GEOLOGIA E GEOMORFOLOGIA DEL LAGO DI GARDA E DEL TERRITORIO LONATESE
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- Niccoletta Di Giovanni
- 8 anni fa
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1 GEOLOGIA E GEOMORFOLOGIA DEL LAGO DI GARDA E DEL TERRITORIO LONATESE 1. Premessa Il territorio del Lago di Garda così come oggi lo conosciamo e viviamo è il frutto di un lento processo evolutivo le cui origini risalgono ad un periodo geologico molto distante da noi, il Triassico ( milioni di anni fa) ed il Giurassico ( Milioni di anni fa) 1 e si sviluppa fino ai giorni nostri. Le varie e complesse vicende geologiche che hanno interessato il territorio sono state ricostruite, dagli studi di scienze geologiche e geomorfologiche, studiando gli affioramenti rocciosi e le forme geomorfologiche presenti intorno al lago. In modo abbastanza schematico ma sufficientemente preciso è possibile suddividere il territorio del lago di Garda in senso est-ovest lungo una linea che unisce Salò a Garda, separando un settore settentrionale, nel quale è possibile leggere le vicende geologiche di un vasto periodo temporale che va dal Triassico-Giurassico ( Ma) fino al termine del Pliocene (2 Ma), ed un settore meridionale, nel quale è possibile riconoscere un periodo di tempo alquanto più ristretto, che va dal Pleistocene Inferiore (2Ma) ad oggi. 2. L alto Garda e la formazione della Valle del Garda Il settore dell Alto Garda è essenzialmente caratterizzato dalla presenza di affioramenti rocciosi di varia importanza come il Monte Baldo sul lato veronese e l altopiano di Tremosine-Tignale e il gruppo dei monti Spino-Pizzocolo sul lato bresciano, solo per citare le emergenze più significative. In questo settore, come già detto, è possibile leggere un periodo di tempo geologico molto ampio, della durata di circa 200 milioni di anni, dal Triassico al Pliocene. L interpretazione geologica del territorio gardesano va però vista nell ambito di una ricostruzione geologica a scala più ampia, che interessa per lo meno l area mediterranea nel suo sviluppo legato alla deriva dei continenti. Tra la fine del Triassico ed il Giurassico il settore mediterraneo è caratterizzato dalla presenza di un paleo-continente africano, a sud-sudovest, e di un paleo-continente euroasiatico a nord, uniti tra loro più o meno in corrispondenza dell attuale penisola iberica e del Marocco e aperti verso est con un grande bacino oceanico in progressivo ampliamento, chiamato Figura 1 - Ricostruzione paleogeografica dell'area mediterranea nel Triassico superiore. Nel cerchio è evidenziata indicativamente ( Apulia ) l area che darà origine al settore alpino e prealpino e all Italia 1 Per una visione completa della scala dei tempi geologici consultate, per esempio
2 Tétide (Fig.1). All interno del bacino sono inoltre presenti alcune placche o microplacche minori, tra cui la Placca Apulia (o Adria), vincolata all Africa, che daranno origine ai territori italiani.. L ampliamento del bacino oceanico della Tètide ha indotto la crosta terrestre e le coperture sedimentarie presenti ad una diffusa frammentazione crostale, portando alla formazione di alti e bassi strutturali, (zone a fondale alto o basso) e sviluppando quindi un ambiente caratterizzato da aree emerse, isole, barriere coralline, alternate a zone più prettamente oceaniche con bacini più o meno profondi (Fig. 2) Figura 2 - Foto aerea delle Bahamas. In corrispondenza di aree di "alto strutturale" si formano atolli, aree emerse e zone marine a bassa profondità (a sinistra). In zone di basso strutturale ( a destra) si impostano bacini oceanici profondi In una ricostruzione paleogeografica del nord Italia si possono quindi immaginare in successione, da ovest ad est, sulla base degli affioramenti rocciosi oggi rinvenibili, un settore bacinale profondo corrispondente all area Lombarda, un area di piattaforma corrispondente alle prealpi venete e vicentine, un secondo bacino profondo corrispondente al settore trevigiano ed una seconda piattaforma corrispondente all area friulana-giuliana. Le scarpate di separazione tra questi alti e bassi strutturali sono caratterizzate da faglie o sistemi di faglie distensive che dislocano in senso verticale piattaforme e bacini. (Fig.3) Nell area gardesana è oggi riconoscibile con facilità il passaggio tra l area bacinale lombarda, posta ad ovest, e l area di piattaforma veneta, posta ad est, governate da un sistema di faglie e fratture riconducibili alla cosiddetta Linea Ballino-Garda 2. (Fig.4) Nel Cretaceo inferiore ( Ma) il trend distensivo dell oceano della Tétide si interrompe ed il paleo-continente africano comincia a spostarsi verso quello euroasiatico inducendo un progressivo avvicinamento dei due continenti. Nel successivo Cretaceo Superiore ( Ma) ha inizio la prima fase dell orogenesi Alpina (Fase Eoalpina). Le faglie e i sistemi di fratture (come la Linea di Ballino) a carattere distensivo nel periodo Triassico e Giurassico, in fase compressiva cretacea vengono riattivati in senso opposto funzionando quindi come Figura 3 - Ricostruzioni paleogeografiche 3D. In alto: la scarpata tra Piattaforma Veneta e Bacino Lombardo, separate dalla Linea Ballino-Garda. In basso: la successione di piattaforme e bacini nelle prealpi. 2 Castellarin, 1982
3 superfici di scorrimento per progressivi fenomeni di sovrapposizione, accavallamento e ripiegamento delle coperture rocciose e sedimentarie fino ad allora formatesi nei bacini profondi e nei bacini poco profondi triassici e giurassici. Le prime catene montuose alpine che si formano in seguito a questa fase orogenetica corrispondono alla regione centro alpina. I fenomeni di intensa erosione che si sviluppano in questi primi settori emersi causano un intenso apporto detritico nei bacini oceanici ancora presenti a sud, portando alla formazione di imponenti colate e accumuli detritici riconoscibili oggi nella formazione rocciosa della Scaglia Lombarda, rinvenibile lungo tutta la fascia prealpina lombarda, dal Garda al Bergamasco 3. (Fig. 5) Figura 4 - Carta tettonica dell'area benacense con indicato il sistema di faglie della Linea Ballino-Garda. La successiva fase Mesoalpina, compresa tra l Eocene superiore (37-34 Ma) e l Oligocene (34-23 Ma) non porta particolari trasformazioni tettoniche nell'area di nostro interesse. Nell'Oligocene superiore nel nostro settore si formano alcuni bacini sedimentari che portano alla deposizione della Formazione di Manerba, riconoscibile in affioramento a Salò, Rocca di Manerba, M. Brione. 4 La fase Neoalpina, sviluppatasi tra l Oligocene superiore (28-23 Ma) ed il Miocene superiore (7-5 Ma), si fa sentire, invece, in modo molto marcato portando alla progressiva emersione di tutto il settore prealpino ed al conseguente aumento del fenomeno dell erosione e degli apporti detritici verso i bacini marini posti a sud e a nord della catena alpina. Una fase molto forte Figura 5 - Apporti detritici della fase Eoalpina, provenienti dalle prime aree emerse della catena alpina dell orogenesi Neoalpina, compresa tra 13 e 7 Ma porta alla formazione pressoché completa di tutta la catena alpina. Le linee di erosione dei fiumi che scendono dalle Alpi si concentrano preferenzialmente laddove sono presenti fasce di debolezza delle rocce, rappresentate dei quei settori e quelle aree dove faglie o sistemi di frattura come, per esempio, la Linea Ballino-Garda, hanno intensamente fratturato il substrato roccioso. Si genera quindi un imponente apporto conglomeratico che forma, ai piedi delle Alpi, delle grandi conoidi alluvionali, i cui materiali sono oggi riconoscibili, in area benacense, nel Conglomerato di San Bartolomeo, nei pressi di Salò. 3 Doglioni, Bosellini, Baroni, Vercesi, 1987
4 E' verosimile pensare che questo imponente apporto conglomeratico che ha dato origine ai depositi del Monte San Bartolomeo sia dovuto però non solo alla fase orogenetica Neoalpina ma anche al fenomeno coevo della cosiddetta crisi di salinità Messiniana (7-5 Ma) causato dalla temporanea chiusura dello Stretto di Gibilterra, da un progressivo abbassamento del livello di base e quindi dall'aumento della potenza erosiva dei fiumi e dell'apporto detritico verso il mare. La concomitanza tra questi due fenomeni ha indotto una intensa escavazione delle incisioni vallive che si affacciano sulla pianura padana, alcune delle quali oggi ospitano i grandi laghi prealpini. La valle del Sarca - Garda è una di questa valli e quindi possiamo dire con tutta sicurezza che la valle del Garda ha un'origine fluviale (fig. 6) Nel Pliocene inferiore (5-3 Ma) la riapertura dei collegamenti marini tra l Atlantico ed il Mediterraneo riporta il mare ad invadere le basse pianure alluvionali e quelle profonde valli da poco scavate dai fiumi, formano veri e propri fiordi. Possiamo quindi immaginare che al passaggio Pliocene- Pleistocene la linea di riva seguisse grosso modo i piedi delle Alpi con profonde insenature e fiordi in corrispondenza delle valli. Il mare Pliocenico porta alla deposizione di potenti depositi argillosi diffusi nel settore di pianura e prealpino. Tali depositi sono stati rinvenuti durante una perforazione AGIP a Castenedolo alla profondità di circa -400 m s.l.m. e sono correlabili con le argille plioceniche rinvenibili al Monte San Bartolomeo di Salo, al di sopra dei conglomerati ad una quota di 475 m s.l.m. 5. Figura 6 - Carta batimetrica del lago. E' ben visibile la profonda valle fluviale scavata a partire dalla fase orogenetica Neoalpina E' evidente, da questi semplici dati, l'azione della neotettonica che ha dislocato, ancora in tempi piuttosto recenti, questi depositi marini distanti tra loro solo una quarantina di chilometri ma dislocati a quote di circa 800 metri di differenza. 3. Il Basso Garda e la formazione dell anfiteatro morenico A partire dalla fine del Pliocene e dall inizio del Pleistocene (2 Ma) si verificano sconvolgimenti climatici a carattere globale. Molti studi al riguardo hanno cercato di dare una spiegazione scientifica al fenomeno e recentemente, a supporto di questi studi, sono giunte tecniche di vario genere, tra cui la dendrocronologia, che studia la sequenza degli anelli delle piante, lo studio delle carote glaciali, generalmente prelevate in Antartide e lo studio delle sequenze polliniche dei depositi sedimentari recenti. Da tutti questi studi si evidenzia che il Pleistocene è stato caratterizzato da una vera e propria instabilità climatica, con successivi innalzamenti e abbassamenti del livello marino e formazione di imponenti calotte glaciali nei settori polari e sulle catene montuose. I depositi conglomeratici di origine fluviale e cementati che oggi ricoprono le argille plioceniche ed il rinvenimento in questi depositi di Hyalinea baltica denunciano il primo progressivo raffreddamento climatico dell'area alpina e del Garda 6. 5 Chardon, Venzo, 1975
5 Questi periodi di forte raffreddamento climatico coincidono con la discesa di imponenti lingue glaciali lungo le valli che si affacciano alla pianura, tra cui la valle del Garda. La prima avanzata glaciale riconoscibile nell'area gardesana è denominata Fase di Ciliverghe, è riferibile al Pleistocene Inferiore (2-0,8 Ma) ed è correlabile alla cosiddetta Glaciazione Günz.(Fig 7). Tale morena è stata rinvenuta sul versante nordoccidentale della piccola collina di Ciliverghe, in profondità nella piana fluviale del Chiese e alla base della scarpata fluviale in sinistra Chiese a ovest di Calvagese e Mocasina. Non si può definire con certezza l'andamento del fronte glaciale in tutto il suo sviluppo. Si può però verosimilmente supporre che il ghiacciaio fosse condizionato dalla morfologia del substrato roccioso della valle gardesana e quindi scendesse in direzione sud ovest contenuto a nord ovest dalle pendici delle Prealpi e a sud est dal rialzo tettonico strutturale ancor oggi esistente tra Garda e la punta della penisola di Sirmione. Un successivo miglioramento climatico provoca il ritiro di questo primo ghiacciaio. Tra le morene depositate e il fronte glaciale in arretramento si viene a formare un lago proglaciale i cui depositi Figura 7 - Fase di Ciliverghe (Glaciazione Gunz) (Ricostruzione sono stati riconosciuti in sezione indicativa) lungo il Chiese, ai quali seguono depositi di carattere fluviale, segno del ristabilimento di condizioni climatiche e ambientali analoghe a quelle odierne. La seconda avanzata glaciale è denominata Fase di Monte Faita, ed è attribuita alla porzione inferiore del Pleistocene medio (800 mila 120 mila anni fa) correlabile alla Glaciazione Mindel (fig. 8) e costituisce una serie limitata di colline ad est di Gavardo oltre ad essere stata rinvenuta in sezione più a sud in vallette laterali al Chiese. Al ritiro di questa glaciazione sono documentati depositi fluviali continentali, dapprima fini e poi sempre più grossolani di apporto Figura 8 - Fase di Monte Faita (Glaciazione Mindel) valsabbino, indice che la (Ricostruzione indicativa)
6 sedimentazione non subisce più influsso glaciale. Come si sviluppasse tale arco morenico non è possibile dirlo, anche se si potrebbe ipotizzare un'analogia con la disposizione indicata precedentemente per lo stadio di Ciliverghe, con sviluppo minore. La Fase di Carpenedolo, risalente alla fase media del Pleistocene medio ( anni fa), correlabile alla Glaciazione Riss, (fig. 9) costituisce quell'ampio arco morenico che dalle pendici del monte Faita di Gavardo si sviluppa lungo il Chiese fino a Carpenedolo. A questa fase sono attribuiti anche la piccola collina di Medole e i depositi cementati della collina di Villa Cortine a Sirmione. Questa morena, ben osservabile, appare spesso erosa ed interrotta in più punti a causa dello scorrimento delle acque di scioglimento glaciale della successiva fase di ritiro del ghiacciaio rissiano nonche di quelle Figura 9 - Fase di Carpenedolo (Glaciazione Riss)- (Ricostruzione indicativa) del successivo ghiacciaio wurmiano. Inoltre, come è possibile osservare dalla carta complessiva (fig. 12), di questo arco morenico si è conservata traccia solo della parte occidentale mentre della parte orientale si può solo ipotizzare l'andamento indicativo. E' facile, quindi, ricostruire l'andamento approssimativo dell'arco morenico ora sparito, che da Carpenedolo attraverso il rialzo di Medole probabilmente risaliva chiudendosi a Sirmione. La cancellazione completa della porzione orientale del cordone morenico di Carpenedolo è connessa ai fenomeni di erosione legati agli scaricatori fluvioglaciali delle avanzate glaciali successive. Tale erosione è stata però favorita anche da fenomeni tettonici che hanno portato e portano tuttora ad un progressivo innalzamento dell'area Prealpina nord occidentale che tende a sovrascorrere sulla regione sud orientale che quindi si abbassa. Ciò a favorito il facile smantellamento della parte orientale del cordone e la progressiva rotazione della lingua di ablazione verso oriente durante le successive avanzate glaciali. Figura 10 - Fase di Sedena (prima fase della Glaciazione Wurm) (Ricostruzione indicativa) La fase glaciale successiva denominata Fase di Sedena è fatta risalire ad un periodo a cavallo tra
7 Pleistocene medio e Pleistocene superiore (80-70 mila anni fa) ed è probabilmente riferibile ad una prima fase, ben distinta, della Glaciazione Wurm (fig 10). Tale fase è testimoniata attualmente soltanto da un allineamento di piccole colline a ovest di Lonato e da un affioramento nella sezione di Valsorda, presso Bardolino. Già Venzo7 e altri studiosi avevano fatto notare la differenza tra queste morene e quelle che costituiscono tutti gli imponenti archi interni fino al lago. Questa fase è stata pressoché cancellata probabilmente perché l'estensione del fronte glaciale è stata minore di quella venuta in seguito oppure perché lo stadio successivo, probabilmente di maggior durata, ha consentito l'erosione della cerchia morenica di Sedena o la sua copertura con le alluvioni fluvioglaciali successive. Fatto sta che solo alcune piccole collinette presso Lonato, uniche testimoni di un imponente arco morenico che probabilmente seguiva grossomodo l'andamento dell'anfiteatro morenico attuale, hanno fatto da barriera ai depositi fluvioglaciali della fase glaciale successiva formando una sorta di terrazzamento rialzato tra i due argini morenici. L'ultima fase è costituita dalla Fase di Solferino del Pleistocene superiore (80 mila-10 mila anni fa), riconducibile alla Glaciazione Wurm (fig. 11). Ad essa è riferibile tutta quella serie di archi che contornano la parte meridionale del lago di Garda. Morfologicamente possiamo osservare una certa diversità di deposizione nelle varie aree (fig. 12) La regione occidentale è costituita da una serie di cordoni morenici addossati l'uno all'altro, a versanti molto ripidi verso il lago, separati da scaricatori fluvioglaciali che conducevano le acque di fusione verso la regione meridionale. Tale morfologia è probabilmente Figura 11 - Fase di Solferino (Glaciazione Wurm) - (Ricostruzione influenzata del progressivi indicativa) innalzamento tettonico dell'area nonché dalla presenza del substrato roccioso a poca profondità o addirittura affiorante, come a Muscoline e lungo la costa del lago tra Moniga, Manerba e San Felice. La regione orientale, costituita anch'essa da cordoni morenici grossomodo paralleli, presenta scaricatori fluvioglaciali molto ampi. Le quote di tali colline non sono eccessive e i versanti sono piuttosto dolci. La parte meridionale, più vasta in estensione, è costituita dalle morene frontali del ghiacciaio ed ha quindi andamento arcuato. Tra le varie morene si evidenziano scaricatori fluvioglaciali ampi e spesso tortuosi e meandreggianti che documentano la potenza erosiva delle acque di fusione glaciale e dei vari emissari che il lago di Garda proglaciale doveva avere durante il ritiro dei ghiacci e fin quando non si è stabilito l'unico emissario nell'attuale fiume Mincio. Inoltre si possono evidenziare molte aree pianeggianti ampie, 7 Venzo, 1975
8 come la piana di Castel Venzago o la piana compresa tra l'arco morenico più interno e la riva del lago. Figura 12 - Disposizione complessiva dei vari archi morenici (i colori si riferiscono alle varie fasi descritte in precedenza) 4. Cenni di geomorfologia glaciale e periglaciale La Fase di Solferino è sicuramente la fase glaciale meglio riconoscibile e facile da studiare, essendo la più recente e meglio conservata. L argine morenico principale, coincidente con la massima espansione della fase, è costituito da imponenti argini morenici riconoscibili, nel territorio di Lonato dal cordone morenico di Monte Falò e Monte Rova. Tra questo ed il lago, sono presenti diversi argini morenici di dimensioni ridotte e via via più bassi, intercalati da vallette intermoreniche di varia ampiezza nelle quali si sono concentratele linee di scorrimento delle acque di scioglimento glaciale nelle varie fasi di
9 arretramento del fronte glaciale (fig 13). In particolari posizioni lungo il cordone glaciale principale sono presenti alcune valli, di varia ampiezza, dirette verso l esterno dell arco morenico, nelle quali le acque di scioglimento glaciale si concentravano per dirigersi verso la piana alluvionale esterna (fig. 14). In territorio di Lonato alcuni di questi scaricatori sono riconoscibili a Sedena (Valsorda), San Zeno, zona Lonatino, Esenta (Vallone). Durante il lento arretramento del fronte glaciale in Figura 13 - Schema esemplificativo deposizionale delle morene. In alto: avanzata glaciale con deposizione della morena frontale e dei depositi fluvioglaciali all'esterno. In basso: esemplificazione di alcune fasi di arretramento glaciale fase di ritiro, in momenti di stazionamento piuttosto prolungato si sono potuti formare alcuni terrazzi morfologici, chiamati terrazzi di kame, talvolta di varia ampiezza, che risultano oggi sospesi lungo i versanti interni dei vari cordoni morenici (fig.15). Tra questi, in territorio di Lonato è possibile riconoscere per esempio i vari terrazzi di loc. Paradiso e loc. Predeschera, nei pressi dei Barcuzzi, a mezza costa lungo il ripido versante interno del cordone morenico di Monte Falò-Monte Rova. Figura 14 - Fase di arretramento della lingua glaciale. Le acque di scioglimento scorrono tra il ghiacciaio e la morena per poi defluire attraverso varchi del cordone morenico Figura 15 Formazione di un terrazzo di contatto glaciale (Terrazzo di kame ) Lonato, 13 Ottobre 2010 Ciclo di conferenze: Lonato tra arte e Storia Biblioteca Civica di Lonato Dott. Geol. Damiano Scalvini Proprietà riservata. Ai sensi della normativa vigente non è consentita la divulgazione o la pubblicazione sotto qualsiasi forma definita dalla Legge senza il consenso dell autore
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