Vetro e al fatto che ognuno di questi elementi può o forse deve? essere interpretato in modo diverso e spesso antitetico dato che la loro essenza stessa è polivalente e polisemantica. A questo proposito, ricordiamoci quello che Breton intuì per primo, con Duchamp le parole smettono di giocare. Le parole fanno l amore (Breton 1922: p.14). Questa digressione mi pare necessaria dato che ritengo che la Scatola verde e A l infinitif costituiscono un opere indivisibile e centrale e dobbiamo essere grati a Luisella Zignone per non averne sottovalutato l importanza. 2. Marcel Duchamp, padre dell arte contemporanea Tornando all importanza del caso come fattore d un opera d arte, il pensiero va subito a John Cage. Mi si lasci evocare l atmosfera della New York che ho conosciuto negli anni cinquanta. In quell epoca (è forse utile ricordare che Duchamp, nato nel 1887, era allora un giovane sessantenne) andavo spesso a New York per lavorare con lui alla monografia che sarebbe stata pubblicata vent anni dopo. Tornare a quegli anni mi dà l occasione per ricordare alcuni degli indimenticabili personaggi che mi ha fatto conoscere, per citare alcune delle opere documentate nella splendida collezione Luisella Pignone e per soffermarmi sui lavori compresi nella più vasta e significativa rassegna dell opus duchampiano in Italia. Uno dei più assidui habitué di Casa Duchamp era il non ancora quarantenne John Cage. Insegnava al celebre Black Mountain College frequentato da giovani artisti molti dei quali destinati a sconvolgere il

panorama dell arte contemporanea. Cage componeva musica prevalentemente per strumenti a percussione avvalendosi, per produrla, oltre che dei suoi famosi pianoforti preparati, anche di strumenti totalmente non convenzionali (tazzine di riso, cerchioni d automobile, latte di benzina, ecc.): veri e propri Readymade. Conversando, Cage mi confermò l importanza cardinale che ebbe sul suo pensiero, oltre al concetto del Readymade, anche l opera di Duchamp Erratum musical. Elaborata nel 1913, questa fu la prima composizione musicale frutto dell utilizzo del caso: Duchamp mise delle note musicali in un cappello e poi, estraendole a caso, le annottava su la partitura destinata ad essere cantata dalle sorelle Yvonne et Magdeleine e da se stesso. Così John Cage, per le sue composizioni di musica aleatoria, utilizzò il fattore caso, con l intento di ridurre al minimo l aspetto soggettivo del processo compositivo. Cage, inoltre, non era alieno dall accettare le imperfezioni casuali della carta nello scrivere le sue partiture. Ospiti abituali di Casa Duchamp erano quelli che sarebbero diventati i protagonisti dell arte americana, tra gli altri, Jasper Johns (1930) e Robert Rauschenberg (1925), entrambi ventenni. Il primo noto per i suoi ritratti di oggetti Readymade, quali la serie dedicata alla bandiera americana (Flag, 1954-55), e le sculture, contemporanee a questa serie, in bronzo dipinto di oggetti comuni, quali le ben note lattine di birra. Egli eseguiva allora anche dei ritratti satirici utilizzando, per esempio, uno spazzolino da denti che diventava The Critics Smile, (1959) o un paio di occhiali che intitolava The Critics See (1961). Prendeva, poi, come modelli altri oggetti quotidiani e così sono nate le serie delle carte geografiche (Map, 1961), delle lettere dell alfabeto, dei numeri, ecc. Anche Robert Rauschenberg fecce un uso costante di elementi Readymade nei suoi ben noti combine paintings (1955), in parte collage e in parte assemblati. Creò, inoltre, sculture con elementi di scarto e a volte utilizzò anche elementi meccanici (Ventilator) o sonori (Oracle, 1963). Sarebbe inutile, soffermarmi ulteriormente sull influenza determinante che ha avuto l opera e il pensiero di Marcel Duchamp sui movimenti e gli artisti della nostra epoca. Per quanto riguarda gli artisti, mi sembra che i tre nomi ricordati siano abbastanza paradigmatici. Prima di soffermarmi sulle opere del Duchamp precursore dell inizio del secolo scorso, devo tuttavia citare almeno alcuni movimenti assieme ai loro protagonisti e teorici direttamente debitori nei confronti della sua filosofia e fortemente influenzati: Arte nucleare, Milano (1951: Baj e Dangelo); Arte cinetica, Parigi (1955: Agam, R. Bury, Calder, Jacobsen, Soto, Tinguely); Happenings, New York (1957-58: A. Kaprow, J. Dine, C. Oldenburg e R. Rauschenberg); Azimuth, Milano (1959: Manzoni e Castellani); Nuovo Realismo, Parigi (1960: Pierre Restany con Arman, César, Dufrêne, Hains, Y. Klein, Raysse, Rotella, Spoerri, Tinguely, Villeglé); Fluxus (1961, Colonia: Maciunas; Wiesbaden: Vostell; New York: G. Brecht, La Monte Young, C. Moorman, N.J. Paik; Nizza: Ben, Filliou); Minimal art, New York (1964: Carl André, R. Judd, Sol LeWitt, A. Martin, R. Morris, R. Ryman); Installazioni, New York (1965: B. Rose con D. Judd, R. Morris, R. Serra, R. Smithson); Conceptual Art, New York, 1967 (Barry, Huebler, Kosuth); Art and Language, Londra (1967: T. Atkinson, M: Baldwin, D. Bainbridge, H. Hurrell; New York: D. Graham, J. Kosuth, Sol LeWitt); Arte povera, Genova (1967: Germano Celant, con Boetti, L. Fabbro, Pascali, G. Zorio); Body Art (1965, Vienna: R. Schwarzkogler; 1967, Londra: Gilbert & George; 1969, New York: Vito Acconci; 1971, Parigi: Gina Pane); e infine la Transavanguardia, Roma (1979: Achille Bonito Oliva con Chia, Clemente, Cucci, N. de Maria, Paladino). Ma torniamo ad esempi più specifici. In Appuntamento per Domenica 6 febbraio 1916 vediamo, come in molte altre opere successive, un diretto antecedente delle preoccupazioni linguistiche del gruppo Art and Language. Con Pulled at Four Pins, 1915, una ventola di latta rotante per cammino, egli anticipa l arte cinetica. Nella stessa direzione si collocano le sue macchine visive rotanti del 1920, 1925 e 1935. La Scultura da viaggio (1918) offre il primo esempio di una scultura che contraddice il concetto stesso di scultura come forma statica da collocare su una base. Si trattava, in effetti, di strisce ritagliate da cuffie da bagno di diversi colori, incrociate casualmente, incollate e poi legate a spaghi legati agli angoli del suo studio

ubicato al numero 33 della 67ma Strada Ovest. Donald Judd, teorico delle Installazioni, senz altro ispirato da questo esempio, scriverà nel 1965 (o 1966, non ricordo): tutti gli oggetti tridimensionali possono intrattenere una relazione con il muro, il pavimento, il soffitto, la stanza o l esterno o non avere alcuna (Art News, New York). La Body Art venne anch essa anticipata da Duchamp quando ha pensato di utilizzare la propria testa come mezzo di espressione artistica; iniziativa questa documentata dalle fotografie Tonsura (1919), Belle Haleine e Rose Sélavy (entrambe del 1921), Obbligazione per la roulette di Montecarlo (1924) e altre successive. Mi fermo agli esempi citati che riguardano solo una decade dell attività creativa di Duchamp perchè penso che bastino per giustificare il titolo di questo capitolo. Non credo sia necessario ricordare quanto l odissea artistica di Duchamp sia posta sotto il segno dell arte concettuale. Penso che egli condividesse senz altro questo pensiero di Platone: La bellezza della mente è più onorevole della bellezza della forma. Vorrei citare un suo pensiero che conferma questa consonanza. Nel corso di due interviste con James Johnson Sweeney egli disse: l arte dovrebbe volgersi verso una espressione intellettuale (1945: 19-21); qualche anno più tardi ribadirà lo stesso concetto: la pittura non dovrebbe essere solamente retinica o visiva; dovrebbe aver a che fare con la materia grigia della nostra comprensione (1955: 149-61). Ora, nelle schede delle opere comprese nella raccolta Luisella Zignone, potremo verificare quanto detto e l estremo interesse di una raccolta che fedele allo spirito duchampiano è tutto fuor che convenzionale e conformista. Segnalo, per concludere, la presenza di un corpus di rarissimi ritratti di Duchamp e di alcune fotografie di suoi lavori ad opera di Man Ray; una serie di scatti di Ugo Mulas che ha saputo rivelarci l artista nell intimità della sua casa a New York e farlo rivivere mentre visita la prima grande retrospettiva europea svoltasi alla galleria Schwarz nel 1964; e il portafoglio di fotografie scattate da Nicky Ekstrom, testimone della prima importante retrospettiva di Duchamp in una galleria privata statunitense: la galleria Cordier & Ekstrom di New York nel 1965.

Bibliografia Apollinaire, Guillaume 1913 Les Peintres cubistes / Méditations esthétiques. Paris, Eugène Figuière 1917 L esprit nouveau et les poètes. Reprint: Jacques Haumont, Paris 1946 Breton, André 1922 Les mots sans rides, in Littérature (Paris), n.s. n.7 (dicembre) 1935 Le Phare de la mariée in Minotaure (Paris), II:6 (Inverno) 1950 Anthologie de l humour noir. Traduzione italiana di Mariella Rossetti e Ippolito Simonis: Antologia dello humour nero. Einaudi, Torino 1970 Duchamp. Marcel 1961 Apropos of Readymades, conferenza al Museum of Modern Art, New York, pubblicata in Art and Artists (Londra), I:4 (luglio 1966) p. 47 Hamilton, George H. Hamilron, Richard 1959 Marcel Duchamp Speaks, intervista, con brevi commenti di Charles Mitchell, trasmessa dalla BBC, Terzo Progr5amma, nella serie Art, Anti-Art. Lautréamont, comte de (Isidore Ducasse) 1869 Les chants de Maldoror. Traduzione italiana di Ivos Margoni: I canti di Maldoror. Poesie. Lettere. Einaudi, Torino 1967, 1995 1870 Poésies. Idem Sanouillet, Michel 1954 Dans l atelier de Marcel Duchamp, intervista in Les Nouvelles Littéraires (Paris), n.1424 (16 dicembre 1954) Schuster, Jean 1957 Marcel Duchamp, vite, in le surréalisme, même (Paris), n. 2 (Primavera) Schwarz, Arturo 1962 Arte Nucleare. Galleria Schwarz, Milano [con lo pseudonimo Tristan Sauvage] 1969 The Complete works of Marcel Duchamp. Harry Abrams, New York; 3 edizione rivista e ampliata, Thames & Hudson, Londra 1998. Traduzione italiana parziale: La Sposa messa a nudo in Marcel Duchamp, anche. Einaudi, Torino 1974 1969a Notes and Projects for the Large Glass. Thames & Hudson, Londra Sweeney, James Johnson 1946 Eleven Europeans in America. The Museum of Modern Art Bulletin (New York), XIII:4-5, pp. 19-21 1955 A conversation with Marcel Duchamp. Colonna sonora del film di 30 minuti girato nel 1955 dalla NBC. Estratti adattati e tradotti in francese da Michel Sanouillet: Marchands du Sel. Le Terrain Vague, Paris 1959, pp. 149-61

Duchamp come Che Guevara: se la mitologia prevale sulla conoscenza. Sandra Solimano Quando Sergio Casoli mi propose di realizzare a Villa Croce questa mostra di Duchamp fui divisa tra l entusiasmo di presentare al museo un mito dell arte del Novecento e l inspiegabile inquietudine di circoscrivere un mito nello spazio e nel tempo reale di una mostra. Per me, come credo per molti se non per tutti gli appassionati d arte contemporanea, Marcel Duchamp è prima ancora che un artista, il simbolo e lo stereotipo dell arte come idea, l insostituibile protagonista di un gesto dissacratorio che sottrae al contesto un oggetto indifferente e gli attribuisce con ciò lo statuto di opera d arte, il punto di partenza del percorso dell arte dal Novecento ad oggi, la sua giustificazione e il suo peccato originale che l ha per sempre allontanata dal paradiso terrestre di un rapporto integrato con la società e con i suoi valori, a cominciare da quella categoria estetica del gusto a cui Duchamp deliberatamente si sottrae proprio con la scelta estrema del ready-made. Così mentre un quadro di Picasso appare ormai a tutti o quasi un capolavoro-feticcio da ostendere ed ammirare anche se non lo si comprende, lo scolabottiglie di Duchamp è ancora vissuto dai più come un corpo estraneo nel mondo dell arte e dagli appassionati come la bandiera di una rivoluzione appena cominciata! Se il problema espositivo ha cessato per me di essere un problema, delegato al curatore e al progetto di allestimento firmato da Massimiliano Fuksas, la mostra, mi ha costretto ad un incontro ravvicinato con l artista e quindi a una rilettura più filologica, e meno incline alla mitologia, del suo lavoro che di fatto si contestualizza nella straordinaria stagione delle avanguardie dei primi decenni del 900. Il filo rosso- manco a dirlo- ce lo fornisce più che la vasta bibliografia, inevitabilmente mimetica della complessità del personaggio, lo stesso Duchamp non tanto nelle dichiarazioni-manifesto o nelle interviste ufficiali, che sono anch esse parte integrante e consapevole della costruzione del mito, quanto in testimonianze minori come le trascrizioni da conferenze e lezioni di cui fornisce ampia documentazione l antologia Marcel Duchamp (Marcos ymarcos edizioni) curata da Elio Grazioli. Così con un occhio alla cronologia delle opere e uno allo story-board A proposito di me stesso (Estratti da note per una conferenza al City Art Museum di Saint Louis-1964) ritroviamo nella vicenda di Duchamp il percorso tipo del giovane talento di inizi Novecento: pittore a 15 anni, influenzato dagli Impressionisti negli anni liceali a Rouen, scopre inevitabilmente Cézanne e se ne innamora tra il 1909 e il 1910 per tradirlo poco dopo con i più trasgressivi Fauves, belve selvagge dello zoo della pittura e approda infine al Cubismo, quello analitico, di cui - racconta lui stesso- lo attrae l approccio intellettuale, ma anche, nel suo intrecciarsi con il futurismo di Balla e con le cromofotografie di Muybridge, la potenzialità di traduzione visiva del movimento. E il 1911 e Duchamp a 24 anni firma il Nu descendant un escalier n.1,seguito dal Nu n.2 del 1912. Sono anni cruciali ed affollati: dal Ritratto di Vollard di Picasso (1910/1911) al Dinamismo di un cane al guinzaglio di Balla (1911) alla Tour Eiffel di Delaunay (1912), la contrapposizione tra una spazialità statica e cartesiana e lo spazio dinamico della forma in movimento divide ricerche apparentemente vicine che Duchamp metabolizza in una sorta di metamorfismo meccanico e simbolico insieme, destinato a trovare la sua massima e più enigmatica espressione nel lungo work in progress del Grande Vetro cui comincia a lavorare nel 1913. I colori del Nudo sono terrosi e spenti come nel Cubismo, le forme arrotondate e meccaniche come in Automobile da corsa (1913) di Giacomo Balla, il movimento è bloccato in una sequenza di fotogrammi in parziale sovrapposizione come nella sperimentazione fotografica, ma il Nudo che scende la scala, non a caso rifiutato come eretico al Salon des Indépendants di Parigi, appartiene già alla dimensione simbolica ( e surrealista) dello slittamento della forma e del significato e dell ambiguità del reale, con una sintonia assai più marcata di quanto appaia tra il lavoro ancora pittorico e il ready-made! Il readymade lo sappiamo- non è ancora nato all epoca, almeno come nome e come teoria concettuale, ma nel

1912 Duchamp assiste alla commedia di Raymond Roussel Impression d Afrique e si innamora delle bizzarre creazioni verbo-visive che Roussel realizza con l omofonia, prendendo una parola a caso e distorcendola per trarne immagini come in un rebus. E il suo primo ready made, la roue de bicyclette si trasforma, con analogo procedimento, in omaggio a Roussel grazie alla presenza di due oggetti: la roue e la selle (ruota e sgabello). L apparente casualità della scelta dell oggetto( nel 1913 ho avuto la felice idea di fissare una ruota di bicicletta su uno sgabello e di guardarla girare ) corrisponde in realtà alla sua potenzialità di veicolare un messaggio verbale del tutto svincolato dall oggetto reale. Del resto la centralità dell oggetto come elemento neutro e al tempo stesso scatenante di un processo di metamorfosi simbolica del dato oggettuale è ben presente nella Macinatrice di cioccolato n.1 (1913), primo tassello del Grande Vetro di cui realizza nello stesso anno un bozzetto su carta da ricalco. Paradossalmente l uscita da quella che Duchamp stesso definisce la camiciola cubista si attua tramite quel processo di acquisizione di una porzione di realtà che è alla base del cubismo sintetico, ma con un significativo ribaltamento di metodo che sostituisce alla realtà acquisita la realtà rappresentata proprio attraverso la visione prospettica tradizionale che il cubismo aveva inteso negare e superare. Come osserva Jean Christophe Bailly, l incontro con una autentica macinatrice di cioccolato nella vetrina di una confetteria di Rouen e la sua appropriazione in un disegno assolutamente secco che evoca il virtuosismo prospettico dei grandi innovatori del Quattrocento italiano, è il primo ready made mentale dell artista. In fondo il mitico gesto dell artista che preleva un oggetto e lo rinomina come opera d arte avviene in parallelo anche nella dimensione virtuale del Grande Vetro che appare ad una analisi formale come un complesso assemblaggio di oggetti e di figure tra loro incongrue prelevate da contesti diversi e ricontestualizzate in una struttura che la lettura iconologica di Maurizio Calvesi riconduce all iconografia della Vergine Assunta, con la tradizionale bipartizione tra la metà inferiore (la zona terrestre) fisica e prospettica, affollata e agitata, e la metà superiore (la zona celeste), a-prospettica e bidimensionale, rarefatta e simbolica. Inutile sottolineare come questa decriptazione, che si intreccia e si completa con la spiegazione alchemica, prenda le mosse ancora una volta da una lettura omofona del titolo La Marie est mise à nue par céli-batteurs che ci riconduce al principio ispiratore del ready made. Del resto, a parte il notissimo intervento sulla Gioconda, Duchamp ha paradossalmente affermato che essendo i tubetti di colore oggetti industriali preesistenti ogni quadro può essere inteso in senso lato come un ready made o un assemblaggio e ha d altro canto dimostrato una significativa propensione alla citazione o meglio al riuso dell iconografia tradizionale ai livelli più bassi come la paradigmatica Pharmacie del 1914 e ai livelli più alti come in Battesimo e in Il cespuglio (entrambi 1910/1911) o nelle molte incisioni presenti anche in questa mostra: d après Cranac (con l ironica variante fotografica di Man Ray M. Duchamp e Bronja Perlmutter come Adamo ed Eva ), d après Rodin, d après Ingres, d après Courbet, che convivono indifferenti, per usare un termine caro a Duchamp, con i congegni meccanomorfi della Sposa, dei Nove stampi maschili, dei Setacci o Crivelli, dei Testimoni oculari, del Mulino ad acqua, della Macinatrice di cioccolato, sottoposti ad un analogo trattamento di raffreddamento e di smaterializzazione dalla comune tecnica incisoria. Il repertorio della storia dell arte è dunque come la realtà quotidiana un serbatoio di immagini di cui appropriarsi per sottoporle al meccanismo concettuale dell omofonia che le trasforma e le deforma semanticamente. Rinunciando con qualche rammarico alla mitologia dell unicità del genio appare evidente che anche questa fase cruciale e fondamentale del lavoro di Duchamp si inserisce in un clima di passaggio dal simbolismo al surrealismo che lo stesso Arturo Schwarz rimarca nella citazione di Apollinaire ad inizio del suo testo e che viene del resto esplicitamente sottolineata da Maurizio Calvesi sia a proposito de i riferimenti (non certo religiosi ma laicamente mitologici) alla Vergine non infrequenti e casuali nel surrealismo da Breton a Eluard, a Picabia, Max Ernst, Salvador Dalì sia riguardo alla centralità del tema della femminilità e dell erotismo che percorre tutta l opera di Duchamp sino all opera ultima e più esplicita, Etant donnés, ma che è rintracciabile, pur se in parte criptizzata dall ironia dadaista, anche negli interventi apparentemente più beffardi, la già citata Gioconda il cui titolo L.H.O.O.Q. veicola attraverso un omofonia dissacratoria il riferimento ad una nuova lettura alchemica, o il celebre Orinatoio che rimanderebbe all Urinal dell alchimista Flamel e dunque ancora al ventre alchemicamente materno.

E evidente che non sto dicendo nulla di nuovo o di sconosciuto rispetto ai rapporti ufficiali e a tutti noti di Duchamp con il Surrealismo, ma mi pare utile rimarcare che una lettura di questo tipo, che traduce l immagine in simbolo e coinvolge in egual modo l universo dei simboli oggettuali e verbali, riporta il readymade nella dimensione surreale dell oggetto e della circolazione mentale dei significati e dunque in qualche modo indebolisce la lettura eversiva del gesto arbitrario dell artista in virtù del quale l oggetto assume lo statuto di opera d arte. In altre parole l oggetto di Duchamp è molto più vicino all oggetto di Man Ray o agli oggetti di Meret Oppenhein o alle scatole di Joseph Cornell di quanto non lo sia alle lattine di birra di Jasper Johns o agli assemblaggi di Rauschenberg e dei Nouveaux Réalistes o ai Fluxus-kit di Maciunas & C., per non parlare delle tautologie linguistiche e oggettuali del Concettuale e dell Arte Povera. Questo non significa, naturalmente, che, come sottolinea Schwarz, questi e altri artisti abbiano guardato a Duchamp come ad un imprescindibile punto di riferimento. Credo che rispetto a questo processo di identificazione tra Duchamp e tutte o quasi le neo-avanguardie, la lunga permanenza di Duchamp in America abbia giocato un ruolo fondamentale sia nel favorire la dimensione mediatica dell artista che si pone e si propone come modello di artista globale ( basti pensare alle interviste su riviste e televisione per non parlare delle fotografie che a tutti gli effetti fanno parte della sua opera) sia nell indurre Duchamp ad affrontare con ampio anticipo le problematiche della riproducibilità dell opera d arte così come il concetto di multiplo e l edizione d artista, la Scatola Verde(1934),la Boite-en-valise (1936-1941),la Scatola Bianca(1967),poi rivisitate da Maciunas nella valigetta del venditore porta a porta. Anche la frequentazione della sua casa di New York da parte degli artisti dell avanguardia americana, Cage e gli altri di cui parla Schwarz, deve aver comportato non un passaggio univoco da Duchamp ai suoi figli, ma uno scambio che ha prodotto un ulteriore e forse involontaria decontestualizzazione degli oggetti di Duchamp, dall alveo surrealista in cui erano nati alla cultura visiva dell America tra anni 50 e 60 fortemente orientata all oggetto,per arrivare, successivamente, al ritorno in Europa del modello Duchamp, veicolato proprio dai frequenti viaggi tra America ed Europa di Cage e dei Fluxers e dai loro contatti con Beuys, Vostell, Ben Vautier, Daniel Spoerri, senza voler citare ancora una volta Arturo Schwarz e il suo ruolo insostituibile sia rispetto alla conoscenza di Duchamp sia rispetto alla circolazione delle idee artistiche in Europa e in Italia. Per usare una metafora desunta dalla cronaca attuale, il virus Marcel si è diffuso e modificato come l influenza aviaria in ragione di migrazioni e contro-migrazioni artistiche che hanno costruito il nuovo DNA dell arte contemporanea. Duchamp del resto ha sempre teorizzato quella che una recente Biennale di Venezia ha definito la dittatura dello spettatore ( Un opera d arte è determinata dalla reazione di chi la guarda affermava in una conversazione con Dore Ashton, pubblicata nel 1966 a Londra su Studio International ) e ha legittimato negli anni 60, anche in virtù della edizione di multipli curata da Arturo Schwarz, l interpretazione più ideologica e contemporaneista del suo lavoro. Tuttavia, pur confortata da questo viatico d artista, non posso non sottolineare come l ottica sincronica, ancor oggi prevalente rispetto a più di un secolo di ricerca artistica (Novecento e recenti propaggini), tenda inesorabilmente ad appiattire lo scenario e ad azzerare i percorsi storici producendo stereotipi e semplificazioni che fanno di Duchamp, come Che Guevara, l icona trasversale di una generica rivoluzione di cui ciascuno si appropria. Se per un capriccio del caso la tribù dell arte prendesse a praticare i riti di massa delle tribù della politica o dello sport, la bella faccia di Duchamp, immortalata da Man Ray, comparirebbe su magliette e gadget dei fans e magari a Duchamp non dispiacerebbe, anche!

Rotorilievi Edoardo Sanguineti E presente un aspetto importante e sovente trascurato nell attività di Duchamp, che è quello dei suoi interessi verso il mondo cinematografico. Duchamp non ha particolare vocazione filmica, infatti parte da esperimenti di tipo ottico e cinetico ed è molto affascinato dal tema dei cerchi rotanti. Dapprima costruisce dei cerchi, immagini che è possibile rendere mobili sono una sorta di dischi, ma non da ascoltare, perché non c è inciso niente, ma da far ruotare in un giradischi, in modo che si abbia questo cerchio messo in movimento. Dopo qualche tentativo fallito, perché si guasta la pellicola, perché si appiccica tutto, nel 1926 Duchamp gira per la prima volta un film, e si potrebbe dire che è la prima ed unica volta, per lo meno riuscita e risolta: il titolo è Anémic cinéma, e questo è già un gioco di parole, perché sarebbe cinema anemico, ma anémic è anagramma di cinéma, come se il termine fosse visto a specchio. Acquista così un senso ulteriore, ma a Duchamp piacevano enormemente i giochi di parole, e l esempio più noto è quello della Gioconda con i baffi con la famosa scritta che letta in francese Vuol dire lei ha caldo al culo, poiché le lettere in francese danno questo risultato. Anémic cinéma nasce da questa idea, quindi non è un cinema anemico, ma c è naturalmente il gioco di parole. Cosa succede in questo film? Ci sono cerchi rotanti, che stando alle dichiarazioni di Duchamp hanno esclusivamente l interesse di un esperimento ottico; egli vorrebbe uscire da qualsiasi tipo di raffigurazione e le intenzioni sono quelle di un operazione molto sperimentale sulle tecniche del vedere, sulle possibilità della percezione visiva. Studiando i rapporti con questo tema del cerchio, sono nate molte interpretazioni, particolarmente insistenti sull aspetto implicitamente erotico, e quindi si è parlato di mammella, di vagina, di immagini del coito; cose di questo genere sarebbero suggerite dall idea di un cerchio che ruota, che si allunga e si allarga, oltretutto, poiché l immagine non è precisa, ruotando avviene una specie di pulsazione dell immagine. Detto questo, il film è bellissimo, dura pochi minuti e propriamente Duchamp non fa altro dal punto di vista cinematografico, ma questo è un film di grandissimo interesse. Il secondo film, che si può mettere in relazione con l artista, non è girato da Duchamp, anche se collabora alla realizzazione ed è di molto posteriore a Anémic cinéma; siamo negli Stati Uniti nel 1947 e il gruppo dei surrealisti in esilio con i loro amici gira un film Sogni che il denaro può comperare (è il titolo con il quale si traduce Dreams that money can buy ). A dirigere questo film è un famoso artista dell ambiente dada surrealista, Hans Richter. Riprende i rotorilievi che Duchamp aveva fabbricato nel 1935, questi rotorilievi sono sei dischi appunto da far girare sul giradischi, ma si possono mettere da una parte e dall altra, non sono da ascoltare, sono da vedere, sono dodici immagini, sei da una parte e sei dall altra, così si ottengono particolari effetti di rotazione. Richter filma questi dischi trasformando appunto in una pellicola quello che era un effetto affidato da Duchamp al giradischi tradizionale. Il film è fatto di sei episodi e questo è il quinto episodio. Sono, come dice il titolo, dei sogni e per dare un idea, il primo è fatto da Ferdinand Léger, il famoso pittore, una specie di balletto meccanico in cui si hanno dei manichini che danzano in abito da sposa; il secondo è girato da Max Ernst, parte da un suo disegno, secondo il suo gusto tipico del collage, è un breve episodio di un uomo che cerca di accostarsi ad una ragazza addormentata, separata da una gabbia (è il tipico sogno alla Buñuel, l oscuro oggetto del desiderio, non raggiungibile, il desiderio frustrato); tra l altro Max Ernst interpreta la parte del protagonista. Il terzo episodio è di Alexander Calder, scultore, e anche lì sono presenti sfere in movimento con fili che le collegano e si torna all astratto, anzi si giunge per essere precisi all astratto. Tutti gli episodi sono a colori. Al film collaborano musicisti importanti: la musica dell episodio di Calder è di Edgar Varèse. Il quarto episodio è di Hans Richter, storia di un uomo chiamato Narciso che ha fantastiche avventure. Anche qui la parte è tenuta da Max Ernst, il quale, quando è necessario un attore nei diversi episodi, si fa carico dei diversi ruoli. Il sesto è di Man Ray, intitolato Ruth rose and revolvers, si tratta di una satira del cinema, in questo caso le musiche sono di Darius Milhaud. Gli episodi sono molto brevi, il film in totale dura poco meno di 100 minuti; nell episodio di Duchamp la musica è di Cage. Questo è un tratto molto importante perché stringe due che molto spesso rinviavano l uno all altro. Cage scrive un pezzo che dura cinque minuti per pianoforte preparato.

Tutte queste ricerche di tipo ottico si appoggiano in gran parte sul readymade, grande invenzione di Duchamp. Nel senso che quando le configurava dapprima, secondo questa mitologia dei cerchi, come oggetti che contenevano immagini visive, che sperava di mettere in movimento ma inizialmente erano in una situazione statica (era una sorta di optical art anticipata), Duchamp si serviva di pezzi di oggetti riciclati per montare il tutto. Anche se in qualche modo marginalmente rientrava in quel gusto che avrà tutti i suoi sviluppi nella famosa fontana orinatoio, che rende poi completamente anonima l opera, e in fin dei conti ciascuna di queste può diventare assolutamente seriale (se io trovo un orinatoio identico a quello, ne ho una copia precisa, se voglio conservare la concettualità della cosa, vado alla toilette, prendo un orinatoio maschile d oggi e concettualmente la cosa rimane anche se è imparagonabile). Altrove invece l oggetto è modificato, ma questo avveniva anche con procedimenti da collage, penso a Max Ernst, tutti i cicli per esempio della Settimana della bontà, l artista prendeva delle vecchie incisioni, le combinava insieme e ricostruiva un immagine assolutamente oniroide, fantasticata, a certi livelli non veniva nemmeno toccata l immagine, in altri casi la integrava con qualche operazione diretta. Molti film di Man Ray nascono dal trattamento su pellicola. Per fare un altro esempio, i famosi quattro minuti di Cage, dove registra il silenzio, naturalmente il silenzio non è mai così perfetto e ascoltare il silenzio vuol dire, in ogni occasione, rinnovarlo in qualche modo: anche in questo caso, non c è che mettere un registratore e per tot tempo si sente il fruscio del registratore e qualche elemento sonoro che disturba. Sul trattamento di questi materiali è sufficiente pensare a Warhol, e alle sue serie di immagini colorate diversamente e manipolate. Tutto quello che in largo senso si può chiamare new dada o post surrealismo si muove poi portando all estremo e sviluppando questi principi dell oggetto trovato (objets trouvés) o della manipolazione di ciò che già è dato. Quando Richter filma questi rotorilievi abbiamo una sorta di trattamento di oggetti, manipolati e ricombinati, a partire da qualcosa che già esiste, a sua volta riciclato, e il processo può quindi andare all infinito. Quello che a Duchamp interessava era proprio la possibilità di ottenere effetti di movimento. Il punto di origine è l idea di Maybridge, il primo che stabilì come correva un cavallo al galoppo, attraverso una serie di fotografie (eseguite a Palo Alto 1878). E naturalmente questa azione del cavallo al galoppo non si sapeva assolutamente, perché l occhio umano non riesce a percepirla, vede solo le gambe in movimento. Quando nasce il cinematografo non occorre più fare tutta la serie bloccata, e Duchamp studia molto questo precedente, considerandolo un punto di partenza per costruire visioni appunto: per questo può interessarlo il film, poiché è un modo di mettere in movimento una realtà bloccata. Dapprima questa ossessione del cerchio è pura ottica, dopo diventa un mezzo per creare suggestioni che uno interpreta liberamente, e di cui, secondo alcuni, Duchamp sarebbe perfettamente consapevole, e peraltro anche disinteressato, come dicevo, del carattere erotico fondamentale, ma interessato invece ad una sorta di battito. Questo può ricordare ancora una volta Buñuel; quando insieme a Dalì decidono di fare Un Chien Andalou, l importante è che non capiscano loro per primi, a partire dai due sogni dell uno e dell altro (l occhio tagliato e le formiche sulla mano), perché mai segua quella sequenza, e se avevano solo il sospetto di poterlo capire, questo voleva dire che l operazione non funzionava, quando invece non capivano assolutamente il montaggio della sequenza l operazione era da considerarsi riuscita. Dopo naturalmente nascevano le diverse interpretazioni, mai significativamente smentite. E legittimo pensare quindi che quella sia l interpretazione corretta: il caso tipico è il solito tema dell oggetto oscuro, del desiderio irraggiungibile (che attraversa tutto il surrealismo). Per me l importante è quello che psicanaliticamente sarà detto l animale desiderante, l uomo come incarnazione del desiderio, ma irrealizzabile nella forma desiderata, e quindi prende corpo l impossibilità di raggiungere la soddisfazione erotica, la qual cosa spegnerebbe il desiderio. Allora la frustrazione diventa il tema fondamentale. Per esempio la si vede nella scena quando aggredisce una ragazza che è in un angolo e cerca di difendersi; la ragazza ha una racchetta da tennis, che agita minacciosamente. Mentre si dirige verso la ragazza, raccoglie due funi che sono in mezzo alla stanza e si avvicina quindi faticosamente alla ragazza, trascinando queste funi, che portano un pianoforte a coda, e sul pianoforte a coda a sua volta c è un asino morto, in disfacimento. Se poi, per esempio, quasi a livello di storiografia artistica, proviamo a pensare al binomio Duchamp Picasso, seguendo le indicazioni della lettura di Adorno della coppia Stravinsky Schönberg, sono necessarie immediatamente una serie di cautele: i due musicisti non sono in opposizione se non per un invenzione di

Adorno. Io insisto sul fatto che il tema originario di tutti e due, evolvono tutti e due in mille modi diversi, ma è lo stesso tema, quello su cui ha tanto indugiato Starobinski per le arti figurative e la letteratura ma senza occuparsi di musica. Starobinski scrisse quel famoso libro Ritratto dell artista da saltimbanco, che pubblica in francese e viene tradotto anche in italiano, dove considera tutta la grande passione che gli artisti hanno per il clown, per il teatro di strada, i pagliacci, le maschere tradizionali e rituali, come quella del toreador, perché opportunamente, secondo Starobinski, l artista si identifica nel saltimbanco, una sorta di suo alter ego, poiché entrambi sono giocolieri, in quanto la mercificazione riduce l arte ad una sorta di superfluità gratuita e in questo modo nasce una fratellanza tra le due figure. Picasso, nel periodo blu iniziale e nel periodo rosa, era sempre con centrato su queste figure di saltimbanchi, di circo, di clown, e via dicendo; e, senza seguirli uno a uno, si arriva ad Aspettando Godot di Beckett, dove ci sono due barboni-clown, dove tutto è molto clownesco, è presente un incrocio tra barbonismo e clownismo, in questo teatro grottesco. In Italia Palazzeschi è un altro caso tipico, infatti scrive sono il saltimbanco dell anima mia, la poesia diventa beffarda, grottesca, si fonda sul degrado, infatti scrive con i relitti sonori delle poesie, con quello che avanza dalle altre poesie. Allora, Stravinsky e Schönberg partono entrambi da un indagine del clownesco, del pagliaccesco: Adorno contrappone Stravinsky e Schönberg, intendendo Petruska come forma di reificazione alienata e di sottoscrizione alla reificazione, quindi esprime una posizione da reazionario conservatore. Schönberg sarebbe invece il progresso e la ricerca innovativa in nome dell interiorità e della profondità individuale. I due sono per contro profondi gemelli, da un lato il saltimbanco di Petruska, il pagliaccio, dall altro lato il Pierrot lunaire, che è giustappunto un pierrot, la destinazione originale è per voce di cabarettista, e non di cantante, e nasce lo Sprechgesang, il parlato cantato, non definito esattamente. Allora sono molto più fratelli che altri. Picasso e Duchamp per certi riguardi sono completamente diversi, Picasso si muove sempre su un terreno sostanzialmente figurativo perché anche il cubismo non è mai estratto (sarà sempre una chitarra, ad esempio, vista da vari punti di vista simultaneamente ripresi), infatti Picasso non ha mai fatto una sola opera che sia astratta. Duchamp tende assolutamente verso figurazioni astratte, anche nel famoso Mariée mise a nù par ses célibataires, même ou Grand Verre (La sposa messa a nudo dai suoi celibatari o Grande Vetro), non c è niente di figurativo, si allude esclusivamente a forme varie. Da questo punto di vista le cose sono apparentemente opposte, in realtà sono sufficienti i giochi verbali che abbiamo visto fare, o queste tematiche di abbassamento, per portare le cose su un terreno unico, quello del grottesco. Mettere i baffi alla Gioconda e scrivere quella scritta vuol dire trovarsi in una situazione molto parallela a quella della beffa, del circo, del gioco di parole e via dicendo. Sono molto più integrabili e paralleli anche se uno risulta diversissimo dall altro. Il testo è il frutto di una conversazione su Duchamp tra Edoardo Sanguineti e i componenti del Magazzino Sanguineti, in occasione della mostra Marcel Duchamp. Una collezione italiana e dell installazione di un primo nucleo del Magazzino Sanguineti / Laboratorio della Contemporaneità presso il Museo di Arte Contemporanea di Villa Croce. La trasformazione del Magazzino da mostra temporanea a permanente è il risultato di un lungo lavoro, per il quale si ringraziano Giuliano Galletta, Franz Prati, Matteo Ricchetti, Sandra Solimano e Franco Vazzoler, il DIPARC e il DIRAS dell Università di Genova che hanno accettato di dar vita, insieme a Francesco Frassinelli, Davide Perfetti, Marta Oddone, Erminio Risso e Valter Scelsi, al comitato operativo del Magazzino Sanguineti / Laboratorio della Contemporaneità. Con loro, si ringraziano tutti gli artisti e i musicisti che hanno prontamente aderito al comitato scientifico.

Premessa Sergio Casoli Come giocatore di scacchi mi domando come mai un immenso artista come Marcel Duchamp fosse tanto appassionato di questo gioco, e avesse quasi interrotto una carriera così fantastica per un passatempo così razionale e militare? Una mostra di M.D. si dovrebbe fare o vedere una volta all anno: M.D. inserisce il mondo dell arte in tutte le tecniche, arti, filosofia, ecc., tutte quelle possibili e immaginabili. Egli non è solo l inventore del Readymade, di cui tutta l arte contemporanea è figlia, o del Grande Vetro, cioè una meravigliosa domanda a cui non si sa dopo ottant anni ancora rispondere o decifrarne correttamente altro, se non la monumentale bellezza. M.D. è anche il creatore dell arte tascabile, dell arte da viaggio, degli appunti moltiplicati come multipli, cioè mentre l oggetto di serie diventa arte, il pensiero trascritto su un pezzo di carta viene riprodotto seriale per difendere una memoria anche gestuale (1934), tanto prima o poi avrebbero inventato il computer. M.D., l artista che è riuscito ad allargare i limiti dell arte all infinito senza porre domande o affermazioni, è riuscito a dare un valore alla firma dell artista più alto dell opera stessa, attribuendo un peso al pensiero, maggiore del peso di una pennellata. Come giocatore di scacchi penso che M.D. si fosse soffermato su questo gioco per annullare il problema spazio/tempo e per tenere in qualche modo i piedi per terra, perché quando il pensiero viaggia così bellamente è meglio avere un ancora che ti tiene.

OPERE IN MOSTRA SALA D INGRESSO - Dada: 1916-1923, manifesto-catalogo per la mostra SALA N. 1 Materiali di documentazione: manifesti, articoli, volumi, cataloghi tra cui - Lettre de Marcel Duchamp à Tristan Tzara, 1921 (1958), volume - Le Surréalisme au Service de la Révolution, 1930-1933, volume - L opposition et les cases conjuguées sont réconciliées, 1932, volume - Transition, 1937, rivista - VVV Almanach for 1943, 1943, volume - Sur Marcel Duchamp, 1955, volume - Possible, 1958, volume - Quatre inédits de Marcel Duchamp, 1960, volume - Poster per la mostra 50 th Anniversary of the Famous International Armory Show 1913, New York, 1963 - The Clock in Profile, 1964, pliage di cartone - The Bride Stripped Bare by her Bachelors Even, 1966, volume, edizione di lusso firmato da Marcel Duchamp e realizzato da Richard Hamilton SALA N.2 Black Book : opere assemblate dall artista in occasione della sua retrospettiva alla galleria Cordier & Ekstrom, New York, 14 giugno-13 febbraio 1965, con firma autografa Marcel Duchamp 1964 - Annuncio della retrospettiva alla galleria Cordier & Ekstrom, 1965, New York - Invito per la mostra all ICA, Londra, 1959 - A l Etoile Scellée, 1952, volantino per la prima mostra della galleria di André Breton a Parigi - Marcel Duchamp & Francis Picabia, 1954, catalogo della mostra alla galleria Rose Fried, New York - Ombres portées de Ready mades - / Marcel Duchamp N. Y. 1917, foto - Chèque Tzanck (dentiste) 1919 Paris - Photo de chez Roché Why not Sneeze 1921, foto - Dettagli della Boîte-en-valise, 1941, foto - Ubu Roi, di Alfred Jarry, 1935, foto - Marcel Duchamp riceve la laurea ad honorem alla Wayne University a Detroit, 1961, foto - 5 ritratti di Marcel Duchamp realizzati da Nicky Ekstrom, 1964, foto - 16 ritratti di Marcel Duchamp realizzati da Ugo Mulas, 1964, foto - 29 foto (tra cui 3 ritratti di Marcel Duchamp, 3 Rayograf e 10 ritratti di pittori surrealisti) e 1 incisione di Man Ray SALA N.3 - Apparecchio disegnato da Duchamp per visionare i Rotorilievi, 1935, (1963) - Visore per film stereoscopici e fotogrammi, 1920, (1973) - Couple of Laudress s Aprons, 1959, ready-made - Mantelpiece in Cadaqués, 1968, 2 fotogrammi e 2 foto - To be looked at (from the Other Side of the Glass) with One Eye, Close to, for Almost an Hour, 1918, foto

SALA N. 4 7 ready made realizzati nel 1964: - Fountain, 1917 - Bottle Dryer, 1914 - Why not sneeze Rose Sélavy, 1921 - In Advance of Broken Arm, 1915 - Fresh Widow, 1920 - Underwood, 1916-3 Standard Stoppages in the box, 1913-1914 SALA N.5 - Door, 11 rue Larrey, Paris, 1927, porta in legno SALA N.6 - A l Infinitif, (White book), 1967 - La Mariée Mise à Nu par ses célibataires, même, (The Green Box), 1934, scatola contenente 1 tavola a colori e 93 tra note, disegni, foto e fac-simili - From or by Marcel Duchamp or Rose Sélavy (The Box in a Valise), 1935-1941, (1961), repliche in miniatura e riproduzioni a colori di opere di Duchamp, in una scatola racchiusa in una valigia - Boîte Alerte!, 1959, edizione di lusso del catalogo della mostra Exposistion International du Surealisme - Documentazione varia SALA N.7 Incisioni dalla serie del Grande Vetro e Gli Amanti: - The Bride, 1965, acquaforte I e II stato - The Sieves, 1965, acquaforte I e II stato - The Nine Malic Moulds, 1965, acquaforte I e II stato - The Oculist Witnesses, 1965, acquaforte I e II stato - The Water Mill, 1965, acquaforte I e II stato - The Chocolate Grinder, 1965, acquaforte I e II stato - The Top Inscription, Summer 1965, Cadaqués The Top Inscription, 1965, acquaforte I e II stato - The Large Glass, 1965, acquaforte I e II stato - The Large Glass completed, 1965, acquaforte colorata - Morceaux choisis d après Cranach et Relâche, 1967, acquaforte Ie II stato - Morceau choisis d après Ingres, 1968, acquaforte Ie II stato - Morceaux choisis d après Rodin, 1968, acquaforte Ie II stato - Morceaux choisis d après Courbet, 1968, acquaforte I e II stato - Après l amour, December 1967, acquaforte Ie II stato - King and Queen, 1968, acquaforte Ie II stato - La Mariée Mise à Nu par ses célibataires, même, 1968, acquaforte I e II stato - The Bec Auer, 1968, acquaforte I e II stato - 4 Bon à tirer: 2 D après Ingres, D après Rodin, Après l amour - Pulled at 4 Pins, 1915 (1964), acquaforte - Un robinet original revolutionnaire, 1964, acquaforte, I, II e III stato - Certificat de Lecture, 1964, collage e litografia - Four Readymades, 1964, litografie - Coeur volants, 1936 (1961), serigrafia - Marcel Duchamp e Bronja Perlmutter in Relàche, 1924, foto di Man Ray (inserita nel Black Book)