il Ministro della Solidarietà Sociale interviene alla Conferenza Regionale del Volontariato del Lazio

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1 Paolo Ferrero: il volontariato protagonista dello stato sociale il Ministro della Solidarietà Sociale interviene alla Conferenza Regionale del Volontariato del Lazio a cura di Anna Fabbricotti Alla Conferenza Regionale del Volontariato del Lazio, che si è tenuta il 3 aprile scorso a Roma, è intervenuto, in via del tutto straordinaria, anche il Ministro della Solidarietà sociale, Paolo Ferrero. Un intervento molto applaudito dai numerosi partecipanti l assemblea. Dopo essersi scusato per il poco tempo, che gli impedisce di seguire con attenzione i lavori della conferenza, il Ministro entra subito in argomento, annunciando due importanti temi ai quali sta dedicando ogni sforzo possibile, per poi avviare una serie di riflessioni sull importante appuntamento di Napoli, la 5 Conferenza Nazionale del Volontariato, anticipando i punti che lui spera possano emergere dall incontro. Molte le cose importanti sottolineate. Riportiamo qui di seguito il suo lungo intervento: Le poche cose che voglio dire sono queste: intanto, sapendo gli enormi problemi che ci sono, voglio assicurarvi il mio impegno a proposito del Fondo per le politiche sociali. In questi anni è stato prima tagliato nel 2005, addirittura dimezzato, poi l anno scorso lo abbiamo rimpolpato ma siamo riusciti a dividerlo con le Regioni solo molto tardi, e quindi i soldi sono arrivati tardissimo. Ecco, quest anno, oltre ad averlo sostanzialmente riportato ad una 92

2 cifra non dico sufficiente, ma sicuramente civile, cioè vicina al miliardo di euro, io spero entro la fine di maggio di riuscire a ripartirlo con le Regioni. Ovvero rimettere le Regioni in condizione di avere coi Comuni e col complesso del mondo del Terzo settore un rapporto di minor strozzinaggio rispetto a quanto capita solitamente, anche a causa nostra. Questo è il mio impegno. Così pure sulla questione della non autosufficienza, che è per molti di voi un tema importante sul quale è impegnata: spero già entro aprile di riuscire a far approvare una Legge Delega concordata con i vari ministeri interessati, dove, se è evidente quello con la Salute, per certi versi il più decisivo è il raccordo con il ministero dell Economia, con cui ci sono i veri problemi, perché è chiaro che fare una legge sui Livelli Essenziali di Assistenza sulla non autosufficienza costa. Ma secondo me è un investimento da fare. E spero entro aprile di farcela. Detto questo, entrando nel merito della questione, voglio fare solo qualche breve considerazione. Per prima cosa, è ovvio che questa è un assemblea preparatoria per la Conferenza Nazionale di Napoli. Secondo me, però, è bene sottolineare, e per certi versi valorizzare, il fatto che sia proprio un assemblea regionale, soprattutto per il modo in cui l avete costruita, almeno per quello che so. Ritengo giusta la scelta di partire dagli incontri nei territori, aver cercato di fare un lavoro preparatorio a monte. A me sembra molto importante questo, perché credo che uno dei principali orizzonti che abbiamo davanti è di costruire una comunità del volontariato che esista a prescindere dal rapporto con lo Stato. Cioè che non esista solo quando la Regione o il Comune convocano, offrono o chiedono qualcosa, ma che sia un volontariato in grado di esistere come soggetto. In questo senso la vostra scelta mi sembra molto positiva. Certo, c è il Forum del Terzo Settore che in qualche modo è l organismo di rappresentanza di tutto il settore nelle sue diverse articolazioni. Io però credo molto nella capacità del volontariato, vostra, di essere ed esserci come soggetto anche critico, perché voi avete molto più chiaro cos è che non funziona realmente nello stato sociale di quanta ne sappia qualsiasi ministro, ma anche qualsiasi assessore. Voi volontari siete un elemento importantissimo, ma solo a patto di far valere questa vostra soggettività. Se potessi dirvi una cosa che non mi compete, vi chiederei: il metodo con cui avete costruito la vostra assemblea in occasione della Conferenza Nazionale, usatelo, fatelo vostro, non lasciate che sia solo un episodio. Fate che la vostra capacità di volontariato nel Lazio e nei diversi territori sia in grado di incidere più pesantemente. Questo perché penso che il volontariato abbia e debba avere una funzione strategica, in una situazione, com è quella di oggi, in cui la tendenza alla disgregazione sociale è fortissima. Ci sono state fasi della nostra storia dove allo sviluppo economico corrispondeva una maggior coesione sociale, probabilmente, molto banalmente, perché lo sviluppo economico dava una serie di garanzie sociali, il lavoro a tempo indeterminato, e via dicendo. Questi elementi generavano una sensazione di maggior sicurezza. Oggi a me pare che lo sviluppo economico e la sicurezza sociale siano due temi separati, per cui si può avere uno sviluppo econo- 93

3 mico significativo, come quello che in qualche modo stiamo vivendo, e il Lazio, Roma in particolare, vive fortemente, ma senza nessun grado di coesione sociale. Perché il lavoro è più precario e spesso è il lavoro a determinare insicurezza sociale. Ma anche perché lo stato sociale è quello che è, e viviamo in una società decisamente più articolata! Come sapete, io mi occupo molto di immigrazione, e non c è dubbio che un flusso migratorio così significativo aumenta il grado di complessità della società. Però c è un altro elemento che mi preme sottolineare: in questi giorni assistiamo alla discussione ormai quotidiana sulla famiglia, DICO e quant altro. Facendo bene attenzione a non entrare qua nel merito, a me sembra che il problema vero che abbiamo non sia questo! Fino a cinquant anni fa, le famiglie avevano una funzione sociale forte, di tenuta sociale, perché erano famiglie grandi, allungate. C erano i nonni, i genitori, i figli; le famiglie erano corpi sociali estesi, avevano densità di relazioni ed erano in grado di gestire le contraddizioni, padroneggiare molti problemi sociali ed amalgamare in qualche modo il tessuto sociale delle comunità, dei paesi, ma anche nei quartieri di una città come Roma. Oggi se andiamo a vedere, aldilà che si chiami famiglia o DICO o altro, si parla di nuclei con al massimo due generazioni e poche persone, che spesso non conoscono il vicino di casa. In questo si ravvisa un dato di frantumazione sociale, di polverizzazione sociale. Questo genera insicurezza, che non colpisce solo i più poveri, ma anche fasce sociali che magari 20 anni fa si consideravano relativamente benestanti. Una polverizzazione sociale che determina paure, incomprensioni e la tendenza a vedere l altro non come un potenziale alleato o amico, ma qualcuno da cui difendersi. Per me è questo il principale problema che abbiamo. Perché è su questa frantumazione sociale che cresce quella domanda di sicurezza che sovente viene tradotta semplicemente come problema di ordine pubblico. Risolvere il problema dell insicurezza aumentando i poliziotti o i vigili, non ha senso, perché così non porta da nessuna parte. Piuttosto dobbiamo affrontarlo in un altro modo, cioè ricostruendo legami sociali degni di questo nome. Certo le due cose non vanno messe in contrapposizione, ma se, volendo fare un esempio, ogni palazzo della città in cui oggi abitiamo fosse in grado di fare due pranzi comunitari l anno e conoscersi, sapere i propri nomi - la gente che ci abita, a partire dagli anziani, che normalmente sono quelli che hanno più paura, avrebbero sicuramente meno paura di girare di quanta non ne abbiano oggi. Da questo punto di vista l azione volontaria, cioè il fatto che si offra una parte del proprio tempo non per guadagnare, non per un lavoro che ti permette di vivere, nemmeno per la cerchia più stretta degli affetti, ma per un attività rivolta alla collettività - per me è davvero una risorsa strategica di questa società. O siamo in grado di valorizzare il volontariato e dargli un ruolo sociale forte, oppure io penso che a questa insicurezza sociale, queste paure non c è modo di rispondere. Non lo dico perché sono qua, in mezzo a voi, è una cosa che dico ovunque: sarà dal riconoscimento del lavoro volontario, da questa sua capacità strategica, se la nostra società si evolverà verso una società di civiltà, di ricostruzione dei legami sociali, o in una società in cui la paura dell altro, le guerre tra i poveri, la 94

4 diffidenza la faranno da padrone. Penso veramente che il volontariato, il ruolo del volontariato sia un punto decisivo: ed è per questo che credo importante che il volontariato, che voi, siate in grado di dire la vostra sulle questioni sociali. Ed è un volontariato decisivo anche con le modifiche che sono in corso: se storicamente il volontariato nel nostro paese è stato legato soprattutto alle grandi associazioni, oggi invece si sta trasformando, nasce un volontariato più minuto, più piccolo, locale. Evitando inutili contrapposizioni, dobbiamo far si che questo volontariato più diffuso sul territorio non si riduca all associazione di volontariato di Tizio o di Caio. Sappiamo che a volte è così, qualcuno mette su un associazione di volontariato e quella nasce, vive, cresce e muore con l attività di quello che potremmo chiamare un leader. Ecco, qui io vedo il coinvolgimento delle Istituzioni, gli stessi Centri di Servizio, che possono attraverso la formazione sostenere e aiutare le piccole associazioni a vivere andando oltre le singole individualità. Io penso che noi abbiamo bisogno, e quando dico noi dico noi italiani, non noi governo, della grande associazione di volontariato capace di fare anche progetti internazionali, ma abbiamo tantissimo bisogno anche del piccolo volontariato in ogni comunità, in ogni paese. A volte 50 associazioni piccole sono capaci di fare di più di una associazione grande! Ripeto, senza voler fare nessuna contrapposizione, e mi rivolgo alle Istituzioni, dobbiamo saper cogliere queste modifiche nel volontariato, dobbiamo accompagnarlo e sostenerlo, appunto, con la formazione, con circuiti di costruzioni delle reti, con altri supporti. Questo per me è un punto importantissimo. Che cosa vogliamo fare con la Conferenza Nazionale? PUNTO PRIMO: RICONOSCIMENTO DEL VALORE SOCIALE DEL VOLONTARIATO Il punto di partenza consiste nel far sì che sia riconosciuto il ruolo sociale del volontariato, che si discuta sull importanza del volontariato. Il volontariato non è per questo paese meno importante dell Alta Velocità, anzi, è forse vero il contrario. Questo è un paese in cui si è importanti a seconda delle grandezze economiche che si muovono. Se muovi solo piccole economie, non conti nulla. Invece va detto a chiare lettere: se questo paese sta insieme è perché c è tanta gente che senza prendere una lira, cioè senza muovere niente nell economia, costruisce relazioni sociali e porta benessere. Per me dalla Conferenza deve uscire che il volontariato ha un valore sociale e questo và riconosciuto. Non è perché non si entra nel Bpe, o dentro la relazione della Banca d Italia o dentro la Finanziaria, che si vale meno di un altra cosa. Questo per me è il punto centrale, ed è il segnale politico del ruolo sociale che il volontariato deve avere. PUNTO SECONDO: UNA SOLIDA LINEA DI DEMAR- CAZIONE TRA IL VOLONTARIATO E IL LAVORO L altra considerazione importante nasce dall osservare lo stato delle cose e dalla convinzione che il volontariato non può essere fagocitato da un sistema per cui lo stato sociale, che ha pochi soldi, scarichi sulle associazioni la responsabilità di fare comunque servizi quando non ha risorse. Lo dico sapendo che ad essere in torto sono le Istituzioni, sapendo che noi non abbiamo risolto il problema, poiché le risorse disponibili per il welfare 95

5 sono ancora insufficienti! Lo voglio dire però con chiarezza, perchè in questi anni è andato avanti un processo in cui sovente i Comuni, che si trovavano con poche risorse e una domanda sociale che - proprio per i meccanismi di disgregazione di cui parlavamo - aumentava, hanno risolto questa contraddizione passando di lato, e chiedendo a tanti di lavorare in modo precario o sottopagato In questo hanno spesso fagocitato il volontariato, che in qualche caso non si capisce più se è lavoro volontario un po pagato, o se è lavoro nero molto sottopagato. Io credo che dobbiamo fare molta attenzione, perché se il volontariato scivola in questi meccanismi, perde la sua ragione d essere e rischia di essere visto dalle giovani generazioni come un pezzo della precarizzazione del lavoro. Finisce che si può essere precari in Telecom o in un call center, o essere precari in un associazione di volontariato. Io penso che questo lo dobbiamo evitare. Bisogna dire con chiarezza che lo Stato deve sì garantire dei servizi per i diritti che hanno i cittadini, ma deve farlo con persone pagate regolarmente, siano essi dipendenti pubblici o dipendenti di una cooperativa, e questo và garantito perché il lavoro deve essere pagato. È banale ma dal mio punto di vista piuttosto fondamentale. Altra cosa, invece, è il volontariato, che le persone fanno gratuitamente non per vivere, perché per vivere devi avere un lavoro o qualche altra cosa, ma nel loro tempo libero, dedicando una parte di quel tempo per il bene della comunità, per il bene collettivo. Io credo che questa distinzione sia fondamentale, perché se andiamo avanti su questa strada non si capisce più la differenza. Certo, non è che le cose siano tutte separate, ad esempio a me è chiaro che in un impresa sociale ci può essere lavoro volontario: ma bisogna sapere cosa è lavoro e cosa è volontariato. Perché altrimenti si crea un pasticcio in cui, nel giro di dieci anni, il Terzo settore diventa il modo per garantire dei servizi a basso costo. Il lavoro è una cosa, il volontariato un altra. Dobbiamo ricostruire la linea di demarcazione. PUNTO TERZO: PER MODIFICHE LEGISLATIVE UNA DISCUSSIONE PUBBLICA E PARTECIPATA L ultima questione importante che da Napoli può partire, sono le modifiche legislative. Bisogna rimettere mano alle leggi, dalla L. 266/91 a tutte le altre del Terzo settore. Per prima cosa va fatta un azione di messa a punto, di regolarizzazione di una legislazione che ormai ha qualche anno. Solo dopo, e probabilmente ne vale la pena - pur sapendo che si parla di cose diverse, mantenendo sempre la specificità del volontariato - fare quello che si chiama un Testo Unico, cioè una modalità coordinata di queste leggi. Molto banalmente, è necessario per esempio, per avere azioni omogenee sul piano della tassazione. Bisogna assolutamente evitare che ci siano meccanismi strampalati, per cui si vedono fenomeni di migrazione da un tipo di associazione ad altro a seconda delle condizioni fiscali. Bisogna che ci siano regole chiare e trasparenti, che distinguano le cose: una è il volontariato, una l associazionismo, una la cooperazione sociale e via dicendo, ma il tutto dentro un quadro unico. Certo, non è che a Napoli potremmo arrivare fino a tanto. E ovvio che l esigenza di rimettere mano alle leggi sul Terzo settore è sentita da tutti, ma il punto è un altro. Io sono convinto che tali modifiche legislative si possono, o meglio si debbano fare dentro una 96

6 discussione pubblica sui nodi in questione: cos è il lavoro, cos è il volontariato, qual è il compito dello Stato, quale la missione del Terzo settore, quali sono i rapporti tra Stato e Terzo settore, cosa vuol dire sussidarietà, come si partecipa alla decisioni, ma anche come si evita di diventare il terminale di scarico delle cose, e via dicendo. Queste sono cose da discutere con tutti gli attori coinvolti, in modo che le modifiche delle leggi le facciamo avendo chiaro dove vogliamo andare. Io temo moltissimo che la discussione sulla legge parta senza una discussione pubblica su cosa ne facciamo del Terzo settore. Il rischio che vedo è che si finisce che ogni pezzo tira acqua al suo mulino senza dichiarare il perché, senza motivo. Se accadesse questo faremmo un danno al Terzo settore perché rischieremmo di trasformarlo in una cosa diversa da quella che è. Ecco, il terzo contributo che Napoli può dare è quello di essere l apertura di una discussione larga su cos è il Terzo settore, dove va il Terzo settore, per far sì che la modifica delle leggi avvenga dentro una discussione che coinvolga le persone che formano il volontariato, l associazionismo o la cooperazione. Non mettere il carro davanti ai buoi: prima si discute, poi si fanno le modifiche. Non voglio che la discussione sia sequestrata da qualche ministro o dal Parlamento, deve coinvolgere prima di tutto questo mondo. Questo, permettetemi, lo dico anche perché negli ultimi anni, col governo precedente, non mi pare ci sia stata una grandissima discussione sul Terzo settore. Oggi, noi dobbiamo usare questa che mi sembra una fase di ripresa, di discussione, un momento positivo. E se per fare una legge invece di sei mesi ci mettiamo un anno, ma questo anno serve a discutere e capire bene, a chiarire le posizioni degli attori in campo e quale strada scegliere, secondo me è un anno speso bene! Ecco, io penso che Napoli debba dare questo: valore sociale del volontariato, chiarezza su cos è volontariato e cosa il lavoro, e la capacità di aprire una discussione su cos è e dove va il Terzo settore e avviare poi le modifiche delle leggi. Speriamo di farcela!! 97