Test di universalizzabilità
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- Francesca Bianco
- 4 anni fa
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1 Test di universalizzabilità Richard M. Hare ( ) trae quest espressione dall analisi dei testi di Kant. Per capire il senso di questo test (che consiste nel verificare la universalizzabilità della massima del nostro agire, è necessario tornare a riflettere sull imperativo categorico kantiano.
2 Dottrina dell imperativo categorico Consideriamo questa dottrina da un altro punto di vista: il confronto tra la realtà umana e la realtà divina. Secondo Kant, infatti, poiché la legge morale vale per tutti gli enti dotati di ragione, vale anche per Dio (ente razionale per eccellenza). In Dio, però, a differenza dell uomo, la ragione è necessariamente morale: ragione e volontà coincidono, senza nessuna eccezione. Dio non ha bisogno di postulare la propria libertà, in quanto non subisce alcuna influenza da parte del mondo sensibile, che gli è del tutto estraneo. Al contrario, sul piano pratico, la realtà umana è contrassegnata dalla necessità di poter volere.
3 Necessità di poter volere /1 L uomo è costituito in maniera tale per cui la libertà (=possibilità della volontà di scegliere secondo arbitrio) è un presupposto (postulato) necessario: senza questo presupposto o l uomo è equiparato a Dio (tutto e solo ragione), oppure è equiparato all animale (tutto e solo istinto). Ma l uomo non è nessuno dei due: a differenza di Dio, è esposto al condizionamento del mondo sensibile; a differenza degli animali, la sua risposta agli stimoli esterni passa attraverso il filtro della ragione.
4 Necessità di poter volere /2 La ragione fornisce all uomo la necessità di pensarsi come libero, cioè: sì sottoposto al condizionamento sensibile (per cui la volontà si lascia spesso guidare da cause esterne, e impiega la ragione solo in modo strumentale); ma altresì capace di aspirare verso l universale: verso la realizzazione di quella condizione sotto cui, ciò che semplicemente presupposto dalla ragione (la libertà) trova effettiva realizzazione nel mondo in quel sentimento puro (=rispetto per la legge) in cui l uomo prova la sua superiorità morale rispetto al meccanicismo della natura: la volontà desidera ciò che la ragione pensa.
5 Necessità di poter volere /3 La convergenza di ragione e volontà, nell uomo, non è una necessità (altrimenti sarebbe uguale a Dio), e tuttavia non è neppure esclusa: è una possibilità sempre aperta alla volontà, offertale dalla ragione che pensa la legge morale. La volontà umana è come stretta tra due poli in tensione tra loro: la sensibilità e la ragione. Questa tensione è qualcosa di ineliminabile: l uomo morale non è un uomo fuori dal mondo ; piuttosto, è un uomo la cui volontà, nonostante i condizionamenti della sensibilità si decide: per la propria indipendenza verso i condizionamenti sensibili per l adesione ad una massima che possa valere non soltanto per sé, singolarmente, ma per qualunque altra volontà determinata dalla sola ragione nel sentimento di rispetto.
6 Kant sa bene, tuttavia, che la legge non dice cosa fare e cosa non fare; dice solo che nella misura in cui la nostra massima soddisfa la condizione della universalità, caratteristica della legge, solo allora vale come principio non solo per noi, ma per tutta l umanità. Ne consegue che: lo sforzo della volontà di aderire alla legge consiste esattamente nel chiedersi sempre e nell aver cura di verificare se il principio che guida il suo agire possa valere per qualunque soggetto in qualunque contesto.
7 Ecco in che senso è possibile parlare di test di universalizzabilità
8 Il soggetto agente, nel valutare una determinata massima, deve chiedersi se una tale massima abbia il requisito della universalità. Esempio: non uccidere. In assenza di questo requisito, il soggetto è certo del fatto che il suo agire non rientra nell ambito della moralità: non può pretendere che anche gli altri agiscano come lui, e non può pretendere l approvazione altrui per il proprio comportamento.
9 Critiche alla dottrina kantiana dell imperativo categorico 1) La dottrina di Kant sottomette la morale alla pura logica. 2) Non è possibile distinguere tra massime autenticamente disinteressate come l imperativo categorico kantiano, e massime solo apparentemente disinteressate.
10 Risposta alla prima critica Non c è dubbio che la moralità esiga la coerenza: senza questa non esiste moralità. La coerenza (=universalità) ci è fornita dalla sola ragione: nulla di esterno o estraneo è necessario per pensare la legge morale. Ciò non toglie, tuttavia, che la volontà possa trasgredire (anche consapevolmente) la legge. Questo è il lato oscuro della nostra libertà, il cui concetto non esclude, bensì include tanto la possibilità di adeguazione della volontà alla legge morale quanto la possibilità di non rispettarla. Ciò che motiva l adeguarsi della volontà alla legge è un sentimento (sebbene si tratti di un sentimento non empirico). Dunque la moralità non coincide con la sola ragione, ma include una dimensione affettiva pura.
11 Risposta alla seconda critica L uso dell imperativo categorico per perseguire scopi particolari (ad esempio: mostrarsi e professarsi disinteressato e altruista per realizzare interessi personali) è impossibile. Una simile situazione può verificarsi infatti solo apparentemente, laddove la volontà non sia motivata dal sentimento di rispetto, ma da qualcos altro. Ecco perché la sola formulazione o il solo pensiero della legge, da parte della ragione, non basta per garantire un azione morale. Il sentimento di rispetto è ciò che garantisce il disinteresse reale: dove c è davvero rispetto, vige l imperativo di non usare mai gli altri come mezzi per i propri scopi, ma solo come fini.
12 Altre critiche illustri a Kant La dottrina kantiana dell imperativo categorico fu criticata, tra gli altri, da due importanti filosofi dell 800: il tedesco Arthur Schopenhauer e l inglese John Stuart Mill
13 Arthur Schopenhauer ( )
14 «La vita umana è come un pendolo che oscilla incessantemente tra il dolore e la noia, passando per l'intervallo fugace, e per di più illusorio, del piacere e della gioia» A. Schopenhauer, Il mondo come volontà e rappresentazione, 1818)
15 Il mondo come volontà e rappresentazione (1819) La filosofia di Schopenhauer appartiene al novero delle grandi metafisiche: i suoi filosofi di riferimento sono Platone, Kant. Nutre profondo disprezzo per Hegel ( il grande ciarlatano ). Critico nei confronti del cristianesimo, manifesta profondo interesse nei confronti del buddhismo. La metafisica di Schopenhauer si fonda sull idea pessimistica secondo cui: il mondo rivelatoci dall esperienza e dalla scienza è pura illusione (rappresentazione) tolto il velo della rappresentazione, il mondo si manifesta come vita, volontà di vivere.
16 Il pessimismo schopenhaureiano La volontà di vivere è ciò che anima il divenire del mondo. Questa teleologia, però, non pone affatto al centro l uomo, bensì la vita: è la vita a voler vivere, conservarsi, perpetuare il proprio vivere. L uomo non è altro che uno strumento di cui la vita si serve per i suoi scopi. Ecco perché volere significa, per l uomo, soffrire. A questi scopi risponde la razionalità umana: razionalità che pertanto non costituisce una forma autentica di emancipazione umana.
17 La condanna della ragione scientifica e dell amore Il nostro voler lenire le sofferenze attraverso le soluzioni della tecnica e della scienza, il nostro voler conoscere il mondo al fine di trasformarlo per renderlo migliore e più umano sono tutte tendenze che rispondono al desiderio della vita verso se stessa. Come la ragione, anche l amore, questo sentimento nobile dell uomo, risponde al bisogno di autoconservazione della vita: bisogno che la vita soddisfa attraverso la conservazione della specie. L amore è funzionale alla sola riproduzione.
18 Le vie di liberazione dal dolore Per Schopenhauer, la vita è sofferenza cosmica, universale. Tutto soffre. E l uomo soffre più di ogni altro essere animato in quanto è capace di sapere le ragioni di questa sofferenza, può esserne consapevole. Come sottrarsi a questo dolore? Il suicidio non è una soluzione: uccidersi, per manifestare il rifiuto nei confronti della vita matrigna significa essere ancora vittime del suo raggiro. Forme autentiche di liberazione sono quelle esperienze che annullano, anche solo temporaneamente, la nostra volontà: l arte, la musica, ma soprattutto l ascetismo.
19 Analisi del dovere morale Schopenhauer critico di Kant Kant rivendica i caratteri di incondizionatezza e purezza della legge morale. Schopenhauer contesta che la formulazione kantiana della legge costituisce solo una norma euristica, per giungere all individuazione del principio morale. ma l intenzione espressa dall imperativo categorico è in realtà tutt altro che disinteressato. Al contrario, esso è espressione di una forma mascherata di egoismo.
20 Che cosa chiede infatti l imperativo morale? Cha la mia volontà adotti una massima che possa valere universalmente. All inizio e al centro del processo di universalizzazione si pone la mia massima, espressione della volontà individuale, mia. La legge morale non prescrive di rinunciare al riconoscimento della volontà come mia, anche quando risponde al principio universale. Per Schopenhauer, questo è il segno evidente del carattere fondamentalmente egoistico e interessato dell imperativo kantiano.
21 L esperimento mentale della universalizzazione presuppone che l uomo consideri se stesso come passivo rispetto al mondo: poiché è passivo, cioè in una situazione iniziale di svantaggio, quest uomo considera maggiormente conveniente l universalizzazione della giustizia. Ma tolto il presupposto della passività, e ammesso che l uomo si scopra essere in realtà in una situazione iniziale favorevole ai suoi interessi, davvero quest uomo continuerà a giudicare conveniente l universalizzazione della giustizia? Per Schopenhauer, no. L esperimento mentale della universalizzazione vale solo se si parte dall ipotesi della iniziale situazione di svantaggio per l uomo: l imperativo categorico kantiano è in realtà un imperativo ipotetico.
22 La critica di Schopenhauer ha messo in luce il valore strumentale e neutrale della universalizzazione della massima, la quale può esser fatta valere sia per la giustizia, sia per l ingiustizia. Tutto dipende da come la filosofia interpreta la situazione di partenza in cui opera l uomo.
23 Oltre al Mondo come volontà e rappresentazione (1819) Schopenhauer è stato autore di altre opere di ambito etico, successivamente riunite in un unico volume, dal titolo I due problemi fondamentali dell etica (1840): Sulla libertà del volere umano (1839) Il fondamento della morale (1840)
24 In questi testi, Schopehauer porta avanti il suo distacco da Kant, nella consapevolezza che la filosofia kantiana non è stata in grado di individuare un autentico fondamento per il discorso morale
25 Distinzione tra principio e fondamento Principio (Grundsatz) è «l espressione più breve e precisa del modo d agire che essa [scil. la legge morale] prescrive». Principio, più semplicemente, è «quell agire al quale la volontà riconosce un valore morale». Fondamento (Fundament) è ciò che giustifica e legittima la validità del principio. Secondo Schopenhauer, Kant è caduto in confusione: ha creduto che l imperativo categorico potesse giustificarsi da sé, essere fondamento per se stesso. Ma non è così: l esperimento mentale dell universalizzabilità può assecondare interessi diversi e anche opposti tra loro. La verità è che la filosofia kantiana ha lasciato il discorso morale privo di un autentico fondamento.
26 La fondazione dell etica Schopenhauer parte dal presupposto che, alla base del comportamento umano, agiscono tre impulsi fondamentali: l'egoismo, la cattiveria, la compassione
27 egoismo: vuole il bene per sé; cattiveria: vuole il male altrui compassione: vuole il bene altrui
28 Per il pessimista Schopenhauer, la compassione rimane un autentico mistero: come mai l uomo, che è fondamentalmente egoista, è capace di altruismo? Eppure, sin dall antichità, tutte le morali hanno sempre convenuto nel riconoscere come positive prescrizioni del tipo: non fare male a nessuno e, nei limiti delle tue possibilità, sii di aiuto agli altri.
29 La compassione è l autentico fondamento morale
30 Compassione fonda due virtù: giustizia (instilla in me l obbligo di essere giusto e di opporsi al dolore che potrei causare negli altri) amore verso il prossimo (è superiore alla precedente virtù, in quanto non semplicemente prescrive di non fare del male, ma pretende che sia procurato il bene agli altri)
31 Solo nell amore verso il prossimo si esprime il carattere disinteressato e non egoistico della morale. A questa consapevolezza sono giunte le religioni dell amore: cristianesimo e buddhismo. Limite del cristianesimo: non ha saputo estendere il senso dell amore anche verso le altre forme di vita animale, non umana.
32 John Stuart Mill ( )
33 L utilitarismo morale Esponente della dottrina detta utilitarismo. I fondamenti dell utilitarismo furono espressi dal filosofo Jeremy Bentham ( ). Secondo questa dottrina un azione è virtuosa o buona quando è utile, cioè contribuisce in qualche modo alla felicità comune, o procurando un piacere o evitando un dolore. Nella visione utilitarista, il criterio in base al quale è possibile giudicare se un azione sia morale o meno consiste essenzialmente in una valutazione delle conseguenze che da quell azione si prevede scaturiranno. Non è l azione in sé, né l intenzione a fornire un criterio, ma la valutazione razionale degli effetti di una determinata scelta.
34 Anche Mill, come Schopenhauer, mette in dubbio il carattere puro e disinteressato dell imperativo categorico kantiano
35 Secondo Mill, infatti, ogni volta che, nei testi kantiani si compie l esperimento mentale della universalizzazione per valutare se gli esempi presi in esame valgono come esempi di imperativi categorici, alla fine ciò che pesa è sempre la valutazione delle conseguenze. Mill è dunque convinto che, più della universalizzabilità, a fondare il discorso morale, sia in generale l utile per l uomo.
36 Ma che cosa è utile per l uomo?
37 La felicità Secondo Mill, l utile consiste nella felicità, la quale è da intendersi a sua volta come assenza di dolore, o piacere. Tuttavia esistono forme e gradi diversi di piacere. Oltre al benessere fisico, esistono i piaceri intellettuali: e questi sono ancor più degni dei primi. Sulla base di questa differenziazione qualitativa, è possibile costruire una assiologia, cioè una scala di valori. Lo sforzo di Mill è di mostrare che l utilitarismo non si riduce a mero edonismo che pone al centro il piacere soggettivo, ma pur reintroducendo elementi criticati dalla filosofia kantiana (i contenuti materiali delle sensazioni di piacere e dolore) consente la fondazione di una morale dotata di criteri oggettivi e validi universalmente.
38 «Meglio essere una creatura umana inappagata che un maiale appagato; meglio essere un Socrate insoddisfatto, piuttosto che uno sciocco soddisfatto» J.S. Mill, L utilitarismo (1861)
39 Tra le critiche più dure rivolte all utilitarismo, vi è quella secondo cui l utilitarismo indurrebbe l uomo a fuggire dal dovere, in nome della ricerca del proprio utile e della felicità. Critica e difesa dell utilitarismo Mill si difende affermando che l utile, che è oggetto della dottrina utilitarista, non è mai semplicemente e solo l utile soggettivo e individuale, ma ciò che è utile per qualsiasi ente razionale, quindi un utile universale. Pertanto, anche l utilitarismo può prescrivere all uomo la necessità del sacrificio e dell abnegazione, in nome della felicità da raggiungere.
40 Problema: come distinguere la ricerca finalizzata all utile individuale (la propria felicità) da quella finalizzata alla massimizzazione della felicità di tutti?
41 A questo punto si scopre una singolare affinità tra la risposta di Mill e il test di universalizzabilità kantiano. Scrive infatti Mill: «L utilitarismo richiede a chi agisce di essere rigorosamente imparziale, uno spettatore disinteressato e benevolo». Questo significa che il soggetto agente utilitarista deve chiedersi sempre se il suo agire soddisfa la condizione di una felicità che sia tale per tutti i soggetti razionali come lui.
42 In effetti, l utilitarismo di Mill non è critico nei confronti di Kant per quanto riguarda il criterio dell universalizzabilità della massima morale. Ciò che Mill contesta a Kant è la pretesa relativa al carattere disinteressato della legge morale. A fondamento della moralità, Mill pone un interesse ben determinato: l interesse per l utile, per quanto questo utile non sia da intendersi in senso soggettivo, bensì oggettivo, come universalmente utile. Ugualmente utile, per qualunque ente dotato di ragione.
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