ORDINAMENTO GIUDIZIARIO-DISCIPLINA DEI MAGISTRATI LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONI UNITE CIVILI



Documenti analoghi
Cassazione: giusta causa di licenziamento per il furto in azienda anche se c'è assoluzione nel giudizio penale sentenza 802/2013 commento e testo

Corte di Cassazione penale: modificazione sostanziale di un impianto di verniciatura industriale

Corte di Cassazione - copia non ufficiale

Art. 54 decreto legge

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha DECISIONE

Sezione Lavoro. Sentenza n del 12 ottobre (Presidente S. Mattone Relatore V. Di Nubila)

Suprema Corte di Cassazione. sezione lavoro. sentenza 24 aprile 2014, n. 9301

Suprema Corte di Cassazione. sezione lavoro. sentenza 5 maggio 2014, n REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Anche il promotore finanziario è soggetto a fallimento Cassazione civile, sez. VI, ordinanza n commento e testo

Corte di Cassazione - copia non ufficiale

RISOLUZIONE N. 211/E

Corte di Cassazione - copia non ufficiale

SENTENZA N. 355 ANNO 2005

R E P U B B L I C A I T A L I A N A IN NOME DEL POPOLO ITALIANO. Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio. (Sezione Seconda Quater) SENTENZA

TRIBUNALE DI CATANIA COMPARSA DI COSTITUZIONE E RISPOSTA. Per: ***********************, rappresentato e difeso congiuntamente e

APPELLO CIVILE - APPELLABILITÀ - SENTENZE SECONDO EQUITÀ.

Corte di Cassazione - copia non ufficiale

RIFORMA DELLA LEGGE PINTO. Il DL n. 83/2012, c.d. decreto Sviluppo, convertito in legge n. 134/2012,

TRIBUNALE DI ROMA sezione lavoro REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

R E P U B B L I C A I T A L I A N A IN NOME DEL POPOLO ITALIANO. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna

Infiltrazioni di acqua dalla terrazza di copertura del fabbricato condominiale:

RISOLUZIONE N. 90 /E

contro nei confronti di

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna. (Sezione Prima)

presso gli uffici dell Avvocatura comunale, piazza Galileo n. 4;

«IL PROCESSO D APPELLO DINANZI ALLA COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE»

Il/la sottoscritto/a. nato/a a il. in qualità di (carica sociale) dell impresa ( denominazione e ragione sociale) DICHIARA

Corte di Cassazione - copia non ufficiale

IL CONSIGLIO COMUNALE

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Corte di Cassazione Sezione Lavoro civile

Indagini bancarie aperte a tutti.

CORTE DI CASSAZIONE SENTENZA N 5691

Corte di Cassazione - copia non ufficiale

UDIENZA SENTENZA N REG. GENERALE n.22624/08 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE QUARTA SEZIONE PENALE

COMUNE DI MARCIANA MARINA PROVINCIA DI LIVORNO Codice Fiscale

RISOLUZIONE N. 8/E. Con l interpello specificato in oggetto, concernente la rettifica di una dichiarazione di successione, è stato esposto il seguente

Il Tribunale di Udine, sezione civile, DECRETO

Corte di Cassazione - copia non ufficiale

Cassazione Penale, Sez. 4, 26 aprile 2011, n Delega di funzione ed autonoma capacità di spesa

Sentenza n del 27 settembre 2004.

ha pronunciato la presente

Commissione Tributaria Provinciale di Milano, Sez. 46, sent. n. Massima E illegittima l iscrizione a ruolo eseguita da un Ufficio

ha pronunciato la presente

per l'accertamento,con contestuale istanza cautelare,

IMMOBILE COMPRATO E RISTRUTTURATO IN COPPIA, MA LA CONVIVENZA SI CHIUDE: POSSIBILE IL RIMBORSO ALLA DONNA NON

TAR Sardegna: sentenza n 104 del 24/01/2005 L ordinanza per la rimozione dei rifiuti abbandonati non è di competenza del Sindaco ma del Dirigente

- Università degli studi di Cassino e del Lazio Meridionale ISSN:

ha pronunciato la presente

PROTOCOLLO DI INTESA RELATIVO AI RAPPORTI DI COLLABORAZIONE TRA L AUTORITÀ PER L ENERGIA ELETTRICA E IL GAS E LA GUARDIA DI FINANZA

SEZIONI UNITE CIVILI ORDINANZA. ZIERNHOLD CHRISTIAN, OCCELLO MASSIMO, elettivamente. domiciliati in ROMA, VIA PAOLO EMILIO 7, presso lo

CORTE DI CASSAZIONE SENTENZA N 2261

REPUBBLICA ITALIANA. Il Tribunale di Lecce, I sezione civile, in composizione monocratica in

Commissione Tributaria Provinciale di Enna sezione terza sent. n. 140 del 2010

Cassazione Penale, 28 luglio 2011, n Smaltimento di materiali tossici e mancanza di formazione professionale

TRIBUNALE DI UDINE. sezione civile

COMUNE DI SARTIRANA LOMELLINA (PV)

R E P U B B L I C A I T A L I A N A IN NOME DEL POPOLO ITALIANO. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia. (Sezione Quarta) SENTENZA

UDIENZA SENTENZA N REG. GENERALE n.26389/08 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Documento scaricato dal sito internet ENCI: 1

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato DECISIONE

LE NUOVE QUESTIONI SUL RIPARTO DELL ONERE DELLA PROVA

Deliberazione n. 140 /I C./2007

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia. (Sezione Quarta) ha pronunciato la presente

TRIBUNALE DI VICENZA UFFICIO (1) Istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato ex D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SECONDA SEZIONE CIVILE. Dott. MARIA ROSARIA SAN GIORGIO - Consigliere -

CONSIGLIO NAZIONALE ORDINE CONSULENTI DEL LAVORO

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia-Sezione di Lecce. Seconda Sezione SENTENZA

IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI PREMESSO:

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO. Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio. (Sezione Prima Quater) SENTENZA

T.A.R. Lombardia - Sezione III - Sentenza 31 luglio 2002, n REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Cartelle per posta: prova dell avvenuta notifica

Corte di Cassazione - copia non ufficiale

Il nuovo rito per i licenziamenti. Il novellato art. 18 S.L Mirco Minardi

Il responsabile della prevenzione della corruzione. Ai collaboratori del Consorzio Ai rappresentanti degli organi di indirizzo politico del Consorzio

FIPAV TRIBUNALE FEDERALE COMUNICATO N 42

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE III SEZIONE PENALE

I vizi lamentati per la loro classicità e molteplicità possono essere assunti ad un caso di scuola:

SENTENZA TAR VENETO-VENEZIA , N REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il sottoscritto C. F. Prov./Stato residente a CAP Prov./Stato Via/Piazza n. Tel. . Residente in

Corte di Cassazione - copia non ufficiale

domiciliata in ROMA, VIA BARNABA TORTOLINI 13, presso l'avvocato

Il rapporto di lavoro dipendente non si dimostra con fax e cellulare (Cassazione sez. VI civile, Sentenza 30 luglio 2012 n ) commento e testo

Casi Transfrontalieri Il Diritto Penale Europeo per gli avvocati difensori. Avv. Vania Cirese.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

OGGETTO: Movimentazioni bancarie non giustificate

Trasmesso dal Presidente della Camera dei deputati alla Presidenza il 18 ottobre 2013

Con una pronuncia resa dalla sezione lavoro il 25 ottobre 2011, la Corte di Cassazione

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato DECISIONE

Redazione a cura della Commissione Comunicazione del CPO di Napoli

Nota a Cassazione, sez. lavoro, n del 5 maggio 2011 Pres. Lamorgese; Rel. Stile; LA GENERICA MOTIVAZIONE DEL RECESSO EQUIVALE ALLA MATERIALE

10. LICENZIAMENTI INDIVIDUALI di Mauro Soldera

COMUNE DI SENIGALLIA

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE I SENTENZA 13 GENNAIO 2014, N.

Modifica delle condizioni stabilite nella sentenza di divorzio La modifica decorre dal momento della proposizione della domanda

(Giudice di Pace di Palermo, Dr.ssa Mantegna, sentenza n. 3209/12 parti : S.M. c/ Italiana Assicurazioni S.p.A.).

ORDINE DEGLI AVVOCATI DI CAMPOBASSO REGOLAMENTO UNICO. per la Pratica Forense e l esercizio del Patrocinio. Titolo I. La Pratica Forense.

HOME REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana. (Sezione Seconda) SENTENZA.

CONSIGLIO DELL ORDINE DEGLI AVVOCATI DI BRESCIA

Transcript:

ORDINAMENTO GIUDIZIARIO-DISCIPLINA DEI MAGISTRATI CASS. CIV., SEZ. UN, 24 FEBBRAIO 2014, N. 4323. È disciplinarmente sanzionabile il comportamento attuato dal magistrato che, ponendo in essere un illecito disciplinare ex artt. 1, comma 1, e 2, comma 1, lettera q), del d.lg. 23 febbraio 2006, n. 109, manchi ai propri doveri di diligenza e di laboriosità, ritardando in modo reiterato, grave e ingiustificato il compimento di atti relativi all'esercizio delle proprie funzioni (nella specie il magistrato aveva ritardato oltre il termine di legge il deposito di determinate sentenze civili). LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONI UNITE CIVILI Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. ROVELLI Luigi Antonio - Primo Presidente f.f. - Dott. TRIOLA Roberto Michele - Presidente Sez. - Dott. RORDORF Renato - Presidente Sez. - Dott. MASSERA Maurizio - Consigliere - Dott. SEGRETO Antonio - Consigliere - Dott. SALVAGO Salvatore - Consigliere - Dott. AMATUCCI Alfonso - Consigliere - Dott. DI PALMA Salvatore - rel. Consigliere - Dott. MACIOCE Luigi - Consigliere - ha pronunciato la seguente: sentenza sul ricorso 12100/2013 proposto da: V.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GERMANICO 109, presso lo studio dell'avvocato SEBASTIO GIOVANNA, rappresentato e difeso dall'avvocato SEBASTIO ATTILIO, per delega in calce al ricorso; - ricorrente - contro MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, PROCURATORE GENERALE DELLA REPUBBLICA PRESSO LA CORTE DI CASSAZIONE; - intimati 1

avverso la sentenza n. 44/2013 del CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA, depositata il 18/03/2013; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 08/10/2013 dal Consigliere Dott. SALVATORE DI PALMA; udito l'avvocato Giovanna SEBASTIO; udito il P.M. in persona dell'avvocato Generale Dott. CICCOLO Pasquale Paolo Maria, che ha concluso per il rigetto del ricorso. FATTO SVOLGIMENTO DEL PROCESSO 1. - Il magistrato dr. V.P., con ricorso del 24 marzo - 2 aprile 2013, ha impugnato per cassazione - deducendo quattro motivi di censura -, nei confronti del Ministro della giustizia e del Procuratore generale presso la Corte di cassazione, la sentenza della Sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura n. 44/2013 del 7 febbraio - 18 marzo 2013, con la quale la Sezione disciplinare, pronunciando sull'azione disciplinare promossa dal Procuratore generale presso la Corte di cassazione nei confronti del dr. V., incolpato dell'illecito disciplinare di cui al D.Lgs. 23 febbraio 2006, n. 109, art. 1, comma 1, e art. 2, comma 1, lett. q), sulle conclusioni del Procuratore generale - il quale aveva chiesto la condanna dell'incolpato alla sanzione della perdita di anzianità di sei mesi - e del difensore dell'incolpato - il quale aveva chiesto l'assoluzione per insussistenza dell'addebito in riferimento ai ritardi relativi all'anno 2008 e l'assoluzione per scarsa rilevanza del fatto, ai sensi del D.Lgs. n. 109 del 2006, art. 3 bis, in riferimento ai ritardi relativi all'anno 2009 -, ha dichiarato il dr. V. responsabile della violazione ascrittagli, infliggendogli la sanzione disciplinare della perdita di anzianità di un anno. 1.1. - Il Ministro della giustizia, benchè ritualmente intimato, non si è costituito nè ha svolto attività difensiva. 1.2. - Il Procuratore generale ha concluso per il rigetto del ricorso. 2. - Il capo di incolpazione addebitato al dr. V., di cui alla citata sentenza n. 44/2013 della Sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura, è così formulato: "... incolpato dell'illecito disciplinare di cui al D.Lgs. 23 febbraio 2006, n. 109, art. 1, comma 1, e art. 2, comma 1, lett. q), per avere, mancando ai propri doveri di diligenza e di laboriosità, ritardato in modo reiterato, grave e ingiustificato il compimento di atti relativi all'esercizio delle proprie funzioni di giudice del Tribunale di Taranto, addetto al settore civile. In particolare il Dott. V. ritardava oltre il termine di legge il deposito delle seguenti sentenze civili... Notizia circostanziata dei fatti acquisita: per i ritardi verificatisi nell'anno 2009 il 6 ottobre 2011; per quelli verificatisi nell'anno 2008 l'11 gennaio 2011". In particolare, il capo di incolpazione precisa che, relativamente ai ritardi dell'anno 2008, le minute di cinque sentenze risultano depositate con ritardi di 72, 55, 45, 44 e 1.038 giorni oltre i sessanta giorni; relativamente ai ritardi dell'anno 2009, le minute di sette sentenze 2

risultano depositate con ritardi di oltre un anno e sei mesi (2), di oltre due anni (1), di oltre due anni e sei mesi (3), di oltre quattro anni (1). 2.1. - In particolare - e per quanto in questa sede ancora rileva -, la Sezione disciplinare: a) quanto alla richiesta di sospensione del procedimento disciplinare in attesa della definizione del procedimento penale promosso nei confronti dell'incolpato per il delitto di concorso continuato in falso in atto pubblico - "per aver alterato, in concorso con un funzionario di cancelleria, la data di deposito delle minute delle ultime sette sentenze indicate nel capo di incolpazione, riportando sui relativi fascicoli una data anteriore a quella di deposito annotata nell'archivio informatico del registro in uso presso il Tribunale civile di Taranto" -, ha escluso il carattere pregiudiziale di tale procedimento penale, relativamente al quale è stato emesso l'avviso di conclusione delle indagini in data 20 dicembre 2011, osservando che il capo di incolpazione del procedimento disciplinare non comprende l'addebito penale, sicchè "all'accertamento del fatto costituente illecito disciplinare non è pregiudiziale l'esito del procedimento penale, a nulla rilevando che il falso sia stato contestato, tra l'altro, anche con riferimento alla modifica della data di deposito di alcune sentenze indicate nel capo di incolpazione. Infatti, pur dovendosi ritenere l'astratta possibilità della sospensione del procedimento disciplinare in attesa della definizione del giudizio penale nel caso di perfetta coincidenza dei fatti materiali..., nella fattispecie in esame tale possibilità è esclusa dall'assenza di identità dei fatti dedotti nei due procedimenti pendenti nei confronti dell'incolpato"; b) quanto all'eccezione di decadenza dalla promozione dell'azione disciplinare, ha osservato: "... come emerge dagli atti (f. 1), il Procuratore generale ha avuto notizia circostanziata dei ritardi maturati tra il dicembre 2008 e il marzo 2009 soltanto il 6 ottobre 2010 (e non il 6/10/2011 come, per un evidente errore materiale di battitura, è stato indicato nel capo di incolpazione). Ne consegue che, per l'illecito disciplinare costituito dal ritardo nel deposito di detti provvedimenti, l'azione disciplinare è stata proposta tempestivamente in data 6 ottobre 2011, entro il termine previsto dal D.Lgs. n. 109 del 2006, art. 15, comma 1"; c) quanto ad alcune delle giustificazioni dei ritardi contestati, addotte dal dr. V., ha, tra l'altro, affermato: "Quanto, poi, al dedotto gravoso impegno lavorativo, va osservato che non è stata offerta alcuna indicazione dalla quale poter ricavare il carattere di straordinarietà del lavoro espletato negli anni in esame. Nè vi sono elementi da quali desumere il carattere elevato del carico di lavoro del Dott. V.. Da un lato, infatti, non v'è prova che l'incolpato abbia sostenuto carichi di lavoro sensibilmente maggiori rispetto a quelli riservati ad altri colleghi del Tribunale di Taranto e, per altro verso, non sembra che i numeri affrontati fossero assolutamente non gestibili, come peraltro è dimostrato dal fatto che non risulta che nello stesso periodo altri giudici addetti al medesimo ufficio abbiano raggiunto livelli di ritardo quali quelli ascritti all'incolpato. Tale ultima circostanza induce dunque a ritenere che la causa di quei ritardi debba essere ricercata soprattutto nell'adozione, da parte del Dott. V., di criteri di organizzazione del proprio lavoro del tutto inadeguati alle esigenze del ruolo affidatogli, tanto da determinare, per un rilevante numero di cause, il decorso di un lasso di tempo oggettivamente intollerabile tra la scadenza dei termini di legge e il deposito dei 3

provvedimenti. A ciò va aggiunto che le statistiche annuali in atti non appaiono neppure indicative di un particolare rendimento dell'incolpato, il quale nel periodo in esame ha raggiunto un livello di produttività che non si discosta in modo significativo da quello conseguito da altri colleghi dell'ufficio"; d) quanto alla determinazione della sanzione per l'illecito disciplinare contestato e riconosciuto, ha affermato: "La gravità del fatto ascritto al Dott. V., l'esistenza di una precedente condanna riportata dal predetto magistrato per condotte analoghe, di per sè indicativa del fatto che quel precedente non ha avuto alcuna efficacia emendativa nei suoi confronti, e l'attuale pendenza di altri procedimenti, penali e disciplinari, nei confronti dell'incolpato, che hanno determinato l'adozione, in data 23 marzo 2012, di una misura cautelare, inducono ad applicare, in coerenza al generale principio di cui all'art. 133 c.p., la sanzione della perdita di anzianità nella misura di anni uno". DIRITTO MOTIVI DELLA DECISIONE 1. - Con il primo motivo (con cui deduce: "Violazione dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b, c ed e, in relazione: alla corretta applicazione del D.Lgs. 23 febbraio 2006, n. 109, art. 15; violazione dell'art. 111, 2 comma, della Costituzione"), il ricorrente critica la sentenza impugnata (cfr., supra, Svolgimento del processo, n. 2.1., lett. b), sostenendo che i Giudici a quibus: a) non hanno considerato che non v'è la prova che la notizia circostanziata dell'illecito disciplinare in questione - trasmessa da Lecce con raccomandata del 27 settembre 2010 - sia stata acquisita dal Procuratore generale in data 6 ottobre 2010, tale data risultando soltanto da una stampigliatura senza sottoscrizione apposta sul fascicolo dello stesso Procuratore generale; b) così facendo hanno violato le regole di diritto circa la formazione, la valutazione e l'onere della prova di cui all'art. 111 Cost., comma 2, nella parte in cui stabilisce che il processo si svolge in condizione di parità delle parti, con l'ovvia conseguenza che nessuna delle parti, nemmeno quella pubblica, può attestare alcunchè, al di fuori dei meccanismi di prova apprestati dalla legge; c) hanno omesso di considerare che la tempestività della promozione dell'azione disciplinare, essendo una condizione dell'azione, deve essere provata dall'autorità che la promuove con mezzi idonei, vale a dire con la registrazione della notizia in un registro pubblico, cartaceo od informatico, e con l'attribuzione alla stessa di un numero di protocollo. Con il secondo motivo (con cui deduce: "Violazione dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b, c ed e, in relazione alla corretta applicazione del D.Lgs. 23 febbraio 2006, n. 109, art. 12, commi 1 e 2, e art. 5, comma 2, con riferimento all'adeguatezza della sanzione irrogata"), il ricorrente critica la sentenza impugnata (cfr., supra, Svolgimento del processo, n. 2.1., lettera d), sostenendo che i Giudici a quibus hanno irrogato la sanzione della perdita di anzianità al di fuori delle ipotesi previste dal D.Lgs. n. 109 del 2006, art. 12, ipotesi del tutto estranee alla fattispecie disciplinare contestata ed accertata, ed inoltre hanno giustificato 4

l'applicazione di detta sanzione con riferimento a procedimenti disciplinari, diversi da quello de quo, e penali per di più non ancora definiti. Con il terzo motivo (con cui deduce: "Violazione dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b, c ed e, in relazione alla congruità della motivazione, illogica ed insufficiente, ed all'esame di documenti decisivi, nonchè alla corretta valutazione della prova") il ricorrente critica la sentenza impugnata (cfr., supra, Svolgimento del processo, n. 2.1., lett. c), sotto il profilo dei vizi di motivazione, sostenendo che i Giudici a quibus hanno erroneamente valutato la laboriosità dell'incolpato omettendo, in particolare, di considerare sia che l'incolpato, nel periodo considerato, aveva introitato il maggior numero di sentenze rispetto ad ogni altro collega dello stesso ufficio giudiziario, come risulta dalle tabelle allegate al ricorso, sia che lo stesso, cessate le funzioni di giudice delegato al fallimento, non era più incorso in ritardi. Con il quarto motivo (con cui deduce: "Violazione dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b, c ed e, in relazione alla corretta applicazione dell'art. 295 c.p.c."), il ricorrente critica la sentenza impugnata (cfr., supra, Svolgimento del processo, n. 2.1., lett. a), sostenendo che i Giudici a quibus hanno omesso di considerare che, anche ad ammettere che rilevante ai fini della tempestività del deposito della minuta sia il deposito di quella "definitiva" e non di quella "provvisoria", tuttavia "ai fini della misura della sanzione da infliggere, la cosa aveva sicura rilevanza; perchè non è la stessa cosa tralasciare il lavoro circa le questioni sottoposte, ovvero lavorarci sopra, ed eccedere i termini, per eccesso di scrupolo, non di pigrizia". 2. - Il ricorso non merita accoglimento. 2.1. - Il primo motivo è infondato. E' noto che, secondo il D.Lgs. n. 109 del 2006, art. 15, comma 1, primo periodo, "L'azione disciplinare è promossa entro un anno dalla notizia del fatto, della quale il Procuratore generale presso la Corte di cassazione ha conoscenza a seguito dell'espletamento di sommarie indagini preliminari o di denuncia circostanziata o di segnalazione del Ministro della giustizia". Come già rilevato, la Sezione disciplinare ha respinto l'eccezione di decadenza del Procuratore generale presso la Corte di cassazione dal potere di promuovere l'azione disciplinare, affermando che, "... come emerge dagli atti (f. 1), il Procuratore generale ha avuto notizia circostanziata dei ritardi maturati tra il dicembre 2008 e il marzo 2009 soltanto il 6 ottobre 2010 (e non il 6/10/2011 come, per un evidente errore materiale di battitura, è stato indicato nel capo di incolpazione). Ne consegue che, per l'illecito disciplinare costituito dal ritardo nel deposito di detti provvedimenti, l'azione disciplinare è stata proposta tempestivamente in data 6 ottobre 2011, entro il termine previsto dal D.Lgs. n. 109 del 2006, art. 15, comma 1". Con il motivo in esame, il ricorrente sostiene che i Giudici disciplinari hanno omesso di considerare, da un lato, che non v'è la prova che la notizia circostanziata dell'illecito disciplinare in questione - trasmessa dal Presidente della Corte d'appello di Lecce (anche) al Procuratore generale presso la Corte di Cassazione con lettera raccomandata del 27 settembre 2010 - sia stata acquisita dal Procuratore generale in data 6 ottobre 2010, tale data 5

risultando soltanto da una stampigliatura senza sottoscrizione apposta sul fascicolo dello stesso Procuratore generale, dall'altro, che la tempestività della promozione dell'azione disciplinare, essendo una condizione dell'azione, deve essere provata dall'autorità che la promuove con mezzi idonei, vale a dire con la registrazione della notizia in un registro pubblico, cartaceo od informatico, e con l'attribuzione alla stessa di un numero di protocollo. Nella specie, dall'esame diretto degli atti - consentito a questa Corte dalla natura del vizio denunciato che, ove accertato, comporterebbe la nullità del procedimento disciplinare e, conseguentemente per derivazione, dello stesso processo disciplinare e della sentenza impugnata - risulta che, all'estremo superiore destro della menzionata raccomandata del Presidente della Corte d'appello di Lecce in data 27 settembre 2010, è presente un "adesivo" del seguente testuale tenore: "Ministero della Giustizia - Procura Generale della Repubblica Presso la Corte Suprema di Cassazione ROMA - ENTRATA - 06/10/2010 09:14-0017911". Orbene - tenuto conto che il predetto "adesivo" è incontestatamente proveniente dall'ufficio del Procuratore generale presso la Corte di cassazione, come emerge dalla riprodotta intestazione -, l'applicazione del principio di legalità, che deve informare lo svolgimento dell'azione amministrativa, da fondamento ad una presunzione semplice circa la veridicità delle circostanze ivi indicate, in particolare della data e dell'ora di ricezione della predetta lettera raccomandata da parte dell'ufficio del Procuratore generale presso la Corte di cassazione, con la conseguenza che, diversamente da quanto sostenuto dal ricorrente, è proprio colui che contesta la veridicità di tali circostanze ad essere onerato della prova - anche presuntiva - contraria; ciò, senza contare - sempre in via presuntiva, in assenza di prova contraria - sia che il numero finale ("0017911") di detto "adesivo" richiama all'evidenza il numero attribuito alla stessa lettera raccomandata nella data medesima al momento della sua protocollatura, sia che la data della sua ricezione, 6 ottobre 2010, è ragionevolmente congruo rispetto al tempo trascorso dalla data della sua redazione, 27 settembre 2010. 2.2. - Anche il secondo motivo è infondato. La piana lettura della motivazione adottata dalla Sezione disciplinare, quanto alla determinazione della sanzione per l'illecito disciplinare contestato e riconosciuto, consente di affermare che la stessa si basa su distinte ed autonome ragioni ("La gravità del fatto ascritto al Dott. V., l'esistenza di una precedente condanna riportata dal predetto magistrato per condotte analoghe, di per sè indicativa del fatto che quel precedente non ha avuto alcuna efficacia emendativa nei suoi confronti, e l'attuale pendenza di altri procedimenti, penali e disciplinari... inducono ad applicare, in coerenza al generale principio di cui all'art. 133 c.p., la sanzione della perdita di anzianità nella misura di anni uno"), sicchè - ove anche, per mera ipotesi, si accedesse al rilievo del ricorrente, di illegittimità del riferimento a procedimenti disciplinari, diversi da quello de quo, e penali, tutti per di più non ancora definiti - la determinazione della sanzione risulterebbe pur sempre adeguatamente sorretta dalle affermate gravità dell'illecito accertato ed esistenza di una precedente condanna 6

disciplinare per condotte analoghe. Ciò, senza contare che la scelta della sanzione da irrogare spetta - in mancanza di contrarie previsioni di legge ed in applicazione analogica (analogia juris) del principio desumibile dagli artt. 132 e 133 c.p. - al potere discrezionale della Sezione disciplinare del C.S.M., la quale deve indicare i motivi della scelta compiuta, relativamente, in particolare, alla gravità dell'illecito ed alla capacità o meno dell'incolpato di commetterne altri, come puntualmente motivato nella specie dai Giudici a quibus, in applicazione del D.Lgs. n. 109 del 2006, art. 12, comma 1, lett. g), (cfr., ex plurimis, la sentenza n. 2336 del 1989). 2.3. - Il terzo ed il quarto motivo sono inammissibili. In particolare, il terzo, perchè le censure sono in parte irrilevanti ed in parte generiche. Infatti - a fronte di una motivazione ampia, puntuale e corretta sul piano logico - giuridico, quanto ad alcune delle giustificazioni dei ritardi contestati, addotte dal dr. V., (cfr., supra, Svolgimento del processo, n. 2.1., lettera c) -, il ricorrente si limita a dedurre che i Giudici a quibus hanno erroneamente valutato la laboriosità dell'incolpato omettendo, in particolare, di considerare sia che l'incolpato, nel periodo considerato, aveva introitato il maggior numero di sentenze rispetto ad ogni altro collega dello stesso ufficio giudiziario, come risulta dalle tabelle allegate al ricorso, sia che lo stesso, cessate le funzioni di giudice delegato al fallimento, non era più incorso in ritardi. Tale ultima deduzione è palesemente irrilevante, riferendosi ad un (soltanto) addotto (peraltro doveroso) comportamento del magistrato, rispettoso dei termini di deposito dei provvedimenti, successivo ai periodi considerati dall'illecito disciplinare contestato. L'altra deduzione è palesemente generica, in quanto il ricorrente - alla motivazione, secondo cui "... Da un iato... non v'è prova che l'incolpato abbia sostenuto carichi di lavoro sensibilmente maggiori rispetto a quelli riservati ad altri colleghi del Tribunale di Taranto e, per altro verso, non sembra che i numeri affrontati fossero assolutamente non gestibili, come peraltro è dimostrato dal fatto che non risulta che nello stesso periodo altri giudici addetti al medesimo ufficio abbiano raggiunto livelli di ritardo quali quelli ascritti all'incolpato..." - si limita a contrapporre valutazioni contrarie, senza peraltro specificare adeguatamente gli elementi che fonderebbero i suoi dedotti maggiori carichi di lavoro e la sua maggiore laboriosità in comparazione con gli altri colleghi del Tribunale di Taranto. Anche il quarto motivo è inammissibile, perchè la censura non investe la vera ratio decidendi della sentenza impugnata. Infatti, la Sezione disciplinare, quanto alla richiesta di sospensione del procedimento disciplinare in attesa della definizione del procedimento penale promosso nei confronti dell'incolpato per il delitto di concorso continuato in falso in atto pubblico - "per aver alterato, in concorso con un funzionario di cancelleria, la data di deposito delle minute delle ultime sette sentenze indicate nel capo di incolpazione, riportando sui relativi fascicoli una data anteriore a quella di deposito annotata nell'archivio informatico del registro in uso presso il Tribunale civile di Taranto" -, ha escluso il carattere pregiudiziale di tale procedimento penale, osservando che il capo di incolpazione del procedimento disciplinare non comprende l'addebito penale, sicchè, "pur dovendosi ritenere l'astratta possibilità della 7

sospensione del procedimento disciplinare in attesa della definizione del giudizio penale nel caso di perfetta coincidenza dei fatti materiali..., nella fattispecie in esame tale possibilità è esclusa dall'assenza di identità dei fatti dedotti nei due procedimenti pendenti nei confronti dell'incolpato". A prescindere da altre pur possibili considerazioni conducenti anch'esse ad un esito sfavorevole al ricorrente, la piana lettura del motivo in esame consente di escludere che le censure ivi mosse investano l'esclusione della pregiudizialità di detto procedimento penale in ragione della "assenza di identità dei fatti dedotti nei due procedimenti pendenti nei confronti dell'incolpato" rispetto ai fatti dedotti nel procedimento disciplinare. 3. - Nessuna pronuncia va emessa in ordine alle spese del giudizio, in quanto il Ministro della giustizia non si è costituito nè ha svolto difese. Risultando dagli atti che il procedimento in esame è esente dal pagamento del contributo unificato, non si deve far luogo alla dichiarazione di cui all'art. 13, comma 1 quater, del testo unico approvato con il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge di stabilità 2013). P.Q.M. Rigetta il ricorso. Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio delle Sezioni Unite Civili, il 8 ottobre 2013. Depositato in Cancelleria il 24 febbraio 2014. 8