CORTE DI APPELLO DI CATANIA. Sezione della Persona e della Famiglia. La Corte di Appello di Catania, riunita in camera di consiglio, così composta:

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1 CORTE DI APPELLO DI CATANIA Sezione della Persona e della Famiglia La Corte di Appello di Catania, riunita in camera di consiglio, così composta: dott. Maria Concetta SPANTO dott. Antonella G. MAGNAVITA dott. Maria Rosaria ACAGNINO - Presidente - Consigliere relatore - Consigliere ha emesso la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n. 1629/2005 RG, avente ad oggetto: separazione giudiziale PROMOSSA DA P.G.M., nato il ( ) a ( ), residente in ( ), elettivamente domiciliato in Catania, Piazza Trento n. 2, presso lo studio dell avv. Carmelo Rao, che lo rappresenta e difende, con l avv. Giovanni Missir, per procura a margine dell atto di appello NEI CONFRONTI DI appellante D.I., nata il ( ) a ( ), residente in ( ), elettivamente domiciliata in Catania, Via Vittorio Emanuele Orlando presso lo studio dell avv. Seminara, rappresentata e difesa dall avv. Maria Grazia Andronico da Piedimonte Etneo, come da mandato a margine della comparsa di costituzione, appellata, appellante incidentale all udienza del 15 maggio 2008, avuto l intervento del Procuratore Generale in persona del dott. Salvatore Scalia, la causa è stata trattenuta per la decisione sulle seguenti conclusioni: per l appellante: chiede che la Ecc.ma Corte di Appello adita in riforma della sentenza impugnata voglia: 1) omissis ; 2) disporre la separazione personale dei coniugi con addebito in testa alla D. la quale ha volontariamente abbandonato il domicilio domestico violando l obbligo della fedeltà e sottraendosi così alla convivenza ed alla assistenza anche nei confronti della prole e determinando così l intollerabilità della convivenza; 3) assegnare comunque ed in ogni caso la casa coniugale di Via ( ) di ( ) al marito che ne è comproprietario ed alle figlie R. e L. entrambe studentesse universitarie, conviventi col padre e residenti ed abitanti col medesimo; 4) porre a carico della D.I. a

2 titolo di concorso di mantenimento nei confronti delle figlie maggiorenni conviventi col padre e non ancora economicamente autosufficienti, quantomeno in misura non minore di euro 258,22 al mese atteso che col provvedimento presidenziale per la sola figlia minorenne era stato posto a carico della D. un contributo di (pari ad euro 129,11), da aggiornarsi annualmente secondo gli indici Istat; 5) con vittoria di spese e compensi; per l appellata: voglia l Ill.ma Corte adita, contraiis reiectis: 1) rigettare l appello proposto dal P. perché tendenzioso, inammissibile ed infondato; 2) confermare la separazione giudiziale dei coniugi alle condizioni stabilite dal Giudice di primo grado, salvo l addebito della separazione al P., stabilendo che la casa coniugale non sia assegnata ad alcuno dei due coniugi e che nulla è dovuto a titolo di mantenimento né per la figlia L., ormai maggiorenne ed economicamente autosufficiente, né tanto meno per la figlia R., autonoma economicamente e per la quale nulla era stato chiesto in primo grado; 3) ordinare al P. la restituzione della parte dei canoni di locazione spettanti alla moglie, percepiti dal 1999 ad oggi dallo stesso e che quelli percepiti dalle figlie vengano imputate a scomputo del pregresso credito della D. nei confronti della figlia L.; 4) condannare l appellante al risarcimento del danno esistenziale, per essere stata la moglie costretta a pressioni psicologiche non indifferenti e del danno morale, avendo la stessa subito maltrattamenti e minacce; 5) condannare l appellante alla refusione delle spese, diritti e onorari del giudizio di primo grado e del presente giudizio, oltre IVA e CPA. Svolgimento del processo. Con ricorso depositato il D.I. chiedeva al Tribunale di Catania la pronuncia della sua separazione personale dal coniuge P.G.M. Esponeva che il matrimonio, celebrato a ( ) il 1980, dal quale erano nate due figlie (R., il 1979 e L., il ), si era rivelato infelice a causa del temperamento e del comportamento del marito e per incompatibilità di carattere. Chiedeva, pertanto, la separazione dal coniuge; l affidamento a sé della figlia minore; l assegnazione della casa coniugale; la fissazione di un assegno di mantenimento in favore delle due figlie e di essa ricorrente fin quando non avesse avviato attività lavorativa; con vittoria di spese e competenze. Esperito inutilmente il tentativo di conciliazione il Presidente, con ordinanza 20 aprile 2000, affidava L. al padre, al quale assegnava pure la casa coniugale, ponendo a carico della moglie l onere di versare al marito assegno mensile di per il mantenimento della figlia minore. Con sentenza 29 aprile/16 Agosto 2005, il Tribunale adito pronunciava la separazione personale dei coniugi compensando tra le parti le spese del procedimento. In particolare, precisava che la domanda di addebito, avanzata dalla ricorrente con l atto introduttivo, non era stata sostanzialmente coltivata; e probatoriamente infondata era risultata pure

3 quella di contro avanzata dal marito, che non aveva adeguatamente adempiuto all onere probatorio su di lui incombente. Nulla veniva disposto in ordine al mantenimento della prole ed alla assegnazione della casa coniugale in quanto, nelle more, era divenuta maggiorenne ed economicamente autosufficiente anche la seconda figlia. La D., inoltre, risultava svolgere regolare attività lavorativa, di tal che non meritava accoglimento neppure l iniziale richiesta di mantenimento. Inaccoglibile, infine, risultava la richiesta di divisione e restituzione dei beni immobili e mobili di proprietà comune tra i coniuge, esulante dall oggetto del giudizio di separazione. Proponeva appello il P. con atto depositato il argomentando sui seguenti punti sinteticamente riassunti: 1) l abbandono del domicilio coniugale da parte della D., che si era recata prima in S. e poi trasferita a B., era risultato provato dalle stesse dichiarazioni rese dalla donna in sede di comparizione dinanzi al Presidente del Tribunale e tanto, in mancanza di prova di qualsivoglia giusta causa ed anzi in violazione dell obbligo di fedeltà, costituiva motivo di addebito della separazione; 2) le figlie non ancora economicamente autosufficienti ed entrambe iscritte all Università di Catania avevano sempre convissuto col padre nella casa coniugale ed ivi continuavano a vivere, salva una breve parentesi, per L., che aveva lavorato a V. nel 2003 ma era rientrata a C. l anno dopo; la casa doveva, quindi, rimanere assegnata al marito comproprietario ed alle figlie con lui coabitanti; 3) per le stesse considerazioni, era dovuto, da parte della D., un contributo, non inferiore ad euro 258,22 mensili, per il mantenimento delle figlie, non economicamente indipendenti. Chiedeva, pertanto, la sospensione della provvisoria esecutività della sentenza dalla quale derivava grave e non risarcibile pregiudizio. All udienza del si costituiva in giudizio la D. depositando comparsa con la quale si opponeva recisamente alla richiesta di inibitoria mancandone i presupposti ed evidenziava come l allontanamento dalla casa coniugale era stato motivato dal comportamento violento e morboso del P. Avanzava, quindi, appello incidentale chiedendo pronuncia di addebito a carico del marito, con

4 riconoscimento in suo favore di un assegno di mantenimento non inferiore a 400,00 euro; allegava, inoltre, che la figlia L. aveva vissuto per un anno con lei lontana dalla Sicilia, ed aveva pure lavorato come commessa presso negozio indicato di T.; che pendeva, peraltro, procedimento per la divisione dei beni di proprietà comune dei coniugi, immobili dai quali il marito traeva canoni locativi e dei quali ella non poteva godere tanto da essere costretta a vivere a B. in affitto, ove lavorava part-time con uno stipendio di soli 637,00 euro mensili; evidenziava di essere affetta da una grave forma di cardiopatia chiedendo la revoca dell obbligo di mantenimento, essendo le figlie maggiorenni ed economicamente autosufficienti, e dell assegnazione al marito della casa coniugale, che chiedeva per sé. La Corte, respinta la richiesta di inibitoria con ordinanza 30.5/ , istruiva la causa disponendo produzioni documentali in ordine alle condizioni reddituali e patrimoniali della parti e delle figlie,che venivano pure sentite liberamente ai sensi dell art. 155 quinquies c.c.. Rigettate le richieste istruttorie di prova per testi perché superflue o inammissibili, all udienza del 15 maggio 2008, sulle conclusioni dei procuratori delle parti meglio trascritte in epigrafe, recepito il parere del Procuratore Generale - contrario all accoglimento dell appello - la Corte tratteneva la causa per la decisione. Motivi della decisione. In mancanza di appello sul punto, il capo relativo alla pronuncia di separazione è passato in cosa giudicata. Quanto alle reciproche domande di addebito, deve ribadirsi la correttezza della impostazione decisionale adottata dal Tribunale: la D. ha riproposto, in via incidentale, una domanda alla quale aveva sostanzialmente rinunciato in primo grado senza, peraltro, fornirne adeguato ed ammissibile riscontro; il P., dal canto suo, non ha per nulla provato (a tale scopo non parendo conducenti ed efficaci le reiterate richieste di prova per testi) la denunciata relazione extra-coniugale e neppure che l allontanamento della moglie dal domicilio domestico, nell agosto 98, fosse stato frutto di una iniziativa del tutto ingiustificata da parte della donna, affiorando, semmai, dal complesso delle

5 emergenze affiorate e dalle stesse affermazioni di entrambi i contendenti, uno stato di notevole tensione tra i due coniugi, un logoramento dei rapporti creatosi nel tempo e già radicato nel momento in cui cessava la convivenza. Rileva, poi, a parere della Corte, l infondatezza delle richieste avanzate dall appellante in ordine al mantenimento della prole. Qui richiamate le ordinanze collegiali 31.5/ e 20/ in merito alle richieste di prova testimoniale sul punto, pure superflue rispetto alle risultanze già disponibili, deve rilevarsi che correttamente il primo giudice ha ritenuto che non vi sia motivo di accordare un contributo nell interesse delle due figlie. Ed invero, la prima, R., di trenta anni, iscritta presso l Università di Catania, facoltà di Giurisprudenza, fin dall anno accademico 97/ 98, risulta aver sostenuto pochi esami, l ultimo nel giugno La sua dedizione allo studio pertanto, non può ritenersi seria e fruttuosa; ella, senza peraltro indicarne la motivazione, non ha saputo trarre profitto dalle opportunità offertele di conseguire un titolo di studio indispensabile per l accesso ad una auspicabile professione. Tanto esclude l obbligo del genitore di contribuire al mantenimento del figlio maggiorenne (Cass. Sez. I civ., sent n. 8221; n. 9190). Ha, peraltro, riferito a questa Corte di svolgere alcuni lavoretti in nero, nel periodo estivo, ricavandone circa sei/settecento euro al mese. In atti, inoltre, sono stati allegati CUD 2006 (per circa 4.000,00 euro netti) ed alcune buste paga tra le quali, l ultima, relativa al mese di luglio 2007, pari alla apprezzabile somma di euro 1,680,57 corrispostale come aiuto cassiera. L., di ventiquattro anni, dal canto suo, dopo aver lavorato nel 2003, per quasi un anno, a V., vivendo con la madre a B. e percependo un salario medio di circa 850,00 euro mensili, una volta dimessasi volontariamente da quell impiego e tornata in Sicilia, ha riferito a questa Corte, al pari della sorella, di svolgere attività stagionale, per circa quattro mesi all anno, con un introito di circa 600,00 euro al mese. Dalle buste paga allegate in atti risulta che nei mesi di luglio e di ottobre 2005

6 e di gennaio e febbraio 2006 percepì circa 900,00 euro mensili ed il CUD 2007 riporta un reddito netto di circa 3.200,00 annui. In questo caso va rilevato che il mantenimento del figlio maggiorenne è escluso quando questi, anche se allo stato non o non del tutto autosufficiente, abbia in passato espletato attività lavorativa, così dimostrando il raggiungimento di un adeguata capacità; e tanto determina la cessazione del relativo obbligo da parte del genitore, atteso che il successivo abbandono dell attività lavorativa per libera scelta del figlio non può aver rilievo e non può far risorgere un obbligo i cui presupposti siano già venuti meno. (Cass. Sez. I civ., sent. 17.1/ , n. 4102) Oltretutto, è emerso per mancata contestazione e sostanziale ammissione delle interessate che le giovani, che non sostengono spese di alloggio perché dimoranti nella casa coniugale, percepiscono mensilmente pure canone di locazione di immobile appartenente ai genitori. È, allora, evidente, per i molteplici motivi appena esposti, che l obbligo della madre di contribuire al loro mantenimento non sussiste quanto meno, per L., fin dal reperimento di idonea occupazione lavorativa - ottobre e per R., tenuto conto della trascuratezza nello studio, almeno dal luglio 2003, da quando, cioè, ha cessato pure di sostenere seppure sporadicamente esami. Ne consegue la condivisibilità della omessa statuizione in ordine alla assegnazione della casa e dei mobili e suppellettili ivi esistenti, la cui pronuncia è necessariamente legata alla presenza di prole minorenne o non economicamente autosufficiente, titolare del diritto di mantenere il legame con l immobile che rappresenta il centro degli affetti, degli interessi e delle abitudini in cui si esprime e si articola la vita familiare. È evidente, inoltre, che ogni questione relativa ai beni di proprietà comune tra i coniugi come quelle nella presente sede spiegate e relative a restituzione di canoni, a rimborso per lavori eseguiti sui detti immobili, alla loro divisione esulano dall oggetto del presente giudizio e sono, pertanto, inammissibili ed inaccoglibili. Parimenti inammissibili sono risultate le domande avanzate dalla D. di risarcimento del danno esistenziale e del danno morale - enunciate per la prima volta solo con le note conclusive

7 autorizzate, nel presente grado di appello, e neppure arricchite del benché minimo spunto probatorio - ed infondata quella per il proprio mantenimento, atteso che la donna, stando alla documentazione reddituale prodotta su impulso della Corte, ha percepito, negli anni 2003/2006, un reddito netto di circa 10 mila euro annui (vedi CUD), un seppur modesto reddito da fabbricati (mod. 730/2004 e 2005) e, nel 2007, paghe mensili tra i seicento e gli ottocento euro. Il P., muratore, che ha allegato di aver cessato l attività d impresa nel dicembre 2005, di nulla aver percepito nel 2006 e di aver lavorato dal febbraio al settembre 2007 per compensi totali di circa ,00 euro netti, negli anni dal 2003 al 2005 aveva dichiarato redditi imponibili oscillanti tra i ,00 ed i ,00 euro circa, oltre 1.560,00 euro per reddito da fabbricato. Il quadro complessivo ed il raffronto tra le due situazioni - salva la necessaria soluzione delle ulteriori questioni patrimoniali nella opportuna, diversa sede - non evidenza né un deterioramento delle condizioni della donna rispetto al tenore di vita goduto in costanza di convivenza né una significativa disparità economica tra i coniugi. Natura della controversia ed esito del giudizio comportano la totale compensazione delle spese tra le parti. P. Q. M. La Corte di Appello di Catania - Sezione della Persona e della Famiglia definitivamente pronunciando sull appello principale proposto con ricorso depositato il da P.G.M. nei confronti di D.I. e sull appello incidentale proposto con comparsa depositata il da D.I. nei confronti di P.G., avverso la sentenza 29 aprile/16 agosto 2005 del Tribunale di Catania, rigetta l appello principale e quello incidentale, e, per l effetto, conferma la sentenza impugnata. Dichiara interamente compensate fra le parti anche le spese del presente grado di giudizio. Così deciso, in Catania, nella camera di consiglio del 29 maggio 2008 Il Consigliere estensore Il Presidente

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