Metodi di rinforzo legno-legno per solai esistenti
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- Cesare Severino Manzi
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1 Metodi di rinforzo legno-legno per solai esistenti Ivan Giongo - Dipartimento di Ingegneria Civile, Ambientale e Meccanica dell Università di Trento Il rinforzo dei solai lignei esistenti negli edifici tradizionali in muratura rappresenta, dal punto di vista del progetto di recupero della struttura, una delle criticità più frequenti con cui i progettisti si devono interfacciare. Data la particolareggiata tradizione costruttiva che caratterizza il patrimonio esistente nazionale, esistono innumerevoli tipologie di orizzontamento che possono essere classificate come solaio ligneo. Prescindendo dal tentare di elencarle tutte, si può far riferimento al documento CNR DT201/2005 che isola due caratteristiche tipologiche fondamentali: l ordito e l impalcato: L ordito è costituito da uno o più ordini di travi, tessuti in direzioni fra loro ortogonali (in genere, un orditura principale, costituita dalle travi, ed un orditura secondaria, costituita dai travetti). L ordito ha la funzione statica di resistere alle azioni verticali dovute al peso proprio, al peso degli elementi di impalcato e delle parti di completamento all intradosso e all estradosso, nonché al peso di eventuali tramezzi ed all azione dei sovraccarichi variabili. L impalcato è costituito nella sua configurazione più semplice, da un elemento piano realizzato da uno o più strati di tavole di legno tra loro accostate, o anche realizzato da pianelle di laterizio appoggiate ai travetti. L impalcato ha la funzione statica di resistere ai carichi verticali che gravano direttamente su di esso e di ripartirli tra gli elementi dell ordito; inoltre svolge la funzione di irrigidimento trasversale dell ordito, trasmettendo le azioni orizzontali agli elementi verticali della struttura [CNR DT201/2005]. La necessità di adeguare i diaframmi ai carichi d esercizio suggeriti dalle vigenti normative, magari in presenza di un cambio di destinazione d uso (specialmente nel caso di edifici storici di pregio), richiede il ricorso a delle tecniche in grado di incrementare sia la resistenza che la rigidezza fuori piano dei solai. Ovviamente un solaio che si presenta inadeguato a sopportare i carichi verticali, molto probabilmente risulterà carente anche per quanto riguarda il comportamento nei confronti delle azioni orizzontali. E ormai assodato che il comportamento di piano degli orizzontamenti gioca un ruolo fondamentale nel determinare la performance sismica di un edificio in muratura, sia dal punto di vista della risposta globale che dal punto di vista dei meccanismi locali. Infatti, all aumentare della rigidezza di piano, cresce il grado di collaborazione tra i sistemi di parete e la risposta dell intero edificio si avvicina sempre più ad una risposta di tipo scatolare (ciò naturalmente presuppone un efficace sistema di collegamento tra elementi resistenti verticali e strutture orizzontali), dove gli orizzontamenti ridistribuiscono le azioni orizzontali ai vari maschi murari secondo la loro rigidezza e trasferiscono ai setti disposti parallelamente all azione sismica il carico inerziale associato ai muri caricati ortogonalmente al proprio piano. Inoltre, un adeguata rigidezza/resistenza membranale dei solai permette di limitare lo spostamento fuori piano dei setti ortogonali ed evitare così fenomeni di collasso locale per meccanismi di I modo. 1
2 (a) (b) (c) Figura 1 Alcune tipologie di solaio ligneo: a) solaio con travetti squadrati e tavolato semplice; b)/c) viste (estradosso/intradosso) di solai realizzati con la tecnica malta paglia Studi passati focalizzati sulla risposta dinamica di edifici in muratura [Tena Colunga e Abrams, (1996)] hanno dimostrato inoltre come la presenza di solai flessibili possa portare ad un incremento dell accelerazione a cui sono sottoposti i setti disposti parallelamente all azione del sisma, oltre ad una risposta disaccoppiata dei vari sistemi di parete; va tenuto conto però che ciò generalmente si accompagna ad una riduzione delle forze torsionali. La necessità di una maggiore collaborazione tra i maschi murari divenne evidente in seguito ai terremoti del Friuli (1976) e dell Irpinia (1980) dove si osservarono ingenti danni dovuti essenzialmente ad un comportamento indipendente dei vari sistemi di parete. La soluzione fu quella di cercare di rendere gli orizzontamenti, presenti nelle strutture esistenti, simili a diaframmi rigidi ideali. La soluzione più naturale sembrò quella di sostituire i solai lignei con solai in laterocemento: Qualora i solai siano avvallati e comunque deteriorati, sì da non possedere adeguata rigidezza nel proprio piano, essi devono essere sostituiti con solai in cemento armato ordinario o precompresso, ovvero in acciaio [DM 2/7/1981]. Vent anni dopo, il terremoto del Molise (2002) evidenziò seri limiti relativi a tale pratica. In murature di scarsa qualità meccanica e tessitura irregolare, la realizzazione di cordoli in breccia è infatti spesso causa di un pericoloso indebolimento locale con alterazione dei flussi di tensione legati ai carichi verticali [Borri, (2004)]. A ciò si unisce un possibile effetto "lama" esercitato dal solaio rigido sull area indebolita dallo scasso (in special modo qualora il cordolo non sia ben vincolato con la muratura sottostante). Il passo successivo dunque, al fine di ottenere un rinforzo/irrigidimento che sia efficace sia nel piano che fuori-piano, è stato quello di realizzare una soletta in calcestruzzo resa collaborante con i travetti tramite l inserimento di connettori di varia natura (barre resinate, connettori a piolo con base avvitata ecc.). Tale tecnica ha goduto e gode tuttora di ampio favore tra i professionisti del settore. Meno invasiva di una sostituzione del solaio ligneo con uno in laterocemento, la soluzione della cappa collaborante comporta tuttavia un notevole incremento di massa (e dunque di carico inerziale) rispetto alla configurazione originaria. Ecco quindi che le tecniche di rinforzo cosiddette legno-legno, grazie al peso specifico del legno che è minore di un quinto di quello del calcestruzzo, rappresentano una valida alternativa alla soluzione con soletta collaborante in conglomerato cementizio. Inoltre la possibilità di realizzare a secco, qualora si utilizzino viti, un intervento di rinforzo totalmente reversibile, rappresenta un sicuro punto di forza quando si tratta di intervenire su edifici soggetti a tutela. "Nei casi in cui risulti necessario un consolidamento statico del solaio per le azioni flessionali, è possibile, con le tecniche legno-legno, conseguire contemporaneamente l irrigidimento nel piano e fuori dal piano, posando sul tavolato esistente, longitudinalmente rispetto alle travi dell orditura, dei nuovi tavoloni continui, resi collaboranti alle travi mediante perni anche di legno, irrigiditi nel piano 2
3 del solaio con l applicazione di un secondo tavolato di finitura." [Circolare 02 febbraio 2009 n 617/C.S.LL.PP]. I tavoloni possono essere realizzati in legno massiccio oppure si possono impiegare travi in legno lamellare disposte su un fianco (Figura 2a). Alternativamente è possibile fare ricorso a dei pannelli X-lam che, essendo più stabili dimensionalmente nei confronti di variazioni del contenuto d acqua, possono essere posti in adiacenza ed assolvere così contemporaneamente alla funzione di irrigidimento fuori-piano e nel piano, senza necessità di un tavolato di rinforzo aggiuntivo (Figura 2b). Ovviamente in questo caso bisognerà garantire il trasferimento di sforzi di taglio all interfaccia tra pannello e pannello tramite opportuni sistemi di connessione (ad esempio inserendo viti a tutto filetto incrociate). (a) Figura 2 Esempi di rinforzo legno-legno per azioni fuori dal piano e nel piano: a) rinforzo con tavoloni in lamellare sdraiato; b) rinforzo con pannelli in X-lam Presso il Laboratorio di Prove Sperimentali dell'università di Trento, sono stati condotti dei test per valutare l efficacia di tali tecniche legno-legno. In particolare, l attenzione è stata rivolta alla risposta fuori piano della soluzione con rinforzo in lamellare sdraiato. Sono stati testati quattro campioni di luce 7.5 m, costituiti da una trave in legno lamellare GL24h di sezione b h ( mm 2 ) sopra la quale è stato sistemato un tavolone di sezione b h ( mm 2 ) sempre in legno lamellare GL24h. Tra la trave ed il tavolone era presente un tavolato costituito da tavole in abete di sezione b h ( mm 2 ). Sono stati presi in considerazione quattro diversi sistemi di connessione con viti autofilettanti (Figura 3). La prima configurazione ha visto l uso di coppie di viti a doppio filetto (diametro 8.2 mm, con tratto centrale liscio) in disposizione incrociata a 45. Nella seconda configurazione, sono state utilizzate le stesse viti della configurazione 1, sempre inclinate a 45 ma in modo da lavorare esclusivamente a taglio-trazione. Nella terza configurazione la disposizione dei connettori è analoga a quella della configurazione 1. Le viti doppio filetto sono state però sostituite con viti a filetto continuo o tutto-filetto del diametro di 9 mm. L uso di viti con un filetto continuo, dalla punta alla testa della vite, fa sì che in configurazione 3 non si generi quella componente verticale di compressione presente nelle altre configurazioni. Nell ultima configurazione, sono state utilizzate viti standard a filetto singolo (diametro 10 mm) inserite con un angolo di 90 rispetto all orizzontale. Il passo delle viti (mantenuto costante per tutte le tipologie di rinforzo) è stato determinato in base alle verifiche in configurazione 4. Dopo aver eseguito delle prove elastiche volte a determinare le caratteristiche meccaniche delle varie componenti, tutti i solai sono stati portati a rottura applicando quattro forze concentrate con un interasse pari ad un quarto della luce (la prima forza si trovava ad un ottavo della luce dall appoggio). Per tutte le configurazioni è stato registrato un notevole incremento di rigidezza rispetto ai test eseguiti sui campioni con l elemento di rinforzo in posizione ma senza la presenza dei connettori (Figura 4). In particolare, dal grafico riportato in Figura 4, si osserva come le prime tre tipologie di rinforzo abbiano prodotto lo stesso effetto in termini di rigidezza pur con differenti valori di carico a rottura (il solaio 2 ha raggiunto un valore decisamente più elevato). Il provino rinforzato con le viti poste a 90 (solaio 4), invece, dopo un tratto iniziale con rigidezza paragonabile a quella degli altri (b) 3
4 solai, ha mostrato un calo di rigidezza che ha portato ad un carico di rottura decisamente inferiore a quello degli altri provini. Per tutti i provini, la rottura è avvenuta al lato teso ossia al lembo inferiore della trave. Al momento della rottura lo scorrimento registrato alle testate era all incirca di 1 mm per i solai 1,2 e 3 e di circa 6 mm per il solaio 4 (si consideri che lo spostamento ultimo per connessioni a taglio realizzate con la stessa tipologia di viti usate nella configurazione 4, registrato sperimentalmente presso l Università di Trento, è ampiamente superiore a 50 mm). L efficienza del sistema di connessione (η), misurata in termini di freccia in mezzeria è risultata superiore al 94% per tutte le configurazioni (almeno nel tratto iniziale) denotando un comportamento molto simile a quello di un sistema composto ideale in cui lo scorrimento tra gli elementi accoppiati è nullo. Figura 3 Tipologie di connessione testate 4
5 F [KN] η = 1 sezione composta ideale 5 kn/m 2 η = 0 assenza di connessione δ [mm] Figura 4 Prova di carico a rottura Figura 5 Rottura del campione E interessante notare come la risposta iniziale del solaio 4 sia stata significativamente più rigida di quanto ci si aspettasse da un calcolo teorico. Infatti, mentre le singole coppie di viti in configurazione 1, 2 e 3 hanno una rigidezza pari rispettivamente a N/mm, N/mm e N/mm, in configurazione 4 la rigidezza è pari a 5383 N/mm. La ragione è da cercarsi nella forza di attrito che si crea all interfaccia per effetto della compressione dovuta al tiro esercitato dalle viti. Una volta superata tale forza di attrito, si osserva un brusco calo della pendenza della curva forza Vs. spostamento in mezzeria con i connettori più esterni che entrano in campo nonlineare. Si è visto come l utilizzo di viti in configurazione inclinata/incrociata, sfruttando la notevole rigidezza assiale dei connettori permetta di ottenere sistemi di connessione estremamente efficienti. Allo stato attuale però, mancano ancora indicazioni normative esaustive (specialmente per quanto riguarda la rigidezza) su come calcolare questa particolare tipologia di connessioni. In letteratura fortunatamente esistono dei modelli di calcolo [Tomasi et al. (2010)] che permettono di stimarne il comportamento con buona precisione (la differenza tra freccia sperimentale e freccia teorica per i primi tre solai è risultata attorno al 5%). Molto spesso, quando si tratta di recuperare solai lignei esistenti, ci si trova nella situazione di avere a disposizione spazi limitati per l inserimento del rinforzo e dove la verifica di freccia risulta essere la verifica più vincolante. Dunque la possibilità di imporre una controfreccia iniziale può 5
6 rivelarsi fondamentale nel contenere lo spessore del rinforzo. A questo scopo, all Università di Trento, è stato proposto un metodo innovativo per applicare una monta iniziale ai travetti senza necessità di alcun sistema di puntellamento o di accedere al solaio dall intradosso. Tale metodo infatti, sfrutta la componente di forza orizzontale introdotta dal tiro delle viti quando disposte con una configurazione simile a quella del solaio 2 vista in precedenza. Per capire meglio, possiamo fare riferimento agli schemi riportati in Figura 6. Quando le viti sono inserite formando un angolo di 90 con la trave ed il suo rinforzo, il tiro introdotto dai connettori stessi è auto-equilibrato ed il sistema composto rimane indeformato (6a) fintanto che non viene applicato un carico esterno (6b). A questo punto, la struttura si deforma e, ad equilibrio raggiunto, i due elementi si scambiano un sistema di azioni interne come quello riportato in figura 6c. Se i connettori invece sono disposti come in figura 6d, anche in assenza di carico esterno, affinché si raggiunga l equilibrio è necessario che i due elementi (trave e rinforzo) si scambino delle azioni all interfaccia come quelle riportate in Figura 6e, che hanno esattamente verso opposto rispetto a quelle di Figura 6c. Ciò significa che si assisterà ad una deformazione verso l alto della struttura composta. In sostanza è quasi come se si applicasse un carico dal basso verso l alto. In realtà, se non si osserva uno schema di inserimento delle viti ben preciso, può accadere che le viti si ostacolino l una con l altra con il risultato di annullare l innalzamento della trave appena descritto. Per massimizzare questo effetto monta è fondamentale infatti che l inserimento delle viti avvenga a partire dalla mezzaria della trave e poi proceda verso le estremità in maniera alternata (destra/sinistra) rispetto alla mezzaria stessa. I primi test, condotti su travetti 100 x 100 mm 2 con una luce di 4 m, hanno fornito risultati promettenti con una monta pari a circa 1/300 della luce (Figura 7). E stata inoltre sviluppata una formulazione analitica che permette di valutare l entità della controfreccia ottenibile sulla base delle caratteristiche meccaniche degli elementi lignei e dei connettori. Ovviamente questo effetto monta risulta legato alla capacità delle viti di esercitare una forza di compressione tra gli elementi che connettono. Per tale ragione è stata realizzata una campagna sperimentale con oltre 150 campioni che ha dimostrato come, a seconda del tipo di vite, si possono applicare pressioni che variano da 1 a 9 kn. La ricerca è ancora in una fase iniziale ed ulteriori test saranno intrapresi a breve per indagare il comportamento a lungo termine delle travi composte a cui è stata applicata la procedura di monta. Da alcune prime analisi si è visto come anche a fronte di un eventuale perdita totale di tiro delle viti a lungo termine, non si osserva una completa perdita della monta dovuta al fatto che la rigidezza della struttura varia mano a mano che la procedura di monta avanza. a) b) c) P q N1 M1 M N2 M2 d) e) P N1 M1 N2 M2 Figura 6 Scambio di azioni interne in elementi composti realizzati con connettori meccanici in grado di esercitare una forza di compressione tra gli elementi che collegano 6
7 L/300 Figura 7 Test sperimentale della procedura innovativa proposta dall Università di Trento per applicare una monta alle travi E stato menzionato in precedenza quanto sia auspicabile selezionare quelle tecniche di rinforzo fuori-piano che garantiscono anche un irrigidimento nel piano del solaio. La prima difficoltà però è definire quando e fino a che punto questo irrigidimento di piano sia indispensabile. Innanzitutto, può essere utile determinare quand è che un solaio ligneo può essere definito rigido o flessibile. Un aiuto in questo senso viene fornito dalla normativa americana ASCE 41-13, che lega l attributo di diaframma rigido/flessibile al rapporto tra la deformazione del solaio e la deformazione delle pareti resistenti. Un diaframma può essere considerato flessibile quando la massima deformazione orizzontale del diaframma stesso è maggiore di due volte lo spostamento medio di interpiano relativo ai setti resistenti al piano immediatamente sottostante l orizzontamento considerato. Un diaframma può essere considerato rigido quando la massima deformazione orizzontale del diaframma stesso è minore dello spostamento medio di interpiano relativo ai setti resistenti al piano immediatamente sottostante l orizzontamento considerato. In condizioni intermedie il diaframma può essere considerato parzialmente rigido [ASCE 41-13]. Questa classificazione però, può essere applicata solamente una volta determinata la massima deformazione orizzontale del diaframma, il che significa conoscere la rigidezza di piano del solaio. La CNR DT201/2005 fornisce alcune indicazioni su come calcolare, sulla base del Principio dei Lavori Virtuali, la deformazione di un solaio ligneo il cui impalcato è costituito da uno strato di tavole ortogonali ai travetti (tavolato semplice). La formulazione richiede la conoscenza della rigidezza dei connettori (chiodi/viti) che in caso di solaio esistente può essere di non facile determinazione. Inoltre vi è l ipotesi che il tavolato risulti interrotto ad ogni travetto con la conseguente presenza di una doppia coppia di connettori per ogni travetto. Altro approccio è quello della normativa americana ASCE che fornisce direttamente i valori di rigidezza a taglio equivalente (G d ) e di resistenza a taglio unitaria (ν u ) per diverse tipologie di diaframma (Tabella 1). Come si può notare dalla Tabella 1, la normativa attribuisce molta importanza alla presenza del cordolo-tirante (sia esso realizzato in legno oppure in materiale metallico), riconoscendo di fatto ai diaframmi un certo comportamento a trave, comportamento che appare quantomeno un po forzato nel caso di solaio con uno strato di pannelli al di sopra del tavolato esistente. In aggiunta, i dati riportati in Tabella 1 derivano da una estesa campagna sperimentale [ABK (1982)] che fu condotta su campioni di nuova costruzione e che quindi può dar luogo ad una sovrastima della rigidezza di diaframmi che hanno subito l usura del tempo. Si può eventualmente far riferimento alla normativa neozelandese NZSEE (Tabella 2) dove la rigidezza dei solai lignei dipende dalla condizione di degrado dei diaframmi stessi e dove viene attribuito un comportamento ortotropo al solaio con tavolato semplice ortogonale alle travi (la tipologia di diaframma indubbiamente più rappresentativa della situazione esistente in Nuova Zelanda), distinguendo tra direzione di carico parallela ai travetti e direzione ortogonale. Una descrizione 7
8 dettagliata della procedura di calcolo per i diaframmi lignei contenuta nella NZSEE, inclusi dati relativi a sistemi di rinforzo di piano, può essere trovata in [Giongo et al. (2014)]. I valori di rigidezza a taglio equivalente riportati in Tabella 2, fanno riferimento ad una rigidezza secante determinata per un livello di deformazione del solaio corrispondente allo spostamento critico fuori piano delle murature ortogonali (nello specifico pari a 100 mm). Tabella 1 Rigidezza a taglio equivalente e resistenza a taglio unitaria secondo ASCE Tavolato semplice ortogonale Tavolato doppio Tavolato semplice diagonale Tavolato doppio misto Tavolato doppio diagonale Strato di pannelli sopra tav. esistente Cordolo tirante Gd [kn/m] νu [kn/m] SI NO - - SI NO SI NO SI NO SI NO SI NO Tabella 2 Rigidezza a taglio equivalente per solai esistenti (tavolato semplice) secondo NZSEE 2015 Direzione di carico Travetti Stato di degrado Gd [kn/m] Continui o interrotti in Limitato o assente 350 Parallela ai travetti corrispondenza di un Moderato 285 appoggio intermedio Severo 225 Ortogonale ai travetti Continui oppure interrotti ma collegati con connessioni meccaniche affidabili Interrotti senza collegamento meccanico affidabile Limitato o assente 265 Moderato 215 Severo 170 Limitato o assente 210 Moderato 170 Severo 135 L attività di ricerca svolta presso l Università di Trento, descritta in questo articolo, è stata condotta nell ambito del progetto RELUIS (linea Edifici Esistenti), finanziato dal Dipartimento di Protezione Civile. 8
9 Riferimenti bibliografici Agbabian & Associates, S. B. Barnes & Associates, and Kariotis & Associates, (ABK) A Joint Venture, (1982). Methodology for mitigation of seismic hazards in existing unreinforced masonry buildings: Diaphragm Testing, Rep. No. ABK-TR-03, El Segundo, California. ASCE/SEI 41-13, (2014) Seismic Evaluation and Retrofit of Existing Buildings. American Society of Civil Engineers, Reston, VA, ISBN Borri A., (2004) Analisi ed interventi sugli edifici esistenti in muratura. Atti del XI Convegno Nazionale ANIDIS, Genova. CNR DT 201/2005, (2005) Studi Preliminari finalizzati alla redazione di Istruzioni per Interventi di Consolidamento Statico di Strutture Lignee mediante l utilizzo di Composti Fibrorinforzati. Consiglio Nazionale delle Ricerche. C.M. 617: , (2013) Istruzioni per l'applicazione delle «Nuove norme tecniche per le costruzioni» di cui al decreto ministeriale 14 gennaio Giongo, I., Wilson, A., Dizhur, D., Derakhshan, H., Tomasi, R., Griffith, M. Quenneville, P., Ingham, J., 2014, Detailed seismic assessment and improvement procedure for vintage flexible timber diaphragms, Bulletin of the New Zealand Society for Earthquake Engineering, 47, 2, June, NZSEE, (2015) Assessment and Improvement of the Structural Performance of Buildings in Earthquakes. NZSEE, Wellington, New Zealand. Tena Colunga, A., Abrams, D. P., (1996). Seismic Behavior of Structures with Flexible Diaphragms, ASCE Journal of Structural Engineering, 122(4), pp Tomasi R., Crosatti A., Piazza M., (2010) Theoretical and experimental analysis of timber-to-timber joints connected with inclined screws. Construction and Building Materials, 24,
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