I diritti del lavoro, le donne

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1 I diritti del lavoro, le donne ECCO / 38

2 Durante il fascismo, alle donne che lavoravano si addebitava il mancato successo della politca demografca e la «crisi economicomorale della famiglia»: il lavoro femminile crea due danni: la mascolinizzazione della donna e l aumento della disoccupazione maschile. La donna che lavora si avvia alla sterilità; perde la fducia nell uomo; considera la maternità come un intoppo, un ostacolo, una catena; se sposa, difcilmente riesce ad andare d accordo con il marito; concorre alla corruzione dei costumi; in sintesi inquina la vita della strpe. La politca demografca di Benito Mussolini a cura e con prefazione di Paolo Orano, Roma, Pinciana, 1937, p. 4. GUGLIELMO DANZI. Europa senza europei, presentazione di Mussolini, Roma, Edizioni Roma, 1935, p. 27.

3 Maria Diez Gasca afermava che la donna non doveva fare professioni o mesteri considerat da uomini: In luogo di troppe numerose e mediocri avvocatesse, medichesse, ingegneresse e impiegate di amministrazioni pubbliche e private, oggi si possono getare sul mercato del lavoro e molto ben agguerrite, professioniste della casa, dell alimentazione, di partcolari insegnament, dell assistenza ospedaliera e sociale, le quali oltre a risolvere il problema angoscioso del pane quotdiano e del proprio avvenire, raggiungono socialmente un alto valore economico e produtvo tut altro che da disprezzare. Alle madri vere, nella retorica di regime, si afancavano le maestre, donne in grado, così come le infermiere, di «esplicare quelle dot che ogni donna ha in sé anche inconsapevolmente. Ossia sacrifcio, dedizione e rinuncia, dimentcanza di sé, abnegazione». MARIA DIEZ GASCA, Nuove professioni femminili, «Difesa sociale», n. 10, «La donna italiana», n.4, aprile 1934.

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5 La Costituzione Artcolo 1 L'Italia è una Repubblica democratca, fondata sul lavoro. Artcolo 3 Tutti i cittaadini hanno pari digninità sociale e sono egniuali davant alla legnignie, senza distnzione di sesso, di razza, di lingniua, di religniione, di opinioni politche, di condizioni personali e sociali. E` compito della Repubblica rimuovere gnili ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fattao la libertà e l'egniuagnilianza dei cittaadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'efettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'orgnianizzazione politca, economica e sociale del Paese. Artcolo 4 La Repubblica riconosce a tutti i cittaadini il dirittao al lavoro e promuove le condizioni che rendano efettivo questo dirittao. Ognini cittaadino ha il dovere di svolgniere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progniresso materiale o spirituale della società. Artcolo 35 La Repubblica tutela il lavoro in tuttae le sue forme ed applicazioni. Cura la formazione e l'elevazione professionale dei lavoratori. Promuove e favorisce gnili accordi e le orgnianizzazioni internazionali intesi ad afermare e regniolare i diritti del lavoro. Riconosce la libertà di emignirazione, salvo gnili obblignihi stabilit dalla legnignie nell'interesse gnienerale, e tutela il lavoro italiano all'estero. 5 / 38

6 Articolo 38 Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all'assistenza sociale. I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria. Gli inabili ed i minorati hanno diritto all'educazione e all'avviamento professionale. Ai compiti previsti in questo articolo provvedono organi ed istituti predisposti o integrati dallo Stato. L'assistenza privata è libera Articolo 37 La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l'adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione. La legge stabilisce il limite minimo di età per il lavoro salariato. La Repubblica tutela il lavoro dei minori con speciali norme e garantisce ad essi, a parità di lavoro, il diritto alla parità di retribuzione. 6 / 38

7 La donna lavoratrice «La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore». Se la sua approvazione non diede luogo ad alcuna discussione, il dibattito si fece vivace quando fu posto all attenzione e alla discussione il secondo comma: «Le condizioni di lavoro devono consentire l adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale e adeguata protezione». 7 / 38

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9 Per quanto riguarda l accesso delle donne a tutti gli impieghi, negata come visto dal fascismo, fu approvato l articolo 51 non senza discussioni e riformulazioni dello stesso. In una prima proposta l articolo recitava: «Tutti i cittadini dell uno e dell altro sesso possono accedere agli uffici pubbliche e alle cariche elettive in condizione di eguaglianza, conformemente alle loro attitudini». L inciso, conformemente alle loro attitudini, era visto come una limitazione verso l accesso al lavoro e alla possibilità di esercitare una professione: le donne rischiavano, nuovamente, di vedersi aprire la strada solamente in quei campi giudicati «femminili». Dopo un partecipato dibattito l articolo venne modificato, fu tolta la parte riguardante le presunte «attitudini» e fu inserita la parte finale del testo: «secondo i requisiti stabiliti dalla legge». 9 / 38

10 Il 7 novembre 1947, nella seduta pomeridiana dell assemblea costtuente, nell ambito del dibatto sull asseto da dare alla magistratura, l onorevole Giuseppe Betol, democristano e laureato in giurisprudenza, dichiarava San Paolo diceva «Tacciano le donne nella Chiesa», Se san Paolo fosse vivo direbbe «Facciano silenzio le donne anche nei tribunali», cioè non siano chiamate le donne ad esplicare questa funzione, la quale può arrivare (per fortuna noi abbiamo in parte eliminato questo pericolo) a pronunziare una sentenza di morte. Perché il problema dell amministrazione della giustzia è un problema razionale, è un problema logico, che deve essere impostato e risolto in termini di forte emotvità, non già di quella commozione pura,mente superfciale che è propria del genere femminile. Quindi a mio avviso, le donne non dovrebbero essere chiamate ad esplicare la funzione giurisdizionale.

11 Da San Paolo a Shakespeare, per trovare una base se non scientfca almeno culturale per escludere le donne dalla magistratura: «nel mercante di Venezia ha giudicato Porzia e Porzia ha giudicato male», afermava l onorevole Giovanni Persico, avvocato iscrito al gruppo del partto socialista lavoratori italiani, che aggiungeva: «la donna sarà la madre dei giudici, sarà la ispiratrice dei giudici, ma è bene che lasci questa grave e talvolta terribile responsabilità agli uomini», parole non in neto contrasto a quelle pronunciate dallo stesso onorevole l 8 marzo 1947 quando, in occasione della giornata internazionale della donna, disse: noi diamo la massima importanza alla femminilità, la quale non soltanto rappresenta la bellezza della vita, ma è il conforto dell uomo nella bataglia che ogni giorno combate per la causa della libertà. Non possiamo parlare della donna senza ricordare le parole di Mazzini che la disse sorella, madre, sposa, profumo della casa, speranza dell avvenire. Giovanni Leone, avvocato democristano e futuro presidente della Repubblica, afermava di non essere completamente contrario all ingresso delle donne, seppur con delle limitazioni legate, ancora una volta, alle carateristche «naturali». Camera dei deputat, resoconto stenografco, seduta di sabato 8 marzo 1947, p

12 Un altro artcolo per l approvazione del quale vi furono polemiche è l artcolo 98 (ora 106) riguardante l accesso agli ufci pubblici e alle cariche eletve e in partcolar modo per l entrata delle donne in magistratura, un ambito in cui la presenza femminile fu difcile e contrastata. La prima formulazione proposta era: «i magistrat sono nominat con decret del Presidente della Repubblica, su designazione del Consiglio superiore della Magistratura, in base a concorso seguito da trocinio. Possono essere nominate anche le donne nei casi previst dalle norme sull ordinamento giudiziario». In assemblea plenaria, la prima a chiedere parola fu Teresa Matei: Noi non possiamo ammetere che alle donne rimangano chiuse porte che sono invece aperte agli uomini. Sia tolto ogni senso di limitazione e sia anzi afermato, in forma esplicita e piena, il dirito alle donne ad accedere ad ogni grado della Magistratura come di ogni altra carriera. MARIA FEDERICI, La donna alla Costtuente, in Studi per il ventesimo anniversario dell Assemblea Costtuente, vol. II, Firenze, Vallecchi,1969, p T. MATTEI, in At della Assemblea Costtuente, seduta plenaria 18 marzo 1947, p

13 Art. 51. Tutti i cittadini dell uno o dell altro sesso possono accedere agli ufiii pubbliii e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge. A tale fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini. La legge può, per l ammissione ai pubblici uffici e alle cariche elettive, parificare ai cittadini gli italiani non appartenenti alla Repubblica. Chi e` chiamato a funzioni pubbliche elettive ha diritto di disporre del tempo necessario al loro adempimento e di conservare il suo posto di lavoro.

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15 Il diritto al lavoro Dall inizio del secolo al 1951 vi era stata in Italia una costante diminuzione della presenza femminile al lavoro, tanto che se nel 1901 le donne costituivano quasi un terzo della popolazione attiva, nel 1951 erano un quarto: le donne volevano invertire questa tendenza 15 / 38

16 Scriveva all inizio degli anni Cinquanta Camilla Ravera: Nelle fabbriche, nelle manifatture, nei laboratori, nelle aziende varie lavorano oggi milioni di donne. La conquista del posto di lavoro costa pesanti e faticose ricerche, insistenze, lotte: la strada per arrivare all occupazione è dura e penosa per tutti in Italia; ma durissima e cosparsa di particolari amarezze e umiliazioni per le donne, a cui si vuole concedere il lavoro soltanto a condizione che esso costi meno dell eguale lavoro maschile, che esoneri il più possibile dagli obblighi e contributi dell assistenza e della previdenza sociale, e dal rispetto delle qualifiche, delle carriere e così via 16 / 38

17 Le delegate riunite nel Congresso mondiale della donna che si tenne a Copenaghen dal 5 al 10 giugno 1953 fissarono l elenco dei diritti che dovevano essere riconosciuti a tutte le donne indipendentemente dalla loro «razza, nazionalità e posizione sociale». Fra gli altri vi erano diritto ad un lavoro garantito diritto di libera scelta di una professione o mestiere diritto ad accedere a qualsiasi impiego pubblico e amministrativo pari possibilità di avanzamento in tutti i campi del lavoro per uguale lavoro uguale salario parità di diritto all assicurazione sociali diritto alla protezione della madre e del bambino da parte dello Stato riposo pre e post-natale retribuito riconoscimento alle lavoratrici agricole dei diritti accordati alle lavoratrici delle fabbriche: salari, lavoro garantito, protezione della madre e del bambino. 17 / 38

18 «a decorrere dal 3 novembre 1950, data di pubblicazione della legge 26 agosto 1950, n. 859, i datori di lavoro non possono licenziare le proprie dipendenti, gestanti o puerpere, a meno che non si rendano colpevoli di infrazioni al contratto di lavoro», 18 / 38

19 L artcolista de «Il Resto del carlino» afermava che la scuola «dopo la macchina da scrivere e la cufa telefonica, è stata la prima preda delle donne emancipate». In questa situazione di scuola femminilizzata, concludeva il gniiornalista «le parole dell apostolo Timoteo non permettao alla donna di fare da maestra acquistano un forte sapore di ironia» 19 / 38

20 scala mobile Sistema di rivalutazione automatica delle retribuzioni dei lavoratori dipendenti. Venne introdotta in Italia nel 1945 a seguito di un accordo tra la Confederazione generale dell industria italiana e la Confederazione generale del lavoro. Il meccanismo d indicizzazione delle retribuzioni, previsto dalla s. m., aveva lo scopo di proteggere il potere d acquisto dei salari, adeguando automaticamente la dinamica salariale a quella inflazionistica sulla base di aumenti che, a livello provinciale, erano uguali per tutti i lavoratori, indipendentemente dalla categoria di appartenenza, ma diversificati per età e genere 20 / 38

21 scala mobile La riforma della scala mobile Nel 1951 fu stabilito un sistema attraverso il quale, alle variazioni dell indice dei prezzi, scattavano corrispondenti aumenti delle retribuzioni. Il punto di contingenzaera uguale per l intero Paese e per tutti i comparti dell economia nazionale, ma con valori diversi a seconda della categoria, della qualifica, dell età e del genere. L accordo confederale del 1975 stabilì invece l unificazione del valore nominale del punto di contingenza (a punto unico e pesante, implicando così variazioni percentuali molto più forti per le retribuzioni più basse).tale unificazione fu effetto della politica sindacale mirante all egualitarismo salariale, politica che, perseguita agli inizi degli anni 1970 e favorita anche dalla spinta inflazionistica che rendeva l indennità l elemento preponderante dell intero incremento retributivo, ebbe come conseguenza l appiattimento dei salari, fino ad allora fortemente ostacolato da una s. m. a punti differenziati. Il meccanismo venne successivamente criticato per le implicazioni fortemente lesive dei valori della professionalità, in particolare delle categorie medio-alte, e per l automatico generarsi di una spirale prezzi-salari. Di conseguenza, a partire dagli anni 1980 fu avviato un graduale processo di riforma della scala mobile. 21 / 38

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