CONGRESSI, CONVEGNI interesse pubblico, della collettività

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1 CONGRESSI, CONVEGNI XXVII CONGRESSO NAZIONALE FORENSE Palermo 2-5 ottobre 2003 Relazione del Presidente del Consiglio dell'ordine degli Avvocati di Milano Avv. Paolo Giuggioli CONSULENZA LEGALE E GARANZIE DEL CITTADINO 1. Introduzione. Cari colleghi ed amici, sono lieto di poter prendere la parola in occasione di questo XXVII Congresso Nazionale Forense ed in particolare di intervenire sull'importantissima tematica riguardante la consulenza legale e le ragioni per le quali rivendichiamo la riserva in favore dell'avvocatura. Sono inoltre lieto del fatto che questo argomento venga affrontato all'interno del più ampio dibattito sulla Riforma dell'ordinamento Forense; argomento al quale si è voluto dedicare questa prima parte del Congresso e rispetto al quale esprimo l'auspicio che nel corso di questi giorni si possano realizzare proficui risultati. È evidente, infatti, che il confronto sulle Sfide dell'avvocatura tra qualità, legalità e giustizia _ filo conduttore di questo Congresso _ non può non partire dalle «fondamenta» della professione forense e dall'esigenza di mettere a disposizione degli avvocati di oggi e di domani gli strumenti adeguati per un esercizio sempre più qualificato della professione all'interno di una società in continua evoluzione. 2. L'interesse pubblico a prestazioni qualificate: tutela per il cittadino. In diverse occasioni abbiamo avuto modo di affrontare la tematica della riserva sulla consulenza legale e abbiamo ritenuto di dover assumere iniziative finalizzate al riconoscimento definitivo del suo esercizio esclusivo da parte degli avvocati. Nelle mozioni finali con cui sono stati conclusi i Congressi Nazionali Forensi di Napoli nel 1999 e di Firenze nel 2001, abbiamo voluto che la riserva esclusiva della consulenza fosse contemplata in quella riforma dell'ordinamento forense per la quale oggi siamo qui riuniti a discutere. In particolare a Firenze abbiamo espresso l'urgenza di giungere _ attraverso la celere approvazione di una nuova legge professionale _ alla previsione dell'esplicita attribuzione agli avvocati dell'assistenza e consulenza stragiudiziale (salvo specifiche competenze di altre professioni) a tutela dell'interesse dei singoli e della collettività. È un obiettivo questo al quale teniamo molto e il cui raggiungimento diviene sempre più necessario. La ragione per cui la consulenza e le attività stragiudiziali in genere debbano essere a noi riservate va individuata nell'interesse pubblico, della collettività, a che tali prestazioni siano offerte da soggetti qualificati, cioè da professionisti in possesso di requisiti di capacità e competenza e la cui correttezza professionale ed indipendenza siano sottoposte ad un effettivo controllo.

2 Queste peculiarità possono essere ricondotte ad unità nella professione forense, all'interno di una tradizione e di una cultura del diritto più che millenaria. L'esercizio della consulenza legale da parte dell'avvocato ha da sempre rappresentato _ e rappresenta sempre di più _ un fondamentale strumento per la prevenzione delle controversie e per la tutela dei diritti dei cittadini. Mi riferisco soprattutto al lavoro che si svolge quotidianamente a fianco dei nostri assistiti, aiutandoli ad assumere le decisioni più appropriate alla luce e nel rispetto del diritto vigente, cercando di prevedere e neutralizzare il rischio dell'insorgenza di conflitti e organizzando al meglio i mezzi di tutela degli interessi e dei diritti. Così facendo, l'avvocato è anche uno strumento di diffusione della legalità e della conoscenza del diritto nella società e contribuisce in tal modo _ come si legge nel Preambolo del nostro Codice Deontologico _ all'attuazione dell'ordinamento per i fini della giustizia. Sotto tale profilo il concetto di «difensore», che in senso stretto è riferito alle attività giudiziali dell'avvocato quale ausilio indispensabile alla tutela dei principi fondamentali ed inderogabili sanciti dall'art. 24 della Costituzione, deve, invece, trovare più ampio riconoscimento e deve ricomprendere anche le diverse attività stragiudiziali per le quali devono essere garantite le qualità ed i requisiti cui poc'anzi ho fatto riferimento. Stiamo, dunque, parlando degli stessi valori che permeano l'art. 33 della Costituzione nel quale è sancito il principio per cui la preparazione e la capacità tecnica per poter esercitare una professione devono essere comprovate esclusivamente attraverso l'esame di Stato. Al pari il nostro ordinamento, con l'art del codice civile, impone l'iscrizione all'albo quale ulteriore condizione, oltre all'esame, per l'esercizio della professione. Ciò al fine _ da un lato _ di assoggettare il professionista alle norme deontologiche ed al potere disciplinare dell'ordine di appartenenza e _ dall'altro _ di rendere nota tale appartenenza alla collettività, assicurando così la tutela della pubblica fede. Infine anche l'art. 348 del codice penale, sanzionando l'esercizio abusivo della professione, risponde all'esigenza «di tutelare il cittadino dal rischio di affidarsi, per determinate esigenze, a soggetti inesperti... o indegni di espletarla» (Cass. pen., Sez. VI, n. 1181). La rilevanza degli aspetti sui quali l'esercizio professionale agisce è tale per cui lo Stato pone delle condizioni che ne garantiscono il livello qualitativo. Le esigenze in ragione delle quali è richiesta la tutela del cittadino, si riscontrano tanto nell'attività giudiziale dell'avvocato quanto nell'attività di consulenza e stragiudiziale, intervenendo entrambe sulla sfera giuridica dei singoli. Mentre, però, per le attività di rappresentanza e difesa in giudizio l'interesse a prestazioni qualificate è riconosciuto attraverso l'esplicita previsione dell'esclusiva in favore degli avvocati, lo stesso non accade per l'attività stragiudiziale e la consulenza, per le quali sussiste il medesimo interesse sebbene non sia espressa con chiarezza dalla legge analoga protezione. 3. La consulenza legale nelle norme nazionali. In questi anni abbiamo avuto modo di ascoltare diversi nostri colleghi che con grande impegno hanno studiato la legislazione italiana e comunitaria ed hanno proposto una lettura coordinata delle disposizioni in materia di professione forense, giungendo perfino ad affermare che già il nostro ordinamento attuale prevede la riserva in favore dell'avvocatura per quanto riguarda l'esercizio professionale, cioè continuativo e retribuito, dell'attività stragiudiziale. Senza dilungarmi in una ricostruzione sistematica sulla collocazione della consulenza nel panorama normativo vigente, credo sia opportuno soffermarsi su alcuni esempi che

3 evidenziano il legame inscindibile tra consulenza legale e avvocatura e, quindi, l'appartenenza di tale attività alla nostra professione. A) Innanzitutto vi è la l. 9 febbraio 1982, n. 31 che ha dato attuazione alla direttiva europea sulla libera prestazione di servizi da parte degli avvocati cittadini degli Stati membri delle Comunità europee. La norma stabilisce che i cittadini comunitari abilitati negli Stati membri di provenienza ad esercitare la professione legale con uno dei titoli compresi nella lista riportata nella medesima norma, sono ammessi all'esercizio della professione forense, in sede giudiziale e stragiudiziale, con carattere di temporaneità e nel rispetto di specifiche condizioni. B) Poi abbiamo il d.lgs. n. 96 del 2001, che attua la direttiva 98/5/CE sull'esercizio permanente della professione di avvocato in uno Stato membro diverso da quello in cui è stata acquisita la qualifica professionale. L'art. 10 del provvedimento dispone l'attribuzione all'avvocato stabilito del diritto di esercitare l'attività stragiudiziale, senza le limitazioni previste per le prestazioni giudiziali (è cioè svincolato dall'obbligo di operare d'intesa con un professionista abilitato ad esercitare la professione con il titolo di avvocato), fornendo, in particolare, consulenza legale sul diritto dello Stato membro di origine, sul diritto comunitario ed internazionale, nonché sul diritto nazionale. Anche in questo caso il diritto di esercitare la professione di avvocato è subordinato alle specifiche condizioni contenute nel decreto. Con riferimento, quindi, alle normative esaminate sono immediate due osservazioni: 1) è previsto esplicitamente che le attività professionali dell'avvocato siano riferite tanto alla sede giudiziale quanto alla sede stragiudiziale. In entrambe le leggi viene, infatti, dedicato un apposito articolo all'attività stragiudiziale; 2) l'esercizio di quest'ultima è subordinato al rispetto di alcune condizioni: osservanza delle vigenti norme legislative, professionali e deontologiche; estensione delle norme sull'incompatibilità; sottoposizione al potere disciplinare del consiglio dell'ordine competente per territorio; ecc. Questi esempi impongono alcuni semplici interrogativi: qual'è la ragione per la quale il legislatore ha inteso regolamentare, attraverso vincoli e condizioni, l'attività stragiudiziale da parte degli avvocati? E ancora: se l'esercizio della consulenza legale fosse realmente libera ed accessibile a tutti, che senso avrebbe stabilire precetti come quelli appena citati riferiti esclusivamente all'attività svolta dagli avvocati? Che senso avrebbe prevedere, come avviene nel d.lgs. n. 96/2001, che l'avvocato stabilito può esercitare l'attività professionale stragiudiziale senza le limitazioni che abbiamo visto essere imposte per l'attività giudiziale? Nel momento in cui si dovesse ammettere che la consulenza legale, prestata in modo professionale, debba considerarsi d'appannaggio di tutti, tale norma parrebbe in effetti del tutto superflua! Non lo è più, invece, se si dovesse ritenere _ come riteniamo _ che, nel rispetto dell'interesse pubblico a prestazioni qualificate e corrette nell'ambito legale di cui si è detto, l'avvocato non stabilito non abbia facoltà di esercizio della professione (giudiziale e stragiudiziale) sul territorio italiano. Non lo è neppure se si dovesse ritenere _ come ancora riteniamo _ che, per il medesimo interesse della collettività, anche il cittadino italiano non iscritto all'albo degli avvocati non possa esercitare la professione forense, nell'ambito giudiziale _ e questo è pacifico _ e anche in quello stragiudiziale. Con riferimento alle norme citate e a sostegno della valenza loro attribuita quali norme in favore della riserva della consulenza legale agli avvocati, ci viene in soccorso l'intervento

4 dell'amico Donella nell'articolo ben conosciuto ai più L'astrologo e la consulenza legale pubblicato nel 2001 su La previdenza forense. Partendo dai principi del diritto comunitario egli afferma che «...uno Stato membro deve consentire ai cittadini degli altri Stati l'esercizio di un'attività economica con gli stessi limiti imposti ai propri cittadini, o senza limiti, se questi non ci sono per i cittadini». Dal momento, quindi, che per il compimento delle attività stragiudiziali e della consulenza legale agli avvocati stranieri sono imposti sostanzialmente gli stessi limiti previsti per gli avvocati italiani (osservanza delle norme che garantiscono la correttezza dell'attività professionale: segreto professionale, riservatezza, divieto di pubblicità; sottoposizione al controllo ed al potere disciplinare degli ordini, ecc.), ne consegue _ a nostro parere _ che tali prestazioni sono riservate ai soli appartenenti alla nostra professione. 4. La consulenza legale nelle norme comunitarie. Un altro esempio del riconoscimento a livello normativo della contiguità tra professione forense e consulenza legale è la direttiva 2001/97/CE sulla prevenzione dell'uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio. Essa stabilisce determinati obblighi (di identificazione della clientela, di registrazione dei dati identificativi raccolti e di segnalazione delle operazioni sospette alle autorità competenti) nei confronti di alcune categorie di operatori, tra i quali vi sono anche gli avvocati, allorquando prestano opera di assistenza dei clienti nella progettazione o nella realizzazione di operazioni di natura finanziaria e societaria. Nelle premesse della direttiva si legge: «i notai ed i professionisti legali indipendenti, quali definiti dagli Stati membri, dovrebbero essere assoggettati alla direttiva quando partecipano a operazioni di natura finanziaria o societaria, inclusa la consulenza tributaria... Tuttavia quando dei professionisti indipendenti che forniscono consulenza legale, i quali siano legalmente riconosciuti e controllati come gli avvocati, esaminano la posizione giuridica di un cliente o rappresentano un cliente in un procedimento giudiziario, non sarebbe appropriato che per quanto riguarda tali attività la direttiva imponesse loro l'obbligo di comunicare eventuali operazioni sospette di riciclaggio». Prosegue poi la direttiva: «Di conseguenza, la consulenza legale è soggetta al vincolo del segreto professionale a meno che il consulente giuridico partecipi alle attività di riciclaggio dei proventi illeciti, che la consulenza sia fornita a fini di riciclaggio o l'avvocato sia a conoscenza che il cliente chiede consulenza giuridica ai fini del riciclaggio dei proventi illeciti». Sarà certamente interessante vedere come sarà recepita la direttiva dal nostro ordinamento. Una cosa però può essere detta subito: l'europa, nell'intento di combattere il fenomeno del riciclaggio, stabilisce specifici adempimenti nei confronti di quegli operatori che esercitano particolari attività connesse ai settori economici nei quali più alto è il rischio del verificarsi di questo specifico reato; e, con particolare riferimento alla consulenza legale, indica quali destinatari della direttiva i consulenti giuridici e, più esplicitamente, gli avvocati. Analoghe considerazioni potrebbero essere svolte con riguardo al d.lgs. 9 aprile 2003, n. 70 con cui è stata data attuazione alla direttiva 2000/31/CE diretta a promuovere la libera circolazione dei servizi della società dell'informazione, tra i quali il commercio elettronico, e che dedica alcune disposizioni alla professione forense. 5. La giurisprudenza: fattore d'incertezza.

5 Fermo restando l'importante significato delle argomentazioni finora esposte, occorre, però, considerare che, all'assenza di un'esplicita attribuzione della consulenza agli avvocati da parte dell'ordinamento, si aggiunge un altro determinante fattore d'incertezza. Si tratta della giurisprudenza, in particolare della Cassazione, che anche recentemente è intervenuta su questa tematica. Occorre premettere al riguardo che già in passato la Suprema Corte si è occupata dell'attività stragiudiziale in sede civile e penale, giungendo _ non senza cambiamenti d'orientamento _ ad affermare con una certa frequenza la liceità dell'esercizio della consulenza legale da parte di chiunque. Due sono le decisioni prodotte dalla Cassazione nell'ultimo anno. La prima è la sentenza 8 ottobre gennaio 2003, n. 49 della sesta sezione penale della Cassazione che ha espresso il principio, certamente condivisibile, per cui «una determinata professione si concretizza in atti caratteristici, che vanno distinti in due categorie. Vi sono _ dice la Cassazione _ gli atti ``tipici'' o ``propri'' o ``riservati'' che sono quelli il compimento dei quali è riservato agli appartenenti alla professione, con l'effetto che al quisque de populo è inibito il compimento anche di uno solo di questi atti. Esistono, poi, gli atti che, pur essendo caratteristici della professione, rimangono ``relativamente liberi'', nel senso che anche altri possono compierli, purché si tratti di compimento occasionale e gratuito». I principi contenuti in tale sentenza possono e devono trovare applicazione anche nella professione forense, soprattutto con riferimento alle prestazioni stragiudiziali caratterizzate dagli elementi della continuità e dell'onerosità. Purtroppo solo pochi mesi dopo la pubblicazione di questa importante decisione abbiamo nuovamente avuto conferma dell'andamento per così dire «oscillante» dei giudici di legittimità. La medesima sezione sesta della Suprema Corte ha, infatti, emesso la sentenza 11 marzo-15 aprile 2003, n , nella quale ha ritenuto di smentire la precedente, indirizzata secondo i giudici «in consapevole contrasto con l'orientamento in precedenza costante che circoscrive gli atti rilevanti, ai fini della configurabilità del reato di cui all'art. 348 c.p., alla sfera di quelli riservati in via esclusiva a soggetti dotati di speciale abilitazione e cioè ai cosiddetti atti tipici, escludendo dal novero delle attività esclusive quelle ``relativamente libere'', solo strumentalmente connesse a quelle tipiche». Per la verità oltre alla perplessità rispetto ad un simile ribaltamento d'opinione sul medesimo principio da applicare, leggendo le succinte motivazioni rimane la delusione per la mancanza di argomentazioni basate sul diritto vigente e sugli interessi che questo intende tutelare; ragionamenti che invece si sono potuti riscontrare nella sentenza n In questa occasione, invece, i giudici si sono limitati ad esprimere l'adesione _ e cito testualmente _ «all'orientamento del tutto prevalente, non ravvisando né sul piano giuridico né sul piano logico ragioni apprezzabili per conferire rilievo penalistico a fatti di tale rilievo pacificamente privi di per se stessi». Alla luce di questi ultimi interventi giurisprudenziali e nonostante il nostro convincimento sulla necessità di vedere riconosciuta la riserva delle attività stragiudiziali in favore dell'avvocatura, non è possibile oggi considerare risolta la questione. Occorre una regolamentazione più precisa e incisiva della materia, che permetta di uscire dalla situazione d'incertezza attuale _ la quale certamente non giova a noi avvocati _ salvaguardando nello stesso tempo i diversi interessi in gioco: l'esigenza di tutela del pubblico affidamento e del diritto del cittadino di ricevere prestazioni qualificate da parte di chi esercita l'attività di consulenza, l'interesse dell'avvocatura ad ottenere finalmente il riconoscimento della propria «naturale vocazione» rispetto all'attività di consulenza e stragiudiziale, ma anche _ e non si può non tenerne conto _ l'interesse delle

6 diverse categorie professionali ad occuparsi della materia giuridica disciplinante la loro attività tipica. 6. La consulenza in Europa. Risulta utile al riguardo delineare il quadro della disciplina della consulenza legale vigente negli Stati membri più rilevanti all'interno dell'unione Europea. In Francia la consulenza legale non è riservata in esclusiva ai professionisti legali. La legge, però, prevede limiti e regole qualora essa venga esercitata in via non occasionale e remunerata: _ L'esercizio non occasionale e retribuito è attribuito alle professioni legali maggiori (avocats aux barreaux e notaires), per le quali la competenza è estesa a tutti i campi del diritto. _ Le professioni legali minori possono prestare consulenza legale non occasionale e remunerata in relazione e nei limiti della loro specifica attività professionale. Per esempio gli huissiers, assimilabili agli ufficiali giudiziali, possono fornire consulenze in materia di notifiche ed esecuzioni, _ i juristes d'entreprieses _ hanno come ambito di competenza l'oggetto sociale dell'impresa o della società con cui hanno stipulato un contratto d'impiego subordinato, e così via per le altre categorie previste dall'ordinamento francese. _ Per quanto riguarda gli altri professionisti e i soggetti privati (come per esempio i revisori dei conti, gli architetti, i bancari, ecc.), è permessa la consulenza legale in via non occasionale e remunerata come attività accessoria a quella principale e a condizione che siano in possesso di una laurea triennale in legge o siano altrimenti considerati adeguatamente competenti in diritto. In ogni caso tutti coloro che prestano assistenza legale non occasionale e remunerata, professionisti iscritti ad un albo o meno, sono tenuti al segreto professionale e alla sottoscrizione di una polizza assicurativa a copertura dei rischi relativi all'attività di consulenza svolta. È inoltre esclusa la consulenza a coloro che abbiano subito condanne penali o amministrative per atti contrari all'onore, alla probità o al buon costume, o che abbiano subito condanne per reati fallimentari. Infine è ammessa a tutti la consulenza gratuita e anche remunerata qualora venga esercitata occasionalmente. Sul punto però la giurisprudenza francese ha ritenuto non occasionale l'attività prestata anche solo due volte. Inoltre anche la prestazione occasionale è soggetta al segreto professionale ed alla disciplina professionale sul conflitto d'interesse. In Germania la professione legale è disciplinata da diverse fonti normative. Analogamente a quanto accade in Francia, la consulenza legale non è riservata ai professionisti legali. La legge tedesca, infatti, conferisce espressamente la facoltà d'esercizio sia a questi ultimi (rechsanwalten) sia a soggetti che non appartengono a tale professione. I consulenti legali hanno competenza su ogni questione legale: essi sono, infatti, definiti dalla legge come consulenti legali indipendenti per tutte le questioni legali. Del secondo gruppo fanno parte i soggetti appartenenti a categorie previste dalla legge che possono prestare consulenza legale in virtù di un permesso amministrativo abilitante che presuppone il superamento di un esame e che viene rilasciato in presenza dei requisiti di legge e limitatamente alle materie nelle quali sia dimostrata la capacità tecnica. Ad esempio rientrano in questa categoria coloro che offrono consulenza legale in materia pensionistica o in materia assicurativa o che lavorano presso società di recupero crediti, ecc.

7 Vi sono altre figure per le quali non è richiesto il permesso: es. impiegati bancari nei limiti dell'attività esercitata, consulenti fiscali, ed altri. Nell'ordinamento inglese (Inghilterra e Galles) è stato attuato tra il 1990 ed il 1999 un processo di riforma delle professioni legali che ha interessato tutte le attività ad esse riferite, portando all'abolizione delle tradizionali riserve per le due principali categorie professionali del settore: i solicitors e i barristers. Per effetto di tale processo riformatore la consulenza legale può essere svolta da chiunque. Rimane la competenza esclusiva dei solicitors sulla redazione di particolari documenti legali (prevalentemente in materia testamentaria e di trasferimento di diritti su beni immobili). La legge, infatti, vieta espressamente e punisce come reato l'esercizio di tali attività da parte di soggetti non iscritti all'albo professionale dei solicitors. Da tale divieto sono escluse le altre professioni legali (barristers e public notaries), i pubblici ufficiali e alcuni particolari soggetti che redigono documenti inerenti all'attività svolta (consulenti in proprietà industriale, marchi e brevetti, particolari enti autorizzati come banche ed assicurazioni). Sebbene in Inghilterra non sia formalmente prevista una riserva in favore delle professioni legali, di fatto le attività di consulenza nelle materie giuridiche sono strettamente monopolizzate dagli studi legali. Emerge, dunque, che nei principali Paesi europei, a differenza di quanto avviene in Italia, l'esercizio della consulenza legale è stato disciplinato espressamente dalla normativa o da prassi consolidate e, come in particolare avviene in Francia e in Germania, è sottoposto a vincoli ed a meccanismi certificativi della professionalità ritenuta necessaria dai rispettivi ordinamenti: ciò in coerenza con quei principi generali, più volte ricordati, propri anche del nostro ordinamento. 7. Altre considerazioni. Avvicinandomi alla parte conclusiva di questo mio intervento vorrei, quindi, esporre alcune ulteriori considerazioni. _ La consulenza legale ha assunto un'importanza sempre più rilevante in conseguenza dell'evolversi della società che giorno dopo giorno diventa sempre più complessa. Ciò comporta l'incremento della domanda sia in termini quantitativi sia in termini di livello di specializzazione e di qualità dei servizi legali. Gli ampi spazi di mercato che vengono così a crearsi accentuano l'esigenza di tutela dei diritti dei cittadini rispetto ai servizi offerti. _ Tale esigenza può essere soddisfatta solo attraverso un sistema di qualificazione ed abilitazione all'esercizio della consulenza, che oggi si identifica con quello ordinistico (rispetto al quale è auspicabile quanto prima la riforma). _ L'incertezza presente nel nostro ordinamento deve, dunque, trovare adeguata soluzione mediante la definizione a livello legislativo delle competenze sull'attività stragiudiziale e, in particolare, con il riconoscimento esplicito di tale competenza in favore dell'avvocatura sulla materia legale nel suo complesso. Non si possono invece considerare adeguate diverse soluzioni prospettate, che si indirizzano verso l'inquadramento della consulenza legale nell'ambito di una specializzazione della professione forense o, addirittura, quale nuova autonoma professione. _ Riservare agli avvocati in via generale la consulenza, evidentemente, non può significare l'esclusione dell'esercizio di essa per quelle professioni che, nell'espletamento delle attività loro spettanti, devono necessariamente fare fronte a problematiche giuridiche (esiste forse un settore nel quale non vi siano problematiche giuridiche?!) e, quindi, fornire competenti indicazioni ai propri clienti.

8 Si tratta per esse di una competenza, direi, strumentale all'esercizio della propria attività tipica, che _ come tale _ deve essere riconosciuta. _ Il punto discriminante rimane il fatto che l'azione del soggetto che presta la consulenza deve essere il frutto di un percorso abilitativo e deve essere soggetta ad un controllo sulla correttezza e la professionalità messe in campo. 8. La proposta. Allo stato attuale, la situazione d'incertezza normativa e le posizioni non certo favorevoli assunte dalla giurisprudenza rendono dunque necessario un intervento chiarificatore del legislatore che affermi in modo esplicito l'interesse pubblico a che la consulenza legale e l'attività stragiudiziale siano riservate in primis agli avvocati, in quanto prestazioni _ insieme a quella giudiziale _ tipiche della professione forense. In considerazione della complessità della problematica che coinvolge trasversalmente una buona parte del mondo professionale ed economico, è mio parere che non sia sufficiente né realistico sostenere progetti di riforma che si limitino ad attribuire la competenza esclusiva alla nostra categoria, senza tenere in considerazione le «aderenze» esistenti tra la consulenza legale ed altre attività professionali. Occorre, invece, compiere i primi passi verso una forma di regolamentazione complessiva della materia che abbia come obiettivo prioritario la tutela del cittadino e, che _ conseguentemente _ definisca una gradazione della tutela stessa in funzione della rilevanza dell'attività esercitata. A titolo esemplificativo, una prestazione isolata e non retribuita, al di fuori di un'organizzazione a ciò preordinata, non pone certamente il problema dell'affidamento del soggetto che ne ha beneficiato. Concordo, al contempo, con chi sostiene che l'avvocatura ha per prima il dovere d'iniziativa, nella consapevolezza del suo ruolo nella società e a tutela della sua stessa identità professionale e della collettività. Rivolgo, quindi, un invito ad uscire da una visione particolaristica della nostra professione, che ben difficilmente ci permetterà di risolvere le diverse problematiche aperte, e ad affrontare anche la questione della consulenza legale mettendo in comune le riflessioni che da diverse parti sono state avanzate sull'argomento, anche nell'ambito delle proposte di riforma dell'ordinamento forense. Propongo, a tal fine, la costituzione in questa stessa sede di un gruppo di lavoro al quale affidare il mandato di elaborare un articolato unitario, specifico sulla consulenza legale e sull'attività stragiudiziale, che tenga conto del contesto europeo. In primo luogo la commissione di studio dovrà effettuare una ricognizione delle attività professionali ed economiche che si occupano di problematiche giuridiche. Sulla base del criterio della rilevanza dell'attività di consulenza svolta, si dovrà inoltre definire il livello di qualificazione e di tutela da attivare a garanzia dell'utenza: ad esempio mediante la previsione di requisiti formativi (titoli di studio, frequenza di corsi), di norme comportamentali, di controlli sulle attività svolte, di obblighi assicurativi contro i rischi professionali, ecc. I risultati che emergeranno da questa analisi dovranno essere utilizzati per la stesura di un progetto di legge coerente con le norme comunitarie, sul quale dovrà essere aperto il più ampio confronto con le altre categorie interessate, allo scopo di definire una piattaforma il più possibile condivisa, da sottoporre in sede politica. In particolare alle altre professioni chiederemo il massimo dell'impegno per garantire l'introduzione di una maggiore qualificazione nel campo del diritto quale condizione essenziale per l'esercizio dell'attività di consulenza nei rispettivi settori di competenza.

9 Ma, in realtà, si tratta del medesimo impegno che dobbiamo chiedere alla nostra categoria e che deve formalizzarsi in una riforma organica e complessiva dell'ordinamento forense. Occorre riconoscere l'urgenza sempre più incalzante di riqualificare l'avvocatura attraverso il potenziamento del percorso formativo e professionalizzante dei praticanti, introducendo nuove e più selettive modalità di accesso; prevedendo la formazione permanente ed obbligatoria per tutti gli avvocati e più incisivi poteri di controllo in merito per gli Ordini. Il progetto, per la valenza multi-professionale che gli è propria, dovrà essere collocato all'interno della riforma delle professioni intellettuali dove dovranno essere sanciti i principi generali sulla consulenza legale. In subordine, nei dispositivi regolamentanti le singole professioni interessate dovranno essere previste le disposizioni riguardanti limiti, condizioni, modalità relative all'esercizio della consulenza. Da quanto appena accennato discende l'importanza di definire in tempi brevi un quadro d'insieme della proposta, al fine di poterla porre all'attenzione del legislatore. Nello stesso tempo è necessaria una forte presa di posizione da parte dell'avvocatura affinché sia chiarito il destino della bozza di riforma delle professioni, predisposta in via definitiva già dalla primavera scorsa dalla Commissione Vietti, sulla quale giornalmente sono offerte notizie contrastanti. Trattasi di proposta certamente complessa ed impegnativa sia dal punto di vista della definizione normativa del problema, sia dal punto di vista culturale. Sono altresì certo che se si vogliono raggiungere risultati concreti è necessario affrontare la questione della consulenza attraverso una riflessione generale alla quale partecipino tutte le parti interessate interne ed esterne all'avvocatura. Con questa mia convinzione mi rendo fin da ora disponibile, qualora il Congresso esprima il parere favorevole alla realizzazione del progetto, a dare l'impulso iniziale alla costituzione della commissione ed a coordinarne i lavori. Grazie per l'attenzione accordatami e buon proseguimento dei lavori a tutti! La corrispondente mozione sulla consulenza e assistenza legale riservata è stata approvata dall'assemblea Congressuale nei seguenti termini: MOZIONE SULLA CONSULENZA ED ASSISTENZA LEGALE RISERVATA Il XXVII Congresso Nazionale Forense ribadisce che la tutela effettiva dei diritti si realizza non solo nella difesa giudiziale ma anche con l'attività di consulenza ed assistenza giuridica; ritiene che sia dovere dello Stato garantire che tali attività vengano fornite ai cittadini esclusivamente da soggetti dei quali siano verificati e verificabili i livelli di preparazione tecnica, di professionalità, di responsabilità e di tenuta deontologica; afferma che gli iscritti agli albi professionali degli avvocati, notai e commercialisti _ ciascuno nell'ambito della propria area di competenza _ sono allo stato gli unici legittimati a svolgere adeguatamente tale funzione; pertanto chiede che Governo e Parlamento vogliano farsi carico con urgenza della definizione normativa di questo principio ed a tal fine propone il testo di legge che segue affinché sia inserito nell'ambito della legge di riforma delle professioni intellettuali o, comunque, sia fatto oggetto di intervento legislativo autonomo. Disciplina dell'attività di consulenza ed assistenza legale

10 ART. 1. (Oggetto e definizioni). _ 1. La presente legge disciplina le attività di consulenza ed assistenza legale svolta in via professionale da professionisti iscritti nell'albo degli avvocati, dei notai e dei dottori commercialisti. 2. Ai fini della presente legge si intende: a) per «prestazione professionale», la prestazione resa in qualunque forma da un professionista iscritto nell'albo degli avvocati o dei notai o dei dottori commercialisti in favore di un cliente; b) per «consulenza legale» la prestazione professionale avente ad oggetto l'informazione sul contenuto di norme giuridiche e/o sulla loro applicazione a specifica fattispecie astratta o concreta, resa anche in forma di parere, sia scritto che orale; c) per «assistenza legale» la consulenza legale svolta in funzione del compimento di uno o più atti specifici aventi rilevanza giuridica per l'ordinamento; d) per «ordinamento di categoria», le disposizioni normative che regolano competenze, condizioni, modalità e compensi per l'esercizio della professione di avvocato, notaio e dottore commercialista. ART. 2. (Esercizio dell'attività di consulenza ed assistenza legale). _ 1. L'esercizio dell'attività di consulenza ed assistenza legale svolta abitualmente, in via professionale e dietro corrispettivo è consentita esclusivamente agli iscritti all'albo degli avvocati, dei notai e dei dottori commercialisti ed è svolta nel rispetto di quanto espressamente previsto dagli ordinamenti di categoria. 2. Essa è altresì consentita da parte di professionisti diversi da quelli di cui al comma 1 del presente articolo in quanto strettamente funzionale allo svolgimento della loro attività professionale. 3. È nulla ogni pattuizione avente ad oggetto il pagamento di corrispettivo, in qualunque forma, in favore di soggetti non iscritti all'albo degli avvocati, dei notai e dei dottori commercialisti quale compenso per attività di consulenza ed assistenza legale. 4. La legge determina le ipotesi in cui specifici atti aventi rilevanza giuridica per l'ordinamento sono considerati nulli o annullabili ove compiuti senza assistenza legale, disciplinando le modalità di accertamento e le relative procedure di attestazione.

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