PICCOLI BULLI CRESCONO NELLA SCUOLA I bambini e gli adolescenti italiani sono i più bulli d Europa

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1 PICCOLI BULLI CRESCONO NELLA SCUOLA I bambini e gli adolescenti italiani sono i più bulli d Europa Un comportamento da bullo è un tipo di azione che mira deliberatamente a ferire; spesso è persistente, talvolta dura per settimane, mesi e persino anni ed è difficile per coloro che ne sono vittime difendersi. Alla base della maggior parte dei comportamenti sopraffattori c è un abuso di potere e un desiderio di intimidire e dominare. Il bullismo assume forme differenti: - fisiche: colpire con pugni o calci, appropriarsi di, o rovinare, gli effetti personali di qualcuno; - verbali: deridere, insultare, prendere in giro ripetutamente, fare affermazioni razziste; - indirette: diffondere pettegolezzi fastidiosi, escludere qualcuno da gruppi di aggregazione. Le vittime dei bulli hanno vita difficile, possono sentirsi oltraggiate, possono provare il desiderio di non andare a scuola. Nel corso del tempo è probabile che perdano sicurezza ed autostima, rimproverandosi di attirare le prepotenze dei loro compagni. Questo disagio può influire sulla loro concentrazione e sul loro apprendimento. Alcuni bambini possono presentare sintomi da stress: mal di stomaco e mal di testa, incubi o attacchi d ansia. Altri si sottrarranno al ruolo di vittima designata dei bulli marinando la scuola. Altri ancora possono persino sviluppare il timore di lasciare la sicurezza della propria casa. Ai bulli è sufficiente uno sguardo minaccioso indirizzato alle loro vittime per sottolineare la propria supremazia. Fare il bullo, in sintesi, significa dominare i più deboli con atteggiamenti aggressivi e prepotenti, sottoporre a continue angherie e soprusi i compagni di classe o di giochi fisicamente e caratterialmente più indifesi. Nella scuola, tale fenomeno trova sicuramente terreno fertile ed è fondamentale, quindi, che proprio la scuola coinvolga attivamente tutti i ragazzi nel trattare questo argomento e li incoraggi a prestare maggiore attenzione al comportamento singolo di ogni compagno e ad intervenire quando assistono a soprusi ai danni di altri alunni. Ecco la prevenzione come strumento di educazione e di consapevolezza che induce al rifiuto progressivo del fenomeno bullismo e alla promozione di maggior collaborazione tra docenti, operatori scolastici e alunni. Un mirato intervento anti-aggressione, con tempi differenti perché differenti tra loro le singole realtà scolastiche, porta sicuramente alla riduzione del numero di vittime dei bulli e alla durata di episodi di bullismo quando questi si verificano, all aumento del numero di alunni che denunciano i fatti e a quelli pronti ad intervenire in difesa dei compagni. E importante, inoltre, che nei ragazzi sia viva la

2 convinzione che si stia facendo veramente qualcosa di concreto per fermare i compagni prepotenti e che percepiscano l ambiente scolastico sereno e più sicuro. Che cosa occorre? Alcuni elementi sono fondamentali per il successo di una iniziativa contro la prepotenza e l aggressività nelle scuole:un impegno chiaro e deciso della dirigenza della scuola a sviluppare e ad attuare un approccio antibullismo; - un nucleo compatto di persone interessate a coordinare l intervento e ad agevolare la comunicazione all interno della comunità scolastica; - disponibilità di tempo sufficiente per le riunioni del personale e del collegio docenti in maniera da permettere la programmazione e la discussione delle strategie; - flessibilità dei programmi che permetta il coinvolgimento degli alunni; volontà di coinvolgere i genitori; - tempo ed energie per continuare gli sforzi per un lungo periodo di tempo. Può rivelarsi utile assicurarsi l appoggio e la collaborazione di persone esterne, in contatto con il mondo della scuola. Possono essere altri professionisti direttamente impegnati in problematiche educative, come psicologi dell età evolutiva o assistenti sociali scolastici. Oppure possono essere membri della comunità locale, come ufficiali di polizia, personale medico e religiosi. Secondo la dott.ssa Anna Placentino, psicologa e ricercatrice e la dott.ssa Barbara Rossi, psicologa e psicoterapeuta, vari sono i motivi che sollecitano un intervento risolutivo: 1) Innanzitutto, la salvaguardia dei principi democratici di base, il diritto fondamentale di ogni minore di sentirsi al sicuro e di non essere oppresso e umiliato. Nessuno studente dovrebbe temere di andare a scuola per paura di essere molestato o disprezzato, e nessun genitore dovrebbe temere che ciò possa accadere al proprio figlio. 2) Si ricordi che chi si esprime con tanta violenza sente un livello di sofferenza così alta da non trovare altro modo per esprimerlo, per cui ha bisogno di essere assistito e non etichettato. Di fatto i bulli, se non vengono aiutati a modificare i loro comportamenti aggressivi, possono continuare ad usare modalità aggressive nelle loro relazioni interpersonali. Questi ragazzi, da adulti, corrono il rischio di sviluppare comportamenti antisociali e altri comportamenti problematici, come l abuso di sostanze, come alcool e droghe. Gli studi sottolineano che circa il 45% degli ex bulli entro il 24 anno di età, sono stati condannati in tribunale per almeno tre crimini.

3 3) Anche le vittime dei bulli hanno vita difficile. Possono sentirsi oltraggiate, possono provare il desiderio di non andare a scuola, sviluppare diverse somatizzazioni (mal di testa, mal di pancia, incubi, attacchi d ansia ) e nel corso del tempo è probabile che perdano sicurezza, autostima, rimproverandosi di attirare le prepotenze dei propri compagni. Questo disagio può influire sulla loro concentrazione e sul loro apprendimento. Addirittura in certi casi, subire comportamenti prepotenti può mettere in serio pericolo di vita, portando lesioni gravi o perfino al suicidio. Gli alunni che nel corso degli anni sono stati spesso vittime di prepotenze hanno più probabilità, da adulti, di soffrire di episodi depressivi. Ma di chi è la colpa? Il bullismo in Italia Il bullismo ha radici ovunque: dal Nord al Sud, dalle scuole di periferia ai licei prestigiosi. Il fenomeno comunque è più sentito nelle città del Sud, Palermo e Napoli, meno in Calabria, Valle D Aosta e Piemonte. A Napoli, ci sono zone in cui la lotta tra clan e famiglie arriva anche nella scuola. Altro che bullismo. I figli dei boss pretendono di comandare su tutto ed i genitori sono dalla loro parte. I bambini italiani risultano coinvolti nel fenomeno del bullismo in modo quasi doppio rispetto ai loro coetanei europei. Drammatica la situazione in alcuni contesti socio-culturali, come per esempio la città di Napoli, che conta il 48% di vittime alle scuole elementari ed il 31% alle scuole medie, e il 38% di coloro che si dichiarano prepotenti alle elementari e il 32% alle scuole medie. Sempre a Napoli, come a Palermo, si riscontra elevata anche la percentuale delle femmine prepotenti. I bulli agiscono di fronte ad un pubblico fatto di almeno 4 spettatori cui il 54% osserva, il 21% sta con il più forte; solo il 25% difende verbalmente la vittima. Le femmine, attaccate per lo più psicologicamente, chiedono aiuto e si confidano con maggior facilità con la madre o le amiche. Dalle ricerche effettuate emerge come i disabili sono vittime preferite dei bulli ( ci prendono di mira, siamo noiosi o antipatici ) e che la maggior parte delle violenze fisiche e psicologiche avviene in classe: come è possibile che gli insegnanti non agiscono per prevenire e reprimere tutto ciò, visto che si verifica sotto i loro occhi? La psicologa Ada Fonzi, autrice del libro edito da Giunti Il bullismo in Italia. Il fenomeno delle prepotenze a scuola dal Piemonte alla Sicilia, ha raccolto le esperienze dei ricercatori italiani per farne un bilancio purtroppo poco rassicurante. <Il bullismo nelle scuole italiane è molto frequente. Il 41% dei bambini che frequentano la scuola elementare e il 26% dei ragazzini delle scuole medie subiscono prepotenze. Alla domanda Quanti dei tuoi compagni sono vittime dei bulli?, il 61% degli scolari e il 53% degli studenti delle medie risponde Sicuramente almeno tre per classe. E i bulli quanti sono? Il 23% dei bambini delle scuole elementari e il 18% dei ragazzini delle medie ammettono di comportarsi in modo violento con i compagni. Basta confrontare le

4 percentuali italiane con quelle di altri Paesi per rendersi conto delle dimensioni del fenomeno. Rispetto alle statistiche inglesi, per esempio, il numero delle prepotenze è quasi il doppio>. E grave pensare che i suicidi tra gli adolescenti non sono dovuti solo ai fallimenti scolastici ma a provocarli può essere anche la violenza dei compagni. Da qui l importanza dello psicologo in aula. Secondo una ricerca del Dipartimento di psicologia dell Università La Sapienza di Roma, al primo posto le parolacce, al secondo le botte, al terzo le maldicenze. Ultimi il furto, le minacce e l isolamento. Afferma Ada Fonzi che i più prepotenti sarebbero proprio i bambini più piccoli. I maschi bulli sono il 30,4% nella scuola elementare e il 21,7% nelle medie. Le femmine sono il 24,8% e il 10%. Nel libro si legge ancora: <I miei compagni si comportavano come se Laura avesse una malattia infettiva: se uno la toccava ne era contaminato Oppure, fanno giochini scemi, come ad esempio prendere il diario di Paolo e tirarlo addosso a un ragazzo che si ritrae schifato e spaventato urlando nooooo!. A questo gioco a poco a poco ha preso parte tutta la classe. Un altro divertimento è toccare la persona, poi toccare un altro ragazzo dicendo capelli di Paolo. Oppure Paolo. Il ragazzo fa un vezzo inorridito, fa finta di pulirsi oppure passa una mano sulla parte infettata e da l immaginaria cosa posseduta ad un altro. E così via.> Il bullismo, quindi, è anche questo, non solo botte e furti. Vengono presi di mira bambini e bambine caratterialmente più deboli ed indifesi, o troppo buoni. Chi si lamenta viene accusato di non stare allo scherzo. Ma questa violenza psicologica diventa un dramma per chi la subìsce dal quale a volte non si riesce ad uscirne. E ancora, da un ragazzino di terza media: <La mia compagna Maria nel cervello tiene più cellule rincitrullite che sane e viaggia a 20 Mhz. ( ) Venti Mhz sono niente e perciò per dire casa la mia compagna ci mette da due a tre minuti. In seconda tutti a turno ci siamo messi vicino a lei per aiutarla, ma dopo un po non ne avevamo più voglia. Lei riteneva di essere la regina e noi i suoi sudditi e voleva che le facessimo i compiti e le verifiche.dopo due mesi abbiamo deciso di smetterla e di spiegarle che anche noi dobbiamo vivere. Lei e il suo cervello non hanno parlato con noi per circa due giorni, poi ci ha fatto avere una lettera in cui diceva che se fosse stata bocciata si sarebbe suicidata. Ora, miss Maria non ha mai preso un voto decente, in prima l hanno promossa perché faceva pena alle profie e perché la madre è andata a parlare con le professoresse. Quest anno non sapeva cosa fare per essere promossa e ha inventato la storia del suicidio. Da una settimana non parliamo più assieme, lei è convinta di poter sperare che noi andiamo a consolarla dopo che ci ha rovesciato le cartelle e tirato l acqua > Un altro ragazzino racconta così di una compagna di classe: <Non ha la forza di difendersi. E povera e, soprattutto, indifesa. Noi le diciamo parolacce e non ci avviciniamo neanche perché dicevamo che non si lavava. Questa ragazza la prendevamo in giro anche perché ha paura di tutto: della palla quando si gioca, dei pezzi di carta che le lanciamo. Quando le arriva la palla invece di prenderla si sposta, facendoci

5 perdere punti. E poi per come si veste, e perché non è intelligente ed è molto magra. E pure vero che lei però reagisce in modo esagerato ed è molto appiccicosa. E spiona, antipatica, brutta di aspetto e di carattere. Dovrebbe essere più spigliata, simpatica ed evitare di isolarsi. Dovrebbe almeno sforzarsi e non farsi vedere dagli insegnanti, facendosi compatire>. <Quando una comitiva di ragazzini si trova in difficoltà, o ha bisogno di stringere un patto di alleanza, cerca sempre un capro espiatorio>. Così scrive la psicologa Silvia Bonino nel libro Il bullismo in Italia. <La caccia alla pecora nera è un modo come un altro di difendersi. La vittima diventa bersaglio della prepotenza collettiva. E, se reagisce, la violenza non fa altro che generare altra violenza>. Il capro espiatorio è il bambino delle elementari: mite, timido, sensibile, un po impacciato. Magari bravissimo a scuola, oppure no. Non ha quella cartella, quella felpa e diventa così identificabile e bersagliato da scherzi e soprusi. Questi bambini come reagiscono? Dapprima protestano ma poi, pur di far parte del gruppo, accettano le crudeli beffe pensando che le sberle e gli spintoni sono sempre meglio dell indifferenza. Anna Oliverio Ferraris, psicologa dell età evolutiva, afferma che i meccanismi che possono spingere un bambino a comportarsi da bullo sono essenzialmente due: l apprendimento e la rivalsa. <Nel primo caso, lo studente trasferisce in classe un modello di comportamento che gli viene offerto in casa. Un padre prepotente, violento nei confronti della moglie, dei parenti o dei vicini ha molte probabilità di indurre nel figlio lo stesso atteggiamento: Il papà è forte, anch io voglio essere come lui. Nel caso della rivalsa, invece, il bambino prima ancora che carnefice è vittima. Ha subìto sulla sua pelle una violenza, fisica o psicologica, che tende a scaricare sui compagni. Come si vede, in entrambi i casi, la famiglia ha un ruolo decisivo. ( ) Il bullismo ha alla base un disagio familiare. Una volta chiarito questo aspetto, bisogna parlare ai nostri figli ed insegnare loro che ci sono modi diversi dalla violenza per dimostrare la propria forza>. Fonte:

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