Inabilità al lavoro, rileva esclusivamente la c.d. "capacità specifica" Lex 24.it

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Inabilità al lavoro, rileva esclusivamente la c.d. "capacità specifica" Lex 24.it Inabilità Pensione ordinaria o assegno ordinario di inabilità Presupposti per l'erogazione Incapacità del ricorrente a svolgere le mansioni assegnatagli Incapacità generica e specifica. (L. 12.06.1984, n. 222, artt. 1, 2) E' infondato il ricorso volto al riconoscimento del diritto ad ottenere la pensione ordinaria di inabilità o in subordine l'assegno ordinario di invalidità laddove il ricorrente, pur essendo incontestabilmente invalido, con una riduzione permanente della propria capacità lavorativa generica, non sia né inabile né incapace a svolgere la specifica attività lavorativa assegnatagli nella misura necessaria al riconoscimento del beneficio. La capacità di lavoro dell'assicurato, cui fa riferimento l'art. 1 della legge n. 222 del 1984 ai fini dell'accertamento della sussistenza del requisito sanitario richiesto per l'attribuzione della prestazione previdenziale, consiste nell'inidoneità a svolgere il lavoro esplicato, la c.d. capacità specifica, nonché nell'inidoneità delle condizioni fisiche, culturali e professionali dello stesso, c.d. capacità generica. Orbene, nel caso in cui la capacità lavorativa dell'assicurato si sia ridotta ma senza raggiungere la soglia della riduzione a meno di un terzo, sul giudice non grava alcun obbligo di accertare l'incapacità dell'assicurato di svolgere altri lavori compatibili con le sue attitudini prima di escluderne il diritto al beneficio richiesto. Tribunale di Ivrea, Sezione Lavoro, Sentenza 2 febbraio 2012, n. 23 Corte di Cassazione, Sezione Lavoro civile Sentenza 17 ottobre 2011, n. 21425 Previdenza (Assicurazioni sociali) Assicurazione per l'invalidità, vecchiaia e superstiti Pensione ai superstiti Riversibilità Figli Figli inabili Requisito dell'inabilità previsto dall'art. 8 della legge n. 222 del 1984 Accertamento Criterio concreto Applicabilità Estremi Fattispecie.

L'accertamento del requisito della "inabilità" (di cui all'art. 8 della legge 12 giugno 1984 n. 222) richiesto ai fini del riconoscimento del diritto alla pensione di riversibilità ai figli superstiti del lavoratore o del pensionato, deve essere operato secondo un criterio concreto, ossia avendo riguardo al possibile impiego delle eventuali energie lavorative residue in relazione al tipo di infermità e alle generali attitudini del soggetto, in modo da verificare, anche nel caso del mancato raggiungimento di una riduzione del cento per cento della astratta capacità di lavoro, la permanenza di una capacità dello stesso di svolgere attività idonee nel quadro dell'art. 36 Cost. e tali da procurare una fonte di guadagno non simbolico. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito che aveva accolto la domanda di pensione di reversibilità, quale orfano maggiorenne inabile di entrambi i genitori, presentata da un invalido, le cui residue capacità lavorative erano state riconosciute talmente esigue da consentire solo lo svolgimento di operazioni elementari, che dovevano comunque essere completate da un altro operatore e si risolvevano nello svolgimento di "un'attività del tutto priva di produttività, oltre che in perdita economica" esercitata esclusivamente all'interno di strutture protette, con esclusione di qualsiasi apprezzabile fonte di guadagno). Corte di Cassazione, Sezione Lavoro civile, Sentenza 17 ottobre 2011, n. 21425 Previdenza (Assicurazioni sociali) Assicurazione per l'invalidità, vecchiaia e superstiti Pensione ai superstiti Riversibilità Figli Spettanza Fondamento A favore dei figli maggiorenni Condizioni Inabilità al lavoro Decesso del titolare della pensione di reversibilità Trasmissibilità ai figli di questo Esclusione. In tema di pensione ai superstiti, a norma dell'art. 22 della legge 21 luglio 1965 n. 903, il diritto a pensione di riversibilità spetta, alla morte del pensionato o dell'assicurato, "iure proprio", al coniuge e ai figli minorenni, in ragione dei rapporti con il defunto e della situazione in cui si trova al momento del decesso di quest'ultimo mentre ai figli superstiti maggiorenni spetta soltanto se essi siano riconosciuti inabili al lavoro e a carico del genitore al momento del decesso di quest'ultimo, non potendo, comunque, il diritto a pensione di riversibilità essere ulteriormente attribuito ai superstiti di questo. Corte di Cassazione, Sezione Lavoro civile, Sentenza 17 ottobre 2011, n. 21425 Previdenza (Assicurazioni sociali) Assicurazione per l'invalidità, vecchiaia e superstiti Pensione di invalidità Invalidità In genere Pensione di inabilità e assegno ordinario di invalidità Legge n. 222 del 1984 Principi ispiratori Rilevanza dei fattori socio Economici considerati dalla precedente legislazione Esclusione Violazione dell'art. 38 Cost. Insussistenza.

Con la legge n. 222 del 1984 sostituendosi il criterio della "capacità di lavoro" a quello della "capacità di guadagno" e fissandosi due diverse percentuali per poter rispettivamente beneficiare dell'assegno di invalidità (capacità di lavoro, in occupazioni confacenti alle attitudini del soggetto, ridotta a meno di un terzo) e della pensione di inabilità (assoluta e permanente impossibilità di svolgere qualsiasi attività lavorativa) si è da un lato passati dalla considerazione della "potenzialità reddituale" (capacità di lavoro come idoneità a produrre ricchezza) alla considerazione della "potenzialità energetica" (capacità lavorativa determinante essa stessa particolari effetti) e, dall'altro, si è prevista una categoria di soggetti dalla validità apprezzabilmente ridotta (a meno di un terzo) che per questo beneficiano di una prestazione compatibile entro certi limiti con il reddito da lavoro e destinata ad integrarlo (quale è l'assegno di invalidità), ma che non possono fruire della pensione di inabilità perché non si trovano nell'assoluta e permanente impossibilità, "a causa di infermità o difetto fisico o mentale", di svolgere qualsiasi attività lavorativa confacente alle proprie attitudini e che consenta di conseguire un certo reddito sufficiente, da valutare in rapporto alla residua capacità lavorativa. Nell'ottica di tali principi non trovano posto, pertanto, quei fattori socio economici legati alla difficoltà o impossibilità per un soggetto dalla capacità lavorativa ridotta di inserirsi nel mercato del lavoro che tanto spazio avevano ricevuto nella precedente legislazione; né l'indicata disciplina può ritenersi in violazione dell'art. 38 Cost., poiché essa offre sostegno anche a coloro che abbiano una riduzione parziale della capacità lavorativa, conferendo ad essi il diritto all'assegno di invalidità. Corte di Cassazione, Sezione Lavoro civile, Sentenza 10 agosto 2011, n. 17159 Asisstenza e beneficienza pubblica Prestazioni assistenziali In genere Rendita vitalizia e assegno mensile di assistenza per invalidità parziale Cumulo Divieto ex art. 3, comma 1, della legge n. 407 del 1990 Diversità dell'evento invalidante Irrilevanza Applicazione estensiva od analogica della disposizione di cui all'art. 1, comma 43, della legge n. 335 del 1995 Esclusione Fondamento Dubbi di legittimità costituzionale Infondatezza. In tema di prestazioni assistenziali, l'art. 3, comma 1, della legge n. 407 del 1990 non consente, al di là delle eccezioni espressamente previste, il cumulo tra prestazioni a carattere diretto, concesse a seguito di invalidità contratte per causa di lavoro o servizio, e prestazioni assistenziali (nella specie, tra rendita vitalizia erogata dall'inail e assegno mensile di assistenza corrisposto dall'inps a soggetti solo parzialmente invalidi), senza che assuma importanza la diversità dell'evento menomativo della capacità di lavoro rispetto all'infermità rilevante per l'attribuzione dell'assegno per l'invalidità, atteso che detta disposizione prescinde da ogni distinzione in merito all'identità degli eventi invalidanti e non è configurabile una interpretazione

estensiva od analogica dell'art. 1, comma 43, della legge n. 335 del 1995 che consente la contemporanea erogazione della rendita vitalizia liquidata ai sensi del d.p.r. n. 1124 del 1965 e della pensione di inabilità ove siano originate da eventi differenti riguardando la previsione le sole prestazioni previdenziali a carico dell'assicurazione generale obbligatoria, e non anche le prestazioni assistenziali. Né sono fondati i dubbi di legittimità costituzionale in relazione agli art. 3 e 38 Cost. restando rimessa al legislatore, nella materia assistenziale, la valutazione, commisurata anche alle esigenze di finanza pubblica, della compatibilità dell'erogazione con altre prestazioni. Corte di Cassazione, Sezione Lavoro civile, Sentenza 10 febbraio 2011, n. 3240 Previdenza e assistenza Pensione di inabilità civile e handicap grave Accertamento Diritto Insussistenza. In tema di pensione di invalidità civile, ai fini della valutazione della riduzione della capacità di lavoro, il deficit visivo va stabilito in concreto con riguardo alla capacità visiva utilizzata dal soggetto nell'attività lavorativa e, quindi, con riferimento alla correzione risultante dall'adozione di lenti da vista; di tale mezzo tecnico non può tenersi conto soltanto quando si dimostri che il suo uso non è tollerato dall'organismo e renda quindi più gravoso e difficoltoso l'esercizio dell'attività lavorativa diminuendone il concreto rendimento. Tribunale Bassano del Grappa, civile, Sentenza 27 luglio 2010, n. 102 Corte di Cassazione, Sezione Lavoro civile, Sentenza 18 marzo 2010, n. 6571 Assistenza e beneficienza pubblica Prestazioni assistenziali In genere Invalidità civile Pensione di inabilità Malattia neoplastica Giudizio prognostico ai fini pensionistici Presenza di localizzazioni secondarie e/o asportazione chirurgica della neoplasia Rilevanza Esclusione Fondamento Fattispecie. In materia di accertamento dei presupposti medico legali del diritto alla pensione di inabilità, da effettuarsi con riferimento al momento della presentazione della domanda, la patologia neoplastica deve essere considerata di per sé, a prescindere dalla sussistenza di localizzazioni secondarie della malattia o dal fatto che essa sia stata rimossa tramite intervento chirurgico, atteso che la completa eliminazione della neoplasia

costituisce un elemento del tutto irrilevante sotto il profilo prognostico, in quanto non elide il dato costituito dalla obiettiva gravità della malattia, ma attiene piuttosto alla realtà effettiva da riscontrarsi a notevole distanza di tempo rispetto all'epoca in cui l'accertamento deve essere riferito. (Nella specie la S.C. ha cassato la decisione della corte territoriale che, in considerazione dell'assenza di localizzazioni secondarie della malattia e dell'avvenuta asportazione della neoplasia pochi giorni prima della presentazione della domanda amministrativa, aveva disatteso senza adeguata motivazione le conclusioni del c.t.u. in ordine al grado di inabilità al lavoro, superiore all'80% al momento della domanda amministrativa). Corte di Cassazione, Sezione Lavoro civile, Sentenza 18 marzo 2010, n. 6571 Pubblico impiego Inabilità assoluta e permanente al lavoro Rigetto del ricorso finalizzato al riconoscimento del relativo trattamento pensionistico Impugnazione del provvedimento Carenza di motivazione Insufficienza del richiamo alle valutazioni del C.M.O. in presenza di numerose e gravi patologie. E' fondato l'appello proposto avverso la sentenza con cui il Tar, chiamato a decidere in ordine al ricorso formulato dalla dipendente del Ministero dell'istruzione e volto a vedersi riconosciuta la pensione di inabilità per assoluta e permanente impossibilità a svolgere qualsiasi attività lavorativa, lo abbia respinto sulla base di un mero richiamo dei verbali della C.M.O., omettendo qualunque ulteriore motivazione. La censura con la quale l'appellante eccepisca la carente motivazione della sentenza gravata, deve ritenersi meritevole di accoglimento quando, dall'esame degli atti di causa, emerga uno stato di salute particolarmente grave e critico, rispetto al quale non possa ritenersi sufficiente il giudizio sintetico espresso dalla C.M.O. ritenendosi necessaria un'adeguata e motivazione in ordine alle circostanze in forza delle quali le patologie riscontrate non si ritengano idonee a pervenire ad un giudizio di assoluta e permanente inidoneità al lavoro. Nel caso di specie, infatti, considerato il numero e la specifica gravità delle patologie da cui l'appellante risulti affetta, deve ritenersi concretato il vizio di carenza motivazionale. Consiglio di Stato, Sezione 6, Sentenza 15 giugno 2009, n. 3828