3 Sessione Modelli di gestione Comunicazione di: Daniela Cappelli Segreteria regionale Cgil Toscana Anche la CGIL Regionale Toscana, in collegamento con la piattaforma della CGIL Nazionale Per il diritto alla salute, un sistema di qualità ha ritenuto opportuno aggiornare il quadro di valutazioni e proposte sulle politiche sanitarie e sociali regionali. Lo scenario è fin troppo chiaro, il tentativo del governo Berlusconi di smantellare il sistema di welfare si concretizza, nelle politiche sanitarie e sociali, attraverso il taglio delle risorse e con una sottostima del Fondo sanitario nazionale, ma anche attraverso l abbandono delle politiche di riforma nazionale come la L. 229 e la L. 328 con l indicazione di un welfare minimo spingendo l offerta di servizi verso il privato (mi riferisco alle proposte del libro bianco sul welfare dove si propongono mutue sanitarie integrative-sostitutive). Queste scelte si aggiungono agli interventi delle ultime leggi finanziarie che hanno pesantemente penalizzato gli enti locali ed i cui effetti e ricadute sul sistema di servizi e sulle condizioni di vita di pensionati e lavoratori sono destinati a farsi sentire in modo negativo quasi immediatamente. Di fronte a questo scenario occorre un salto di qualità nelle politiche socio-sanitarie anche della nostra Regione per contrastare un lento, ma inevitabile degrado. In questo quadro la riforma del titolo V della Costituzione, che attribuisce nuove competenze alle Regioni in materia sociale e sanitaria dovrà essere usata con oculatezza, come strumento che possa consentire alla Toscana di sviluppare e consolidare il proprio sistema di welfare, proponendo nel panorama nazionale altri modelli sanitari e sociali rispetto a quelli disegnati dal Governo Berlusconi. Questo ci appare anche il modo migliore per contrastare la devolution proposta dal governo che diffonde un idea di regionalismo separatista e intende rompere quei principi cardine del federalismo solidale che hanno sempre costituito la base della politica della CGIL. Il modello gestionale della sanità Toscana, fino all approvazione del PSR 2003-2004 si basava sostanzialmente sulla L. 502, adeguando l assetto organizzativo al successivo Decreto Bindi (L. 229), con alcune peculiarità, la più importante delle quali era sicuramente il decentramento delle funzioni aziendali con la costituzione di un modello organizzativo intermedio tra l Azienda e il Distretto: la Zona.
La Zona, quale livello di programmazione, riuniva anche più distretti, aveva un responsabile e soprattutto una programmazione che si inseriva, contribuiva e diventava parte integrante di quella più generale di Azienda e coinvolgeva la Conferenza dei Sindaci della Zona stessa. Con il Piano Sanitario attualmente in vigore sono state introdotte importanti novità di tipo gestionale, anche se sotto forma di sperimentazione. Le principali finalità dichiarate sono riassumibili in: nuova programmazione attraverso l utilizzo del Piano Integrato di Salute; appropriatezza degli interventi, soprattutto sanitari; continuità del percorso assistenziale (in senso socio-sanitario); maggiore verifica e controllo dell utilizzo e della allocazione delle risorse per raggiungere una maggiore efficacia e possibilmente con un contenimento dei costi. Le vere e proprie novità dal punto di vista organizzativo e gestionale possono invece riassumersi in 5 punti: suddivisione della Toscana di tre Aree vaste (alle quali facevano capo le diverse Aziende Sanitarie ed Ospedaliere collocate nei rispettivi territori di riferimento) tre Consorzi di Area Vasta per le funzioni di supporto all attività sanitaria (acquisti, logistica, legale ) Zone-Distretto Società della Salute Sperimentazioni ex L. 229 A queste possiamo aggiungere una scelta rispetto ai rapporti con il Privato accreditato, di rapporto non più convenzionale, ma di tipo contrattuale, perciò non più legato ad un finanziamento costruito sulla spesa storica, ma dentro ad una logica di programmazione pubblica, vale a dire che il Pubblico definisce le prestazioni di cui ha bisogno e su quelle concorda con il Privato quantità e tipologia delle prestazioni sulla base delle quali sarà definita la relativa spesa. Un altra novità è costituita dal passaggio da un rapporto convenzionale alla costituzione di vere aziende miste tra Università e Ospedale. E quindi non tanto dagli atti e procedure previsti per i piani aziendali delle aziende miste ospedaliere, quanto dai contenuti e dagli obiettivi che questi si pongono: la costituzione di vere e proprie aziende uniche Università/Ospedale consentirà una diretta partecipazione del settore ospedaliero alla ricerca e didattica universitaria oltre alla costituzione di dipartimenti trasversali, con l individuazione di un unica responsabilità (Direttore Generale), al fine di poter garantire al meglio il massimo della continuità assistenziale,
prestazionale e terapeutica, in una visione unica (o meglio realmente integrata) fra attività istituzionali del Servizio Sanitario e quelle universitarie. Area Vasta La concertazione di Area vasta è il livello di programmazione strategico per una crescita equilibrata di un sistema a rete, finalizzato al perseguimento degli obiettivi del P.S.R. e quindi lo strumento per una programmazione delle attività dentro una logica di governo unitario dei percorsi assistenziali. Per dare piena operatività alla concertazione di area vasta sono costituiti: 1. i comitati di area vasta 2. i Coordinamenti di area vasta (composti dai presidenti delle Conferenze dei Sindaci delle Aziende Sanitarie di competenza che hanno il compito di esprimere il proprio parere sugli atti di concertazione aventi rilievo di programmazione regionale) fermo restando i compiti attribuiti alle Aziende Sanitarie in merito all attività di base, al fine di garantire la coerenza tra gli atti di programmazione regionale e le scelte Aziendali di sviluppo ed organizzazione dei servizi, la concertazione di area vasta deve in particolare definire e affrontare: le attività relative alle funzioni operative a carattere regionale e le attività specialistiche di alta complessità organizzativa le attività di base laddove possono verificarsi fenomeni di duplicazione delle prestazioni il potenziamento dei servizi dove sono necessari investimenti rilevanti implementazione di procedure innovative e avvio di attività che comportano l uso di nuove tecnologie o ad alto costo. E ovvio che a nostro avviso il risultato finale non dovrà prescindere da una maggiore qualificazione delle prestazioni, dal contenimento della mobilità sanitaria e da un pieno utilizzo in termini di area vasta delle professioni presenti. Un esempio per tutti: all interno di questi obiettivi la Regione toscana ha emanato una propri delibera che tra gli interventi sanitari strategici prevede l obiettivo del passaggio da 4,6 a 3,8 posti letto ogni 100 abitanti vede la nostra organizzazione d accordo nella misura in cui si realizza: coinvolgimento del sistema ospedaliero sviluppo della concertazione e contrattazione con le OO.SS. sia di area vasta che di singole aziende per garantire servizi che rispondano alle esigenze dei cittadini, ma anche per tutelare e valorizzare i lavoratori del settore che sono l elemento discriminante per una vera riorganizzazione di qualità
correlazione tra riorganizzazione ospedaliera e un piano di ampliamento e potenziamento di strutture alternative alla ospedalizzazione e di servizi domiciliari e residenziali sul territorio condizioni, queste, che riteniamo indispensabili per evitare che la riduzione dei posti letto si trasformi in una accentuazione di difficoltà dei malati e delle loro famiglie su cui verrebbero a scaricarsi la carenza di strutture e di programmi di assistenza domiciliare. Appare evidente che in virtù di tutto ciò la riorganizzazione degli ospedali deve essere vista non come mera riduzione di spesa, ma piuttosto di un ottica di recupero di risorse da indirizzare alla deospedalizzazione delle attività e una qualificazione delle strutture e dei servizi. Per le Aree Vaste possiamo dire che la nostra Organizzazione ha seguito e segue con molta attenzione le già avviate sperimentazioni nella convinzione che vi siano gli elementi utili e positivi per raggiungere effettivamente e gradualmente gli obiettivi concordati nel PSR. I confronti nel merito cominciano a dare qualche risultato di razionalizzazione nell utilizzo delle risorse. Ciò non vuol dire che non esistano elementi di criticità da non sottovalutare, primo fra tutti che l allocazione delle risorse e l individuazione delle funzioni e la loro collocazione all interno dell area vasta avvengano secondo criteri di efficacia per i cittadini e non di comodità professionale e/o geopolitica. Consorzi di Area Vasta Altra novità è la costituzione da parte delle Aziende Sanitarie e Ospedaliere di Consorzi di Area vasta (ad oggi Enti strumentali senza propria dotazione organica e quindi che operano con personale assegnato che mantiene rapporto di dipendenza con l azienda sanitaria), ai quali le stesse aziende possono attribuire (in termini graduali) proprie funzioni in particolare nell ambito delle attività di supporto tecnico-amministrativo con l obiettivo di una gestione più razionale dell insieme delle risorse. Per quanto riguarda la prima attività che le aziende sanitarie hanno delegato ai rispettivi Consorzi, gli approvvigionamenti gli obiettivi consistevano in: 1. aumentare il potere contrattuale 2. ridurre i prezzi di acquisto 3. centralizzare le funzioni di acquisto a livello di area vasta consentendo una riduzione dei costi 4. riduzione del numero di gare e relativi costi 5. avvio di un modello estendibile ad altre funzioni di supporto Dobbiamo dire che a questo fine i risultati in termini di utilizzo razionale delle risorse e di risparmi termini di acquisti sono ad oggi apprezzabili. Zona Distretto La Zona-distretto nelle previsioni programmatorie dovrebbe essere il livello di base dal quale parte sia la rilevazione della domanda e dei bisogni, che è il primo contatto con tutto il sistema sociosanitario.
È quindi l elemento cardine anche per il percorso assistenziale integrato, nonché il livello territoriale di sperimentazione della Società della Salute. Società della Salute, che al di là del nome, sarà un consorzio esclusivamente tra Enti Pubblici (Comuni e ASL). Società della Salute Rispetto alle Società della salute l ampio dibattito che si è sviluppato anche al nostro interno ormai negli ultimi due anni, ruota intorno alla esigenza di assunzione da parte di Comuni di un ruolo di programmazione e di corresponsabilità del governo della sanità attraverso il coinvolgimento delle comunità locali nei servizi sociali e sanitari territoriali. Fermo restando che le ASL e i Comuni sono e rimangono i soggetti che, con i loro atti, fanno la programmazione dei servizi, la SdS che si può costituire a livello di zona-distretto, dovrà, o dovrebbe, il condizionale è d obbligo, provvedere alla realizzazione una maggiore integrazione socio-sanitaria, maggiore qualità ed efficienza del servizio da parte dei soggetti erogatori, nonché razionalizzazione e governo della spesa. E la discussione sul regolamento per le SdS si è a lungo concentrata sui modelli organizzativi e sul nodo del rapporto tra il ruolo delle Aziende Sanitarie e quello dei Comuni nel governo dell assistenza sanitaria territoriale. La SdS, prevista dal PSR, sul quale si è sviluppato un ampio confronto con le OOSS, è regolata da un atto di indirizzo del Consiglio Regionale che ha introdotto delle novità, ma preferirei chiamarle ambiguità, rispetto a quanto invece concertato con la Giunta Regionale. La più rilevante di queste novità e criticità è la possibilità di richiedere la gestione diretta delle attività da parte della SdS stessa, anche durante la fase di sperimentazione prevista per la durata di due anni con il rischio attraverso l attribuzione di funzioni gestionali di andare ad una rottura del gestore unico e di fatto della continuità assistenziale tra ospedale e territorio. Su questo punto abbiamo espresso il nostro dissenso e continuiamo a farlo. Riteniamo che debbano essere promosse sperimentazioni di qualità con l obiettivo di affermare un ruolo diretto dei sindaci sulla programmazione e sul governo della spesa sanitaria territoriale, in particolare nella sua integrazione con la spesa sociale per l attuazione dei relativi interventi (per esempio, anziani, handicap, salute mentale, disabili.). Che la sperimentazione sia una vera sperimentazione, con una durata certa di almeno 2 anni, che tenga conto delle particolarità del territorio cui fa riferimento e che preveda verifiche periodiche. Contemporaneamente alla sperimentazione della SdS, che riguarderà solo una parte delle Zonedistretto, abbiamo rivendicato nei confronti della Regione l emanazione di direttive al fine di affermare in tutta la rete distrettuale un modello organizzativo omogeneo per le diverse situazioni presenti nella regione e che si definiscano le modalità con le quali la Conferenza zonale dei Sindaci assume gli atti deliberativi in merito ai piani territoriali di salute e le attività di integrazione socio-sanitaria (accordi di programma tra comuni e ASL, monitoraggio, ecc.).
Riteniamo quindi che rispetto alle SdS debba essere maturato il percorso individuato con la Giunta Regionale: 1. sperimentazione di due anni 2. attenta ed efficace verifica 3. apertura della concertazione per definire gli eventuali sviluppi delle SdS 4. rispetto delle norme e procedure di contrattazione e concertazione per quanto riguarda il personale. Questo strumento, la Società della salute, dovrebbe offrire delle opportunità per il miglioramento dei servizi, ma non è alieno da rischi. Il primo è che di fronte ad una maggiore integrazione socio-sanitaria territoriale si possa verificare un maggior scollamento tra territorio e ospedale. Naturalmente non esistono automatismi né in un senso né nell altro, crediamo che una vera e completa sperimentazione possa dare le corrette indicazioni per un organizzazione e per delle modalità operative che possano avere sbocchi positivi. A condizione che tutti si assumano non solo le rispettive responsabilità, ma che tutti si approccino al problema con una vera mentalità sperimentale: cioè la disponibilità alle eventuali e necessarie modifiche e cambiamenti anche profondi e radicali. Sulle sperimentazioni ex L. 229 il discorso è molto complicato ed esistono volontà e possibilità anche di segno diverso. Naturalmente si parla di sperimentazioni che possono prevedere forme di collaborazione anche societaria tra Pubblico e Privato. Alcune di piccole/medie dimensioni sono già in atto nel campo della riabilitazione (anche cardiologica) e bisognerà fare una verifica del loro funzionamento sia sotto il profilo della qualità/quantità dei servizi offerti, che dei costi/benefici. Altre sono in stato di studio da parte della Regione nel campo dell oculistica (e vi assicuro che le nostre perplessità non mancano) nonostante la prevista SpA sia per l 80% pubblica. Le perplessità a cui facevo riferimento si riferiscono: ad una totale assenza di verifica di sinergie tra le strutture pubbliche esistenti per una ottimizzazione dei servizi (a nostro parere possibile) e la criticità derivante dalla possibile cessione da parte delle aziende pubbliche sanitarie e ospedaliere di un intero ramo di attività quale quello dell oculistica. Elementi, questi, che hanno portato la nostra organizzazione ad esprimere profonde criticità.
Partendo poi dalla presenza in Toscana di un concentramento della attività privata prevalentemente nel capoluogo di Regione, costituita da micro aziende e da una crisi che caratterizza attualmente il settore (che in questi ultimi mesi si sta evidenziando con riassetti proprietari), la Regione ha avanzato una proposta, ancora in fase di studio per la possibilità di costituzione di società miste con l ingresso anche del pubblico in quote di attività che fino ad oggi erano svolte dal privato accreditato nell ambito della lungodegenza e della medicina/chirurgia. Anche in questo caso stiamo ponendo molta attenzione perché ad una intenzione iniziale positiva e condivisibile non si sostituisca, poi, un percorso inverso, vale a dire che parte di attività oggi gestite dal pubblico non possano confluire nelle costituende aziende miste. Personale Ultimo, ma non per importanza, vorrei porre l accento sul personale. Credo converremo che qualsiasi processo di riorganizzazione dei servizi sociali e sanitari, così come una maggiore qualità nelle prestazioni si realizza solo con una seria politica di valorizzazione del personale, risorsa fondamentale del sistema, che passa attraverso: 1. valutazione delle necessità di organico delle varie strutture garantendo gli standard necessari (per esempio superando le ormai note carenze di infermieri) 2. governo della flessibilità superando gli elementi di precarizzazione dei rapporti di lavoro, che nel frattempo si sono consolidati nella P.A., in modo da offrire maggiori garanzie sia ai lavoratori che alla qualità dei servizi svolti (tenendo conto della delicatezza dell utenza). Mi corre l obbligo di dire che abbiamo su questo punto già avviato un confronto con la Regione per riportare a legittimità le diverse tipologie di rapporto di lavoro attivate. 3. valorizzazione della formazione sia in fase di preparazione che durante lo svolgimento del servizio, magari con una maggiore integrazione tra i settori interessati per programmazione, programmi formativi e svolgimento dei tirocini. In questo senso occorrerà superare le difficoltà create dalla mancata attuazione dell art. 12 L. 328 per quanto attiene alla definizione dei profili professionali sociali omogenei su tutto il territorio nazionale e dalla riforma del titolo V che da alle regioni la potestà sulla formazione incentivando iniziative regionali difformi spesso anche superando il confronto con le organizzazioni sindacali. Le misure di carattere organizzativo, oltre alla definizione della rete ospedaliera che negli anni 90 ha consentito di passare da 90 presidi ospedalieri a circa 45, hanno consentito nella nostra regione di chiudere sostanzialmente i bilanci in pareggio negli anni passati, non introducendo (almeno fino al 2003) ticket aggiuntivi su farmaci e ricette e tasse regionali. Sicuramente il 2004 si prospetta con ulteriori criticità.
Il taglio dei trasferimenti e la non copertura finanziaria dei rinnovi contrattuali determineranno nel 2004 anche per la Toscana elementi di forte problematicità e di fronte alla attivazione dei più svariati interventi che ho appena descritto riteniamo che solo l adeguamento dei trasferimenti possa garantire e confermare l esperienza avviata fino ad oggi in maniera sostanzialmente positiva.