LEGGE SULLA DROGA: E ANCORA NECESSARIO L INTERVENTO DELLE SEZIONI UNITE
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- Nicola Federici
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1 LEGGE SULLA DROGA: E ANCORA NECESSARIO L INTERVENTO DELLE SEZIONI UNITE Corte di cassazione, Sezione VII, 8 gennaio gennaio 2015 n. 671 (Presidente Rotundo; Relatore Villoni; Ricorrente Jazouli) Stupefacenti -Attività illecite- Illeciti relativi a droghe leggere - Effetti della sentenza della Corte costituzionale n. 32 del Disciplina più favorevole - Rilevabilità d ufficio o no da parte della Corte di cassazione- Contrasto di giurisprudenza- Rimessione alle Sezioni unite (Dpr 9 ottobre 1990 n. 309, articolo 73; cp, articolo 2) Va rimessa alle Sezioni unite la questione dei limiti entro cui può essere esaminata d ufficio, davanti alla Corte di cassazione, l illegalità della pena conseguente al novum normativo determinato dalla sentenza n. 32 del 2014 della Corte costituzionale, con riferimento cioè alle ipotesi di illeciti riguardanti sostanze stupefacenti leggere. Stupefacenti -Attività illecite- Illeciti relativi a droghe leggere - Sentenza di patteggiamento- Effetti della sentenza della Corte costituzionale n. 32 del Disciplina più favorevole - Rilevabilità da parte della Corte di cassazione- Contrasto di giurisprudenza- Rimessione alle Sezioni unite (Dpr 9 ottobre 1990 n. 309, articolo 73; cp, articolo 2; cpp, articolo 444) Va rimessa alle Sezioni unite la questione dei limiti entro cui possa o debba essere annullata la sentenza di patteggiamento che abbia applicata una pena secondo i parametri edittali meno favorevoli previsti dalla disciplina sanzionatoria dichiarata incostituzionale dalla sentenza n. 32 del 2014 della Corte costituzionale, con riferimento cioè alle ipotesi di illeciti riguardanti sostanze stupefacenti leggere. Proseguono i dubbi interpretativi sulla disciplina delle sostanze stupefacenti dopo i rivolgimenti provocati dalla sentenza n. 32 del Stavolta sono state rimesse alle Sezioni unite due questioni: quella dei limiti entro cui possa o debba essere annullata la sentenza di patteggiamento che abbia applicata una pena per un illecito riguardante droghe leggere secondo i parametri edittali meno favorevoli previsti dalla disciplina sanzionatoria dichiarata incostituzionale dalla sentenza n. 32 del 2014 della Corte costituzionale, e quella dei limiti entro cui, sempre per fatti riguardanti le droghe leggere, possa o debba essere annullata la sentenza di patteggiamento che abbia applicata una pena secondo i parametri edittali meno favorevoli previsti dalla normativa dichiarata incostituzionale. L udienza davanti alle Sezioni unite è fissata per il 26 febbraio Il quadro normativo.- La disciplina sanzionatoria penale delle sostanze stupefacenti, contenuta nel dpr 9 ottobre 1990 n. 309, va oggi ricostruita avendo riguardo: - da un lato, agli esiti della sentenza della Corte costituzionale 25 febbraio 2014 n. 32 [che ha dichiarata l illegittimità costituzionale per violazione dell articolo 77, comma 2, della Costituzione, che regola la procedura di conversione dei decreti-legge degli articoli 4-bis e 4-vicies ter del decreto legge 30 dicembre 2005 n. 272, come convertito con modificazioni dall articolo 1 della legge 21 febbraio 2006 n. 49 (c.d. legge Fini-Giovanardi), così rimuovendo le modifiche apportate con le norme dichiarate illegittime agli articoli 73, 13 e 14 del dpr 9 ottobre 1990, n. 309]; - dall altro, all intervento correttivo ed integrativo del legislatore, principalmente realizzato con il decreto legge 23 dicembre 2013 n. 146, convertito dalla legge 21 febbraio 2014 n. 10 [che ha apportato modifiche al fatto di lieve entità di cui all articolo 73, comma 5, del dpr n. 309 del 1990, trasformandolo in reato autonomo e riducendone le pene edittali] e, poi, con il decreto legge 20 marzo 2014 n. 36, convertito dalla legge 16 maggio 2014 n. 79 [che ha ulteriormente ridotto le pene per il fatto di lieve entità e confermato, dopo l intervento della Corte costituzionale, la scelta di distinguere dal punto di vista sanzionatorio le droghe pesanti dalle droghe leggere ]. Tale disciplina è allora così sintetizzabile, distinguendo tra i fatti illeciti non lievi e i fatti illeciti lievi.
2 I fatti non lievi.- Per i fatti non lievi, norma cardine del sistema sanzionatorio penale è l articolo 73 del dpr n. 309 del 1990, il cui testo vigente è, ora, quello derivante dalla declaratoria di incostituzionalità. Si torna [rectius, si rimane] a dover applicare le fattispecie incriminatrici contenute, rispettivamente, nei commi 1 e 4 dell articolo 73 del dpr n. 309 del 1990, nel testo anteriore alle modifiche del 2006, avendo riguardo, rispettivamente, ai fatti riguardanti le droghe pesanti [tabelle I e III] e i fatti relativi alle droghe leggere [tabelle II e IV]. Il ritorno alla disciplina ante 2006, determina che per le droghe pesanti [tabelle I e III] devono applicarsi le sanzioni della reclusione da otto a venti anni e della multa da euro a euro (articolo 73, comma 1, del dpr n. 309 del 1990); mentre per le droghe leggere [tabelle II e IV], devono applicarsi le sanzioni della reclusione da due a sei anni e della multa da euro a euro Per le droghe pesanti il ritorno alla previgente disciplina del 1990 si risolve in un aggravamento sanzionatorio quanto alla pena della reclusione: infatti, la Fini Giovanardi aveva rideterminato la pena stabilita nel comma 1 dell articolo 73 stabilendo nella misura da sei a venti anni di reclusione. Ora, come si è visto, si torna alla pena della reclusione da otto a venti anni Il nuovo regime sanzionatorio pone ovviamente un problema di sanzioni applicabili ai fatti commessi sotto la vigenza della precedente disciplina, risolvibile secondo le regole dettate dall articolo 2, comma 4, del Cp: mentre per i fatti non lievi relativi alle droghe leggere è più favorevole l attuale disciplina, discorso opposto è tendenzialmente da fare per i fatti relativi alle droghe pesanti, commessi nella vigenza della Fini-Giovanardi, giacchè il ritorno alla previgente disciplina del 1990 si risolve in un aggravamento sanzionatorio quanto alla misura della pena minima della reclusione. L aumento della pena determinatosi per le droghe pesanti, va soggiunto, riverbera i propri effetti anche in ordine alla possibilità di accedere all affidamento in prova ex articolo 94 del dpr n. 309 del 1990, dove il limite massimo di pena per potersi giovare del beneficio penitenziario resta fissato in sei anni di reclusione. I fatti lievi.- Quanto al fatto di lieve entità, di cui all articolo 73, comma 5, del dpr n. 309 del 1990, orami divenuto reato autonomo e non più circostanza attenuante, la relativa disciplina sanzionatoria è rinvenibile ora nel disposto dell articolo 73, comma 5, del dpr n. 309 del 1990, come da ultimo modificato dal decreto legge n. 36 del 2014, convertito dalla legge n. 79 del La sanzione è stata ulteriormente ridotta, rispetto al precedente intervento realizzato con il decreto legge n. 146 del 2013, convertito dalla legge n. 10 del 2014: dalle pene della reclusione da uno a cinque anni e della multa da euro a euro , si passa alle pene della reclusione da sei mesi a quattro anni e della multa da euro 1032 a euro Si tratta, a ben vedere, della stessa pena prevista per i fatti lievi riguardanti droghe leggere [tabelle II e IV] già prevista nel comma 5 dell articolo 73, prima delle modifiche introdotte dalla legge Fini-Giovanardi. E l attuale disciplina, più favorevole, che deve trovare applicazione, ai sensi dell'articolo 2, comma 4, del Cp, anche per i fatti commessi sotto il vigore della previgente disciplina, vuoi per gli illeciti relativi a droghe pesanti, vuoi per illeciti relativi a droghe leggere. Il maggior favore è dimostrato non solo dal livello più basso delle pene, ma è confermato dalla avvenuta reintroduzione della possibilità di sostituzione delle pene della reclusione e della multa con quella del lavoro di pubblica utilità (articolo 73, comma 5 bis, del dpr n. 309 del 1990, reintrodotto dalla legge n. 79 del 2014, mentre era stato inopinatamente dimenticato nel testo del decreto legge n. 36 del 2014). Non si distingue, peraltro, tra droghe pesanti e droghe leggere : per entrambe è previsto lo stesso trattamento sanzionatorio. Le questioni controverse.- Le questioni sottoposte al vaglio della Cassazione riguardano i fatti commessi nella vigenza della legge dichiarata incostituzionale, con riferimento all innovato più favorevole trattamento sanzionatorio delle droghe leggere, ora previsto dall articolo 73, comma 4, del dpr n. 309 del Ciò sotto un duplice profilo. In primo luogo, si pone il dubbio dei limiti entro cui può essere esaminata d ufficio, davanti alla Corte di cassazione, l illegalità della pena conseguente al novum normativo determinato dalla sentenza n. 32 del 2014 della Corte costituzionale. In secondo luogo, con specifico riguardo alle sentenze di patteggiamento, si pone il dubbio dei limiti entro cui possa o debba essere annullata la sentenza di patteggiamento che abbia applicata una pena secondo i parametri edittali meno favorevoli previsti dalla disciplina sanzionatoria dichiarata incostituzionale.
3 La rilevabilità dell illegalità della pena in sede di impugnazione.- Sulla prima questione si sono formati tre diversi orientamenti: ragione che ben giustifica la rimessione alle Sezioni unite. Secondo un primo orientamento, infatti, l illegalità della pena in conseguenza della pronunzia di illegittimità costituzionale sarebbe rilevabile d ufficio, anche in caso di inammissibilità del ricorso per manifesta infondatezza o di assenza di specifica doglianza (cfr., tra le decisioni citate in parte motiva, Sezione IV, 15 maggio 2014, Kure; nonché, Sezione VI, 6 marzo 2014, Rubino ed altri). Secondo altro orientamento, invece, la questione dell illegalità della pena sarebbe valutabile in sede di legittimità solo a condizione che con i motivi originari del ricorso o quantomeno con i motivi aggiunti- la Cassazione sia sta investita del controllo della motivazione in ordine al trattamento sanzionatorio inflitto (cfr., tra le altre, Sezione VI, 26 marzo 2014, Lampugnano ed altro). Secondo un terzo orientamento, infine, l inammissibilità del ricorso precluderebbe la rilevabilità d ufficio della sopravvenuta illegalità della pena (cfr., in particolare, Sezione IV, 6 maggio 2014, Valle). In realtà, la soluzione che ci sembra obbligata è la prima, avendo riguardo ai principi di recente autorevolmente espressi dalle Sezioni unite, nella sentenza 24 ottobre maggio 2014 n , Ercolano, pur relativa ad altra tematica. Per quanto ci sembra di immediato interesse, in quell occasione, la Corte ha esaminato funditus il portato dell articolo 7 della CEDU e degli effetti che ne possono derivare allorquando si tratti di dover applicare la disciplina sanzionatoria penale più favorevole sopravvenuta. Si afferma, in proposito, con riguardo alle sentenze non definitive [è l ipotesi di interesse], che l articolo 7 della CEDU non soltanto garantisce il principio di non retroattività delle leggi penali più severe, ma impone anche che, nel caso in cui la legge penale in vigore al momento della commissione del reato e quelle successive adottate prima della condanna definitiva siano differenti, il giudice deve applicare quella le cui disposizioni sono più favorevoli al reo, con l effetto che, nell ipotesi di successione di leggi penali nel tempo, costituisce violazione del principio di legalità convenzionale l applicazione della pena più sfavorevole al reo. Da questa interpretazione sembra discendere l ineluttabile conseguenza in forza della quale, pur in presenza di un impugnazione inammissibile perché generica ed indeterminata, la Corte di cassazione dovrebbe porsi d ufficio ex articolo 609, comma 2, del Cpp la questione dell eventuale violazione del principio di legalità della pena, sì da dover fare applicazione, nel caso, della più favorevole disciplina del dpr n. 309 del 1990, nel testo anteriore alla legge n. 49 del 2006 attinta dal giudizio di incostituzionalità. E conclusione che, a fortiori, dovrebbe valere nel procedimento di appello, anche qui prescindendo dall ammissibilità/inammissibilità dell impugnazione e, a maggior ragione, del capo della sentenza oggetto di gravame [ergo, anche nel caso in cui oggetto di doglianza non sia il capo della responsabilità e/o del trattamento sanzionatorio]. L autorevolezza della decisione impone di superare ogni altra e diversa opzione interpretazione, già in precedenza accreditata ed accreditabile, che vorrebbe limitare la possibilità di applicare il novum normativo ex articolo 2, comma 4, del Cp alla duplice condizione che l'impugnazione sia ammissibile e che i motivi di impugnazione (originari o aggiunti) lo consentano. La sorte delle sentenze di patteggiamento.- Anche sull altra questione la giurisprudenza è divisa. Secondo un primo orientamento, infatti, dovrebbe procedersi all annullamento senza rinvio della sentenza sia nell ipotesi in cui la pena applicata risulti eccedente rispetto al limite edittale massimo reintrodotto per effetto della citata sentenza della Corte costituzionale, sia nell ipotesi in cui essa si riveli rispettosa anche della nuova forbice sanzionatoria, perché il contenuto dell accordo non sarebbe stato ragionevolmente il medesimo ove non fosse stata in vigore la normativa dichiarata incostituzionale, dacchè il computo della pena sarebbe stato effettuato in maniera diversa (cfr., tra le sentenze citate dall ordinanza, Sezione IV, 14 maggio 2014, Manfrè; Sezione IV, 10 aprile 2014, Monaco). Secondo altro orientamento, invece, l illegalità della pena non conseguirebbe automaticamente alla declaratoria di incostituzionalità, dovendosi verificare comunque l adeguatezza della pena applicata al caso concreto (cfr. Sezione III, 12 giugno 2014, Tirocchi). Secondo un terzo orientamento, infine, la sentenza sarebbe da annullare soltanto ove la pena base concordata dalle parti ecceda i limiti edittali previsti dalla normativa antecedente alla legge n. 49 del 2006 dichiarata incostituzionale, mentre nel caso in cui la pena concordata sia comunque compresa entro i limiti edittali nuovamente vigenti dopo la decisione della Corte costituzionale non ne conseguirebbe alcun effetto
4 sulla sentenza di patteggiamento. Si precisa, a tal riguardo, che non sarebbe da annullare la sentenza che abbia assunto come pena base quella di sei anni, corrispondente al massimo applicale secondo la disciplina ripristinata dalla Corte costituzionale. Mentre sarebbe da annullare la sentenza che abbia applicato anche una pena inferiore al massimo di sei anni, quando il valore di partenza [la pena base] sia stato comunque superiore alla soglia indicata (cfr. Sezione VI, 2 dicembre 2014, Minardi). La soluzione che sembra più convincente è senz altro la prima. Infatti, l accordo pattizio si è formato avendo riguardo ai limiti edittali a quel momento vigenti, con la conseguenza che sarebbe stato ragionevolmente diverso [comunque nulla autorizza a ritenere che sarebbe stato lo stesso] in presenza di limiti edittali completamente diversi, nel minimo e nel massimo, quali quelli fatti rivivere dalla Corte costituzionale. Non solo: a prescindere da quella che sarebbe stata la volontà delle parti [ragionevolmente diversa], è altrettanto indubbio che il diverso ambito edittale ha costituito la base dell apprezzamento giudiziale sulla congruità della pena e anche tale apprezzamento ben può ipotizzarsi sarebbe stato diverso avendo riguardo ai nuovi limiti edittali [pur essendo questi ultimi più favorevoli per l imputato]. Il voler limitare il giudizio di illegalità solo alla ipotesi in cui la pena base concordata abbia ecceduto il nuovo limite edittale massimo di sei anni è soluzione ingiustificatamente limitativa, che dimentica di considerare che la disciplina fatta rivivere dalla Corte costituzionale a tacer d altro prevede anche un minimo edittale notevolmente più basso. Con la duplice conseguenza che la convenienza della pena oggetto dell accordo, nella prospettiva delle parti, e la congruità di tale pena, nella prospettiva della verifica giudiziale, ne risultano ex post radicalmente modificate, tanto che, laddove la questione si ponesse in sede esecutiva, in ossequio ai principi della sentenza Ercolano [e della successiva sentenza delle Sezioni unite, 29 maggio ottobre 2014 n , Proc. Rep. Trib. Napoli in proc. Gatto], il patto ne risulterebbe travolto. Vale solo aggiungere che l ulteriore soluzione proposta, quella della salvezza della pena patteggiata che risulti adeguata al caso concreto, appare sostanzialmente autoreferenziale, giacchè non è dubitabile che in ogni patteggiamento il giudice non può non avere considerato la pena adeguata al caso concreto: il problema che quel giudice non può essersi posto è proprio quello del sopravvenuto mutamento del quadro edittale di riferimento, che vulnera ex post la tenuta di qualsivoglia giudizio di adeguatezza che possa essere stato effettuato. La soluzione qui patrocinata porta con sé l ulteriore conseguenza che il giudice chiamato a giudicare del patteggiamento intervenuto su una pena rivelatasi ex post illegale, per essere cambiati i limiti edittali della pena, non può che annullare senza rinvio la decisione, rimettendo le parti nella posizione processuale antecedente all'accordo, restando libere le parti medesime di concordare una nuova pena. Il giudice, che apprezzasse l illegalità sopravvenuta della pena, infatti, potrebbe rideterminarla, sia in sede di impugnazione che in sede di esecuzione, solo laddove l operazione da farsi per ricondurre la pena a legalità, sia meramente matematica, cosa che peraltro è concettualmente impraticabile allorquando il sopravvenuto cambiamento dei minimi edittali massimi e minimi della pena impone una rinnovata valutazione, delle parti [compreso il pubblico ministero, in termini di convenienza processuale] e del giudice [in termini di congruità della pena]. Proprio la necessità di questa rinnovata valutazione rende non convincente la soluzione, pure affermatasi in giurisprudenza, in forza della quale dovrebbe procedersi alla rideterminazione della pena secondo un criterio di proporzionalità tenendo conto dei mutati parametri edittali (cfr., ad esempio, Sezione I, 18 novembre 2014, Cassia). Questa ulteriore specifica questione, comunque, è già stata rimessa all attenzione delle Sezioni unite, che dovrà decidere all udienza del 26 febbraio 2015, su sollecitazione della Sezione I, nell ambito del procedimento penale a carico di Marcon Sonny, proprio a fronte di interpretazioni affatto univoche, anche nella giurisprudenza di merito. Il reato continuato: altra questione controversa.- Per apprezzare la complessità interpretativa della innovata disciplina delle sostanze stupefacenti, vale segnalare che le Sezioni unite sono state chiamate a chiarire [sempre all udienza del 26 febbraio 2015] una ulteriore questione: se il principio dell'applicazione della disciplina più favorevole, determinatasi per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 32 del 2014 con riferimento al trattamento sanzionatorio relativo ai delitti previsti dall'articolo 73 del dpr n. 309 del 1990 in relazione alle "droghe leggere", ed il conseguente dovere di rideterminare la pena, trovi applicazione o no anche per gli aumenti stabiliti a titolo di continuazione per i reati-satellite. Ciò in presenza di un contrasto interpretativo tra: a) un orientamento negativo, basato sul rilievo che nel reato
5 continuato, ai fini del computo della pena, non assume rilevanza concreta quella stabilita per i reati-satellite essendo per questi l aumento di pena determinato solo in relazione alla pena del reato più grave e sulla base di un valutazione di equità, che tiene conto della gravità del reato secondo i parametri ex articolo 133 del Cp e non necessita di apposita motivazione; e b) un orientamento positivo, secondo cui, al contrario, i mutati e più favorevoli limiti edittali impongono una nuova valutazione in ordine alla pena da irrogare e, nel giudizio di legittimità, l annullamento con rinvio della sentenza impugnata, giacchè, se è vero che nella continuazione la pena per i reati-satellite viene a trasformarsi in una frazione omogenea della pena aumentata per il reato più grave, comunque l entità dell aumento risente non solo delle circostanze accessorie ai reati-satellite, ma anche della cornice edittale della pena stabilita per gli stessi (l ordinanza di rimessione è della Sezione III, 2 dicembre 2014, Sebbar). Il fatto lieve.- Vale aggiungere che le soluzioni che saranno adottate dalle Sezioni unite andranno esportate anche per disciplinare le ipotesi in cui, prima dei richiamati interventi di modifica in senso più favorevole per l imputato, sia stato riconosciuto il fatto di lieve entità. Anche per tali situazioni si pone, infatti, il problema dell applicabilità della disciplina sanzionatoria più favorevole sopravvenuta, stavolta a seguito dei reiterati interventi del legislatore sopra richiamati [decreto legge n. 146 del 2013, convertito dalla legge n. 10 del 2014, e decreto legge n. 36 del 2014, convertito dalla legge n. 79 del 2014]. Giuseppe Amato
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