Il Commercio Equo e Solidale



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Transcript:

Il Commercio Equo e Solidale Prospe ive, Funzionamento e Critiche Sergio Bucci Paolo Forteleoni Massimo Deligios - 1 -

Sommario SVILUPPO ECONOMICO E POVERTA...4 1.1 Misurare lo sviluppo...4 1.1.1 Il PIL e la ricchezza misurata in consumo... 4 1.1.2 Altri strumenti per misurare lo sviluppo umano... 8 1.2 Ineguaglianza, povertà e confli i internazionali...10 1.3 Aiuti e commerci internazionali...12 1.3.1 Gli aiuti internazionali... 12 1.3.2 Il commercio internazionale... 15 IL COMMERCIO EQUO E SOLIDALE...16 2.1 Il comercio equo e solidale...16 2.2 Nascita del commercio equo e solidale...16 2.3 Cara eristiche del commercio equo e solidale...16 2.4 Vecchi e nuovi obie ivi del commercio equo e solidale...19 CANALI DISTRIBUTIVI...20 3.1 I distributori...20 3.2 Il commercio equo e solidale in Europa...20 3.3 La stru ura produ iva del commercio equo e solidale in Italia.23 3.4 I trader italiani...25 3.5 Le funzioni del commercio equo...26 3.6 Ruolo delle istituzioni (FMI, Banca Mondiale, WTO)...28 3.7 Qualche conclusione provvisoria...29 CERTIFICAZIONI E TUTELA...32 4.1 Riconoscimento prodo i equo solidali...32 4.2 Certificazioni di prodo o e di filiera...33 4.3 Chi stabilisce i criteri del commercio equo e solidale...33 4.4 Chi controlla i sogge i accreditati...34 4.5 Chi controlla i prodo i certificati...35 4.6 Problematiche a uali...36-2 -

Sommario I PREZZI...37 5.1 La fase iniziale: accordi di fornitura e prezzo di partenza...37 5.2 Metodo di produzione...39 5.3 Accesso ai mercati 1: i dazi...39 5.4 Accesso ai mercati 2: i sussidi...41 5.5 La distribuzione...43 5.6 Considerazioni finali...43 LE CRITICHE...44 6.1 Distribuzione geografica nel mondo...44 6.2 Produ ori e prezzo equo...45 6.3 Prezzo equo e prezzo di mercato...48 6.4 Strumento economico o mezzo di informazione?...51 TURISMO RESPONSABILE...52 7.1 Generalità sul turismo...52 7.2 Cara eristiche dei viaggi responsabili...53 FONTI...55 8.1 Bibliografia...55 8.2 Sitografia...56-3 -

SVILUPPO ECONOMICO E POVERTA Le varie regioni del mondo non hanno mai avuto un medesimo livello di sviluppo. Vi sono sempre state aree più sviluppate ed anche all interno di uno stesso Paese vi sono delle differenze sia in termini geografici sia in termini di categorie sociali. 1.1 Misurare lo sviluppo 1.1.1 Il PIL e la ricchezza misurata in consumo I governanti dei Paesi occidentali danno grande importanza al PIL (Prodotto Interno Lordo) e, sopra u o durante la preparazione della Finanziaria, le diverse stime della sua crescita rimbalzano da un mass media all altro. Il problema è che nessuno dice cosa misuri il PIL. Il Prodotto Interno Lordo è il valore del reddito aggregato, in altre parole esso è la somma dei redditi di tu i gli individui presenti in un Paese nel periodo di tempo preso in considerazione. Può anche essere visto come la somma del valore dei beni e servizi finali prodo i nel Paese nell intervallo temporale considerato. Analizzando il PIL pro capite dei vari Paesi del mondo possiamo avere un primo quadro su come è distribuita la ricchezza nel mondo. Fonte: Human Development Report 2005 - UNDP; dati in dollari 2003 L OECD è l Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE). Ne fanno parte gli Stati dell UE, la Svizzera, la Turchia, gli USA, il Canada, il Messico, il Giappone, l Australia e la Nuova Zelanda. Nei Paesi in via di sviluppo sono inclusi gli stati del Sud-Est asiatico, dell America Latina e quelli Arabi. Da questo grafico è possibile vedere le prime differenze. Per facilitare l analisi abbiamo aggregato i dati in macrogruppi. Il coefficiente di variazione è molto ampio (quindi le medie o enute non sono mol- - 4 -

Capitolo 1 Sviluppo Economico e Povertà to rappresentative), sia su scala mondiale che all interno delle stesse macrocategorie. Per rendere l idea, considerando che la media mondiale è di $ 8.229 pro capite, basti pensare che il campo di variazione è compreso tra il limite massimo di $ 62.298 (è quello dei ci adini del Lussemburgo), scende a $ 37.562 di un ci adino americano per arrivare al limite minimo di $ 548 di un ci adino della Sierra Leone (la media italiana è di $ 27.119). Oltre a ciò, bisogna considerare che i dati sul PIL non ci indicano come la ricchezza si distribuisce all interno di una nazione (lo stesso problema del pollo di Trilussa). Infa i, all interno di Stati che vengono classificati ricchi possono esserci fasce di popolazione che vivono in condizioni di povertà, mentre nei Paesi classificati poveri sono presenti fasce di popolazione ancora più povere di quanto misurato. Ecco che, seppur il PIL pro capite medio dei Paesi so osviluppati è pari a $ 2.168, il 20% della popolazione mondiale vive con meno di $ 1 al giorno (quindi il PIL pro capite è inferiore a $ 365), mentre un altro 20% vive con un reddito compreso tra $ 1 2, cioè con un PIL pro capite compreso tra $ 365 730. Perciò, all interno di questi Paesi c è qualche benestante ed una moltitudine di persone che quotidianamente lo a contro la morte. Conti alla mano, il 40% della popolazione mondiale si accontenta del 5% del reddito globale, mentre il 10% della popolazione, quasi tu a concentrata nei Paesi OECD sviluppati, ha a disposizione il 54% del reddito prodo o. A questo punto è ancor più chiaro che le aree del mondo dove si concentra la ricchezza non corrispondono alle zone in cui si concentra la popolazione. Con $ 300 miliardi (stime UNDP) si riuscirebbe a portare tu a la popolazione a vivere con più di $ 1 al giorno (cioè 1 miliardo di persone supererebbe la soglia di estrema povertà). L ammontare necessario è pari all 1,6% del PIL dei Paesi OCSE. Con $ 7 miliardi (sempre stime UNDP) si garantirebbe a 2,6 miliardi di persone l accesso all acqua potabile (la cifra necessaria è pari a quanto spendono gli Europei in profumi, meno di quanto spendono gli Americani in chirurgia estetica). Il valore di 3 giorni di spesa militare corrisponde al budget annuale dell ONU per comba ere l AIDS. Per ogni $1 speso in aiuti dai Paesi Occidentali, essi ne spendono $10 in armamenti. Statistiche a parte, bisogna anche ricordare che dietro ai numeri ci sono le speranze e le vite della gente e che i costi umani non potranno mai essere rappresentati da semplici cifre 1. Il PIL non considera la salute dei nostri figli, la qualità della loro istruzione, la gioia dei loro giochi. Non considera rilevanti la bellezza della nostra poesia o la forza dei nostri matrimoni, l intelligenza del diba ito politico o l integrità dei pubblici funzionari. Non misura né il coraggio, né le speranze, né la fede del nostro paese. Misura tu o, fuorché ciò che rende la vita degna di essere vissuta; può dirci tu o dell America, meno la ragione per la quale siamo orgogliosi di essere americani (sen. Robert Kennedy 1968). Il PIL, infa i, non misura né la qualità della vita né il livello di preservazione 1 Da Human Development Report 2005, pag. 4 - United Nations Development Program - 5 -

Capitolo 1 Sviluppo Economico e Povertà della qualità dell ambiente in cui viviamo. Anzi, paradossalmente, un livello di inquinamento più elevato crea danni alla salute e porta alla necessità di a uare delle politiche di disinquinamento; entrambi gli effe i presuppongono l acquisto di beni e servizi (spesa sanitaria, ecc.) e quindi vanno ad incrementare il PIL, migliorando, in una visione molto ristre a, la situazione del sistema economico preso in considerazione. I dati sul PIL, infine, non indicano il livello di uguaglianza sociale, di rispe o dei diri i dell uomo e di libertà. Accade anche nei Paesi ricchi che i bambini siano diversi già prima della nascita (in termini di assistenza alle future mamme), sia a causa dell etnia dei loro genitori o del loro livello di reddito, che per il sesso del nascituro. Il sesso è spesso uno dei fa ori maggiormente discriminanti sopra u o nei Paesi mediorientali e del sud-est asiatico, ma anche da noi nascere donna non sempre significa avere le medesime opportunità degli uomini. Box 1 Ineguaglianze negli Stati Uniti d America I Paesi appartenenti all OCSE spendono in media il 13% del PIL in assistenza sanitaria. Negli USA si spende il doppio. Nonostante ciò, l accesso all assistenza sanitaria è notevolmente limitato a causa di profonde disuguaglianze sociali connesse alle cara eristiche dei ci adini, come il livello di reddito, la copertura assicurativa, la razza e l ubicazione geografica. Il tasso di mortalità infantile è più alto rispe o alla media dei Paesi sviluppati ed è uguale a quello della Malesia (circa il 7 ) e varia molto in base all etnia del nuovo nato: se bianco, il tasso si avvicina al 6 (comunque quasi il doppio rispe o a quello giapponese), mentre se è un afroamericano, il tasso supera il 14 (è uguale al tasso di alcuni stati dell India). La sua mamma ha il doppio di probabilità di partorire un bambino so opeso rispe o ad una mamma bianca ed il bimbo nero ha il doppio di probabilità di morire prima del suo primo compleanno rispe o ad un connazionale bianco. Le differenze non si fermano solo all etnia, ma si estendono al reddito. Un bambino nato in una famiglia appartenente al 5% più ricco della popolazione ha una speranza di vita del 25% più lunga rispe o al suo connazionale nato da una famiglia che fa parte del 5% più povero. Gli USA sono l unico Paese ricco a non fornire un assistenza sanitaria di base. L elevato costo dei tra amenti rappresenta una barriera d accesso insormontabile per il 40% dei ci adini che non sono assicurati, i quali non possono neanche perme ersi nessun tipo di controllo sanitario preventivo. L innovativa ricerca medica americana perme e di salvare ogni anno circa 20.000 vite. L assenza di un sistema di prevenzione ed assistenza sanitaria di base ne uccide, nello stesso periodo, circa 85.000. Le disuguaglianze si estendono anche in altri se ori (istruzione, occasioni lavorative, ecc.). Fonte: Human Developmente Report 2005, pag. 58 - UNDP - 6 -

Capitolo 1 Sviluppo Economico e Povertà Box 2 Il muro del purdah Per via delle regole del purdah (le eralmente velo, cortina) le donne sono fortemente discriminate. Il termine comprende una serie di pratiche legate all ingiunzione coranica di proteggere la virtù e la modestia delle donne. Nella versione più restri iva, si fa obbligo alle donne di nascondersi alla vista degli uomini, salvo i familiari più stre i. Spesso, nelle famiglie conservatrici, le donne non escono di casa neanche per andare a trovare i vicini. Anche dove il purdah non è stre amente osservato, la famiglia, i costumi, la tradizione e il decoro fanno sì che nelle campagne del Bangladesh i rapporti tra uomini e donne rimangano estremamente formali. La fame e la povertà riguardano più le donne degli uomini. Se in una famiglia qualcuno deve soffrire la fame, sarà sicuramente la donna. Ed è sempre la donna, in quanto madre, a vivere la traumatica esperienza di non essere in grado di sfamare i bambini con il proprio la e in tempi di penuria e carestia. Nella società del Bangladesh la donna povera vive nell insicurezza più totale. È insicura nella casa del marito, il quale la usa come un ogge o anche per sfogarsi di tu i i torti che ha subito durante il giorno e dalla quale può essere estromessa in qualsiasi momento. Non sa né leggere né scrivere e solitamente non le è permesso neanche di uscire di casa per guadagnarsi da vivere. Fonte: Il banchiere dei Poveri, pag.91 Mohammad Yunus (premio Nobel per la Pace 2006) - Feltrinelli, 2006 Il primo esempio di disuguaglianza è legato all origine etnica ed al livello di reddito delle persone ed è riferito ad un Paese che consideriamo ricco e democratico. Il secondo, invece, è una delle tante storie di discriminazione sessuale. Differenti opportunità sono anche legate al luogo in cui si nasce. Box 3 L istruzione La differenza nelle opportunità di ricevere un istruzione, seppur di base, rimangono elevatissime. In linea generale, un bambino che nasce oggi in Mozambico può sperare di ricevere circa qua ro anni di istruzione pubblica di base. Un suo coetaneo francese riceverà sicuramente almeno quindici anni di formazione, sia di base che di alto livello. Le ineguaglianze di oggi nel se ore dell educazione dei giovani diventeranno le disuguaglianze sociali ed economiche di domani. Fonte: Human Development Report 2005, pag.24 UNDP Dopo quanto de o sopra, forse, non è irrazionale concepire lo sviluppo come un diri o dell uomo e non come un aumento di punti percentuali di PIL 2. 2 Mohammad Yunus - Il Banchiere dei Poveri, pag.28 - Universale Economica Feltrinelli, 2006-7 -

Capitolo 1 Sviluppo Economico e Povertà 1.1.2 Altri strumenti per misurare lo sviluppo umano Nel precedente paragrafo abbiamo analizzato il PIL ed i suoi limiti. Abbiamo anche constatato come il PIL non consideri come la ricchezza si distribuisca all interno di un Paese, né misuri i diri i e le libertà individuali. Spesso ci raccontano di quanto sia importante andare in luoghi più arretrati a portare libertà o democrazia. Sicuramente esse sono conquiste importantissime che ci hanno permesso di progredire, ma a cosa serve la libertà se la gente è povera, analfabeta, discriminata o minacciata da confli i armati? 3 La globalizzazione ci ha permesso di o enere uno sviluppo economico rapido, grazie a miglioramenti tecnologici e all espansione dei mercati e degli investimenti. Purtroppo, tu a questa prosperità non sempre si è trado a in un miglioramento delle condizioni di vita dei più poveri, anzi talvolta questi hanno pagato il prezzo di una crescita economica selvaggia e senza regole. Il miglioramento delle condizioni di vita viaggia ad un ritmo molto più lento rispe o alla crescita economica ed il divario fra ricchi e poveri tende ad aumentare. L Indice di Sviluppo Umano (HDI) ci aiuta a misurare sia la crescita economica che il cambiamento delle condizioni di vita. Si basa su tre indicatori principali: reddito, istruzione e salute. Non è un indicatore completo, ma almeno tenta di andare oltre il PIL. Il reddito viene considerato solo come un mezzo per migliorare le condizioni di vita. Per esempio, una variazione positiva della situazione reddituale potrebbe essere compensata da una variazione negativa del livello d istruzione e quindi l indice non si sposta. L HDI ha valori compresi fra un minimo di 0 ed un massimo di 1. Fonte: nostra elaborazione su dati Human Development Report 2005 3 Da Human Development Report 2005, pag.18 - UNDP - 8 -

Capitolo 1 Sviluppo Economico e Povertà Come si può notare anche da questo grafico, il risultato più alto si ha sempre nei Paesi più sviluppati, ma le differenze fra gli aggregati sono meno marcate (sintomo del fa o che anche all interno dei Paesi ricchi vi sono fasce di popolazione che non hanno pieno accesso ai servizi sociali). Il valore medio a livello mondiale è pari a 0,741, il campo di variazione è compreso fra lo 0,963 della Norvegia e lo 0,281 del Niger (l Italia è dicio esima con un indice pari a 0,934). Indicatori ancora più efficaci sono quelli che riguardano i bambini. Essi sono la fascia sociale più debole, che richiedono al sistema sociale di prestargli particolari a enzioni. Il più significativo è sicuramente il tasso di mortalità nei primi cinque anni di vita (bambini morti ogni 1000 nati vivi fonte: nostra elaborazione su dati UNDP). Fonte: nostra elaborazione su dati HDR 2005 - UNDP Ancora una volta l ubicazione geografica ed il reddito sono discriminanti notevoli nel determinare la qualità e l aspettativa di vita delle persone. Una riflessione va fa a sulla Nigeria, Paese che sta divenendo noto sui mass media a causa dei continui assalti delle popolazioni ribelli alle stazioni di pompaggio del petrolio. È lo Stato africano che esporta la maggior quantità di petrolio e che perciò dovrebbe essere abbastanza ricco. Ma i proventi del petrolio evidentemente non si fermano lì (il PIL pro capite del 2003 è pari a $ 1.050); ciò fa presumere un certo sfru amento da parte degli stranieri. Sono secondi nella classifica mondiale per numero di bambini che muoiono prima di compiere cinque anni e, sempre secondo le stime delle Nazioni Unite, una donna su dicio o muore per complicazioni legate alla gravidanza (in Canada ne muore una su 8.700) 4. Senza addentrarsi in più approfondite riflessioni (e senza voler giustificare l uso della violenza), vista l enorme 4 Da Human Development Report 2005, pag.32 - UNDP - 9 -

Capitolo 1 Sviluppo Economico e Povertà ricchezza di materie prime presenti nel Paese, forse questi sono già elementi sufficienti a dare una spiegazione alla nascita del movimento ribelle del delta del Niger (il Mend), che comba e contro lo sfru amento straniero (probabilmente, quindi, questi non sono movimenti appoggiati per ragioni religiose, ma spinti dalla ricerca di una vita più sicura e dignitosa). Vi sono anche altri indicatori (aspettativa di vita, qualità ambientale, ecc) che non verranno analizzati in questa sede, in quanto il nostro obie ivo era quello di rendere noto che si può andare anche oltre il PIL. 1.2 Ineguaglianza, povertà e confli i internazionali Dopo questa breve riflessione sui limiti del PIL e gli strumenti alternativi per misurare lo sviluppo di una società ci si potrebbe chiedere cosa c entri tu o ciò con il commercio equo e sostenibile. È lecito domandarsi se e perché la disuguaglianza sono importanti. Nel 1945, il segretario di Stato Americano Edward R. Ste inius affermò che la sicurezza dell umanità era connessa a due elementi fondamentali ed alla loro relazione: la ba aglia per la pace deve essere comba uta su due fronti. Il primo è quello della sicurezza, dove vi oria è sinonimo di libertà dalla paura. Il secondo è il fronte economico e sociale, dove vi oria significa libertà dalla povertà. Solo la vi oria su entrambi i fronti può assicurare al mondo una pace duratura. 5 Ecco che da questa riflessione si può iniziare a considerare lo sviluppo di tu a l umanità come un obie ivo fondamentale per il benessere di tu i. Cercare di ridurre le differenze fra ricchi e poveri non è un operazione a saldo zero. Aumentare le opportunità per le genti delle nazioni povere affinché anch esse abbiano una vita sana e duratura e possano assicurare ai propri figli un istruzione decente che gli perme a di uscire dalla povertà non si traduce con una diminuzione di benessere delle nazioni ricche. Anzi, in un mondo che tende sempre più ad abba ere le barriere, tu o ciò contribuirà ad aumentare la sicurezza di tu i. Un mondo senza barriere che si regge sulla povertà di massa è economicamente inefficiente, politicamente insostenibile e moralmente indifendibile 6. Le profonde differenze economiche e le ingiustizie sociali sono serbatoi sempre pieni che alimentano i confli i armati, il commercio di schiavi ed i flussi migratori e che, seppur i fenomeni che li causano sono geograficamente lontano da noi, di tanto in tanto gli effe i di questo modello di sviluppo bussano alla nostra porta di casa. 5 La traduzione è nostra 6 Da Human Development Report 2005, pag.12 - UNDP - 10 -

Capitolo 1 Sviluppo Economico e Povertà Box 4 Le guerre nascoste Spesso il costo dei confli i sullo sviluppo umano non è ben conosciuto, anzi non sono conosciute neanche le guerre. Nella Repubblica Democratica del Congo, le vi ime a ribuibili alla guerra civile hanno superato il numero di vi ime che il Regno Unito ha subito nei due confli i mondiali messi insieme. La guerra del Darfur ha creato 2 milioni di profughi. Le vi ime umane di questi confli i solo saltuariamente finiscono nei telegiornali. Ma, i danni più pesanti sono nascosti e minano le possibilità di sviluppo di lungo periodo. I confli i generano carestie e me ono a repentaglio la salute delle persone, distruggono le scuole, devastano i villaggi e le ci à ed allontanano le prospe ive di crescita economica. Si comba e in nome della diversità etnica o religiosa, ma la vera ragione di queste guerre è il controllo delle risorse naturali (acqua, petrolio, diamanti ed altre pietre preziose). Il tu o è alimentato dall intervento dei Paesi esterni che qualche volta inviano proprie truppe (Somalia, Afghanistan, Iraq per citarne alcune), ma sempre si preoccupano di fornire alle opposte fazioni in guerra un numero sufficiente di armi (solo le armi leggere, nei Paesi so osviluppati, uccidono circa 500.000 persone l anno). Fonte: Rapporto sullo Sviluppo Umano 2005, pag.19 - UNDP L estrema povertà di massa non necessariamente porta ad un confli o armato, poiché nel legame fra disuguaglianza e violenza spesso intervengono anche altri fa ori. La disuguaglianza può essere sia verticale (fra classi sociali) che orizzontale (fra diverse regioni). Sicuramente l estrema povertà ed un alto livello di disuguaglianza possono costituire delle basi forti per il sorgere di violenze fra diversi gruppi sociali. Fa ore scatenante il confli o è spesso dato dalla presenza di una risorsa naturale. Tra il 1990 ed il 2002 il mondo ha visto più di 17 guerre per il controllo delle risorse naturali: diamanti in Angola e Sierra Leone, diamanti e legno in Liberia, rame, oro e legno nella Repubblica Democratica del Congo. Spesso nei confli i intervengono anche i Paesi vicini che sfruttano l occasione per appoggiare la fazione che gli garantirà le migliori forniture di queste materie. La guerra interrompe i commerci, inasprisce la povertà, favorisce le mala ie e genera flussi umani in fuga che cercano aree più tranquille. Alimenta i movimenti estremisti e fa sì che diminuisca il livello generale di sicurezza a livello mondiale. La povertà non genera necessariamente una guerra e spesso concedere alla gente un altra alternativa per migliorare la propria situazione impedisce il formarsi ed il radicarsi di correnti violente e rivoluzionarie. La ba aglia contro la povertà ha lo scopo umanitario di impedire che degli individui muoiano di fame. Ma perme e di raggiungere anche un altro importante risultato che forse è più difficile da cogliere ed è quello della dimensione sociale e politica. Essa non solo libera il povero dalla fame, ma lo libera anche dalla soggezione politica. - 11 -

Capitolo 1 Sviluppo Economico e Povertà 1.3 Aiuti e commerci internazionali 1.3.1 Gli aiuti internazionali Gli aiuti internazionali sono l arma più utilizzata per contrastare la povertà ed i problemi ad essa connessi. A ualmente, però, non si massimizza il risultato o enibile, a causa di inefficienze di gestione degli stessi e di determinazione degli obiettivi che si intendono raggiungere e dei metodi per farlo. Inoltre, spesso, i Paesi ricchi vedono gli aiuti come una forma di carità, non scorgendo in essi un buon mezzo, in un modo sempre più interconnesso, per raggiungere una maggiore sicurezza e condividere una più ampia prosperità. In linea generale, gli aiuti internazionali si traducono in investimenti per la realizzazione di infrastru ure ed altre opere primarie nei Paesi poveri. Il problema è costituito dal fa o che per realizzare tali opere la manodopera locale non è in grado di fare molto di più che semplici lavori di manovalanza a basso valore aggiunto (il resto dell opera viene realizzato da sogge i provenienti dal Paese donatore o da altro Paese ricco). Inoltre, terminata l opera, per esempio la realizzazione di un acquedo o, il Paese ricco me e tu o in mano alla popolazione locale, senza insegnarle come utilizzare quanto costruito né come effe uare la manutenzione; di conseguenza, non vi è alcun miglioramento delle condizioni di vita del Paese, ma il beneficio principale è stato a favore del donatore stesso. Box 5 Gli aiuti internazionali in Bangladesh Dal 1972 al 1997 sono affluiti qualcosa come $ 30 miliardi di aiuti stranieri. Quest anno il contributo dall estero sarà di circa $ 2 miliardi. Ma dov è andato a finire tu o quel denaro? Visitando i nostri villaggi non si vede traccia di tanta munificenza sui volti degli abitanti. Dov è finito, dunque, il denaro? Risalendo la filiera dei fondi si fanno scoperte poco lusinghiere sul conto sia dei donatori sia dei beneficiari. Circa i tre quarti dell ammontare complessivo degli aiuti stranieri sono spesi nel Paese donatore: insomma, le donazioni sono diventate un mezzo, per il Paese ricco, di dar lavoro ai propri abitanti e di vendere i propri prodo i. Quanto all ultimo quarto, finisce quasi per intero ad arricchire una piccola elite bengalese di consulenti, imprenditori, burocrati e funzionari corro i, che lo spendono in prodo i d importazione o lo trasferiscono sui conti correnti stranieri, il che non apporta alcun beneficio alla nostra economia. Lo spreco dei fondi internazionali rappresenta una doppia tragedia per il Bangladesh. Usati con più a enzione quei fondi potrebbero in larga misura contribuire a migliorare le condizioni di vita nelle zone rurali e nelle bidonville. Per esempio, se anche solo due miliardi di dollari fossero consegnati dire amente alle famiglie bengalesi più povere, circa la metà della nostra popolazione si vedrebbe assegnare circa $ 200 a titolo individuale. I beneficiari lo userebbero principalmente per acquistare beni e servizi prodo i sia dalle famiglie povere beneficiarie del proge o sia da sogge i diversi, apportando così nuova linfa all economia rurale (grazie al moltiplicatore della spesa pubblica, ndr). - 12 -

Capitolo 1 Sviluppo Economico e Povertà Di solito, invece, i fondi servono a costruire strade, ponti ed altre infrastru ure, che si presume andranno ad aiutare i poveri a lunga scadenza. Ma sulla lunga scadenza si ha ampiamente il tempo di morire e degli aiuti i poveri non vedono neanche il colore. Gli aiuti vengono sempre consegnati ai governi, aumentando la burocrazia, l inefficienza e gli sprechi. Se si vuole davvero che l aiuto riesca ad incidere nella vita dei poveri, bisogna far sì che esso arrivi dire amente nelle case. Fonte: Il banchiere dei Poveri, pag.10 Mohammad Yunus - Universale Economica Feltrinelli, 2006 Quella riportata è ovviamente un opinione personale relativa alla situazione in un determinato Paese e per questo motivo non è necessariamente vera ed è susce ibile di essere contradde a. Certo è che, se dopo che per decenni i Paesi ricchi hanno riversato fiumi di denaro su quelli poveri senza riuscire ad estirpare le cause della povertà (dato che il 40% della popolazione mondiale vive con meno di $2 al giorno), siamo certi che il sistema degli aiuti internazionali debba essere rivisto. Bisogna riconoscere, tu avia, che grazie agli aiuti internazionali è possibile raggiungere risultati positivi sopra u o nell assistenza ai bambini. Box 6 Risultati dei finanziamenti condizionati nei Paesi dell America Latina I programmi di finanziamento condizionati a fondo perduto in molti Paesi dell America Latina forniscono assistenza monetaria alle famiglie povere a condizione che vengano assunti dei comportamenti di sviluppo umano, come la frequentazione delle scuole o la partecipazione ai programmi sanitari. Questi proge i hanno dimostrato di avere un impa o positivo sull educazione, la salute e la riduzione della povertà. Per quanto riguarda le iscrizioni nelle scuole, in Messico sono aumentate del 14% quelle delle ragazze ed dell 8% quelle dei ragazzi. In Colombia i ragazzi frequentanti delle aree rurali fra i 12 ed i 17 anni sono aumentati del 10 %, mentre in Equador le iscrizioni nella scuola primaria sono aumentate del 10%. Questi proge i hanno contribuito, di conseguenza, anche alla riduzione del lavoro minorile. In Nicaragua la probabilità per un bambino fra i 7 ed i 13 anni di lavorare è diminuita del 5%, mentre per un ragazzo messicano fra gli 8 ed i 17 anni è diminuita del 10-14%. I programmi di assistenza sanitaria hanno permesso un numero maggiore di vaccinazioni, una diminuzione dei tassi di mortalità infantile ed hanno aumentato il peso e l altezza dei bambini con meno di qua ro anni di età. Fonte: Annual Review of Development 2006, pag.7 World Bank - 13 -

Capitolo 1 Sviluppo Economico e Povertà In aggiunta a quanto già de o, bisogna assicurarsi che l aiuto non si configuri come una semplice elemosina. Questo è un gesto che serve solo a calmare la coscienza, ma non riesce realmente a risolvere il problema, anzi ci esime dall affrontarlo nella sostanza. Talvolta diventa persino dannoso. Traducendo il problema alla vita quotidiana, fare l elemosina ad un mendicante al semaforo lo aiuta ad entrare in un circolo vizioso senza via d uscita. Il mendicante trascorrerà la vita passando da un auto all altra. Per affrontare onestamente il problema dovremmo impegnarci ad avviare un processo: se il donatore aprisse la portiera e chiedesse al mendicante qual è il suo problema, come si chiama, quanti anni ha, che cosa sa fare, se ha bisogno di assistenza medica e così via, quello sarebbe un modo per aiutarlo davvero. Ma allungare una moneta significa implicitamente invitare il mendicante a sparire, è un modo per sbarazzarsi comodamente del problema. Con ciò non si vuole sostenere che si debba ignorare il dovere morale di aiutare, o l istinto a soccorrere i bisognosi; si afferma solo che l aiuto deve assumere una forma diversa. In ogni caso, mendicare priva l uomo della sua dignità, togliendogli l incentivo a provvedere alle proprie necessità con il lavoro, lo rende passivo e incline ad una mentalità parassitaria: perché faticare, quando basta tendere la mano per guadagnarsi la vita? Il meccanismo che opera sul piano individuale è lo stesso che interviene più in grande nel campo degli aiuti internazionali. La dipendenza dal soccorso internazionale favorisce quei governi che più si dimostrano capaci nell a irare nel proprio Paese i contributi. Per esempio, acce are gli aiuti alimentari significa perpetuare la carenza di quel tipo di beni in quanto nessuno li produrrà perché non potrebbe venderli in quanto qualcun altro li regala 7. Probabilmente, quindi, gli aiuti internazionali dovrebbero trasformarsi in un aiuto internazionale a porre fine definitivamente alla condizione di povertà dei singoli individui. 7 Mohammad Yunus - Il banchiere dei Poveri, pagg.32-33 - Universale Economica Feltrinelli, 2006-14 -

Capitolo 1 Sviluppo Economico e Povertà 1.3.2 Il commercio internazionale Un modo sicuramente migliore di sviluppare i sistemi economici di tu i i Paesi è dato dal commercio internazionale. Grazie ai cosidde i vantaggi comparati, ognuno si specializza in ciò che sa fare meglio e scambia i prodo i così o enuti con i propri vicini. Per esempio, un Paese potrebbe essere in grado di produrre sia più grano che più automobili del proprio vicino. Nonostante ciò, per lui potrebbe comunque essere conveniente specializzarsi maggiormente nella produzione di automobili ed importare dal vicino parte del grano che gli occorre. Lo sviluppo dei mezzi di trasporto e dei sistemi di comunicazione ha dato linfa vitale alla crescita del commercio internazionale negli ultimi decenni, facendolo diventare un fa ore trainante della crescita economica mondiale. Esso è stato anche sostenuto da politiche di abba imento dei dazi doganali e di miglioramento dei rapporti politici internazionali. Il mondo è diventato un grande mercato. A questo punto potrebbe interessarci il funzionamento di un mercato per capire a favore di chi vanno i benefici che esso produce. Il mercato tende quasi sempre a massimizzare il risultato o enibile in un o ica di breve periodo (anche se la storia ci ha insegnato che sono possibili degli equilibri di so outilizzo dei fa ori, che per semplificare l analisi non prendiamo in considerazione). In un mercato in concorrenza perfe a è l insieme degli a ori presenti a determinare l equilibrio, cioè le quantità da produrre ed il prezzo a cui venderle. In questo modo si o iene il beneficio massimo e questo viene ripartito in modo equo (in base all elasticità delle curve di domanda e offerta) fra consumatori e produ ori. Purtroppo, i mercati in concorrenza perfe a praticamente non esistono, ma il mercato assume solitamente la forma di monopolio, concorrenza monopolistica o al massimo oligopolio. Ciò significa che l equilibrio del mercato (cioè prezzo e quantità) viene determinato solo da uno o comunque pochi a ori presenti (che esercitano il cosidde o potere di mercato), che distorcono sia l equilibrio che la ripartizione del beneficio derivante dagli scambi. Con il monopolio, per esempio, si produce una quantità di prodo o minore di quella che si produrrebbe in concorrenza perfetta, la si vende ad un prezzo più alto e si genera una perdita secca (cioè una parte di consumatori non possono più realizzare lo scambio). Inoltre, il beneficio viene ripartito principalmente in favore del produ ore. Il sogge o possessore del potere di mercato si identifica con il più ricco o comunque con colui che è in grado di esercitare una forza maggiore (economica, politica, militare, ecc). Il conce o si può applicare sia a mercati circoscri i di beni e servizi, che ai commerci internazionali che ai rapporti fra Stati o gruppi di Stati. In un sistema lasciato al libero mercato la ricchezza tende, quindi, a concentrarsi nelle mani di chi è già ricco, poiché il maggior beneficio derivante dallo scambio va a favore del detentore del potere di mercato. Ma è anche possibile che il mercato sia regolato e stru urato in modo tale da essere vantaggioso per tu i. - 15 -

IL COMMERCIO EQUO E SOLIDALE 2.1 Il comercio equo e solidale Proprio per una critica al modello commerciale tradizionale nasce il Commercio Equo e Solidale. Una presa di fatto del fallimento di una politica economica che ha creato forti squilibri nella distribuzione della ricchezza. Questo commercio fin dalla sua nascita è stato accompagnato dallo slogan: Trade non Aid, Commercio non aiuti. Perché si è subito voluto so olineare che era ed è molto più importante fornire gli strumenti per uscire autonomamente da situazioni di povertà, senza dipendere solamente da aiuti esterni, che possono creare dipendenze e scoraggiare i locali. Innanzitu o questo commercio vuole offrire un mercato per i produ ori del Sud del Mondo, i quali in questo modo possono produrre sia per esportare che per il mercato interno. 2.2 Nascita del commercio equo e solidale Questo tipo di commercio viene fatto risalire alla fine degli anni cinquanta, quando nasce S.O.S. Wereldhandel, una fondazione creata da un gruppo di giovani del partito Ca olico olandese a Kerkrade. Essi rimangono impressionati dalle notizie di povertà e fame provenienti dalla Sicilia e per questo vogliono raccogliere la e in polvere. Nello stesso periodo, OXFAM, un ONG inglese fondata da un gruppo di quaccheri e da altri gruppi religiosi, si rese conto che una delle necessità di base delle popolazioni del Sud del mondo era trovare un mercato per i propri prodo i. In questo modo non erano più mendicanti bisognosi di elemosine, ma partner commerciali che ricevevano un giusto prezzo per le loro produzioni. Da queste esperienze nascono le prime Centrali d importazione, in Italia la prima vera esperienza si ha a Morbegno in provincia di Sondrio, dove nasce nel 1976 la Coop. Sir John Ltd che nel 1979 avvia la vendita di prodo i artigianali in juta del Bangladesh. 2.3 Cara eristiche del commercio equo e solidale Possiamo riassumere il perché il Commercio equo e solidale viene definito un mercato alternativo in queste definizioni: 1) Lavora con i produ ori e i lavoratori che si trovano ai margini del mercato tradizionale, con essi hanno rapporti commerciali dire i e di lungo periodo, per consentire la pianificazione del loro futuro con più certezza; 2) Viene pagato un prezzo equo che garantisce a tu e le organizzazioni un giusto guadagno. Il prezzo equo è concordato con il produ ore stesso sulla base del co- - 16 -

Capitolo 2 Il Commercio Equo e Solidale sto delle materie prime, di una giusta retribuzione del lavoro svolto, più un premio destinato a finanziare proge i di sviluppo decisi e gestiti dai produ ori; 3) I produ ori provengono dire amente da comunità, villaggi e cooperative che sono a ente alla reale partecipazione alle decisioni da parte di tu i i lavoratori; 4) Rispe a l ambiente privilegiando e promuovendo le produzioni biologiche, l uso di materiali riciclabili e processi produ ivi e distributivi a basso impa o ambientale; 5) Garantisce condizioni di lavoro che rispe ano i diri i dei lavoratori sanciti dalle Convenzioni dell Organizzazione Internazionale del Lavoro; 6) Non ricorre al lavoro infantile e rispe a le convenzioni internazionali sui diri i dell infanzia; 7) I produ ori hanno diri o di richiedere prefinanziamenti fino al 50% del valore del contra o per evitare di cadere nelle mani degli usurai; 8) È trasparente verso i consumatori, che possono conoscere l effe iva composizione del prezzo; 9) Promuove azioni informative, educative e politiche sul Commercio Equo e Solidale, sui rapporti fra Paesi svantaggiati ed economicamente sviluppati. Gli a ori che agiscono all interno del Commercio Equo e Solidale sono: I produ ori; Le centrali d importazione; Le bo eghe del mondo; La grande distribuzione; Il consumatore. Un esempio che possiamo riportare dei produ ori è quello chiamato UCIRI. Per UCIRI si intende l Union de las Comunidades Indigenas de la Regiòn del Istmo, questo proge o è nato nel 1983 da cinquecento famiglie di indigeni Zapotecos, Mixes e Chontales residenti in tre diversi villaggi della regione montuosa di Oaxaca, nel Sud del Messico, dopo soli due anni le famiglie erano 1500, originarie di 17 comunità. Ora le comunità sono già 54, per un totale di 2549 famiglie. Proprio UCIRI rappresenta come un proge o riuscito riesca a far progredire un intera area. Qui si produce caffè e tu a la produzione è biologica certificata, inoltre l 80% della produzione viene esportato nel mercato internazionale del commercio equo, in Europa, negli Stati Uniti, in Canada e recentemente anche in Giappone. Le entrate apportate dalla vendita di caffè hanno consentito notevoli investimenti nella salute e nell alloggio, inoltre c è stato anche un tentativo di diversificazione della produzione, con un apertura di una fabbrica di jeans e la produzione di fru a. L obbie ivo primario di questo proge o rimane la creazione di un mercato interni di caffè a prezzo equo, infa i uno dei successi più recenti è stato proprio l apertura di una coffe house nella ci à di Ixtepec. Uno degli anelli fondamentali nella catena della produzione al consumo dei - 17 -

Capitolo 2 Il Commercio Equo e Solidale prodo i del commercio equo e solidale sono proprio le Centrali d importazione. Esse curano i rapporti con i produ ori e la diffusione dei prodo i ai canali di vendita, vengono chiamate Alternative Trade Organizations (ATOs) Le ATOs si occupano di trovare o creare mercati di sbocco nei Paesi del Nord per i prodo i del Sud del Mondo. Nei paesi del Nord del Mondo rivestono un grande ruolo politico-sociale, facendosi promotrici di campagne di sensibilizzazione nei confronti dei consumatori e utilizzando risorse e strumenti per fare pressione sulle istituzioni affinché sostengano le realtà e i principi del Commercio equo. Le Bo eghe del Mondo sono i distributori ultimi dei prodo i del commercio equo e solidale. Nel mondo sono circa 4000, mentre in Italia sui 450. In esse operano come volontari circa 6000 persone che offrono il loro tempo libero per stare nelle bo eghe e portare avanti il commercio equo. Le bo eghe non si limitano solo a vendere i prodo i provenienti dal Sud del Mondo, ma si occupano di fare opera di sensibilizzazione, informazione e promozione sui temi del commercio equo e sociale e solidale. La maggior parte vendono anche prodo i biologici e alcune addirittura vendono viaggi di turismo responsabile, investimenti ed assicurazioni etiche, contra i per compagnie telefoniche no profit e altro ancora. Ormai c è la possibilità di trovare alcuni prodo i alimentari equi e solidali anche in alcune catene di supermercati. Le centrali d importazione però in questi casi applicano una serie di vincoli e condizioni commerciali fisse e non tra abili, come il prezzo fisso al consumatore, un azione informativa e culturale negli spazi dei supermercati. Infine, ma non per importanza, vi è il consumatore, infa i esso è colui che ha il potere più grande all interno di questa catena, cioè il potere d acquisto. Coloro che appoggiano il Commercio Equo chiedono al consumatore di trasformare il suo a o quotidiano di fare la spesa in un vero a o di giustizia e responsabilità acquistando i prodo i del Commercio Equo. - 18 -

Capitolo 2 Il Commercio Equo e Solidale 2.4 Vecchi e nuovi obie ivi del commercio equo e solidale Nella Carta Italiana dei Criteri del Commercio Equo e Solidale sono riportati gli obie ivi che si proponeva e si propone questo tipo di commercio. Punta a: migliorare le condizioni di vita dei produ ori aumentandone l accesso al mercato, pagando un prezzo migliore ed assicurando continuità nelle relazioni commerciali; promuovere opportunità di sviluppo per produ ori svantaggiati; divulgare informazioni sui meccanismi economici e stimolare nei consumatori la crescita di un a eggiamento alternativo al modello economico dominante; proteggere i diri i umani promuovendo giustizia sociale, sostenibilità ambientale, sicurezza economica; favorire l incontro tra consumatori critici e produ ori dei Paesi economicamente meno sviluppati; favorire l autosviluppo economico e sociale; Stimolare non solo i consumatori ma anche le istituzioni nazionali ed internazionali nel prendere le proprie decisioni. Ora col passare del tempo a tu i questi obie ivi, i quali rimangono fermi ed irremovibili, se ne affiancano alcuni, più aperti al nuovo mondo che si prospetta. Infa i si vuole: Crescere nei se ori tradizionali del Commercio Equo; Cercare di allargare l a ività del commercio equo ad alcuni prodo i di massa come abbigliamento e calzature; Confrontarsi con realtà industriali e della grande distribuzione, e diventare più professionali (cosa non facile visto che in larga parte si appoggia sul volontariato), senza perdere la propria identità; Continuare sempre a sensibilizzare l opinione pubblica affinché il mercato mondiale venga regolato diversamente; Crescere nella capacità di stabilire alleanze e rapporti politico-economici, in particolare con il biologico e le organizzazioni non governative. - 19 -

CANALI DISTRIBUTIVI 3.1 I distributori I distributori sono le organizzazioni, localizzate nei paesi occidentali, che vendono i prodo i della filiera del commercio equo e solidale ai consumatori finali. Nei primi anni di sviluppo del commercio equo e solidale questi prodo i venivano distribuiti in maniera pressoché esclusiva a raverso le bo eghe del mondo, negozi gestiti prevalentemente da organizzazioni senza scopo di lucro (spesso grazie all apporto determinante di volontari) e specializzati nel tra amento esclusivo di prodo i della filiera del commercio equo e solidale (e, in Italia in epoca più recente, anche di alcuni prodo i biologici provenienti dal mondo delle cooperative sociali che effe uano l inserimento lavorativo di sogge i svantaggiati). Oltre a svolgere una a ività di distribuzione commerciale, le bo eghe del mondo svolgono un ruolo cruciale di informazione, sensibilizzazione e divulgazione delle a ività e delle proposte del commercio equo e solidale; si potrebbe anzi affermare che, in Italia almeno, questa seconda funzione sia forse più rilevante della prima, tanto che le botteghe del mondo spesso somigliano più a stru ure di animazione territoriale che non a veri e propri esercizi commerciali. In un periodo più recente, i prodo i del commercio equo e solidale hanno interessato anche alcune catene della grande distribuzione organizzata, così come alcuni negozi tradizionali, sicché ora essi sono disponibili presso un ampio spe ro di esercizi commerciali al de aglio. L ingresso della g.d.o. nel commercio equo e solidale, così come il fa o che alcuni grandi produ ori e trasformatori di commodity alimentari abbiano introdo o linee di prodo o eque e solidali, non è stato privo di contraccolpi, specie in Italia, dove un parte dei sogge i che ha contribuito a fare nascere il fenomeno ritiene che una simile contaminazione sia poco opportuna e rischi di diminuire la radicalità della proposta del commercio equo e solidale. 3.2 Il commercio equo e solidale in Europa Secondo i più recenti dati disponibili sull Europa (Krier, 2005), riferiti in larga misura agli anni 2004 e 2005, il commercio equo e solidale ha raggiunto dimensioni ragguardevoli e ha mostrato negli anni più recenti una dinamica di assoluto interesse. Innanzitu o, dal punto di vista della distribuzione, i prodo i del commercio equo e solidale sono ormai disponibili ai consumatori in una vasta rete di punti di vendita; si tra a di circa 79.000 stru ure, con una ne issima prevalenza della g.d.o. (57.000), seguita dai normali esercizi commerciali (19.000) ed infine dalle bo eghe del mondo (2.854). I punti vendita in cui sono disponibili prodo i del commercio equo e solidale sono aumentati di circa il 24% rispe o al 1997, con una crescita particolarmente vivace proprio nel se ore della gdo (32%) ed un aumento più contenuto per le piccole stru ure commerciali (7%) e per le bo eghe del mondo (4%). La - 20 -