REPUBBLICA ITALIANA- TRIBUNALE CIRCONDARIALE DI MODENA SOTTOSEZIONE LAVORO IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

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1 Impiego pubblico Periodo di prova Ausl Termine del periodo di prova Recesso datoriale Valenza di licenziamento senza giusta causa Esclusione Superamento di pregresso rapporto a termine Irrilevanza Impiego pubblico Periodo di prova Termine del periodo di prova Recesso a forma libera senza obbligo di motivazione Discrezionalità illimitata o arbitrio Esclusione Motivo illecito o extraprofessionale Rilevanza Inosservanza di canoni interni in executivis Rilevanza Deliberazione per relationem del recesso Congruità e sufficienza della motivazione Rif.Leg. artt.1175, 1345, 1375 cc; artt.7, 18 L 300/70; artt.2, 51, 69 DLgs 165/01; Sentenza n. 265/05 Pronunziata il 28/09/2005 Depositata il 07/11/2005 REPUBBLICA ITALIANA- TRIBUNALE CIRCONDARIALE DI MODENA SOTTOSEZIONE LAVORO IN NOME DEL POPOLO ITALIANO All'udienza del il Tribunale di Modena in composizione monocratica ed in funzione di Giudice del Lavoro di primo grado ha pronunciato la seguente sentenza nella causa promossa da: XX, rappresentata e difesa in forza di procura a margine del ricorso dall'avv. Paolo Galluccio e dall'avv Paride Casini, ed selettivamente domiciliata presso lo studio di quest'ultimo in Modena, Corso Canalchiaro, 26 parte attrice CONTRO Ausl di Modena, in persona del Direttore Generale pro temore, rappresentata e difesa in forza di procura speciale in calce alla copia del ricorso notificato dall'avv.giulio Fornieri e dall'avv Paolo Maniscalco, nello studio di quest'ultimo in Modena, Corso Canalgrande, 23, elettivamente domiciliata parte convenuta Conclusioni di parte attrice: dichiarasi illegittimo il licenziamento e condannarsi parte convenuta alla reintegrazione ed al risarcimento del danno pari alle competenze non percepite fino alla reintegra, oltre al versamento della contribuzione obbligatoria, oltre agli accessori, vinte le spese e con distrazione delle stesse in favore degli odierni difensori. Conclusioni di parte convenuta: respingersi le domande attoree, spese rifuse. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con il ricorso introduttivo della lite, la ricorrente indicata in epigrafe si doleva del recesso in prova comminatole, posto che, in forza del diritto oggettivo, il relativo termine semestrale in caso di esito negativo doveva essere prorogato di pari lasso temporale e che, comunque, era privo di motivazione, anche alla luce di pregresso rapporto di lavoro a termine intrattenuto sempre con la convenuta.

2 Dalla illegittimità del recesso in prova, da equipararsi ad un licenziamento illegittimo, scaturivano le conseguenze di cui all'art 18 della legge n.300/70. Dal ché le conclusioni in epigrafe. Si costituiva ritualmente parte convenuta, eccependo che, in caso come nella specie di rapporto di lavoro contrattualizzato, la disciplina di riferimento andava cercata nella sola fonte contrattuale collettiva, abilitata, ora, dal Dlg n.165/01, alla delegificazione delle previgenti norme primarie o subprimarie. Alla stregua di tale disciplina il termine semestrale non era più prorogabile. Nel merito richiamava il diritto vivente in tema di recesso in prova e, segnatamente, i principi in punto alla ampia discrezionalità datoriale (ed al correlativo onere probatorio della ricorrenza di un motivo illecito o, comunque, estraneo all'esperimento), posto che nella specie, comunque, tale discrezionalità era stata correttamente esercitata alla luce delle negative valutazioni di cui, appunto, alle "schede di valutazione" prodotte dalla stessa ricorrente. E proprio da tali schede, richiamate dalle valutazioni dei responsabili diretti e costituenti il presupposto della deliberazione di recesso, che alle stesse rinviava, emergeva la infondatezza della residua eccezione di difetto di motivazione, posto che la stessa (richiesta in realtà dal solo ccnl inter partes) ben era sussistente, quanto meno per relationem, essendo stata ritualmente affissa la predetta delibera, cui l'atto di recesso rinviava, all'albo pretorio alla stregua della disciplina di dettaglio di settore. In via gradata doveva, comunque tenersi conto, nella determinazione dell'entità del risarcimento, dell'aliunde perceptum. All'odierna udienza la causa, istruita documentalmente e con la assunzione dell'interpello libero della ricorrente, era definita come da separato dispositivo, sulle conclusioni trascritte in epigrafe. MOTIVI DELLA DECISIONE Trattandosi di rapporto contrattualizzato non è più applicabile, per le ragioni esposte dalla convenuta, e del resto nemmeno successivamente contestate (e consistenti nella delegificazione generale e, nella specie, anche specifica, ad opera della fonte pattizia ex art 69 del Dlg n.165/01), il pregresso statuto del pubblico impiego statale ex Dpr n.3/57, cui facevano riferimento, in linea di massima, gli statuti del pubblico impiego locale o, per quanto qui interessa, del comparto sanitario si veda il diritto oggettivo citato dalla ricorrente nel libello. Sulla base dei principi generali del diritto comune del lavoro, applicabile anche all'impiego pubblico in difetto di norme speciali art 2, comma 2, del Dlg n.165/01, nel periodo di prova il recesso, a forma libera ed esentato da qualsiasi obbligo di motivazione (cfr. Cass. n. 6096/88, 2631/96), costituisce esercizio di un diritto potestativo discrezionale, acquisendo stabilità il rapporto, sia pure nelle diverse

3 graduazioni di legge e salve le eccezioni disposte dalla stessa, solo all'esito del suo superamento. Tale discrezionalità datoriale come da tempo pacifico in relazione alla giurisprudenza del Giudice delle leggi, cfr. Corte Cost. n. 189/80 non è illimitata (e arbitraria), ma deve essere esercitata, in conformità alla ratio dell'istituto, essendo consentito al prestatore, con relativo onere della prova a suo carico (così Cass n. n. 2631/96, 9797/96), di dedurre, in realtà, il superamento dell'esperimento e, quindi, la sussistenza di un motivo illecito o, comunque, extraprofessionale, (che deve però essere unico e determinante ex art 1345 cod civ), o la ricorrenza di fatti secondari, come l'esiguità del lasso temporale dell'esperimento, o l'essersi svolto questo con riferimento a mansioni non inerenti alla qualifica, e quindi imprecisate, fatti tutti idonei a fare presumere l'esistenza del predetto motivo illecito o, comunque, dell inosservanza dei cd canoni interni in excutivis di cui agli artt 1175 e 1375 cod civ, come suggerisce il giudice della nomofilachia ed ancorché le conseguenze di un eventuale illegittimo recesso, si ritiene prevalentemente, non andrebbero ricercate nel presidio reintegratorio e risarcitorio di cui all'art 18 della legge n. 300/70 predetto (e applicabile alla p.a. a prescindere dai requisiti dimensionali ex art 51, comma secondo, del Dlg n.165/01), ma nell'ambito dei generali principi della responsabilità contrattuale (cfr. Cass. n.2228/99). Ove sulla predetta ricognizione e sulla interpretazione del diritto oggettivo si convenga, i capitoli attorei sono, però, ad avviso del tribunale, inconferenti, in quanto, all'esercizio della discrezionalità datoriale non può essere semplicemente contrapposta, una generica contro-valutazione demandata alle valutazioni dei testi, essendo irrilevanti, di per sé soli, l'assenza di atti di insubordinazione o di illeciti disciplinari in senso stretto, sanzionati o meno. Neppure è di per sé rilevante il superamento di un diverso periodo di prova nell'ambito di pregresso e distinto rapporto a termine, posto che, per usare le parole del giudice di legittimità, atteso che il patto di prova è funzionalmente destinato alla verifica non solo delle qualità professionali ma anche del comportamento e della personalità complessiva del lavoratore in relazione all'adempimento della prestazione, e che tali elementi sono certamente suscettibili di modifiche nel corso del tempo per il possibile intervento di molteplici fattori (cfr. Cass n /95), la clausola del contratto collettivo de quo che non prevede, in tale evenienza, l'esenzione dall'esperimento non è di per sé nulla, in quanto irrazionale, (e solo in tali limiti, oltre alla ricorrenza delle cause di nullità espressamente codificate con riferimento agli atti di autonomia negoziale individuale, sono sindacabili i prodotti dell'autonomia negoziale collettiva, ricadendosi, diversamente, in un inammissibile scrutinio di merito (Corte Cost n 268/94). Quanto alle eccezione di forma pare preferibile, ad avviso del tribunale, l'interpretazione proposta dalla convenuta. Di per sé gli atti di amministrazione del rapporto privatizzato hanno natura negoziale e non più provvedimentale, onde infondato deve ritenersi, ad avviso del tribunale, il

4 richiamo ai principi regolanti il procedimento amministrativo ed ai requisiti di legittimità del provvedimento che dal predetto esita (cfr. Cass n.6570/04). Ciò, ovviamente, non toglie che l'autonomia negoziale collettiva possa arricchire, e quindi derogare in melius, allo statuto dell'impiego privato, rectius: dell'impiego pubblico privatizzato dal primo, e in linea generale, all'esito della riforma, non altrimenti che privatizzato, trattandosi, come è noto, di inderogabilità solo unidirezionale e quindi solo in peius, e che quindi, il recesso, che sulla base dei principi generali potrebbe essere orale ed immotivato, debba essere, come nella specie, per espressa disposizione del contratto collettivo, scritto e motivato. Non pare, però, possibile addivenire, nel quadro della deformalizzazione generale conseguita alla riforma dell'impiego pubblico, ad una interpretazione più formalistica e più rigorosa da quella espressa, (olim), dalla giurisprudenza amministrativa, che ben riteneva possibile, in generale, per il provvedimento amministrativo, la motivazione cd per relationem. E nella specie la deliberazione, richiamata dall'atto di recesso, di cui non è stata contestata in guisa specifica la certificata affissione all'albo pretorio, alla stregua delle relativa disciplina di settore e del resto sarebbe stata necessaria all'uopo la proposizione di querela di falso, è analiticamente motivata e a sua volta rinvia, con espressa menzione delle stesse nel suo corpo, alle relazioni dei responsabili diretti, a loro volta basate su quelle stesse schede di valutazione sostanzialmente dedotte, per eccepirne la genericità e la valutatività, a pagina 8 del ricorso introduttivo ed anche, almeno in parte, prodotte, indizio sicuro, ad avviso del tribunale, della loro ostensibilità ed anzi, avvenuta piena conoscenza. E, si legga sempre la pagina otto del ricorso introduttivo, il "procedere in modo individuale", o il "non essere in grado di dare delle priorità sugli avvenimenti che si presentano in reparto" con conseguenti "seri disservizi organizzativi ed assistenziali", costituirebbero certo locuzioni generiche e quindi contestazioni solo apparenti se valutate ex art 7 della legge n.300/70, ma sembrano congrue e bastevoli quanto all'esercizio di una discrezionalità datoriale, che può abbracciare anche, sempre per usare le parole della Corte di Cassazione, solo "il comportamento complessivo" o "la correttezza ed il modo con cui si manifesta la sua personalità" (si veda l'arresto di cui alla sentenza n.9948/01 della Corte di Cassazione). Conclusivamente, ad avviso del tribunale, le domande attoree devono essere respinte, ed inammissibili per irrilevanza devono ritenersi le prove costituende dedotte, non avendo rinunciato, quanto a quelle proposte dalla pregressa datrice, la medesima ai benefici conseguenti alle regole, che presiedono al riparto tra le parti, dell'onere della prova. La particolarità della fattispecie induce, ad avviso del tribunale, alla integrale compensazione fra le parti delle spese di lite. PQM

5 definitivamente pronunciando, ogni diversa domanda o eccezione disattesa e respinta:respinge le domande attoree. Compensa le spese di lite. Modena, IL GDL Dott. Claudio Bisi Depositata in Cancelleria il 07 NOV 2005

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