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1 siglio 2008/98/CE, che, per la prima volta, definì il sottoprodotto a livello normativo comunitario; l con il D.Lgs. n. 205/2010, la nuova nozione prevista nella direttiva è stata recepita dal legislatore nazionale e, in questo modo, sono stati ampliati i casi in cui una sostanzaounoggettononsonounrifiuto bensìunsottoprodotto [2]. Va, inoltre, precisato che, nell interpretaziol Il valore economico di mercato non è più un requisito preliminare Sottoprodotto, terre e rocce, qualifica di rifiuto, esclusioni: le novità del D.Lgs. 205/2010 Il D.Lgs. n. 205/2010 ridefinisce il sottoprodotto nel nuovo articolo 184 bis del Testo unico, interamente dedicato a questa nozione. Significative le novità rispetto alla definizione previgente; la finalità è quella di ampliare la categoria del sottoprodotto, ora definito da quattro condizioni (in luogo delle precedenti cinque). Scompare dal nuovo testo normativo la definizione di materia prima secondaria (mps), che, tuttavia, sopravvive grazie ai decreti ministeriali ancora in vigore. Modifiche rilevanti si registrano poi in relazione al regime delle esclusioni dalla disciplina sui rifiuti. Quanto alla disciplina delle terre e rocce da scavo, la normativa attuale rimarrà in vigore sino all adozione dei decreti ministeriali di attuazione previsti dall art. 184 bis, comma 2, dopodiché l articolo 186 sarà abrogato. l di Federico Peres, B&P Avvocati Sottoprodotto Per cogliere le novità della nuova nozione di sottoprodotto occorre ricordare che: l il concetto venne elaborato dalla Corte di Giustiziaapartiredall anno2004 [1] ; l il legislatore nazionale lo recepì con il D.Lgs. n. 152/2006, per poi modificarlo conild.lgs.n.4/2008; l nel novembre 2008 venne emanata la direttiva del Parlamento Europeo e del Con 1) Si vedano, in particolare, le sentenze 11 novembre 2004(C 457/02) e 8 settembre 2005(C 121/03 e C 416/02). 2) Nel rispetto della precisa volontà del legislatore europeo quale emerge dal considerando VI:«la politica in materia di rifiuti dovrebbe altresì puntare a ridurre l uso di risorse e promuovere l applicazione pratica della gerarchia dei rifiuti»; n. 8: «è necessario procedere a una revisione della direttiva 2006/12/CE per precisare alcuni concetti basilari come le definizioni di rifiuto, recupero e smaltimento, per rafforzare le misure da adottare per la prevenzione dei rifiuti, per introdurre un approccio che tenga conto dell intero ciclo di vita dei prodotti e dei materiali, non soltanto della fase in cui diventano rifiuti»; n. 22: «quando sostanze od oggetti derivanti da un processo di produzione che non ha come obiettivo primario la loro produzione sono sottoprodotti e non rifiuti[ ] Poiché i sottoprodotti rientrano nella categoria dei prodotti, le esportazioni di sottoprodotti dovrebbero conformarsi ai requisiti della legislazione comunitaria pertinente»; n. 28: «la presente direttiva dovrebbe aiutare l Unione europea ad avvicinarsi a una società del riciclaggio, cercando di evitare la produzione di rifiuti e di utilizzare i rifiuti come risorse». 8febbraio2011 N ILSOLE24ORE

2 ne della Corte di Giustizia ispiratrice della norma di legge, il sottoprodotto è quella sostanza od oggetto di cui il produttore «non intende disfarsi» e che, proprio in ragione dell assenza di questo elemento soggettivo (l intenzione di disfarsi), non costituisce un rifiuto. Di conseguenza, tutte le condizioni che devono ricorrere per definire un oggetto o una sostanza come sottoprodotto integrano elementi dai quali si ricava (o meglio, si presumeexlege) la volontà del detentore di non disfarsene. Il sottoprodotto non è, dunque, un terzo genere, a metà strada tra ciò che è rifiuto e ciò che non lo è, ma, più esattamente, si tratta di un bene che rientra nella categoria dei prodotti (si veda il XXII considerando della direttiva) [3] e che è tale per presunzione di legge, a patto che ricorrano determinate condizioni [4]. Venendo alla nuova definizione di legge la prima novità è sistematica; in particolare, la nozione di sottoprodotto passa dall articolo sulle definizioni (art. 183) a uno nuovo (art. 184 bis) interamente dedicato a questo concetto dove ricorrono quattro condizioni (in luogo delle precedenti cinque): l prima condizione: «la sostanza o l oggetto è originato da un processo di produzione, di cui costituisce parte integrante, e il cui scopo primariononèlaproduzioneditalesostanzaod oggetto» [5]. Rispetto alla nozione previgente [6] le modifiche forniscono maggiore chiarezza («scopo primario» in luogo del generico «non direttamente»); tuttavia, come evidenziato da autorevole dottrina [7], per una effettiva applicazione, il concetto andrà espresso al plurale, atteso, infatti, che un processo produttivo non necessariamente ha come scopo primario un solo prodotto; l seconda condizione: «è certo che la sostanza o l oggetto sarà utilizzato, nel corso dello stesso o di un successivo processo di produzione o di utilizzazione, da parte del produttore o di terzi». Rispetto alla nozione previgente [8] la modifica più significativa consiste nell aver eliminato il limite del riutilizzo all interno dello stesso processo produttivo [9], il che risulta ancora una volta 3) Sivedail considerandoxxiiallanotacheprecede. 4) Si veda P. Giampietro, Quando un residuo produttivo va qualificato sottoprodotto e non rifiuto secondo l art. 5, della direttiva 2008/98/CE (in «ove siano in concreto soddisfatte tutte le condizioni poste dall art. 5, la qualifica di sottoprodotto sussiste, sul piano giuridico, con certezza, e non come una semplice eventualità. [ ] non vi è spazio per un sindacato discrezionale, in senso giuridico (amministrativo o tecnico), di esclusione o meno del rifiuto, da parte delle autorità competenti (come indurrebbe a pensare la terminologia usata: la produzione di tale articolo può non essere considerato rifiuto ) in presenza nel caso specifico dei requisiti di legge (a parte la complessità di tale verifica, in sede amministrativa o giudiziaria)». 5) Questa condizione accorpa i concetti che nell art. 5 della direttiva trovano espressione al comma 1 e alla lettera c). 6) Art. 183 lettera p): «1) siano originati da un processo non direttamente destinato alla loro produzione». 7) Si veda P. Giampietro, op. cit.: «A fronte di queste realtà industriali, ormai diffuse, l aggettivo primario non va dunque declinato al singolare e riferito all unico bene prodotto. Proprio perché l espressione utilizzata dalla direttiva non comporta, necessariamente, in termini tecnologici e logici, che ogni processo produttivo debba avere, come scopo primario, sempre e comunque, un solo prodotto (con la conseguenza fallace che se ne potrebbe trarre secondo cui tutto il resto andrebbe definito residuo produttivo : sottoprodotto o rifiuto). In presenza di più beni realizzati, ce ne potrà essere anche uno che spicca come principale (o se si vuole: primario ) ma esso rientra, come tutti gli altri, nel significato proprio giuridicamente rilevante di articoli voluti dall imprenditore e dunque espressamente programmati, in funzione dello scopo unitario del processo produttivo». 8) Art. 183 lettera p): «2) il loro impiego sia certo, sin dalla fase della produzione, integrale e avvenga direttamente nel corso del processo di produzione o di utilizzazione preventivamente individuato e definito». 9) La giurisprudenza nazionale, in ordine a questa condizione, non era concorde nel ritenere se il sottoprodotto, per dirsi tale, dovesse essere riutilizzato nel corso dello stesso processo di produzione da cui scaturiva(si vedano le sentenze: Cassazione penale,sez.iii,9aprile2010,n.13493;tarveneto,sez.iii,26gennaio2010,n.149;corted AppellodiPalermo,sez.II, 12 dicembre 2006) o se potesse essere utilizzato anche in diversi cicli produttivi(si veda la sentenza della Cassazione penale, sez.iii,12giugno2008,n.31462,tarpiemonte,sez.i,5giugno2009,n.1563;cortecostituzionale,28gennaio2010, n.28;tarpiemonte,sez.i,5giugno2009,n.1563).puressendoverochel art.5delladirettivanonaffrontaespressamente questo aspetto, in quanto la condizione sub lettera a), art. 5, direttiva 2008/98/CE(«è certo che la sostanza o l oggetto sarà ulteriormente utilizzata/o») richiede soltanto un ulteriore utilizzo e non specifica se ciò debba avvenire nello stesso processo produttivo o possa avvenire in cicli produttivi diversi; tuttavia la conferma più evidente circa l assenza di questo limite si ricava dal considerando XXII, laddove si afferma «l appartenenza del sottoprodotto alla categoria dei prodotti che possono essere esportati»; in ogni caso mancando oggi, nella lettera a), una limitazione all utilizzo del sottoprodotto nello stesso ciclo produttivo, non sembrerebbe corretto introdurla in via interpretativa. ILSOLE24ORE febbraio 2011 N. 2

3 coerente con la giurisprudenza comunitaria[ 10]. È stato, inoltre, eliminato l obbligo per il produttore di individuare preventivamente il processo di produzione/utilizzazione a cui destinare il sottoprodotto, mentre continua a gravare su di lui l obbligo di garantire la certezza del riutilizzo adempiendo al conseguente onere probatorio; l per effetto della terza condizione «la sostanza o l oggetto può essere utilizzato direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale». Ancora una volta, si registra una significativa apertura rispetto alla nozione previgente; mentre, infatti, in passato la norma escludeva ogni genere di trattamento [11], oggi vengono ammessi tutti quei trattamenti che rientrano nella normale pratica industriale (il tema resta però controverso stante la non agevole distinzione tra pratiche industriali normali e non normali ); l la quarta condizione stabilisce che «l ulteriore utilizzo è legale, ossia la sostanza o l oggetto soddisfa, per l utilizzo specifico, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell ambiente e non porterà a impatti complessivi negativi sull ambiente o la salute umana». Rispetto alla definizione previgente [12] le novità risultano, ancora una volta, significative e sempre nell ottica dell ampliamento; se la precedente disposizione imponeva, infatti, che l utilizzo del sottoprodotto non desse luogo a impatti ambientali diversi da quelli autorizzati, quella nuova si limita a escludere l utilizzo che determini impatti negativi. Infine, viene meno la quinta condizione prevista dalla previgente normativa [13] che richiedeva un valore economico di mercato (elemento che, peraltro, secondo la giurisprudenza della Corte di Giustizia [14] e come rilevato dalla Commissione europea [15], era stato ritenuto sintomatico della intenzione di non disfarsene). L ultima novità di sicuro rilievo (anticipata anche questa nei considerando della direttiva) [16] è contenuta nel secondo comma dell art. 184 bis, che attribuisce al legislatore il potere di individuare, con decreto ministeriale, sostanze e oggetti che, ex lege, siano sottoprodotti, oltre al potere di definire «i criteri qualitativi o quantitativi da soddisfare affinché specifiche tipologie di sostanze o oggetti siano considerati sottoprodotti e non rifiuti». La cessazione della qualifica di rifiuto Se il sottoprodotto origina da un ciclo di produzione e non costituisce un rifiuto, le materie prime seconde (mps) sono, invece, rifiuti che hanno perso questa qualifica. Benché la definizione di materie prime seconde sia venuta meno nel nuovo testo normativo [17] (ma sopravvive grazie ai decreti ministeriali ancora in vigore), l art. 184 ter si occupa proprio di questo; la disposizione deriva direttamente dalla direttiva comunitaria [18] e contiene novità significative rispetto alla previgente disciplina che, all art. 181 bis, affrontava di 10) Sentenza della Corte di Giustizia delle Comunità Europee, 8 settembre 2005 (C 416/02): «una sostanza può non essere considerata un rifiuto ai sensi della direttiva 75/442/CE se viene utilizzata con certezza per il fabbisogno di operatori economici diversi da chi l ha prodotta». 11) Questa condizione era posta dall art. 183, lettera p): «4) non debbano essere sottoposti a trattamenti preventivi o a trasformazioni preliminari per soddisfare i requisiti merceologici e di qualità ambientale di cui al punto 3), ma posseggano tali requisiti sin dalla fase della produzione». 12) Art. 183, lettera p): «3) soddisfino requisiti merceologici e di qualità ambientale idonei a garantire che il loro impiego non dia luogo ad emissioni e impatti ambientali qualitativamente e quantitativamente diversi da quelli autorizzati per l impianto dove sono destinati a essere utilizzati». 13) Art. 183, lettera p): «5) abbiano un valore economico di mercato». 14) Sentenza della Corte di Giustizia delle Comunità Europee 11 novembre 2004(C 457/02). 15) Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento Europeo, relativa alla comunicazione interpretativa sui rifiuti e sui sottoprodotti del 21 febbraio 2007, COM(2007) )«La decisione che una sostanza non è un rifiuto può essere presa solo sulla base di un approccio coordinato, da aggiornare regolarmente, e ove ciò sia coerente con la protezione dell ambiente e della salute umana. Se l utilizzo di un sottoprodotto è consentito in base a un autorizzazione ambientale o a norme generali di protezione dell ambiente, ciò può essere usato dagli Stati membri quale strumento per decidere che non dovrebbero prodursi impatti complessivi negativi sull ambiente o sulla salute umana». 17) L art. 181 bis D.Lgs. n. 152/2006 «Materie, sostanze e prodotti secondari», è stato abrogato dall art. 39, comma 3, D.Lgs. n. 205/ ) Art. 6, direttiva 2008/98/CE. 8febbraio2011 N ILSOLE24ORE

4 versamente la questione. Nello specifico, per effetto della disposizione di cui all art. 184 ter, un rifiuto cessa di essere tale (e diventa un bene che, come detto, stando ai vigenti decreti ministeriali, è possibile continuare a definire una materia prima seconda) quando è stato sottoposto a un operazione di recupero e soddisfa criteri specifici, da adottare mediante decreti [19], nel rispetto delle seguenti condizioni: l la sostanza o l oggetto è comunemente utilizzato per scopi specifici; l esiste un mercato o una domanda per tale sostanza od oggetto; l la sostanza o l oggetto soddisfa i requisiti tecnici per gli scopi specifici e rispetta la normativa e gli standard esistenti applicabili ai prodotti; l l utilizzo della sostanza o dell oggetto non porterà a impatti complessivi negativi sull ambiente o sulla salute umana. Sino all emanazione dei decreti che definiranno i criteri specifici, continuano a trovare applicazione i decreti ministeriali in materia di recupero dei rifiuti pericolosi e non pericolosi [DD.MM. 5 febbraio 1998 [20], 12 giugno2002,n.161 [21],e17novembre2005,n. 269 [22] el art.9 bis,letterea)eb),decreto legge 6 novembre 2008, n. 172 [23], convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2008, n. 210] [24], nonché la circolare ministeriale 28 giugno 1999, prot. n. 3402/V/MIN, anche se con il limite temporale di sei mesi dall entrata in vigore della nuova disposizione. Va ricordato che la circolare richiamata aveva introdotto il concetto di materia prima seconda«sin dall origine» nei seguenti termini: «i materiali, le sostanze e gli oggetti originati da cicli produttivi o di preconsumo, dei quali il detentore non si disfi, non abbia l obbligo o l intenzione didisfarsiechequindinonconferiscaasistemidi raccolta o trasporto dei rifiuti, di gestione di rifiuti ai fini del recupero o dello smaltimento, purché abbiano le caratteristiche delle materie prime secondarie indicate dal D.M. 5/2/1998 e siano direttamente destinati in modo oggettivo ed effettivo all impiego in un ciclo produttivo, sono sottopostialregimedellematerieprimeenonaquello dei rifiuti». Si noti tuttavia che, secondo la Cassazione penale (sez. III, 13 gennaio 2009, n. 833) il concetto di mps sin dall origine sarebbe stato eliminato dal correttivo n. 4/2008 che aveva abrogato l art. 181, comma 13, D.Lgs. n. 152/2006 [25]. Rispetto all art. 6, direttiva, il 19)«I criteri di cui al comma 1 sono adottati in conformità con quanto stabilito dalla disciplina comunitaria ovvero, in mancanza di criteri comunitari, caso per caso per specifiche tipologie di rifiuto attraverso uno o più decreti del Ministro dell ambiente e della tutela del territorio e del mare, ai sensi dell art. 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n I criteri includono, se necessario, valori limite per le sostanze inquinanti e tengono conto di tutti i possibili effetti negativi sull ambiente della sostanza o dell oggetto». 20)«Individuazione dei rifiuti non pericolosi sottoposti alle procedure semplificate di recupero ai sensi degli articoli 31 e33deldecretolegislativo5febbraio1997,n.22»(s.o.allagazzettaufficiale16aprile1998,n.88). 21)«Regolamento attuativo degli articoli 31 e 33 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, relativo all individuazione dei rifiuti pericolosi che è possibile ammettere alle procedure semplificate»(in Gazzetta Ufficiale del 30 luglio 2002, n. 177). 22)«Regolamento attuativo degli articoli 31 e 33 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, relativo all individuazione dei rifiuti pericolosi provenienti dalle navi, che è possibile ammettere alle procedure semplificate» (in Gazzetta Ufficiale del 29 dicembre 2005, n. 302). 23)«Misure straordinarie per fronteggiare l emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella regione Campania, nonché misure urgenti di tutela ambientale»(in Gazzetta Ufficiale del 6 novembre 2008, n. 260). 24)InGazzettaUfficialedel3gennaio2009,n.2. 25) La Corte Suprema ha, infatti, affermato che «il D.Lgs. n. 152/2006, non si limitava a escludere dalla disciplina dei rifiuti solo i materiali generati con determinate caratteristiche dalle operazioni di recupero ma anche i materiali, le sostanze o gli oggetti che senza necessità di operazioni di trasformazione già presentavano le caratteristiche delle materie prime secondarie, dei combustibili o dei prodotti individuati ai sensi dell articolo 181. In particolare la disciplina di cui ai commi 6 e 13 del citato articolo (che è stata eliminata con il decreto correttivo n. 4/2008) comportava che si poteva prescindere dal processo di recupero che aveva portato all esistenza della materia prima secondaria a condizione però che essa avesse le caratteristiche nominali di quelle indicate al punto 4 di ogni capitolo contenuto negli allegati ai decreti sul recupero (decreto 5 febbraio del 1998 sui rifiuti non pericolosi e decreto n. 161/2002 sui rifiuti pericolosi). Concludendo, in base al decreto legislativo n. 152/2006 la disciplina sui rifiuti non si applicava alla materie prime secondarie, ancorché non provenienti da attività di recupero, che avessero ab origine le caratteristiche della materia prima secondaria riportata nei decreti sul recupero agevolato prima richiamati». Deve, tuttavia, rilevarsi come la Corte non abbia tenuto in considerazione l allora vigente art. 181 bis, il quale, richiamando la circolare ministeriale 28 giugno 1999, prot. n. 3402/V/MIN, continuava, di fatto, ad ammettere l esistenza delle materie prime seconde sin dall origine. ILSOLE24ORE febbraio 2011 N. 2

5 nuovo art. 184 ter introduce un concetto particolarmente interessante, mutuato dai considerando della direttiva, già precedentemente analizzato [26] : «L operazionedirecuperopuòconsistere semplicemente nel controllare i rifiuti per verificare se soddisfano i criteri elaborati conformemente alle predette condizioni». Certi rifiuti, quindi, cesseranno di essere tali a seguito di un semplice controllo analitico; la novità è di sicuro interesse, ma necessita di una coerente declinazione per far sì che questa verifica sia agevole, soprattutto ove venisse prevista la possibilità di lasciarla effettuare direttamente al produttore (allo stato anche questa attività di recupero consistente in una mera verifica analitica va demandata a un soggetto autorizzato). La disciplina può, pertanto, essere così delineata: l fino al 25 giugno 2011, continuerà a trovare applicazione la circolare ministeriale che sottrae alla nozione di rifiuto (in questo caso ab origine) le cosiddette materie prime seconde sin dall origine, ossia quelle sostanze e oggetti che «sono ancora idonei alla loro funzione originaria o possono essere utilizzati direttamente in altri cicli di produzione o di consumo senza dover essere sottoposti ad alcun trattamento»; l un rifiuto cessa di essere tale se soddisfa le condizioni previste dai vigenti decreti ministeriali in materia di recupero dei rifiuti pericolosi e non pericolosi; l con l adozione dei decreti che andranno a sostituire quelli vigenti verranno ridefinite le quattro condizioni previste dal comma 1 dell articolo in esame; l tanto vale anche per quei rifiuti che, per cessare di essere tali, debbono essere sottoposti a un mero controllo (sicché, in concreto, il concetto di materia prima seconda fin dall origine non sembra essere stato abbandonato, ma ridefinito). Esclusioni Anche l art. 185 ha subito significative modifiche; in particolare, si distinguono tre categorie di esclusioni. l la prima riguarda: le emissioni costituite da effluenti gassosi emessi nell atmosfera; il terreno (in situ), inclusi il suolo contaminato non scavato e gli edifici collegati permanentemente al terreno, fermo restando quanto previsto dagli artt. 239 e segg., relativamente alla bonifica di siti contaminati; il suolo non contaminato e altro materiale allo stato naturale escavato nel corso di attività di costruzione, ove sia certo che esso verrà riutilizzato a fini di costruzione allo stato naturale e nello stesso sito in cui è stato escavato, con la precisazione, contenuta nel comma 4 (e sulla quale poi si dovrà ritornare), che in caso di utilizzo in un sito diverso da quello in cui è stato escavato, andrà valutato ai sensi, nell ordine, degli articoli 183, comma 1, lettera a), 184 bis e 184 ter; i rifiuti radioattivi; i materiali esplosivi in disuso; le materie fecali, se non contemplate dal comma 2, lettera b), paglia, sfalci e potature nonché altro materiale agricolo o forestale naturale non pericoloso utilizzati in agricoltura, nella selvicoltura o per la produzione di energia da tale biomassa mediante processi o metodi che non danneggiano l ambiente né mettono in pericolo la salute umana; l la seconda si occupa delle esclusioni che sono tali in quanto trovano regolamentazione in altra disciplina, vale a dire: le acque di scarico; i sottoprodotti di origine animale, compresi i prodotti trasformati, contemplati dal regolamento (CE) n. 1774/2002, eccetto quelli destinati all incenerimento, allo smaltimento in discarica o all utilizzo in un impianto di produzione di biogas o di compostaggio; le carcasse di animali morti per cause diverse dalla macellazione, compresi gli animali abbattuti per eradicare epizoozie, e smaltite in conformità del regolamento (CE) n. 1774/2002; i rifiuti risultanti dalla prospezione, dall estrazione, dal trattamento, dall ammasso di risorse minerali o dallo sfruttamento delle cave, di cui al decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 117; l la terza categoria è relativa ai soli sedi 26) Si veda, dello stesso autore, Con la direttiva 2008/89/CE nuovo punto di svolta nella gestione dei rifiuti, in Ambiente&Sicurezza n. 4/2009, pag febbraio2011 N ILSOLE24ORE

6 menti dragati [27] : «fatti salvi gli obblighi derivanti dalle normative comunitarie specifiche, sono esclusi dall ambito di applicazione della Parte Quarta del presente decreto i sedimenti spostati all interno di acque superficialiaifinidellagestionedelleacqueedeicorsi d acqua o della prevenzione di inondazioni o della riduzione degli effetti di inondazioni o siccitàoripristinodeisuoliseèprovatochei sedimenti non sono pericolosi ai sensi della Decisione 2000/532/CE della Commissionedel3maggio2000». Terreeroccedascavo Sulle terre e rocce da scavo si registra un ripensamento nelle scelte finali del legislatore. In particolare, in forza di quanto previsto dall art. 186 (nella sua formulazione originaria e rimasta, sotto questo punto di vista, inalterata dal 2006) le terre e rocce da scavo sono sottoprodotti ai quali il legislatore ha deciso però di riservare una disciplina particolare che specifica ed attua attraverso una puntuale declinazione le condizioni generali di cui all art. 183, lettera p) (oggi 184 bis). Nella versione del correttivo approvata ad aprile 2010 era stata prevista l abrogazione dell art. 186 [28], con la conseguenza che le terre e rocce da scavo sarebbero state considerate, alla stregua di qualunque altra sostanza od oggetto, come rifiuto o come sottoprodotto a seconda dei casi e delle condizioni ricorrenti (in questo senso va, infatti, letto il comma 4 dell art. 185). La versione definitivamenteapprovata [29] haeliminatol iniziale abrogazione che viene rinviata al momento in cui il legislatore detterà i decreti di cui all art. 184 bis, comma 2, vale a dire i regolamenti ministeriali con i quali verranno individuati gli oggetti e le sostanze che, ex lege, sono sottoprodotti e che andranno a definire i criteri qualitativi o quantitativi da soddisfare affinché una sostanza o un oggetto specifico sia considerato sottoprodotto. l 27) Si veda, dello stesso autore, Sedimenti dragati: la gestione nella Direttiva 2008/98/CE in questa Ambiente&Sicurezzan.21/2010pagg )Art.34,comma3:«Dalladatadientratainvigoredelpresentedecretosonoabrogatigliarticoli181 bis,186,210e 229 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152». 29)Art. 39, comma 4. «Dalla data di entrata in vigore del decreto ministeriale di cui all articolo 184 bis, comma 2, è abrogato l articolo 186». ILSOLE24ORE febbraio 2011 N. 2

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