Orario Normale di lavoro (art. 3)

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1 LA DISCIPLINA DELL ORARIO DI LAVORO SECONDO IL D.LGS. 66/2003 Orario Normale di lavoro (art. 3) L orario normale di lavoro è fissato in 40 ore settimanali. I contratti collettivi nazionali di lavoro possono stabilire, ai fini contrattuali, una durata minore e riferire l orario normale alla durata media delle prestazioni lavorative in un periodo non superiore all anno (è il cd. orario multiperiodale, che consente una base di calcolo dell orario di lavoro più ampia di quella settimanale, consentendo all azienda maggiori spazi di flessibilità nella produzione, attraverso la previsione di un orario normale di lavoro più ampio nei periodi di picco lavorativo, e più limitato in periodi caratterizzati da minori commesse). Si precisa che il riferimento all anno nell orario multiperiodale non è da intendersi come anno civile (1 gennaio 31 dicembre), ma come un periodo mobile compreso tra un giorno qualsiasi dell anno e il medesimo giorno dell anno successivo. Nell ambito dell orario di lavoro: - Rientra il cd. tempo tuta (tempi di vestizione e di svestizione di tute o divise aziendali), qualora l uso della tuta/divisa sia imposto dal datore di lavoro, che stabilisce anche il luogo (locale aziendale) in cui deve avvenire la vestizione e la svestizione; - Non rientra la cd. reperibilità, se non dal momento in cui il lavoratore reperibile viene chiamato effettivamente a lavorare. Durata massima dell orario di lavoro (art. 4) La legge non stabilisce più espressamente, a differenza del passato, la durata massima giornaliera dell orario di lavoro; tuttavia nella determinazione della durata giornaliera dell orario è comunque necessario rispettare le norme, successivamente richiamate, sui riposi (giornaliero ex art. 7 e settimanale ex art. 9) e sulle pause obbligatorie (ex art. 8). Anche per la definizione della durata massima settimanale dell orario di lavoro la legge rimanda alla contrattazione collettiva. Tuttavia, in ogni caso la durata massima dell orario settimanale di lavoro, deve rispettare una media di 48 ore settimanali, per ogni periodo di 7 giorni, comprese le ore di straordinario. A tal riguardo, il riferimento temporale per il calcolo della durata media delle prestazioni lavorative settimanali è di 4 mesi (art. 4, comma 3), a meno che i contratti collettivi di lavoro, di qualsiasi livello (anche aziendale), non prevedano un periodo di computo superiore: vale a dire un periodo di 6 mesi, ovvero di 12 mesi, ma in quest ultima ipotesi a fronte di ragioni obiettive, tecniche o inerenti all organizzazione del lavoro, che devono essere espressamente richiamate nella contrattazione collettiva. Ai fini del computo dell orario massimo settimanale consentito (48 ore settimanali medie su 4 mesi, ovvero se previsto dai CCL su 6 mesi o 12 mesi), comprensivo dello straordinario, non si tiene conto dei giorni di assenza dal lavoro per ferie, malattia, infortunio, astensione obbligatoria di maternità e congedi parentali. Inoltre, non si computano a questo scopo le ore di straordinario rispetto alle quali il lavoratore abbia beneficiato di un corrispondente periodo di riposo compensativo. Via Jacopo Berengario n Modena (MO) tel /5 fax tiraboschi@unimore.it, pasquini.flavia@unimore.it

2 Non è più previsto l obbligo di comunicare alla DPL competente il superamento delle 48 ore settimanali. In questo senso, il controllo sul rispetto delle norme sulla durata massima settimanale dell orario di lavoro, anche con calcolo plurisettimanale, è lasciato alle eventuali verifiche da parte degli ispettori del lavoro. Il lavoro straordinario (art. 5) La legge prescrive di contenere il più possibile il lavoro straordinario, ma si tratta di un precetto privo di sanzione. Per lavoro straordinario si intende il lavoro svolto oltre le 40 ore settimanali, ovvero oltre il numero di ore settimanali (inferiori a 40) definito dalla contrattazione collettiva. Il lavoro straordinario viene retribuito e/o compensato secondo le modalità definite dalla contrattazione collettiva, la quale ne definisce altresì i limiti quantitativi ammessi e l eventuale obbligo dei lavoratori di eseguire lo straordinario richiesto dall azienda. Al riguardo, nel silenzio della contrattazione collettiva, la legge prevede che il ricorso al lavoro straordinario debba essere concordato col lavoratore nei limiti quantitativi delle 250 ore annue, salvo i casi specificamente definiti dalla legge per i quali è possibile per il datore di lavoro superare, anche in difetto della disciplina collettiva, il limite delle 250 ore annue. Queste ipotesi speciali (previste dall art. 5, comma 4) consistono: - in eccezionali esigenze tecnico-produttive; - nel caso di forza maggiore; - in eventi particolari, come ad esempio fiere e manifestazioni collegate all attività produttiva, nonché allestimento di prototipi, modelli e simili predisposti per le stesse, preventivamente comunicati agli uffici competenti (art. 19 L. 241/1990) e in tempo utile alle RSU (o RSA). Si precisa che nel caso di orario multiperiodale, lo straordinario deve essere computato sulla base della programmazione settimanale, per cui se ad esempio in una determinata settimana l orario programmato è di 50 ore, lo straordinario si calcola a partire dalla cinquantunesima ora (Circ. Min. Lavoro n. 8/2005). I Riposi Riposo giornaliero (art. 7) Il lavoratore ha diritto a un riposo giornaliero di 11 ore consecutive ogni 24 ore. Fanno eccezione alla consecutività del riposo minimo giornaliero delle 11 ore le attività lavorative caratterizzate da periodi di lavoro frazionati durante la giornata, nonché il regime della reperibilità, che non interrompe il periodo di riposo giornaliero, salvo il caso di chiamata, momento dal quale decorre la prestazione di lavoro, che naturalmente deve essere computata come orario di lavoro. I contratti collettivi nazionali di lavoro (non i CCL aziendali e territoriali) possono prevedere deroghe alla disciplina legale sul riposo giornaliero (art. 17, comma 1), purché vengano accordati al lavoratore equivalenti periodi di riposo compensativo, o in casi eccezionali in cui il riposo compensativo non possa essere concesso, a condizione che al lavoratore stesso venga accordata una protezione appropriata. 2

3 Pause (art. 8) Nel caso in cui la prestazione lavorativa giornaliera ecceda le sei ore, il lavoratore ha diritto ad una pausa definita nelle modalità e nella durata dalla contrattazione collettiva, in mancanza della quale la durata minima della pausa è prevista nel limite minimo legale di 10 minuti. La finalità della pausa è il recupero delle energie psico-fisiche del lavoratore. I contratti collettivi nazionali di lavoro (non i CCL aziendali e territoriali) possono prevedere deroghe alla disciplina legale delle pause (art. 17, comma 1), salvo compensazione. Riposi settimanali (art. 9) Il lavoratore ha diritto ogni sette giorni ad un riposo minimo di 24 ore consecutive, che di regola deve corrispondere alla domenica (salvo lavorazioni su turni). Il riposo settimanale deve essere cumulato con le ore di riposo giornaliero (11 ore), di modo che il riposo settimanale minimo consecutivo tra due periodi di lavoro settimanale non può essere inferiore a 35 ore (24 ore di riposo settimanale e 11 ore di riposo giornaliero). Il calcolo delle 35 ore avviene come media su un periodo di 14 giorni, vale a dire di due settimane, cosicché, qualora in una settimana non sia stata osservata l interruzione di 35 ore, ma una interruzione minore, il periodo di mancato riposo settimanale può essere recuperato cumulandolo alle 35 ore di riposo della settimana seguente. Sono previste eccezioni alle regole riguardanti le modalità (anche quantitative) di fruizione dei riposi settimanali nei seguenti casi: - lavoro a turni, nel caso di cambio turno e cambio squadra; - attività con periodi di lavoro frazionati nelle giornata; - trasporti ferroviari e attività connesse; - nelle ipotesi stabilite dai contratti collettivi di lavoro, purché siano previsti equivalenti periodi di riposo compensativo, o in caso di impossibilità in tal senso, purché la contrattazione collettiva preveda una protezione adeguata. Inoltre, la legge (art. 9, comma 3) espressamente elenca le attività produttive per le quali la giornata di riposo settimanale può non coincidere con la domenica. Ferie annuali (art. 10) La durata delle ferie annuali è disciplinata dai contratti collettivi nazionali di lavoro, così come le relative modalità di fruizione. Tuttavia è prevista una tutela minima di legge, secondo la quale il periodo di ferie annuali non può essere inferiore alle 4 settimane. Inoltre, per quanto riguarda l effettivo godimento delle ferie, la legge prevede che i lavoratori debbano sempre godere di almeno due settimane in corso d anno, mentre il restante periodo potrebbe essere goduto anche successivamente. Infine, a richiesta del lavoratore, il periodo di due settimane di ferie minimo da godere in corso d anno deve essere continuativo. Per quanto riguarda l eventuale sostituzione da parte del datore di lavoro delle ferie annuali non godute con la corresponsione al lavoratore della specifica indennità, la pratica è consentita soltanto per il periodo di ferie di cui al CCNL eccedente il minimo legale delle 4 settimane. Al contrario, in caso di risoluzione del rapporto di lavoro, è liberamente consentita la monetizzazione delle ferie maturate e non godute dal lavoratore. 3

4 Il lavoro notturno Definizione di lavoratore notturno Per periodo notturno (notte) si intende un periodo di almeno 7 ore consecutive comprendenti il periodo dalla mezzanotte alle 5 del mattino. Alla luce di questa definizione di periodo notturno, si intende per lavoratore notturno quel lavoratore che durante il periodo notturno svolge normalmente almeno 3 ore del proprio orario di lavoro giornaliero. La contrattazione collettiva di lavoro disciplina la definizione di lavoratore notturno con riferimento alle diverse realtà produttive, prendendo a riferimento i lavoratori che svolgono di notte almeno una parte del proprio orario di lavoro. In caso di silenzio da parte della contrattazione collettiva, la legge prevede che sia considerato lavoratore notturno anche quel lavoratore che svolge almeno 3 ore di lavoro in periodo notturno per almeno 80 giorni lavorativi all anno (con l avvertenza che in caso di rapporto di lavoro a tempo parziale, il limite minimo delle 80 giornate lavorative annue deve essere conseguentemente riproporzionato). Limitazioni e divieti (artt. 14 e 15) Il datore di lavoro ha l obbligo di sottoporre a proprie spese il lavoratore notturno a visita medica preventiva e periodica (almeno biennale) per la verifica dell idoneità specifica. Infatti, il lavoro notturno è uno dei casi di sorveglianza obbligatoria ai sensi dell art. 41 D.Lgs. 81/2008 (testo unico sicurezza). E sempre vietato adibire al lavoro dalle ore 24 alle ore 6 del mattino le donne in gravidanza e in puerperio, e precisamente dal momento dell accertamento dello stato di gravidanza al compimento di un anno di età del bambino. La contrattazione collettiva, poi, stabilisce i requisiti dei lavoratori che possono essere esclusi dall obbligo di effettuare lavoro notturno. Inoltre, non sono obbligati a prestare lavoro notturno: a) la lavoratrice madre di un figlio di età inferiore a tre anni o, in alternativa, il lavoratore padre convivente con la stessa; b) la lavoratrice o il lavoratore che sia l unico genitore affidatario di un figlio convivente di età inferiore a dodici anni; c) la lavoratrice o il lavoratore che abbia a proprio carico un soggetto disabile ai sensi della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e successive modificazioni. La legge prevede che, qualora il lavoratore adibito al lavoro notturno venga giudicato non più idoneo all effettuazione del lavoro notturno a causa di sopravvenute condizioni di salute a ciò ostative, egli sia assegnato al lavoro diurno, in altre mansioni equivalenti, se esistenti e disponibili. Disciplina del lavoro notturno (art. 13) Il lavoratore notturno non può superare le 8 ore di lavoro giornaliero, con possibilità per la contrattazione collettiva (anche aziendale) di stabilire un periodo di riferimento per il calcolo delle 8 ore giornaliere come media del periodo stesso. La contrattazione collettiva definisce eventuali riduzioni dell orario di lavoro per i lavoratori notturni 4

5 e le relative eventuali maggiorazioni economiche (indennità). I contratti collettivi nazionali di lavoro (non i CCL aziendali e territoriali) possono prevedere deroghe alla disciplina legale del lavoro notturno. Obblighi di comunicazione (art. 12) La legge prevede che l introduzione del lavoro notturno in azienda debba essere preceduta dalla consultazione delle RSU (o RSA), e qualora queste non siano state costituite, delle OO.SS. territoriali firmatarie del CCL applicato in azienda. La consultazione viene effettuata e conclusa in un periodo di 7 giorni. Si precisa che non sono più previsti obblighi di comunicazione alle DPL competenti del ricorso al lavoro notturno. Le Deroghe Gli articoli 16 e 17 del D.Lgs. 66/2003 prevedono alcune deroghe specifiche rispettivamente alla disciplina sulla durata settimanale dell orario di lavoro (art. 16), e alla disciplina del riposo giornaliero, delle pause, del lavoro notturno e della durata massima settimanale dell orario di lavoro (art. 17). Una importante deroga riguarda i lavoratori il cui orario di lavoro è, a causa della natura del rapporto di lavoro, non predeterminato ovvero può essere determinato dai lavoratori stessi, ed in particolare, a titolo di esempio (art. 17, comma 5): - i dirigenti, il personale direttivo delle aziende o altre persone aventi potere di decisione autonomo; - la manodopera familiare; - i lavoratori del settore liturgico; - i lavoratori a domicilio e i lavoratori in telelavoro. Orario di lavoro e riposi: i minori Una disciplina speciale in materia di orario di lavoro riguarda i minori. L età minima per l ammissione al lavoro è fissata al momento in cui il minore ha assolto agli obblighi scolastici e comunque non può essere inferiore ai 16 anni compiuti. La disciplina legale (art. 18 L. 977/1967) prevede una durata massima dell orario di lavoro settimanale per i minori (con età compresa tra i 16 e i 18 anni, con obbligo scolastico assolto), che non può superare le 8 ore giornaliere e le 40 ore settimanali. E vietata per i minori l adibizione al lavoro notturno. Il periodo di riposo protetto, in questo senso, comprende l arco temporale di 12 ore consecutive comprendente l arco temporale tra le ore 22 e le ore 6 del mattino (ovvero quello tra le ore 23 e le ore 7 del mattino). Al di fuori di questi intervalli di tempo, il riposo notturno può essere interrotto nel caso di lavori frazionati o di breve durata nell arco della giornata. Sono ammesse deroghe al divieto di lavoro notturno per i minori: a.- per coloro che abbiano compiuto i 16 anni di età, in caso di forza maggiore che ostacoli il funzionamento dell azienda, per una lavorazione temporanea che non ammetta ritardi, qualora non siano disponibili lavoratori adulti per l esecuzione di tale lavorazione (deve comunque essere effettuata 5

6 una dichiarazione in tal senso alla DPL competente); b.- per coloro che operano in attività culturali, artistiche, sportive o pubblicitarie, ovvero nel settore dello spettacolo. In questi casi la prestazione lavorativa non può comunque protrarsi oltre le ore 24, e deve essere seguita da un periodo di riposo di almeno 14 ore consecutive. Sono anche previsti obblighi di riposo intermedio nell ambito della medesima giornata lavorativa, per cui al minore deve essere concesso un periodo di riposo di almeno 1 ora dopo le prime 4 ore e 30 minuti di lavoro. La legge stabilisce che il riposo settimanale dei minori sia di 2 giorni (possibilmente consecutivi) comprensivi della domenica. Il riposo settimanale può non essere previsto di domenica nei seguenti casi: - minori che operano in attività culturali, artistiche, sportive o pubblicitarie, ovvero nel settore dello spettacolo; - minori impegnati nel settore turistico, alberghiero o della ristorazione. Per quanto riguarda le ferie annuali, i minori hanno diritto al trattamento contrattuale previsto dalla contrattazione collettiva come gli altri lavoratori, ma la legge prevede un minimo di 30 giorni all anno (minori di anni 16) e di 20 giorni per i minori che hanno dai 16 ai 18 anni (quest ultimo trattamento è sostanzialmente equivalente a quello previsto dalla legge per i lavoratori maggiorenni). I minori, sono soggetti a specifica sorveglianza sanitaria preventiva e periodica (artt. 7 e 8 L. 977/1967). 6

7 Il lavoro discontinuo, di semplice attesa o custodia e il lavoro stagionale Secondo quanto previsto dall art. 16, comma 1, lett. d), D.Lgs. 66/2003, salvo diversa e specifica previsione della contrattazione collettiva, anche aziendale, non si applica la disciplina sulla durata settimanale dello orario normale di lavoro fissato in 40 ore settimanali medie su un periodo non superiore ad un anno, alle occupazioni che richiedono un lavoro discontinuo o di semplice attesa e custodia. Lo stesso art. 16 D.Lgs. 66/2003 prevede altre ipotesi di deroga alla disciplina generale. Le attività e le occupazioni intese dalla legge come lavoro discontinuo o di semplice attesa e custodia sono tassativamente indicate dal Regio Decreto 2657/1923 e riportate in Appendice n. 2. Non è sufficiente peraltro che una lavorazione sia indicata nella tabella perché i relativi addetti siano automaticamente discontinui, nè, all opposto, che il contratto collettivo nazionale la consideri non discontinua per far perdere ai relativi addetti la connotazione di discontinuo : il lavoratore è discontinuo ai fini legali solo quando la lavorazione tabellata viene eseguita in maniera intermittente, non assidua e non continuativa. La contrattazione collettiva in molti casi disciplina le attività discontinue, prevedendo limiti di orario settimanali e in qualche caso anche giornalieri per l esecuzione di queste attività da parte dei lavoratori dipendenti. Le Attività Stagionali Oltre alla disciplina specifica prevista dai diversi CCNL, la legge prevede alcune specificità connesse all applicazione del D.Lgs. 66/2003 in materia di orario di lavoro e riposi obbligatori. Le attività che per legge sono considerate come stagionali sono quelle previste e tabellate dal RD 1957/1923 e riportate in Appendice n. 3. In primo luogo, con riferimento alla durata settimanale dello orario normale di lavoro (art. 3) fissato in 40 ore settimanali medie su un periodo non superiore ad un anno, l art. 16, comma 1, lett. a), D.Lgs. 66/2003 prevede che il predetto limite settimanale non operi nel caso delle attività stagionali. In questo senso, il superamento delle 40 ore medie settimanali non comporta l applicazione legale della normativa sugli straordinari. Sono fatti naturalmente salvi i migliori trattamenti eventualmente previsti dalla contrattazione collettiva. Inoltre, per le attività stagionali opera la deroga alla fruizione del giorno di riposo settimanale nel giorno di domenica (art. 9, comma 3, lett. C), D.Lgs. 66/2003). Pertanto, oltre ai maggiori benefici eventualmente previsti dalla contrattazione collettiva, le imprese interessate possono far effettuare la giornata di riposo settimanale in giorno diverso dalla domenica. I lavori preparatori e complementari Alla luce del D.Lgs. 66/2003, i lavori preparatori e complementari sono disciplinati dall art. 16, comma 1, lett. b), laddove, tra le altre, viene prevista una specifica deroga all orario normale di lavoro (40 ore) per le fattispecie di cui all art. 10 R.D. 1955/1923 (che appunto riguarda i lavori preparatori e complementari). Pertanto, non si applica ai lavori preparatori e complementari la disciplina legale della durata 7

8 settimanale dell orario di lavoro (40 ore), e di conseguenza la disciplina sui limiti agli straordinari. Resta invece applicabile anche a queste tipologie di lavorazioni il limite delle 48 ore medie, compreso lo straordinario, di cui all art. 4, comma 2, D.Lgs. 66/2003. Sono sempre fatte salve le condizioni di miglior favore per il lavoratore stabilite dai contratti collettivi di lavoro. In ogni caso, però, si rammenta che l attività prestata dai lavoratori in esecuzione di lavori preparatori e complementari deve essere considerata come parte integrante dell orario di lavoro, secondo la definizione di cui all art. 1, comma 2, lett. a) D.Lgs : qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell esercizio delle sue attività o delle sue funzioni. Il Ministero del lavoro già a suo tempo aveva individuato il criterio di differenziazione posto alla base della distinzione con circolare n. 172 del In particolare, la circolare prevede che: I lavori preparatori sono quelli necessari per predisporre il funzionamento degli impianti e dei mezzi di lavoro, per apprestare le materie prime, per la pulizia, l utilizzazione e lo sgombero dei prodotti ed in genere per tutti gli altri servizi indispensabili ad assicurare la regolare ripresa e cessazione del lavoro nelle industrie a funzionamento non continuativo limitatamente al personale addetto a tali lavori. I lavori complementari sono i lavori di riparazione, costruzione, manutenzione, pulizia e sorveglianza degli impianti e gli altri servizi che non possono compiersi durante l orario normale senza inconvenienti per l esercizio o pericolo per gli operai. Le condizioni poste quindi perché i lavori preparatori/complementari siano considerati esclusi dalla limitazione dell orario normale di lavoro (40 ore) fanno riferimento non già alla loro straordinarietà e/o eccezionalità, bensì: - all impossibilità per i lavori di cui trattasi di essere effettuati nell orario normale dell azienda, - alla possibilità di creare inconvenienti all esercizio dell attività e quindi per i lavoratori, qualora non fossero eseguiti. Si sottolinea come la normativa faccia riferimento al tipo di attività svolta (lavori preparatori e complementari) e non già a specifiche figure professionali (es. addetti alla manutenzione). Rientrano ancora tra i lavori preparatori e complementari: - la compilazione dell inventario dell anno; - la custodia e vigilanza dell azienda; - la verifica e le prove straordinarie; - per le industrie stagionali, i lavori che precedono la messa in attività nelle fabbriche e per i quali il prolungamento di orario è indispensabile per assicurare il tempestivo e regolare inizio e proseguimento della lavorazione. Si precisa che le deroghe previste per i lavori preparatori e complementari non riguardano il personale di aziende che esercitano in via esclusiva l attività di installazione e manutenzione degli impianti a favore di terzi committenti. Infatti, anche se il contenuto di tali lavori non cambia a seconda che siano eseguiti dal personale dell azienda produttrice degli impianti oggetto di installazione o di manutenzione oppure dai lavoratori di una ditta esterna, solo nel primo caso essi adempiono ad una funzione preparatoria e complementare rispetto all attività principale consistente nella produzione degli impianti. 8

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