TRIBUNALE PENALE DI TERNI

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1 TRIBUNALE PENALE DI TERNI 20 novembre 2002 Ordinanza dibattimentale di rinvio alla Corte Europea di Giustizia Est. M. Santoloci Il Giudice Unico Penale di Terni, Dott. Maurizio Santoloci, nel procedimento penale n. 565/02 a carico di ( omissis ) imputato del reato di cui all' art. 51 comma 4 e 1 lett. A) (in relazione all art. 28) d.l.vo n. 22/97, osserva quanto segue. 1) Il fatto storico in sede processuale Il Nucleo Operativo e Radiomobile dei Carabinieri della Compagnia di Terni in data 18 luglio 2000, procedeva in Terni al sequestro di un semirimorchio di proprietà della I.L.F.E.R. S.p.A. in quanto lo stesso al momento del controllo, risultava sprovvisto del formulario di identificazione dei rifiuti, come previsto dal D.Lgs. n. 22/97 articoli 15 e 52, nonché la mancata iscrizione all Albo articoli 33 e 51 dello stesso decreto poiché i rifiuti trasportati consistevano in materiali ferrosi destinati al recupero. Della ILFER risultava legale responsabile Niselli Antonio. Dall esame delle iscrizioni all Albo Nazionale delle Imprese che effettuano la gestione dei rifiuti, sezione regionale dell Umbria, nr. PG/130/S del emergeva che il suddetto rimorchio non era iscritto allo stesso Albo. Lo stesso mezzo si presentava in condizioni fatiscenti, con fuoriuscita di olio nella parte posteriore, sversandolo sulla carreggiata. Il mezzo con i rifiuti trasportati veniva affidato in giudiziale custodia a Niselli Antonio, legale rappresentante della ditta ILFER che lo avrebbe tenuto nel deposito sito in Strada Maratta Bassa al civico 53 nel Comune di Narni su un area impermeabilizzata per la messa in sicurezza. La dinamica dei fatti all origine dell evento processuale In corso di udienza dibattimentale penale veniva disposta perizia ed il perito Prof. Mauro Sanna ricostruiva la dinamica dei fatti. Circa la natura tecnica del materiale in sequestro ai fini della normativa specifica di settore del decreto legislativo 22/97, il perito rilevava che il materiale posto sotto sequestro, rappresentato, per quantità, da quello trasportato da un camion e quindi di un volume approssimato pari a 10 mc, può essere definito nel suo insieme, come rottame ferroso. Nello specifico, come più evidente dalle fotografie, esso è costituito da: parti di macchinario; lamiere; tubi travi; profilati in parte verniciati; reti metalliche in parte verniciate; parti di ingranaggi con olio e grasso; parti metalliche minute;tombino di ghisa; parti di tubo con guaina di protezione; bombole vuote; telai di ruote di automezzi; griglie di lamiera; tondini. Tali materiali sono derivanti tutti dalla demolizione di macchinari, automezzi o dalla raccolta di oggetti dismessi, cioè in generale sono tutti scarti di cicli di produzione e consumo, aventi come caratteristiche comuni la loro matrice ferrosa, sia unica che in lega con altri metalli, contaminati in parte da sostanze di natura organiche quali vernici, grassi o fibre. Questi materiali si legge nella perizia - derivavano quindi da diversi cicli tecnologici, dai quali sono stati estromessi perché non più utilizzabili in essi, in relazione a quanto previsto dalla decisione 2000/118/CE sono da classificare nel loro insieme, sulla base della loro natura, con il codice CER quali metalli e leghe derivanti da operazioni di demolizione. 3) La definizione di "rifiuto" - L interpretazione autentica della definizione di rifiuto contenuta nel D.L. 8 luglio 2002, n. 138, conv. in L. 8 agosto 2002, n. 178

2 La definizione del rifiuto è molto importante sia giuridicamente sia a livello pratico, poiché nei fatti determina il campo di applicazione del D. L.vo n. 22/97. Ed anche in relazione ai fatti processuali inerenti il presente procedimento penale il punto essenziale riguarda, appunto, tale definizione e la sua applicazione in via preliminare o meno ai rottami ferrosi per cui è processo. Il decreto 22/97, seguendo la normativa europea, definisce rifiuto «qualsiasi sostanza od oggetto che rientra nelle categorie riportate nell Allegato A e di cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l obbligo di disfarsi» (art. 6, comma 1, lett. a). Il primo elemento essenziale della nozione di rifiuto dovrebbe essere, pertanto, l appartenenza ad una delle categorie di materiali e sostanze individuate nel citato Allegato «A» il quale, sotto la dizione «categorie di rifiuti», prevede stabilisce il seguente elenco: «Q1) Residui di produzione o di consumo in appresso non specificati; Q2) Prodotti fuori norma; Q3) Prodotti scaduti; Q4) Sostanze accidentalmente riversate, perdute o aventi subìto qualunque altro incidente, compresi tutti i materiali, le attrezzature; ecc., contaminati in seguito all incidente in questione. Q5) Sostanze contaminate o insudiciate in seguito ad attività volontarie (ad esempio residui di operazioni di pulizia, materiali di imballaggio, contenitori, ecc.); Q6) Elementi inutilizzabili (ad esempio batterie fuori uso, catalizzatori esausti, ecc.); Q7) Sostanze divenute inadatte all impiego (ad esempio acidi contaminati, solventi contaminati, sali da rinverdimento esauriti, ecc.); Q8) Residui di processi industriali (ad esempio scorie, residui di distillazione, ecc.); Q9) Residui di procedimenti anti inquinamento (ad esempio fanghi di lavaggio di gas, polveri di filtri dell aria, filtri usati, ecc.); Q10) Residui di lavorazione/sagomatura (ad esempio trucioli di tornitura o di fresatura, ecc.); Q11) Residui provenienti dall estrazione e dalla preparazione delle materie prime (ad esempio residui provenienti da attività minerarie o petrolifere, ecc.); Q12) Sostanze contaminate (ad esempio olio contaminato da PCB, ecc.); Q13) Qualunque materia, sostanza o prodotto la cui utilizzazione è giuridicamente vietata; Q14) Prodotti di cui il detentore non si serve più (ad esempio articoli messi fra gli scarti dell agricoltura, dalle famiglie, dagli uffici, dai negozi, dalle officine, ecc.); Q15)Materie, sostanze o prodotti contaminati provenienti da attività di riattamento di terreni; Q16)Qualunque sostanza, materia o prodotto che non rientri nelle categorie sopra elencate». In realtà, tale elenco di categorie dei rifiuti non è esaustivo ed ha un valore puramente indicativo. Significativi a tal fine sono i punti Q1 e Q16 dell Allegato «A Parte 1», che individuano due voci residuali capaci di includere qualunque sostanza od oggetto, da qualunque attività prodotti: infatti la voce Q1 riguarda «..i residui di produzione o di consumo in appresso non specificati», cioè non specificati dalle voci da Q2 a Q16, e la voce Q16 riguarda «..qualunque sostanza, materia o prodotto che non rientri nelle categorie sopra elencate», cioè nelle categorie da Q1 a Q15. Si tratta in pratica di due punti in bianco nei quali si può far rientrare ogni altra sostanza, materia o prodotto. Va dunque sottolineato che in base alla definizione sopra esposta è necessario anche e soprattutto che il detentore di una sostanza o di un materiale: 1) si disfi; 2) o abbia deciso di disfarsi; 3) o abbia l obbligo di disfarsi dello stesso. Si tratta, come appare evidente, di tre diverse previsioni del concetto del disfarsi. Interviene a livello di disciplina giuridica sostanziale una interpretazione autentica della definizione di rifiuto contenuta nel D.L. 8 luglio 2002, n. 138, conv. in L. 8 agosto 2002, n (Gazzetta Ufficiale n. 187 del 10 agosto 2002) ove si riporta una specificazione di lettura di tali tre controversi concetti. Si legge infatti nel citato provvedimento:

3 1. Le parole: "si disfi", "abbia deciso" o "abbia l'obbligo di disfarsi" di cui all'articolo 6, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, e successive modificazioni, di seguito denominato: "decreto legislativo n. 22", si interpretano come segue: a) "si disfi": qualsiasi comportamento attraverso il quale in modo diretto o indiretto una sostanza, un materiale o un bene sono avviati o sottoposti ad attività di smaltimento o di recupero, secondo gli allegati B e C del decreto legislativo n. 22; b) "abbia deciso": la volontà di destinare ad operazioni di smaltimento e di recupero, secondo gli allegati B e C del decreto legislativo n. 22, sostanze, materiali o beni; c) "abbia l'obbligo di disfarsi": l'obbligo di avviare un materiale, una sostanza o un bene ad operazioni di recupero o di smaltimento, stabilito da una disposizione di legge o da un provvedimento delle pubbliche autorità o imposto dalla natura stessa del materiale, della sostanza e del bene o dal fatto che i medesimi siano compresi nell'elenco dei rifiuti pericolosi di cui all'allegato D del decreto legislativo n Non ricorrono le fattispecie di cui alle lettere b) e c) del comma 1, per beni o sostanze e materiali residuali di produzione o di consumo ove sussista una delle seguenti condizioni: a) se gli stessi possono essere e sono effettivamente e oggettivamente riutilizzati nel medesimo o in analogo o diverso ciclo produttivo o di consumo, senza subire alcun intervento preventivo di trattamento e senza recare pregiudizio all'ambiente; b) se gli stessi possono essere e sono effettivamente e oggettivamente riutilizzati nel medesimo o in analogo o diverso ciclo produttivo o di consumo, dopo aver subito un trattamento preventivo senza che si renda necessaria alcuna operazione di recupero tra quelle individuate nell'allegato C del decreto legislativo n. 22. A questo punto il Giudice, nella presente fase processuale, è chiamato a dover inevitabilmente decidere se tale interpretazione si applica ai rottami ferrosi per cui è processo (nel qual caso sarebbe conseguentemente doverosa una pronuncia immediata di proscioglimento perché il fatto non costituisce reato) o, invece, se tale interpretazione non si applica e si debba quindi procedere oltre nel giudizio sulla base della imputazione contestata dal PM. 4) L avvio della procedura di infrazione contro l Italia in ordine ai principi dell art. 14 Si registra oggi l avvio della procedura di infrazione a carico dell Italia per l emanazione dell art. 14 in questione. Infatti la Commissione Europea ha deciso di aprire una procedura di infrazione nei confronti del Governo italiano per non rispetto del diritto comunitario. Il documento n. 200/ C(2002)3868 della COMMISSIONE DELLE COMUNITA' EUROPEE, a firma Margot WALLSTROM, membro della Commissione è stato infatti indirizzato al Presidente del Consiglio dei Ministri del nostro Paese con la notifica della lettera di messa in mora. 5) I dubbi sulla legittimità costituzionale delle premesse e dell impostazione generale del decreto legge in esame L art. 14 in dottrina Appare discutibile a livello istituzionale se il legislatore italiano possa dettare norme di interpretazione autentica di una definizione contenuta nelle direttive U.E. (e recepita nel Ronchi ), quale è la definizione di rifiuto. E, cioè, di immediata evidenza che solo la U.E., in tutte le sue articolazioni (prima fra tutte la Corte europea di giustizia), può farlo. Di certo, peraltro, quella che può dare l Italia non è autentica. Tanto più che, proprio per chiarire alcuni casi dubbi, sono state attivate alcune iniziative comunitarie (innescate dall incontro di Aechen del 30 novembre 1998), nell ambito delle quali il nostro paese era ed è del tutto legittimato a proporre

4 interpretazioni che, con ogni evidenza, devono essere studiate e recepite in ambito non nazionale ma comunitario. Questo è, del resto, quanto statuito dalla Corte europea con la già citata sentenza Arco del 2000, ove si afferma, tra l altro che: 41. Va infine precisato che, in mancanza di disposizioni comunitarie, gli Stati membri sono liberi di scegliere le modalità di prova dei diversi elementi definiti nelle direttive da essi trasposte, purché ciò non pregiudichi l'efficacia del diritto comunitario (in tal senso vedansi le sentenze 21 settembre 1983, cause riunite 205/82-215/82, Deutsche Milchkontor e a., Racc. pag. 2633, punti e 35-39; 15 maggio 1986, causa 222/84, Johnston, Racc. pag. 1651, punti 17-21; 8 febbraio 1996, causa C-212/94, FMC e a., Racc. pag. I-389, punti 49-51). 42. Potrebbe pregiudicare l'efficacia dell'art. 130 R del Trattato e della direttiva l'uso, da parte del legislatore nazionale, di modalità di prova come le presunzioni iuris et de iure che abbiano l'effetto di restringere l'ambito di applicazione della direttiva escludendone sostanze, materie o prodotti che rispondono alla definizione del termine «rifiuti» ai sensi della direttiva. 70. In mancanza di disposizioni comunitarie specifiche relative alla prova dell'esistenza di un rifiuto, spetta al giudice nazionale applicare le norme in materia del proprio ordinamento giuridico in modo da non pregiudicare la finalità e l'efficacia della direttiva. A questo punto, basta leggere l art. 14 in esame per verificare che esso così come faceva anche il Ronchi quater (che fu ritirato, come già detto, proprio dopo questa sentenza)- non stabilisce affatto modalità di prova di cui tener conto per definire il <<rifiuto>> ma impone, invece, vere e proprie presunzioni iuris et de iure (cioè assolute), indicando criteri tassativi cui ancorare la definizione di <<rifiuto>>, che ne risulta, quindi, chiaramente ristretta senza margini di intervento interpretativo. 6) L incidenza dell art. 14 nel settore penale e nel caso processuale specifico Appare a questo punto evidente l incidenza diretta dell applicazione del disposto dell art. 14 in esame nel sistema processuale penale in generale ed in modo specifico, per quanto riguarda il presente atto, nel caso dibattimentale specifico. Infatti, si potrebbe ritenere che i rottami ferrosi per cui è processo, dopo l entrata in vigore dell art. 14 legge 8 agosto 2002 n. 178, essendo destinati al <<riutilizzo>> non siano più considerati rifiuti in Italia. E, peraltro, certamente era questa la intenzione del legislatore italiano, visto che nelle premesse del decreto legge si evidenzia testualmente, quale giustificazione della modifica normativa, che <<nei prossimi giorni potrebbe prospettarsi il blocco dell attività dell industria siderurgica, a causa del sequestro di intere partite di rottami ferrosi disposto dalla Procura di Udine, in Friuli e nel porto di Marghera, disposto sulla base di una interpretazione particolarmente restrittiva e contestabile della definizione di <<rifiuto>>, che potrebbe pregiudicare la competitività sul mercato anche di altri settori (oltre la siderurgia, anche quelli della carta e del legno) in quanto se si applica la normativa sui rifiuti il loro impiego diventa aleatorio a causa della prescrizioni ambientali, tecniche e burocratiche che disciplinano il settore >>. 7) Le richieste alla Corte Europea di Giustizia Da quanto sopra esposto, emerge che in applicazione della norma oggetto del giudizio in questione dovrebbe procedersi a verifica in ordine al capo di imputazione per appurare se debba applicarsi la norma esaminata ritenendo legittima la interpretazione autentica ivi formulata con conseguente proscioglimento dell imputato in via immediata) o se, invece, debba continuare a procedersi a giudizio ordinario sulla base dei principi antitetici sopra tracciati e secondo i canoni di certezza del diritto fino ad oggi seguiti in materia.

5 Dalle considerazioni esposte si desume che il presente giudizio non può essere definito, allo stato e vigente i principi del D.L. 8 luglio 2002, n. 138, conv. in L. 8 agosto 2002, n. 178 in esame, in modo indipendente dalla risoluzione della questione proposta. P.Q.M. Il Giudice Unico Penale presso il Tribunale di Terni richiede alla Corte Europea di Giustizia sentenza interpretativa affinché stabilisca se la definizione di "rifiuto" introdotta con la direttiva 75/442/Cee, come modificata dalla direttiva 91/156/Cee debba continuare ad essere intesa ed interpretata a tutt'oggi in Italia alla luce delle pregresse sentenze in materia della Corte stessa ovvero alla luce dell art. 14 del del D.L. 8 luglio 2002, n. 138, conv. in L. 8 agosto 2002, n Sottopone quindi la questione alla Corte Europea di Giustizia affinché stabilisca in via interpretativa nel contesto della citata normativa CEE in particolare: = se è possibile che la nozione di rifiuto dipenda tassativamente dalla seguente condizione: che le parole: "si disfi", "abbia deciso" o "abbia l'obbligo di disfarsi" recepite in Italia dall'articolo 6, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22,, siano interpretate come segue: a) "si disfi": qualsiasi comportamento attraverso il quale in modo diretto o indiretto una sostanza, un materiale o un bene sono avviati o sottoposti ad attivita' di smaltimento o di recupero, secondo gli allegati B e C del decreto legislativo n. 22; b) "abbia deciso": la volonta' di destinare ad operazioni di smaltimento e di recupero, secondo gli allegati B e C del decreto legislativo n. 22, sostanze, materiali o beni; c) "abbia l'obbligo di disfarsi": l'obbligo di avviare un materiale, una sostanza o un bene ad operazioni di recupero o di smaltimento, stabilito da una disposizione di legge o da un provvedimento delle pubbliche autorita' o imposto dalla natura stessa del materiale, della sostanza e del bene o dal fatto che i medesimi siano compresi nell'elenco dei rifiuti pericolosi di cui all'allegato D del decreto legislativo n. 22. = se è possibile che tassativamente non ricorre la nozione di rifiuto per beni o sostanze e materiali residuali di produzione o di consumo ove sussista una delle seguenti condizioni: a) se gli stessi possono essere e sono effettivamente e oggettivamente riutilizzati nel medesimo o in analogo o diverso ciclo produttivo o di consumo, senza subire alcun intervento preventivo di trattamento e senza recare pregiudizio all'ambiente; b) se gli stessi possono essere e sono effettivamente e oggettivamente riutilizzati nel medesimo o in analogo o diverso ciclo produttivo o di consumo, dopo aver subito un trattamento preventivo senza che si renda necessaria alcuna operazione di recupero tra quelle individuate nell'allegato C del decreto legislativo n. 22/97 vigente in Italia (che ha trasposto pedissequamente l allegato II B alla direttiva 91/156/Cee). Sospende il procedimento penale in corso. Dispone l'immediata trasmissione degli atti in copia alla Corte Europea di Giustizia chiedendo una pronuncia interpretativa sui punti esposti. Terni, li Il Giudice Dott. Maurizio Santoloci

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