I modelli delle relazioni sindacali nella PA

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1 I modelli delle relazioni sindacali nella PA VALORE PA - P O T E N Z A 5 M A R Z O D O T T. G IUSEPPE A N T O N IO R E C C HIA

2 LE RELAZIONI SINDACALI NELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE PARTECIPAZIONE (RELAZIONI NON CONTRATTUALI) regime cogestionale fino agli anni 80; riforma d.lgs.29/1993: informazione e consultazione secondo art. 10 mobilità, orario, carichi di lavoro con discrezionalità manageriali; abrogazione cogestione

3 Il modello originario della partecipazione sindacale Art. 10. Partecipazione sindacale 1.Le amministrazioni pubbliche informano le rappresentanze sindacali sulla qualità dell'ambiente di lavoro e sulle misure inerenti alla gestione dei rapporti di lavoro; su loro richiesta, nei casi previsti dal presente decreto, le incontrano per l'esame delle predette materie, ferme restando l'autonoma determinazione definitiva e la responsabilità dei dirigenti nelle stesse materie. 2. L'eventuale esame previsto dal comma 1 deve espletarsi nel termine tassativo di quindici giorni dalla ricezione dell'informazione, ovvero entro un termine più breve per motivi di urgenza; decorsi tali termini le amministrazioni pubbliche assumono le proprie autonome determinazioni.

4 I FASE: dalla riforma del 1993 alla legge Brunetta Gli articoli 9 e 40 comma 1 del d.lgs 165/2001 demandavano dunque il compito di individuare materie e disciplina degli istituti di partecipazione, sia per i livelli di alta e bassa organizzazione, sia per gli aspetti aventi riflesso sul rapporto di lavoro. Ciò nell intento di determinare, sulle materie non oggetto di negoziato, un punto di equilibrio, per sua natura difficile, tra esercizio del potere amministrativo unilaterale e controllo sindacale, consentendo un giusto contemperamento fra esigenze di tempestività dell azione amministrativa e ricerca del consenso in materie ad alto tasso di conflittualità

5 Il dato normativo Art. 9 TUPI - Partecipazione sindacale (versione 2001) I contratti collettivi nazionali disciplinano i rapporti sindacali e gli istituti della partecipazione anche con riferimento agli atti interni di organizzazione aventi riflessi sul rapporto di lavoro. Art. 40 TUPI Contratti collettivi nazionali e integrativi (versione 2001) 1. La contrattazione collettiva si svolge su tutte le materie relative al rapporto di lavoro ed alle relazioni sindacali.

6 Organismi paritetici di partecipazione consultazione amministrazione informazione concertazione OO.SS. OO.SS. territoriali RSU contrattazione integrativa

7 LIVELLI DI RELAZIONI SINDACALI DI SEDE Contrattazione integrativa Materie tassative fissate dal CCNL Concertazione Consultazione Informazione Partecipazione Materie tassative fissate dal CCNL Materie fissate da leggi, CCNL o altre decise dall ente Materie fissate dal CCNL e C.I. Es. Commissioni pari opportunità, osservatori La fissazione delle materie dei primi due livelli nel CCNL non limita l ente ma lo tutela dalle richieste delle OO.SS. invasive dell organizzazione ed improntate a cogestire. L obbligo assunto a livello nazionale va rispettato

8 CONTRATTAZIONE CONCERTAZIONE

9 LA CONCERTAZIONE E un particolare modello di relazioni sindacali finalizzato a consentire la partecipazione sindacale in materie o in scelte organizzative di esclusiva competenza del datore di lavoro, ai fini dell adozione di una decisione possibilmente condivisa. Essa non ha carattere negoziale e non comporta, comunque, obblighi di codecisione a carico del datore di lavoro pubblico.

10 Nelle materie riservate dal CCNL, la procedura di concertazione non può essere sostituita da altri modelli di relazioni sindacali La concertazione si concretizza in un obbligo di confronto, da attuarsi mediante appositi incontri entro un termine temporale prefissato, nel quale le parti verificano la possibilità di pervenire ad una posizione condivisa sulle questioni che ne formano oggetto (v. Tribunale L Aquila, decreto 26 ottobre 2002)

11 II FASE: d.lgs. N. 150/2009 Art. 9 (Partecipazione sindacale). «Fermo restando quanto previsto dall'articolo 5, comma 2, i contratti collettivi nazionali disciplinano le modalità e gli istituti della partecipazione.» (5, co. 2) «le determinazioni per l'organizzazione degli uffici e le misure inerenti alla gestione dei rapporti di lavoro sono assunte in via esclusiva dagli organi preposti alla gestione con la capacità e i poteri del privato datore di lavoro, fatta salva la sola informazione ai sindacati, ove prevista nei contratti»

12 (40) La contrattazione collettiva determina i diritti e gli obblighi direttamente pertinenti al rapporto di lavoro, nonchè le materie relative alle relazioni sindacali. Sono, in particolare, escluse dalla contrattazione collettiva le materie attinenti all'organizzazione degli uffici, quelle oggetto di partecipazione sindacale ai sensi dell'articolo 9, quelle afferenti alle prerogative dirigenziali ai sensi degli articoli 5, comma 2, 16 e 17, la materia del conferimento e della revoca degli incarichi dirigenziali, nonche' quelle di cui all'articolo 2, comma 1, lettera c), della legge 23 ottobre 1992, n. 421.

13 Il significato della riforma In sostanza si tratta di una rilegificazione per ciò che attiene la cernita delle materie oggetto della partecipazione, anche se non della loro disciplina, che sfugge però alla ragione di fondo radicata nella impostazione della riforma sulla necessità di limitare la propensione della contrattazione - soprattutto decentrata - ad espandere i propri confini, con particolare riferimento ai limiti di spesa

14 Con la riforma del 2009,la volontà del legislatore delegato si orienta nel senso di volere individuare unilateralmente gli spazi precedentemente riservati dalla contrattazione al confronto ed alla dialettica delle parti.

15 L interessante questione interpretativa che si è posta all indomani della riforma è se potesse sussistere oltre alla diretta individuazione da parte della legge, anche uno spazio di intervento per gli atti organizzativi statutari e regolamentari e finanche per la potestà unilaterale esclusiva della dirigenza, per la determinazione di ulteriori spazi di partecipazione sindacale. In altri termini, se fosse possibile per scelta autonoma, che gli organi di governo e la dirigenza in relazione ai rispettivi ambiti di competenza, potessero decidere di attivare su determinati aspetti, pur di loro esclusiva pertinenza, forme partecipative per la ricerca del miglior equilibrio gestionale ed organizzativo. Effettivamente l articolo 40 comma 1 nella sua nuova formulazione, si limita ad escludere dalla contrattazione collettiva le materie oggetto della partecipazione sindacale ai sensi dell articolo 9, senza indicare quale debba essere il livello di intervento della fonte unilaterale.

16 Eppure proprio in riferimento alle prerogative dirigenziali, che giustamente si vogliono esclusive per tutto quanto riguarda l organizzazione dei propri uffici e la gestione dei rapporti di lavoro, si preclude la più ampia libertà di valutazione in merito alle modalità ed agli strumenti - eccetto l informazione ove prevista nei contatti di cui all articolo 9 con cui garantire un clima organizzativo idoneo al raggiungimento degli obiettivi assegnati.

17 III FASE: la riforma Madia La riforma non contiene apparentemente alcun riferimento diretto alle questioni delle relazioni sindacali, visto che l art. 17, co. 1, lett. h) della l. n. 124/2015 è più preoccupato di intervenire in materia di contrattazione collettiva (particolarmente decentrata): «concentrazione delle sedi di contrattazione integrativa, revisione del relativo sistema dei controlli e potenziamento degli strumenti di monitoraggio sulla stessa; definizione dei termini e delle modalità di svolgimento della funzione di consulenza in materia di contrattazione integrativa; definizione delle materie escluse dalla contrattazione integrativa anche al fine di assicurare la semplificazione amministrativa, la valorizzazione del merito e la parità di trattamento tra categorie omogenee, nonchè di accelerare le procedure negoziali»

18 L Accordo sul Pubblico Impiego del RELAZIONI SINDACALI: «a) Il Governo, nell esercizio della delega di cui all articolo 17 della legge 124 del 2015, si impegna alla definizione di un intervento legislativo volto a promuovere il riequilibrio, a favore della contrattazione, del rapporto tra le fonti che disciplinano il rapporto di lavoro per i dipendenti di tutti i settori, aree e comparti di contrattazione, per una ripartizione efficace ed equa delle materie di competenza e degli ambiti di azione della legge e del contratto. A tal fine il Governo si impegna a rivedere gli ambiti di competenza, rispettivamente, della legge e della contrattazione, privilegiando la fonte contrattuale quale luogo naturale per la disciplina del rapporto di lavoro, dei diritti e delle garanzie dei lavoratori, nonché degli aspetti organizzativi a questi direttamente pertinenti;»

19 Il D.lgs. 75/2017 Modifica dell art. 5, co. 2 T.U.: «Nell'ambito delle leggi e degli atti organizzativi di cui all'articolo 2, comma 1, le determinazioni per l'organizzazione degli uffici e le misure inerenti alla gestione dei rapporti di lavoro, nel rispetto del principio di pari opportunità, e in particolare la direzione e l'organizzazione del lavoro nell'ambito degli uffici sono assunte in via esclusiva dagli organi preposti alla gestione con la capacità e i poteri del privato datore di lavoro, fatte salve la sola informazione ai sindacati ovvero le ulteriori forme di partecipazione, ove previsti nei contratti di cui all articolo 9». dare nuova linfa anche alle relazioni sindacali

20 Linee di indirizzo ARAN 8 giugno 2017 Compito della contrattazione collettiva nazionale sarà, dunque, quello di declinare le tipologie e le corrispondenti modalità dei modelli partecipativi, a tal fine prevedendo, oltre alla informazione, anche ambiti di consultazione sindacale. Anche in coerenza con le tendenze del dialogo sociale in atto a livello europeo: L informazione deve essere data nei tempi, nei modi e nei contenuti atti a consentire alle parti sindacali di procedere a una completa valutazione delle misure proposte; La consultazione deve essere organizzata nei tempi, nei modi e nei contenuti atti a consentire alle parti sindacali di esprimere un parere e quindi cercre di avere la possibilità di influenzare le misure proposte dall amministrazione, sulla base delle informazioni fornite in merito alle stesse misure.

21 Linee di indirizzo ARAN 8 giugno 2017 La contrattazione nazionale dovrà quindi individuare le materie riservate alla informazione sindacale, e, per quanto concerne la consultazione, potrà individuare distinte modalità di svolgimento della stessa, da riferire a diversi ambiti: modalità più agili, finalizzate alla consultazione sulle decisioni da assumere in materia di organizzazione degli uffici; modalità più approfondite, da attivare nei casi in cui debbano ssre assunte decisioni datoriali, che abbiamo più diretti riflessi sul rapporto di lavoro.

22 I profili di (ri)emersione del conflitto ARAN, parere RAL N. 728 ha avuto modo di evidenziare le possibili conseguenze in caso di mancata informazione preventiva affermando: «Per ciò che attiene, in generale, alle problematiche concernenti la violazione delle regole in materia di relazioni sindacali, occorre ricordare che anche la violazione del più leggero dei modelli relazionali previsti (l'informazione) può essere oggetto di ricorso da parte delle OO.SS. al particolare strumento previsto dall'art. 28 della legge n.300/1970 per la repressione della condotta antisindacale. Inoltre, trattandosi di modelli relazionali da rispettare in via preventiva rispetto alla concreta adozione dell'atto o del provvedimento per i quali sono previsti, in sede di giudizio, il magistrato, oltre a dichiarare l'antisindacalità del comportamento dell'ente, potrebbe anche ordinare la rimozione degli effetti di tale comportamento, invalidando gli atti eventualmente adottati dal datore di lavoro pubblico senza il rispetto del vincolo relazionale prescritto.»

23 Art legge 300/1970 Qualora il datore di lavoro ponga in essere comportamenti diretti ad impedire o limitare l esercizio della libertà e dell attività sindacale nonché del diritto di sciopero, su ricorso degli organismi locali delle associazioni nazionali che vi abbiano interesse, il giudice del luogo ove è posto in essere il comportamento denunziato, nei due giorni successivi, convocate le parte ed assunte sommari informazioni, qualora ritenga presente la violazione di cui al presente comma, ordina al datore di lavoro con decreto motivato ed immediatamente esecutivo, la cessazione del comportamento illegittimo e lo rimozione degli effetti.

24 E la norma che consente di realizzare nel modo più ampio ed effettivo la protezione della libertà e dell attività sindacale in azienda, nonché del diritto di sciopero, tramite uno speciale procedimento giurisdizionale repressivo della condotta antisindacale del datore di lavoro. = garanzia dell effettività del principio di libertà sindacale e dei diritti previsti dallo Statuto dei lavoratori (e non solo)

25 La condotta antisindacale Ogni comportamento (atto materiale, comportamento omissivo, ecc.) diretto ad impedire o limitare l esercizio della libertà o dell attività sindacale nonché del diritto di sciopero senza che rilevi la sussistenza di uno specifico intento lesivo in capo al datore di lavoro. Si tratta di una definizione strutturalmente aperta e teleologicamente determinata: il legislatore definisce, cioè, il comportamento illegittimo sulla base della sua idoneità a ledere i beni protetti, nella consapevolezza che non è possibile definirli a priori.

26 I limiti dell antisindacalità Quale è il confine tra condotta legittima e condotta antisindacale del datore di lavoro? Antisindacalità giuridica e contrarietà agli interessi del sindacato: Non tutti i comportamenti antagonistici posti in essere dal datore nei confronti del sindacato sono comportamenti antisindacali. Molti rientrano nella normale logica del conflitto di interessi tra le parti: v. ad es. il caso di una resistenza anche dura del datore alle rivendicazioni sindacali.

27 E da considerare antisindacale quel comportamento dell imprenditore che mira ad opporsi al conflitto, reprimendo lo stesso, ma non ogni opposizione ai lavoratori che si muova nel conflitto accettandone metodo e conseguenze

28 La plurioffensività della condotta La condotta antisindacale può essere PLURIOFFENSIVA ogni qualvolta si presti a ledere due interessi diversi: 1.L interesse collettivo di cui è portatore il sindacato 2.L interesse individuale del singolo lavoratore. Le azioni NON sono alternative: la lesione di tali interessi pur scaturendo dal medesimo comportamento, corre su due binari diversi, indipendenti l uno dall altro.

29 Il soggetto attivo della condotta E il datore di lavoro ed i suoi collaboratori che, secondo l organizzazione dell azienda, svolgono attività ad esso imputabile, esercitando una frazione più o meno ampia del potere imprenditoriale. L illecito è comunque sempre imputabile al datore di lavoro. In prevalenza si ritiene che non costituisca soggetto attivo il sindacato dei datori di lavoro (Cass., 29 dicembre 1999, n , in Riv. giur. lav., 2001, II, 148).

30 L elemento soggettivo Si è a lungo dibattuto sulla questione se l espressione della norma «diretti a» comportasse una valorizzazione della intenzionalità della condotta da parte del datore. Per la dottrina prevalente, il comportamento antisindacale rappresenta un illecito civile, dove l illiceità sarebbe costituita unicamente dalla relazione di contrasto in cui l atto, in sé considerato, si pone con interessi tutelati dall ordinamento. In considerazione di ciò, l inserimento del requisito soggettivo fra quelli tipici della fattispecie avrebbe contrastato con gli scopi perseguiti dal legislatore, subordinando la tutela dei diritti sindacali non già alla condizione che gli stessi siano lesi o posti in pericolo dalla condotta del datore di lavoro, ma all esistenza di una intenzione in tal senso di quest ultimo.

31 Cassazione SS. UU. 12 giugno 1997, n Per integrare gli estremi della condotta antisindacale di cui all art. 28 Stat. Lav. è sufficiente che tale comportamento leda oggettivamente gli interessi collettivi coinvolti, non essendo necessario (ma neppure sufficiente) uno specifico intento lesivo del datore di lavoro, in quanto, per un verso, un errore di valutazione del datore di lavoro, che non abbia avuto coscienza della rilevanza del proprio comportamento, non farebbe venir meno l esigenza primaria di tutela della libertà sindacale e, per un altro, la condotta datoriale non obiettivamente diretta a limitare l attività sindacale, non può essere considerata antisindacale

32 Legittimazione ad agire Il ricorso introduttivo del procedimento speciale di cui all art. 28 St. Lav. può essere proposto dagli organismi locali delle associazioni sindacali nazionali che vi abbiano interesse innovazione significativa "Organismi locali" : occorre guardare agli statuti interni; in generale si tratta degli organismi di categoria di livello territoriale - provinciale (esclusione delle rappresentanze del personale) "Delle associazioni sindacali nazionali": la questione è divenuta più controversa con l entrata sulla scena dei sindacati autonomi; la questione va risolta sotto il profilo oggettivo dell attività sindacale (distribuzione per territorio, contratti stipulati o azioni unilaterali intraprese)

33 Attualità della condotta L'attualità del comportamento antisindacale, quale condizione della domanda ex art. 28 legge n. 300 del 1970, non è esclusa dall'esaurirsi del singolo comportamento, atteso che la lesione dell'attività sindacale, che segna l'interesse del sindacato, permane qualora il comportamento denunciato sia suscettibile di produrre effetti durevoli nel tempo, sia per la sua portata intimidatoria, sia per la situazione di incertezza che ne consegue, tale da determinare una restrizione o un ostacolo al libero svolgimento dell'attività sindacale

34 Procedura Deposito del ricorso davanti al Giudice del Lavoro competente Avvio di un procedimento sommario che si conclude, in caso di accertamento positivo, con la pronuncia di un decreto con il quale il giudice ordina la cessazione del comportamento antisindacale e rimozione degli effetti. Il decreto è immediatamente esecutivo. Il provvedimento può essere impugnato nei successivi 15 giorni dalla comunicazione alle parti, con avvio della fase di merito. Se non opposto il decreto è suscettibile di passare in cosa giudicata. Il datore di lavoro inottemperante al decreto di condanna o alla sentenza emanata nel giudizio di opposizione è punibile ai sensi dell art. 650 c.p. (Art. 28, 4 co., St. Lav.). la

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