BONIFICA DEI SITI CONTAMINATI



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1 BONIFICA DEI SITI CONTAMINATI

1.1. INTRODUZIONE L inquinamento del suolo può essere associato alla presenza di sostanze in grado di indurre una tossicità potenziale nei confronti delle biocenosi (tossici ambientali) ovvero di modificare le caratteristiche proprie dell ambiente abiotico. Tuttavia, a dispetto dell apparente semplicità nella definizione di suolo contaminato si pongono delle serie difficoltà nella sua valutazione quantitativa finalizzata, ad esempio, alla progettazione di interventi di risanamento. Tali difficoltà sono innanzitutto legate al fatto che nel suolo coesistono diverse matrici ambientali (fase solida, liquida ed aeriforme), nelle quali gli inquinanti possono concentrarsi e tra le quali possono ripartirsi. Con riferimento alla presenza di tossici ambientali, il principio alla base della definizione quantitativa della contaminazione si basa, generalmente, sul concetto di concentrazione limite (CL) o soglia, definita come quel valore al di sotto del quale non si osservano effetti tossicologicamente rilevanti. Da un punto di vista operativo la procedura che porta alla valutazione della presenza di contaminazione può essere schematizzata nei seguenti step: identificazione di una lista di sostanze considerate tossici ambientali (n); definizione dei valori di concentrazione limite CL i,j per ciascuna delle sostanze considerate (i=1,n) e per ciascuna fase del suolo (j=1,2,3) sulla base delle informazioni tossicologiche disponibili. Il valore di CL può essere determinato in forma assoluta, ovvero essere calcolato a partire da valori di riferimento assoluti in funzione delle specifiche caratteristiche di un sito o della matrice di suolo, mediante procedure di analisi di rischio; determinazione o stima dell effettiva concentrazione presente in ciascuna delle matrici ambientali (C i,j ); individuazione di un criterio di valutazione: tale criterio può essere rappresentato dal confronto per ciascuna delle sostanze con il rispettivo valore soglia (C i,j <CL i,j ), o sull aggregazione dei valori misurati in opportuni indici I k =f(c i,j ) che tengano conto degli effetti legati all interazione fra tossici (sinergismo, antagonismo). Nel primo caso il superamento della soglia di concentrazione per anche una sola delle sostanze considerate in almeno una delle matrici ambientali può essere assunto come sintomo della presenza di inquinamento, mentre nel secondo i criteri di valutazione risultano di più complessa determinazione. E opportuno sottolineare che in alcuni casi, per talune sostanze, è possibile riscontrare la presenza in condizioni naturali (assenza di apporti antropici) di concentrazioni superiori ai corrispondenti valori di CL, calcolati sulla base di considerazioni di natura tossicologica. Tali 1.1

concentrazioni, dette di fondo, devono essere debitamente tenute in considerazione nella fase di valutazione dello stato di contaminazione di un suolo. 1.2. STANDARD DI QUALITA DEI SUOLI Le normative relative alla bonifica dei siti contaminati contengono generalmente indicazioni relativamente all individuazione degli standard di qualità dei suoli. I criteri di definizione degli standard di qualità dei suoli partono dall elaborazione dei criteri di screening per la valutazione dello stato di contaminazione di un suolo e dei criteri sito-specifici per la determinazione degli obiettivi del risanamento in base alla destinazione d uso. La definizione degli standard di qualità dei suoli non è solo un problema normativo, ma soprattutto di tipo scientifico e tecnico-operativo. La definizione di standard di qualità dei suoli per una data sostanza S è l individuazione di un valore di concentrazione C S della sostanza in esame, che determina un rischio ritenuto accettabile per la salute umana, considerate le possibili vie di esposizione e i percorsi di contaminazione delle diverse matrici ambientali. Estendendo il riferimento ad un accezione non solo sanitaria, ma ecologica, gli standard di qualità dei suoli rappresentano le concentrazioni che non arrecano danni ai comparti ambientali connessi con il suolo. Esistono tre diversi tipi di approccio nella definizione degli standard di qualità dei suoli: concentrazione di background; concentrazione limite; analisi del rischio. Il criterio adottato dal D.M. 471/99 è il criterio della concentrazione limite, che nasce come un semplice metodo per definire la qualità di un suolo. Esso consiste nel fissare dei limiti di concentrazione per i contaminanti (concentrazione limite accettabile), con i quali confrontare i risultati dei campionamenti eseguiti in un sito e valutare, in tal modo, se il sito è definibile come contaminato. Il D.M. 471/99 considera una coincidenza tra concentrazione massima accettabile nel suolo (C nb ), valore soglia oltre il quale è necessario avviare un azione di bonifica, e concentrazione residua nel suolo (C ob ), obiettivo di bonifica come mostrato in Figura 1.1; inoltre i valori limite vengono definiti in maniera dipendente dall uso del suolo attuale o previsto nel futuro (verde pubblico, residenziale, industriale),. L approccio del D.M. 471/99 è definito anche approccio ad un livello, in quanto le concentrazioni limite C nb e C ob risultano coincidenti. 1.2

C ob = C nb Figura 1.1 Criterio della concentrazione limite C m concentrazione misurata nel sito Concentrazione della sostanza S La nuova legislazione (D.Lgs. 152/2006) riporta, rispetto al D.M. 471/99, due soglie: la concentrazione soglia di contaminazione (CSC) e la concentrazione soglia di rischio (CSR). I valori di CSC rappresentano le concentrazioni al di sopra delle quali è necessario effettuare la caratterizzazione e l analisi del rischio sito specifica: sono pertanto valori di attenzione, che conferiscono al sito lo stato di sito potenzialmente inquinato. I valori di CSR rappresentano, invece, le concentrazioni di accettabilità per un sito: per concentrazioni al di sopra di CSR un sito viene definito contaminato e si deve dunque procedere ad interventi di bonifica e/o messa in sicurezza *. Ne deriva che le attività di bonifica devono essere impostate in modo da riportare le concentrazioni C nb riscontrate nel sito, qualora siano superiori a CSR, a livelli inferiori a CSR (Figura 1.2). C ob CSR C nb CSC C nb Concentrazione della sostanza S Figura 1.2 Criterio della concentrazione soglia di concentrazione e della concentrazione soglia di rischio Sulla base di tali considerazioni, un sito si definisce contaminato o potenzialmente contaminato nel caso in cui le concentrazioni del contaminante in esame siano superiori rispettivamente alle CSR e alle CSC. Un sito non è contaminato in uno dei seguenti casi: la concentrazione del contaminante in esame risulta minore delle CSC; la concentrazione del contaminante in esame è maggiore delle CSC, ma inferiore alle CSR. * Bonifica: interventi atti ad eliminare le fonti di inquinamento e le sostanze inquinanti o a ridurre le concentrazioni a valori minori o uguali a CSR Messa in sicurezza di emergenza: interventi immediati o a breve termine da mettere in opera in condizioni di emergenza per contenere la diffusione delle sorgenti di contaminazione, impedirne il contatto con altre matrici ambientali e a rimuoverle in attesa di altri interventi. Messa in sicurezza operativa: interventi eseguiti in un sito con attività in esercizio atti a garantire un adeguato livello di sicurezza per le persone e per l ambiente in attesa di ulteriori interventi di messa in sicurezza permanente o di bonifica da realizzarsi alla cessazione dell attività. Messa in sicurezza permanente: interventi atti a isolare in modo definitivo le fonti inquinanti rispetto alle matrici ambientali circostanti e a garantire un elevato e definitivo livello di sicurezza per le persone e per l ambiente. 1.3

1.3. ANALISI DEL RISCHIO Il tema degli standard di qualità dei suoli non è slegato dalla veste che l analisi del rischio assume all interno della normativa. Infatti, se gli standard di qualità sono definiti mediante un approccio realmente derivato dall analisi del rischio, quest ultima diviene lo strumento tecnico-scientifico capace di individuare le concentrazioni residuali tali da non arrecare danno a bersagli umani. Il rischio è la probabilità (o frequenza) di accadimento di una certa magnitudo di effetti non desiderati su organismi viventi, fruizione di beni naturali e tenore di vita della popolazione umana. Esso viene espresso mediante la seguente relazione: R = P M 1.1 dove R è il rischio (numero di effetti indesiderati esposti -1 anno -1 ), P è la probabilità di accadimento dell evento (numero di eventi esposti -1 anno -1 ) ed M è la magnitudo (numero di effetti indesiderati evento -1 ) o danno. Nel caso in cui le conseguenze indesiderate di un evento non risultino quantificabili (morte o cancro) il rischio è dato semplicemente dalla probabilità di accadimento del danno. Il rischio può essere: di background: esprime il rischio a cui è esposta la popolazione in assenza di cause specifiche; incrementale: determinato specificatamente da una fonte; totale: pari alla somma del rischio di background e del rischio incrementale. I termine pericolo è spesso erroneamente confuso con il rischio, nonostante sia un termine descrittivo, riferito all intrinseca capacità di un inquinante, che rappresenta dunque fonte potenziale di rischio, di causare danno. Il pericolo rappresentato da un inquinante è funzione di alcune variabili come la sua tossicità, mobilità, persistenza, ecc. Il rilascio o la eventualità di rilascio di un inquinante rappresenta dunque un pericolo, cioè è fonte di rischio; tuttavia, la presenza di un inquinante non costituisce un rischio senza che ci sia esposizione o la possibilità per un esposizione futura. La procedura di analisi di rischio si pone come obiettivo quello di gestire il rischio individuato, al fine di limitare, ridurre o addirittura eliminare il problema presente. Una volta identificate le azioni atte a gestire il rischio, la procedura di analisi di rischio è iterativa, consentendo così di verificare in via previsionale le decisioni da intraprendere o di valutare in via speditiva l efficacia degli interventi già intrapresi. Il controllo del rischio comporta interventi singoli o combinati che consentano di modificare la sorgente di rischio, di interrompere le vie di diffusione degli inquinanti o di modificare le possibilità di esposizione agli stessi. L analisi di 1.4

rischio può essere utilizzata in sede previsionale, per la pianificazione e progettazione di nuovi insediamenti ed attività, in sede di valutazione di situazioni esistenti ed in sede di verifica di misure correttive proposte. L Analisi di Rischio Assoluta è una procedura di calcolo utilizzata per stimare il rischio in determinati scenari, in termini di probabilità che un evento si verifichi e di severità delle conseguenze nel caso esso avvenga, al fine di adottare decisioni trasparenti, sostenibili e difendibili. I vari eventi possibili possono essere classificati ed ordinati per priorità, al fine di individuare le azioni preventive o correttive, la cui efficacia viene valutata in termini di riduzione del rischio e dei costi previsti. Per tale ragione l analisi di rischio costituisce una fase fondamentale del processo decisionale nelle problematiche ambientali, consente di valutare gli effetti di scenari alternativi e fornisce criteri per valutare e comparare effetti incerti al fine di pervenire ad una decisione. Tale metodologia si basa sulla previsione dei modi e dei tempi con cui l'inquinante presente nel sito in esame può pervenire alla popolazione ed alle componenti ambientali dell area interessata, cioè nello sviluppo di un Modello Concettuale del Sito (MCS), determinato dall individuazione dei seguenti tre elementi indispensabili: la sorgente di contaminazione, i percorsi di migrazione attivi per le sostanze inquinanti, i bersagli o recettori che possono essere esposti alla contaminazione. Per la sussistenza del rischio è necessario che in un dato sito siano presenti ed attive tutte e tre le componenti del modello. E inoltre necessario individuare le vie di esposizione attive per il sito in esame. Il MCS preliminare viene confermato, rivisto ed aggiornato costantemente con le informazioni aggiuntive eventualmente disponibili. In tale fase vengono anche identificate le caratteristiche generali del sito, utili a determinare il quadro ambientale di riferimento (storia, inquadramento geologico ed idrogeologico, caratteristiche meteo-climatiche, ecc). In relazione alla disponibilità di tali informazioni e a seconda del livello di approfondimento della procedura, si possono prevedere indagini integrative mirate alla determinazione di ulteriori dati necessari al completamento dell analisi. Nel MCS vengono descritte le caratteristiche della sorgente di contaminazione in termini di sostanze inquinanti e definizione delle loro proprietà fisico-chimiche, determinazione della concentrazione alla sorgente, estensione della contaminazione, ecc. Parte essenziale di questo stadio consiste in un analisi di Fate&Transport, che rappresenta lo strumento per la previsione del comportamento di un inquinante nell ambiente. Infatti, affinché si verifichi l esposizione deve esistere una catena di eventi, definita percorso ambientale, e costituita dai seguenti elementi: sorgente, meccanismi di rilascio chimico, meccanismi di trasporto, meccanismi di trasferimento, meccanismi di trasformazione, punto 1.5

di esposizione, recettori e grado di esposizione. I modelli Fate&Transport consentono di stimare le concentrazioni di inquinanti al POE (punto dove viene stimato il potenziale rischio sanitario e che rappresenta, quindi, il punto in cui un bersaglio umano è esposto alla contaminazione) e al POC (punto dove viene stimato il potenziale rischio in falda o nelle acque superficiali) e, per alcuni scenari di esposizione, i tempi di arrivo della contaminazione. L insieme dei meccanismi considerati nei modelli Fate&Transport può essere sintetizzato in un parametro, calcolato con le simulazioni, e generalmente denominato NAF (Natural Attenuation Factor). Noto questo fattore, a partire dalla concentrazione dell inquinante alla sorgente (C sorg ), è possibile stimare le concentrazioni dell inquinante al POE (CPOE) o al POC (CPOC) mediante le seguenti relazioni: Csorg(mg / kg) CPOE(mg / kg) = 1.2 NAF Csorg(mg / l) CPOC(mg / l) = 1.3 NAF In questo caso non viene stimato il potenziale rischio sanitario, ma le concentrazioni in arrivo vengono confrontate con valori limite fissati dalla normativa. In Figura 1.3 viene mostrato un semplice esempio di percorso ambientale per il suolo e le acque sotterranee. Una volta definite la popolazione potenziale e le vie di esposizione, risulta necessario definire le condizioni secondo le quali la popolazione è potenzialmente esposta; ciò prevede una valutazione sia dell attuale che del possibile futuro uso del sito, in modo da considerare uno scenario di esposizione credibile nonché i parametri che ne governano il fenomeno (frequenza, durata, ecc.). I più comuni scenari di esposizione sono: scenario LAVORATORI, scenario PASSANTI, scenario USO RESIDENZIALE, scenario USO RICREATIVO e scenario CANTIERE. L ultima fase della valutazione dell esposizione è la stima delle dosi di ciascun inquinante investigato a cui i recettori sono potenzialmente esposti nei punti di esposizione. A tal fine vengono generalmente considerati tre livelli di esposizione (ingestione, inalazione e contatto) e tre tipi di dose: dose somministrata (quantità ingerita, inalata o in contatto con la pelle), dose assorbita (quantità assorbita dal corpo), dose bersaglio (quantità che raggiunge gli organi bersaglio). Data la concentrazione di un inquinante in un punto di esposizione, il calcolo della dose somministrata è piuttosto semplice, mentre la determinazione della dose assorbita a partire da quella somministrata è un operazione alquanto complessa, in quanto devono essere considerati numerosi fattori che regolano l assorbimento dei contaminanti dal corpo umano, quali l ingestione, l inalazione, il contatto, lo stile di vita, la frequenza e la durata di esposizione (cronica, sub-cronica, acuta, ecc.) ed il peso corporeo dei recettori. Il calcolo della dose somministrata è sintetizzato nell equazione seguente: 1.6

C CR EF ED I = 1.4 BW AT dove: I assorbimento C CPOE CR grado di contatto (ad es. l/giorno o m3/giorno) EF frequenza di esposizione (ad es. giorni/anno) ED durata di esposizione (ad es. anni) BW peso corporeo (ad es. kg) AT vita media (ad es. anni) L equazione sopra riportata può essere modificata a seconda dello specifico percorso di esposizione. RILASCIO DI CONTAMINANTI Rilascio nella falda sottostante il sito Rilascio nel suolo del sito o nell area circostante Valutare il grado di percolazione degli inquinanti attraverso la zona insatura Valutare direzione e la velocità del flusso in falda (dati idrogeologici disponibili) sì Gli inquinanti possono Il suolo può ospitare specie commestibili raggiungere la falda no no sì no Gli inquinanti sono volatili/particelle fini/particolato adsorbito Gli inquinanti possono raggiungere le acque superficiali e i sedimenti per runoff ed erosione dei suolo Individuare la popolazione umana direttamente esposta Gli inquinanti possono raggiungere un corpo idrico superficiale Gli inquinanti possono raggiungere pozzi sotto gradiente sì Gli inquinanti possono essere assorbiti da piante o animali sì no sì no no no L acqua può essere usata per uso irriguo o per abbeverare il bestiame no sì Considerare il trasferimento degli inquinanti nell acqua superficiale e definirne il destino Individuare la popolazione umana direttamente esposta Considerare il trasferimento degli inquinanti a piante e animali da consumo umano Considerare il trasferimento degli inquinanti in atmosfera e definirne il destino Ingresso nella catena alimentare e potenziale bioaccumulo Figura 1.3 - Possibile diagramma di flusso per la valutazione dei percorsi ambientali nel suolo e nelle acque superficiali Utilizzare una procedura che impieghi sia la concentrazione corrispondente all esposizione media che a quella massima consente la stima di un intervallo potenziale di rischio: in generale, calcolare il rischio potenziale a partire da valori di concentrazione media permette 1.7

di stimare meglio il rischio associato ad esposizioni croniche; l uso del valore massimo risulta invece migliore quando si voglia stimare il rischio di breve termine, quello sub-cronico, che costituisce il limite massimo del rischio potenziale. L analisi assoluta del rischio prevede lo sviluppo di tutti o parte dei seguenti livelli di analisi: livello 1: utilizzato per effettuare un primo screening del sito in esame. La connotazione tipicamente preliminare di questo livello di indagine implica l adozione di ipotesi di esposizione ai contaminanti estremamente conservative e, in generale, non specifiche del sito. I punti di esposizione sono ipotizzati coincidenti con le sorgenti della contaminazione, senza tenere conto di fenomeni di attenuazione dovuti alla diffusione dei contaminanti nello spazio e nel tempo. I valori RBSL (Risk Based Screening Levels) calcolati risultano quindi estremamente cautelativi; livello 2: rappresenta una valutazione sito-specifica. I parametri di esposizione ed i punti di possibile contatto utilizzati sono specifici per il sito in esame e conducono quindi alla definizione di concentrazioni degli inquinanti più realistiche, definite SSTL (Site Specific Target Levels), che, per quanto ancora cautelative, possono essere di supporto nella definizione di eventuali interventi; livello 3: se sussistono particolari esigenze è possibile elevare ulteriormente il livello di approfondimento dell analisi di rischio, introducendo valutazioni di tipo probabilistico ed impiegando modelli matematici previsionali delle modalità di trasporto dei contaminanti nelle matrici ambientali interessate. I valori SSTL risultanti possono essere meno conservativi di quelli di secondo livello e possono portare a ridurre gli interventi. All aumentare del livello di analisi (da 1 a 3) aumenta il numero di dati ed indagini richieste, la quantità di risorse e l efficacia economica degli interventi correttivi, si riduce il numero di assunzioni conservative, mentre si mantiene invariato il grado di protezione della salute dell uomo e dell ambiente (Figura 1.4). I valori RBSL e SSTL di una sostanza sono definiti come le concentrazioni considerate protettive per la salute umana, in base ad un particolare insieme di ipotesi conservative riguardanti l esposizione potenziale di un individuo a detta sostanza. L Analisi di Rischio Relativa è una metodologia finalizzata alla definizione delle priorità di intervento. A differenza dell analisi assoluta, essa non ha come obiettivo la quantificazione numerica degli indici di rischio, ma la valutazione in termini quali-quantitativi dei rischi ambientali, individuando le priorità per indirizzare gli sforzi di risanamento. L individuazione delle priorità permette la pianificazione degli interventi di risanamento, in termini di priorità e di distribuzione delle risorse finanziarie. 1.8

Nell analisi del rischio relativa si utilizzano modelli a punteggio, che forniscono, attraverso l opportuna elaborazione numerica delle informazioni disponibili su un dato universo di siti, una valutazione del grado di pericolosità di ciascun sito rispetto ai rimanenti. LIVELLO 1 LIVELLO 2 LIVELLO 3 Grado di protezione della salute dell uomo e dell ambiente Numero di dati e indagini richiesti Quantità di risorse necessarie Assunzioni conservative Efficacia economica degli interventi correttivi Figura 1.4 - Livelli di analisi del rischio assoluta 1.4. IL SISTEMA SUOLO/SOTTOSUOLO Al fine di applicare efficacemente una tecnologia di bonifica la caratterizzazione di un sito inquinato deve consentire la completa conoscenza dei seguenti elementi: natura, estensione e grado di contaminazione in ogni matrice ambientale; questi consentono di individuare quali tecnologie possono essere applicate per una specifica classe di contaminanti; condizioni ambientali, caratteristiche geologiche ed idrogeologiche del sito inquinato e dell area in cui esso è inserito. Tali conoscenze consentono di definire se la tecnologia selezionata per la contaminazione è applicabile al caso in esame. Per ogni tecnologia vi sono infatti condizioni che ne permettono l uso efficace ed altre che ne riducono l applicabilità: ad esempio, la presenza di strati argillosi rende difficile l applicazione di tecniche basate sull estrazione dei contaminanti volatili, sia dalla zona insatura che dall acquifero. Si parla generalmente di sistema suolo/sottosuolo, dove si intenda per suolo la porzione più superficiale dei materiali geologici, in cui si sviluppano gli apparati radicali dei vegetali e che sono più ricchi in sostanza organica naturale; il termine sottosuolo indica invece la parte più 1.9

profonda, sottostante il suolo, composta dai materiali litologici inalterati (rocce o sedimenti sciolti), che compongono la crosta terrestre e nella quale si individuano le riserve idriche sotterranee. Immaginando di realizzare una sezione verticale del sistema suolo/sottosuolo, a partire dal piano campagna è possibile individuare: una zona superficiale, detta zona insatura o zona di aerazione o zona vadosa, nella quale gli spazi, pori o fessure esistenti all interno della massa solida sono vuoti e possono contenere gas o acqua in proporzioni variabili (condizione di non saturazione). In questa zona il movimento dei fluidi è essenzialmente verticale, dovuto alla sola forza di gravità (percolazione); una zona più profonda, detta zona di saturazione, nella quale i pori sono completamente pieni di acqua, cioè saturi. In questa zona il movimento dell acqua è essenzialmente orizzontale, controllato sempre dalla gravità, ma determinato da differenze di carico idraulico, ossia dal dislivello esistente tra i diversi punti della massa di acqua che costituisce la falda idrica sotterranea. Nella zona definita frangia capillare, posta immediatamente al di sopra della superficie freatica, l acqua è trattenuta dalle forze capillari. In questa zona possono verificarsi oscillazioni del livello della falda e i contaminanti presenti in soluzione, in particolare i liquidi organici in galleggiamento, possono distribuirsi nel volume di suolo interessato dall oscillazione, estendendo il volume contaminato. Il sistema suolo/sottosuolo è un sistema trifasico, in cui le tre fasi (solido, liquido e gassoso) interagiscono tra loro. Nel profilo del suolo e nel sottosuolo i contaminanti e i nutrienti possono essere trasportati dalla fase liquida, possono vaporizzare nell aria dei pori e in atmosfera, essere adsorbiti e trattenuti dalla fase solida, subire trasformazioni chimiche o biologiche, sia in fase liquida che in fase solida. Il suolo è al contempo un supporto solido a cui gli inquinanti possono adsorbirsi e il mezzo poroso che ne consente la circolazione. I processi che influenzano la mobilità e il comportamento delle sostanze inquinanti possono essere suddivisi in: processi idrodinamici: condizionano il trasporto de contaminanti nel flusso degli acquiferi e sono determinati da litologia, permeabilità, gradiente idraulico; processi abiotici: influiscono sul trasporto a causa delle interazioni delle sostanze inquinanti con le fasi stazionarie (adsorbimento, scambio ionico) o sulla speciazione (formazione di precipitati, idrolisi, forme volatili); processi biotici: provocano la trasformazione o la completa degradazione dei contaminanti organici. 1.10

1.4.1. CARATTERISTICHE DI SUOLO E SOTTOSUOLO CHE INFLUENZANO LA MIGRAZIONE DEI CONTAMINANTI E L APPLICABILITA DELLE TECNOLOGIE DI BONIFICA I due aspetti principali che condizionano la mobilità degli inquinanti nel suolo, sottosuolo ed acque sotterranee sono: elementi di geologia, idrogeologia e parametri fisici del suolo; caratteristiche chimico-fisiche del suolo. Elementi di geologia, idrogeologia e parametri fisici del suolo Per la caratterizzazione di aree potenzialmente inquinate, per la corretta interpretazione dei dati relativi alla contaminazione e per poter definire il grado e l estensione della contaminazione del sistema suolo/sottosuolo e degli acquiferi, occorre procedere all acquisizione delle conoscenze sull ambiente fisico in cui il sito in esame si inserisce ed in particolare approfondire gli aspetti relativi alla costituzione e geometria del sottosuolo, descritti dalla geologia, nonché alla dinamica della circolazione delle acque sotterranee, descritta dalla idrogeologia. Le informazioni ed i dati di tipo geologico ed idrogeologico di cui è necessario disporre al fine di comprendere ed interpretare i fenomeni di migrazione delle sostanze nel sottosuolo riguardano essenzialmente: caratteristiche litologiche (rocce eruttive, sedimentarie o metamorfiche), mineralogiche e geotecniche (rocce coerenti, incoerenti o semicoerenti) degli strati geologici; assetto stratigrafico e strutturale del sottosuolo (rocce permeabili per porosità, rocce permeabili per fessurazione/fratturazione, rocce permeabili per carsismo, rocce impermeabili); caratteristiche della circolazione idrica sotterranea e del serbatoio naturale in cui essa avviene; nello schema di circolazione delle acque sotterranee si possono individuare una zona di alimentazione (area in cui si verifica la ricarica degli acquiferi sotterranei), una zona di deflusso (serbatoio sotterraneo in cui le acque contenute in uno strato saturo si muovono con direzione prevalentemente orizzontale verso le aree di sbocco delle acque) e una zona di sbocco (area in cui le acque sotterranee affiorano in superficie, formando le sorgenti, o confluiscono in un altro corpo idrico). Ai fini dello studio della circolazione delle acque sotterranee, si definiscono: o acquifero: il mezzo geologico permeabile che può contenere acqua, consentirne il deflusso con velocità apprezzabile e permetterne la captazione in quantitativi significativi. Rappresenta il mezzo fisico (serbatoio) attraverso cui fluisce l acqua e in cui si accumulano le acque sotterranee in una situazione di completa saturazione delle porosità e/o delle fratture; 1.11

o falda idrica sotterranea: acqua immagazzinata nell acquifero e che in esso scorre alimentando sorgenti, fiumi e captazioni. Oltre alla ricostruzione della geometria, della direzione di scorrimento e delle variazioni di livello della falda, altre informazioni di tipo idrogeologico da ottenere in fase di caratterizzazione sono: o conducibilità idraulica/permeabilità dei diversi strati. La permeabilità esprime la capacità di un mezzo poroso di lasciarsi attraversare da un fluido sottoposto ad un determinato carico idraulico, ossia la capacità del suolo di trasmettere un fluido. Minore è la permeabilità e più lento è il flusso delle acque sotterranee; o velocità delle acque in ognuno degli strati saturi e nello strato insaturo. L acqua che si infiltra nel sottosuolo percola per effetto della forza di gravità attraverso lo strato insaturo con moto prevalentemente verticale, fino a raggiungere lo strato saturo. A contatto con il suolo, l acqua dapprima forma delle pellicole attorno ai granuli per effetto della tensione superficiale; quando la quantità di acqua adesa raggiunge il valore massimo che può essere trattenuto nei pori per forza della tensione superficiale, l acqua comincia e scorrere lungo il profilo verso il basso. Raggiunto lo strato saturo, l acqua inizia un moto a prevalente componente orizzontale, caratteristico del flusso nelle falde idriche sotterranee. Questo moto è controllato dalle differenze di carico idrostatico (cioè del gradiente idraulico) e dalla permeabilità/conducibilità idraulica del mezzo. A causa della eterogeneità del sottosuolo, il moto avviene con velocità variabile nel volume di uno stesso ammasso roccioso, dando luogo a differenti regimi di flusso (laminare, transitorio, turbolento). La migrazione di un contaminante nell acquifero avviene sulla base di due meccanismi principali: l avvezione e la dispersione. L avvezione è il movimento delle sostanze trasportate dalle acque di falda nella direzione del flusso ed è controllata dalla velocità lineare delle acque sotterranee; il termine dispersione indica l allargamento del pennacchio di contaminazione rispetto al percorso atteso se fosse attiva solo l avvezione: tale fenomeno è causato dalla diffusione molecolare delle sostanze disciolte e dalla miscelazione meccanica delle acque. La dispersione è influenzata dalla dimensione e dalla forma dei pori, dal contenuto di carbonio organico, dalle reazioni di adsorbimento sulle superfici solide, ecc. Parametri fisici del suolo 1.12

Oltre ai parametri geologici e idrodinamici, al fine di descrivere il comportamento del sottosuolo nei confronti della migrazione delle sostanze inquinanti, è importante definire una serie di caratteristiche fisiche del materiale solido costituente l ammasso. I parametri fisici di maggiore interesse sono: dimensioni e forma delle particelle solide, che definiscono granulometria e tessitura; peso, massa, volume e parametri derivati della fase solida; caratteristiche dei vuoti e loro capacità a contenere fluidi. Chimica delle superfici Il trasporto delle sostanze nel profilo del suolo e del sottosuolo è fondamentalmente dipendente dalle caratteristiche superficiali dei materiali solidi, in quanto le reazioni con le sostanze inquinanti presenti in soluzione o in fase gassosa avvengono alla superficie dei solidi. Tra gli elementi determinanti nello scambio tra le fasi solide e le sostanze presenti in soluzione vi sono: area superficiale dei solidi, che rappresenta il rapporto tra la superficie e la massa di un solido; all aumentare dell area superficiale aumenta il ruolo che la superficie riveste a parità di massa di solido. L area superficiale diminuisce passando da particelle argillose a sabbia e ghiaia. Un alto valore di area superficiale può quindi essere indicativo di una elevata reattività superficiale delle fasi solide; cariche elettriche superficiali; le superfici dei solidi presentano cariche elettriche che si generano al piano di frattura della fase solida. Queste cariche governano l adsorbimento dei composti elettricamente carichi e condizionano la ripartizione dei composti neutri o non polari presenti in soluzione. I legami formati alla superficie possono essere di tipo prevalentemente chimico o fisico, essere reversibili o irreversibili; queste differenze sono regolate sia dalle caratteristiche delle fasi solide, minerali ed organiche, sia dalla struttura e proprietà delle sostanze inquinanti. I minerali argillosi presentano alla superficie cariche elettriche negative ed esercitano attrazione sulle sostanze a carica positiva presenti in soluzione (ad esempio i cationi dei metalli pesanti). La superficie delle particelle di sabbia è relativamente inerte rispetto alla possibilità di assorbire sostanze contaminanti dalla soluzione e per tale motivo gli strati sabbiosi presenti nel sottosuolo mostrano una ridotta capacità di trattenere sostanze inquinanti. Nelle particelle di dimensioni maggiori (ghiaia e ciottoli) la superficie presenta prevalentemente gruppi funzionali carbonatici, che mostrano scarsa capacità di interagire con le sostanze in soluzione; inoltre la ridotta area superficiale offre una bassissima capacità di adsorbente in relazione alla massa dei materiali solidi. La componente organica invece possiede una forte capacità adssorbente, in quanto possiede un elevata densità di cariche superficiali variabili con il ph. Inoltre, la 1.13

sostanza organica è in grado di adsorbire in maniera parzialmente irreversibile anche le sostanze inquinanti organiche non polari a bassa solubilità, che mostrano affinità per le fasi organiche. 1.4.2. PROPRIETA CHIMICO-FISICHE DELLE SOSTANZE INQUINANTI Le caratteristiche chimico-fisiche e la configurazione molecolare dei contaminanti governano la ripartizione delle sostanze tra le fasi solida, liquida e di vapore e di conseguenza influenzano le forme con cui queste si distribuiscono tra le diverse matrici ambientali. Le principali caratteristiche sono: Solubilità: è l ammontare massimo di una sostanza che, per unità di volume, può dissolversi nella fase acquosa a determinate condizioni di temperatura e pressione. Per concentrazioni superiori alla solubilità si ha la formazione, da parte del composto in soluzione, di una seconda fase, solida o liquida. Composti organici a bassa polarità o senza gruppi funzionali in grado di formare legami idrogeno (idrocarburi e idrocarburi clorurati) hanno in genere una bassa solubilità; la solubilità di una molecola organica apolare diminuisce anche all aumentare delle sue dimensioni molecolari. Composti ad elevata solubilità hanno la tendenza a rimanere in soluzione e desorbirsi dalla fase solida se vengono a contatto con l acqua, risultando dunque molto mobili con le acque sotterranee. La composizione della soluzione può influenzare la solubilità dei composti: ad esempio, la presenza di solventi organici in soluzione aumenta la solubilità nella fase liquida di molte sostanze organiche; Densità: ai fini della bonifica, il valore della densità permette di determinare se le sostanze gassose sono più pesanti dell aria o se le sostanze inquinanti presenti come fasi liquide sono più o meno pesanti dell acqua. Ad esempio alcuni composti organici, vengono indicati, in funzione della loro densità, come LNAPL (Light Non Aqueous Phase Liquid) e DNAPL (Dense Non Aqueous Phase Liquid); essi rappresentano la fase liquida non acquosa a densità rispettivamente inferiore (composti che galleggiano sulla superficie delle acque sotterranee) e superiore (composti che si depositano al fondo dell acquifero) a quella dell acqua; Coefficiente di ripartizione solido/liquido: per ripartizione solido/liquido si intende il passaggio di una sostanza dalla soluzione alla superficie di una fase solida, dovuto ad adsorbimento, a precipitazione alla superficie del solido o ad un fenomeno di diffusione dei composti organici nella sostanza organica naturalmente presente nei suoli. Il coefficiente di ripartizione solido/liquido (K d ) esprime la relazione che si stabilisce all equilibrio tra la concentrazione della specie inorganica in soluzione e la sua concentrazione sul solido: 1.14

concentrazione sul suolo K d = 1.5 concentrazione in soluzione Per i composti organici la ripartizione tra suolo e fase acquosa è descritta esprimendo il coefficiente di ripartizione in funzione del contenuto di sostanza organica sul suolo, utilizzando il coefficiente di ripartizione in carbonio organico (K oc ); la quantità di carbonio organico totale (f c ), espressa come percentuale in peso di carbonio organico sul volume di suolo considerato, influenza fortemente la capacità di assorbimento dei composti non ionici: K d K oc = 1.6 f c Il K oc è definito come il rapporto tra la concentrazione del composto assorbito al carbonio organico e la concentrazione del composto disciolto in acqua. In generale K oc è inversamente proporzionale alla solubilità. Coefficiente di ripartizione ottanolo/acqua (K ow ): è un coefficiente adimensionale utilizzato come indice della tendenza di un composto organico ad accumularsi nei tessuti grassi degli organismi viventi e quindi a ripartirsi tra una fase acquosa e una fase organica. Il valore di K ow è pari al rapporto tra la concentrazione all equilibrio nella fase ottanolo (solvente organico a bassa polarità) e la concentrazione all equilibrio in acqua (solvente polare): concentrazione in ottanolo K ow = 1.7 concentrazione in acqua Ad elevati valori di K ow si ha una maggiore tendenza del composto in esame a ripartirsi nelle fasi organiche e ad entrare nella catena alimentare; la sua mobilità risulta invece inversamente proporzionale a K ow a causa della sua ridotta concentrazione in acqua. Pressione di vapore: è la pressione esercitata dalla fase gassosa quando il composto è in equilibrio con la fase liquida pura. La pressione di vapore fornisce un indicazione della tendenza di una sostanza a trasferirsi in atmosfera o nell aria del suolo. Costante di Henry: può essere considerata come una costante di ripartizione aria/acqua e quantifica la tendenza di una sostanza a passare in fase vapore piuttosto che a rimanere in soluzione. E espressa come rapporto tra la concentrazione all equilibrio di un composto in fase vapore e la concentrazione all equilibrio in soluzione: pressione parziale di vapore del composto K H = 1.8 concentrazione in soluzione Composti con alta pressione di vapore e bassa solubilità in acqua si trasferiscono in aria, mentre composti con alta pressione di vapore e alta solubilità rimangono preferenzialmente in soluzione. 1.15

In Tabella 1.1 sono illustrate le proprietà di alcuni inquinanti. Composto Solubilità in acqua a 20-25 C Pressione di vapore LogK (mg/l) ow (torr) Cloruro di sodio 2.6 10 5 Cloruro di calcio (6H 2 O) 4.3 10 5 Cloruro di mercurio 6.9 10 4 6.0 10-3 Cloruro di piombo 6.4 10 3 Malathion 145 2.36 1.0 10-5 Carbaril 40 5.0 10-5 Cipermetrin <0.2 3.9 10-12 p.p. -DDT 1.2 10-3 6.96 1.9 10-7 Dieldrina <0.2 1.8 10-7 2,2,4,4,5,5 -HCB 5.5 10-3 6.57 8.1 10-7 2,3,7,8-TCDD 8.0 10-6 6.53 1.5 10-9 Benzo(a)pirene 4.0 10-3 5.97 5.5 10-9 Tributil stagno cloruro 9.7 10 3 3.70 7.5 10-9 Metil-mercurio cloruro 8.5 10-3 Tabella 1.1 Proprietà di alcuni inquinanti 1.4.3. BIODEGRADABILITA DELLE SOSTANZE INQUINANTI La biodegradazione è l insieme dei processi biologici con cui, in condizioni aerobiche o anaerobiche, batteri, funghi, protozoi modificano i composti organici trasformandoli in molecole a struttura e peso diversi; attraverso tali processi si può ottenere la completa conversione a composti finali inorganici o la modifica parziale della molecola, con perdita di alcuni sostituenti. In questo modo, anche la tossicità viene modificata, perché i metaboliti possono risultare più o meno tossici dei composti da cui derivano. Molti fattori ambientali influenzano le reazioni di biodegradazione, che però dipendono soprattutto dalle caratteristiche chimico-fisiche e dalla struttura molecolare dei composti organici. Tra i fattori ambientali più importanti vi sono: ph, temperatura, processi di assorbimento sulle superfici solide, popolazioni microbiche presenti, contenuto di umidità, contenuto di ossigeno, presenza di altri accettori di elettroni per le reazioni anaerobiche, concentrazione della sostanza tossica. 1.5. CLASSI DI COMPOSTI Una prima classificazione delle sostanze inquinanti nell ambiente può essere effettuata sulla base della loro reattività, distinguendo tra: Sostanze non reattive, che si conservano: si muovono nell ambiente del suolo e del sottosuolo con le acque di percolazione e le acque sotterranee e sono influenzate dalle reazioni di adsorbimento e scambio con le matrici solide; se volatili, possono trasferirsi 1.16

nella fase atmosferica. L ammontare totale dell inquinante non è modificato da processi biologici o reazioni chimiche; Sostanze reattive: oltre ad essere soggette ai fenomeni di migrazione in suolo e sottosuolo, il loro ammontare totale è ridotto da reazioni di tipo chimico e biologico che possono aver luogo nell acquifero o nella zona insatura. I metalli pesanti sono tipiche sostanze conservative, perché non sono soggetti a processi di tipo biologico o chimico che ne modificano la concentrazione totale; avendo inoltre la forte tendenza ad adsorbirsi alle superfici minerali e alla sostanza organica, sono trattenuti sulle fasi solide e sono scarsamente mobili lungo il profilo del suolo o dell acquifero. Composti quali i solventi aromatici sono invece abbastanza mobili nelle acque perché sono solubili e non hanno una spiccata tendenza ad adsorbirsi sulle superfici minerali, ma poiché sono sostanze reattive la loro concentrazione totale non è costante, ma diminuisce all allontanarsi dalla sorgente di contaminazione. Ciascuna sostanza può essere presente in suolo e sottosuolo, nelle seguenti forme: Adsorbita irreversibilmente sulla fase solida; Adsorbita sulla fase solida ma scambiabile con la fase liquida; Disciolta in soluzione; Presente come fase organica separata; In forma volatile nell atmosfera del suolo; Componente della biomassa microbica o vegetale. La forma con cui la sostanza inquinante è presente nel suolo e sottosuolo ne condiziona la mobilità ed il comportamento (ad esempio la possibilità di essere sottoposta a processi di biodegradazione) e condiziona anche la possibilità di applicare le singole tecnologie di bonifica; per questo motivo, in fase di caratterizzazione di un sito contaminato è necessario definire, oltre alla natura dell inquinante, anche la concentrazione nelle diverse matrici ambientali e la possibilità che la sostanza sia mobile nell ambiente. Alcuni dei principali contaminanti del suolo e del sottosuolo sono: metalli pesanti (Al, As, Cd, Cr, Mn, Hg, Ni, Pb, Cu, Zn); prodotti petroliferi; idrocarburi policiclici aromatici (IPA); solventi aromatici (benzene, toluene, etilbenzene, xylene, stirene, cumene); solventi clorurati (1,2 dicloroetano, 1,1,1 ; fenoli e clorofenoli; policloro-bifenili (PCB), policloro-dibenzo-diossine (PCDD) e policloro-dibenzo-furani (PCDF) 1.17

I metalli introdotti nel suolo possono essere presenti nelle seguenti forme: disciolti in soluzione; è importante definire la speciazione del metallo, cioè le diverse forme chimiche che contribuiscono a definire la concentrazione totale del metallo in soluzione, che variano con il ph, e i ligandi organici (soprattutto i gruppi funzionali dei composti organici) e inorganici (gruppo ossidrile e cloruri) presenti in soluzione; adsorbiti alla superficie dei solidi minerali inorganici o alla sostanza organica che ricopre le superfici; il legame è generalmente di tipo chimico forte. Anche un contaminante organico può essere presente nel suolo e nel sottosuolo in diverse forme: disciolto in soluzione; adsorbito alle superfici solide con un legame di tipo sia fisico che chimico; adsorbito alla sostanza organica che ricopre le particelle con un legame prevalentemente fisico; come liquido immiscibile presente nei pori, trattenuto dalla forza capillare, sia nella zona insatura che in quella satura; come vapore nell aria dei pori; come prodotto puro galleggiante (LNAPL) o come fase organica depositata al fondo dell acquifero (DNAPL). 1.6. BONIFICA DEI SITI CONTAMINATI Per recupero (o bonifica) dei suoli contaminati si intende l insieme degli interventi messi in atto al fine di ripristinare le condizioni ambientali proprie dello specifico ecosistema. Tali interventi devono includere: individuazione e caratterizzazione delle fonti di inquinamento; rimozione o confinamento della sorgente, finalizzato a limitare la dispersione nell ambiente dei contaminati; applicazione di processi chimici, fisici o biologici o di una opportuna combinazione di essi. Esistono numerosi processi teoricamente applicabili al fine della decontaminazione di un suolo e la scelta della migliore strategia non è sempre scontata, ma deve, piuttosto, essere valutata in funzione delle caratteristiche dello specifico contaminate e del sito in cui questo è presente. I processi in genere possono essere classificati in funzione del luogo in cui vengono applicati in: 1.18

processi ex situ: nei quali il trattamento della matrice ambientale contaminata (aria, acqua o suolo) avviene in un ambiente diverso da quello naturale. Tali processi sono ulteriormente classificati a seconda che il trattamento avvenga in prossimità del luogo di origine della matrice contaminata (on site) o preveda il trasporto verso un sito di trattamento esterno (off site) processi in situ: nei quali il recupero della specifica matrice contaminata ha luogo nella sua sede geologica. Tendenzialmente i primi sono caratterizzati da una maggiore flessibilità nella fase di controllo e gestione del processo alla base della decontaminazione, ma producono un impatto ambientale maggiore e limitano la fruibilità del sito durante le fasi del processo di bonifica. In genere i processi vengono classificati in funzione del principio operativo in: trattamenti biologici; trattamenti fisici; trattamenti chimici. I trattamenti biologici si basano sulla decomposizione delle molecole organiche ad opera dell attività metabolica di microrganismi naturalmente presenti nel suolo (colonie autoctone) ovvero ivi opportunamente inoculati (colonie alloctone); in entrambi i casi è generalmente necessario garantire la presenza di sostanze indispensabili per il sostentamento dell attività batterica (nutrienti, donatori di elettroni per i metabolismi aerobici ed accettori di elettroni per quelli anaerobici) e di adeguate condizioni ambientali (ph, temperatura, Eh) al fine di accelerare processi che altrimenti potrebbero risultare estremamente lenti. All interno della classe dei trattamenti biologici vengono anche inclusi quei processi finalizzati alla concentrazione degli inquinanti all interno di matrici biotiche, rappresentate in genere da piante o alghe (phytoremediation); tali processi trovano spesso impiego nella rimozione di inquinanti inorganici, quali i metalli pesanti, che facilmente vengono assunti dalle piante tramite l apparato radicale. I trattamenti chimici riguardano la trasformazione dello stato chimico degli inquinanti, finalizzato alla produzione di sostanze caratterizzate da minore tossicità o da una ridotta/incrementata mobilità; questi comprendono: ossidazione chimica: viene realizzata iniettando nella matrice contaminata (suolo insaturo o saturo) una miscela costituita da un opportuno agente ossidante (perossido di idrogeno, permanganato di potassio, ozono e reagente di Fenton), che consente la completa trasformazione della sostanza organica inquinante in anidride carbonica e acqua, o la sua parziale detossificazione; 1.19

riduzione: viene impiegata per trasformare alcuni composti dalla forma ossidata a quella ridotta, qualora quest ultima presenti una minore tossicità, mediante l impiego di agenti chimici riducenti; estrazione con solventi (soil-flushing): consiste nel trasferimento degli inquinanti dalla fase solida alla quella liquida del suolo tramite agenti liscivianti (solventi organici, tensioattivi, acidi e alcali) al fine di poter successivamente raccogliere ed estrarre un percolato concentrato da avviare ad opportuno trattamento in superficie; fissazione tramite agenti chelanti: prevede il ricorso all iniezione di agenti chimici che, legandosi con i contaminati (ad esempio i metalli pesanti), ne riducono la mobilità nel suolo, consentendone l accumulo in porzioni di suolo determinate che possono successivamente essere rimosse e trattate in impianti ex situ; I trattamenti fisici sono associati alla variazione dello stato fisico degli inquinanti, che ne consente il trasferimento tra le diverse fasi del suolo. Tra questi possono essere menzionati i seguenti: solidificazione/stabilizzazione: si basano sull aggiunta di agenti chimici (inorganici o organici), che producono una massa stabile caratterizzata da una accresciuta integrità fisica e da una ridotta permeabilità rispetto alla matrice solida del suolo; trattamenti termici: si basano sull incenerimento, la gassificazione o la pirolisi che comportano in ogni caso, a differenti condizioni di temperatura, la volatilizzazione degli inquinati e la loro rapida ossidazione con formazione di composti inorganici (CO 2, ossidi di azoto e zolfo, ecc). In questa categoria rientra anche la fusione del suolo a temperature estremamente elevate (1000-1700 C) con conseguente formazione di una matrice solida amorfa nella quale si concentrano gli inquinanti che non volatilizzano (vetrificazione). In Tabella 1.2 si riportano i principali processi impiegati per il recupero dei suoli contaminati. Tipo di trattamento biorisanamento in situ biorisanamento ex situ phytoremediation soil-flushing ossidazione chimica lavaggio del suolo desorbimento termico vetrificazione Classi di inquinanti VOC SVOC INOR HC EXPL GW S GW S GW S GW S GW S VOC=Composti organici volatili; SVOC=Composti organici semi-volatili; INOR=Composti inorganici; HC=Idrocarburi; EXPL=Esplosivi. Tabella 1.2 Applicabilità di alcune tecniche di trattamento dei suoli (S) e delle acque sotterranee (GW) alle diverse classi di contaminati 1.20