LA CESSIONE DI PARTECIPAZIONI QUALIFICATE USUFRUTTO E NUDA PROPRIETÀ

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1 LA CESSIONE DI PARTECIPAZIONI QUALIFICATE USUFRUTTO E NUDA PROPRIETÀ a cura di Fabio Carrirolo Nell ambito delle cessioni di partecipazioni poste in essere da persone fisiche al di fuori dell esercizio di attività d impresa, assume rilevanza la soglia di «qualificazione», al fine dell individuazione del regime fiscale applicabile. Si rammenta a tale riguardo che l art. 67, primo comma, lett. c), include tra i redditi diversi le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di partecipazioni qualificate, cioè mediante la cessione condizionata dal rispetto di determinate percentuali - di: azioni, diverse dalle azioni di risparmio; ogni altra partecipazione al capitale od al patrimonio di società soggette all IRES e di società personali; diritti o titoli attraverso cui possono essere acquisite dette partecipazioni. Per essere «qualificate», tali cessioni devono essere relative a partecipazioni diritti o titoli che rappresentino, complessivamente, una percentuale di diritti di voto esercitabili nell'assemblea ordinaria superiore al: 2 % per i titoli negoziati in mercati regolamentati; 20 per cento per le altre partecipazioni; (ovvero) una partecipazione al capitale o al patrimonio superiore al: 5 % per i titoli negoziati in mercati regolamentati; 25 % per le altre partecipazioni; Nel contesto della riforma fiscale del 2003/2004, le plusvalenze emergenti in conseguenza delle cessioni «qualificate» concorrevano al reddito imponibile complessivo del dichiarante nella misura del 40% del relativo ammontare, mentre allo stato attuale, dopo le modificazioni apportate dalla Finanziaria 2008, la percentuale di concorso al reddito ammonta al 49,72%. Il diritto di usufrutto e il diritto di pegno su partecipazioni societarie azioni e quote pur essendo «geneticamente» diversi, sono trattati in modo 1

2 analogo dalle norme civilistiche, poiché entrambi determinano la «compressione» dei diritti dei soci a favore dei titolari dei diritti stessi (creditore pignoratizio ed usufruttuario). Il presente contributo si propone di esaminare alcune problematiche relative al diritto di usufrutto su partecipazioni qualificate, con il supporto della recente risoluzione dell Agenzia delle Entrate n. 332/E del 1 agosto Premesse: la tassazione delle plusvalenze qualificate Dopo le modificazioni introdotte dalla Finanziaria 2008 (L. n. 244/2007), che ha tra l altro disposto l abbassamento dell aliquota IRES al 27,50%, il D.M ha ridefinito le percentuali di concorso al reddito degli utili percepiti e delle plusvalenze realizzate dai «non soggetti IRES», originariamente fissate nella misura percentuale del 40%. La tabella che segue contiene la sintetica indicazione del nuovo trattamento cui sono assoggettate le plusvalenze prodotte, rispettivamente, in regime d impresa IRPEF (plusvalenze dotate dei requisiti «pex») e nel regime ordinario delle persone fisiche non esercenti attività d impresa. Art. 2, D.M plusvalenze e minusvalenze comma contenuto decorrenza 1 Agli effetti dell'applicazione dell'art. 58, secondo Plusvalenze comma, del TUIR, le plusvalenze «pex» non realizzate a concorrono alla formazione del reddito imponibile, in decorrere dal quanto esenti, limitatamente al 50,28% del loro 1 gennaio ammontare. La stessa percentuale si applica per la determinazione della quota delle corrispondenti minusvalenze non deducibile dal reddito imponibile Agli effetti dell'applicazione dell'art. 68, terzo comma, del TUIR, le plus e minusvalenze concorrono alla formazione del reddito imponibile per il 49,72% del loro ammontare. Resta ferma la misura del 40% per le plus e minusvalenze derivanti da atti di realizzo posti in essere anteriormente al 1 gennaio 2009, ma i cui corrispettivi siano in tutto o in parte percepiti a decorrere dalla stessa data. Plus e minusvalenze realizzate a decorrere dal 1 gennaio 2009 Le nuove percentuali relative alle plus e minusvalenze si applicano agli atti di realizzo posti in essere a decorrere dal 1 gennaio

3 Pegno e usufrutto: le indicazioni del Consiglio Notarile di Milano Alcune importanti precisazioni in materia di usufrutto e pegno su azioni e quote espressive del capitale societario, in particolare in corrispondenza di operazioni straordinarie d impresa (fusione e scissione), sono state fornite dal Consiglio Notarile di Milano nelle massime 64, 65, 66 e 67 del Secondo il Notariato, pegno ed usufrutto godono di un automatica «trasferibilità» per effetto delle operazioni di fusione e scissione, ma sono anche facilmente «sacrificabili» di fronte alle contrarie previsioni dello statuto delle società incorporanti, risultanti dalla fusione, beneficiarie. A norma dell art. 2348, co. 1, c.c., le azioni ordinarie attribuiscono ai loro possessori eguali diritti di natura amministrativa e patrimoniale, ma all'autonomia dei soci è concesso di creare categorie di azioni fornite di diritti diversi, anche relativamente all'incidenza delle perdite. Alle azioni si associano, normalmente, sia diritti patrimoniali che diritti amministrativi; per questi ultimi, alcuni possono essere esercitati da ciascun azionista, ed altri da una minoranza qualificata. Diritti di natura amministrativa In particolare per il diritto di intervento in assemblea di cui all art. 2370, c.c. è stato evidenziato che possono intervenire in assemblea tutti gli azionisti ai quali spetta il diritto di voto, ed anche se l'esercizio del diritto di voto è sospeso (ad esempio, per conflitto di interessi, mora nei versamenti, etc.). Il diritto di voto, giuridicamente fondato sull art. 2351, c.c., si associa, di norma, ad ogni azione ordinaria, anche se la riforma ha abbandonato il principio della proporzionalità tra conferimento ed azioni assegnate (2346, co. 4, c.c.). Va poi rammentato che i soci rappresentanti almeno 1/10 del capitale sociale possono chiedere agli amministratori - che devono obbligatoriamente provvedere - la convocazione senza ritardo dell'assemblea, indicando gli argomenti da trattare (art. 2367, co. 1, c.c.). Tale diritto è attribuito anche al custode in caso di sequestro, al creditore pignoratizio e all'usufruttuario se ad essi spetta il diritto di voto (art. 2352, c.c.). È importante rammentare, infine, che le azioni attribuiscono normalmente il diritto agli utili in proporzione alla partecipazione, salvi i diritti spettanti ai possessori di speciali categorie di azioni (art. 2350, c.c.). Se l'azione è stata data in pegno o in usufrutto, gli utili spettano al creditore pignoratizio o all'usufruttuario1. 1 Cfr. D andrea S., Testoni U., Guffanti G., Orlandoni L., «Azioni ordinarie e relativi diritti amministrativi e patrimoniali», Diritto e Pratica delle Società, , n. 13, pp. 14 e ss. 3

4 Nella normativa civilistica post-riforma societaria, anche la S.r.l. (art. 2352, primo comma, c.c., richiamato dall'art bis) attribuisce il diritto di voto - nell'ipotesi di pegno o usufrutto su quote -, salvo diversa convenzione, al creditore pignoratizio o all'usufruttuario. A tali soggetti è quindi riconosciuta una posizione autonoma rispetto a quella del socio, dato che a essi spetta sia l'esercizio, che la titolarità del diritto di voto. Ne consegue che, «in termini generali, le limitazioni al diritto di voto dovute a circostanze e a condizioni soggettive che riguardano la figura del socio non si applicano al creditore pignoratizio o all'usufruttuario»2. Diritti di natura patrimoniale L inscindibilità delle azioni si pone come un principio generale implicito nella normativa vigente - che vieta di cedere singoli diritti facenti parte della partecipazione sociale a soggetti diversi; ad esempio, il diritto di voto e il diritto agli utili non possono essere separatamente ceduti a soggetti diversi. Le uniche eccezioni a tale regola operano nel caso dell usufrutto o del pegno delle azioni, in presenza dei quali il diritto di voto è attribuito agli usufruttuari o ai creditori pignoratizi, mentre altri diritti amministrativi possono spettare al proprietario delle azioni, ad esempio se le azioni attribuiscono un diritto di opzione (art. 2352, co. 1, c.c.)3. Con riguardo ai diritti di natura patrimoniale, è stato notato che gli utili d esercizio distribuiti competono al creditore pignoratizio e all'usufruttuario; l eventuale patto contrario, ritenuto ammissibile per il pegno, snaturerebbe invece l'usufrutto. In relazione alle S.r.l., il pegno e l'usufrutto si estendono alle quote emesse a fronte di un aumento gratuito del capitale sociale (art. 2352, terzo comma, c.c.), ma la situazione non cambia, evidentemente, per le società «azionarie». Sembra quindi che competa al creditore pignoratizio e all'usufruttuario la destinazione di proventi sociali non rappresentati da utili di esercizio (in quanto la destinazione di tali proventi può essere, in un certo senso, equiparata alla distribuzione degli utili). Con riferimento, poi, al diritto di opzione, l'art. 2352, secondo comma, c.c., dopo aver precisato che tale diritto spetta al socio le cui quote sono oggetto di pegno o usufrutto, impone di procedere all'alienazione delle quote nell'ipotesi in cui il socio medesimo «non provveda almeno tre giorni prima della scadenza al versamento delle somme necessarie per l'esercizio del diritto di opzione e qualora gli altri soci non si offrano di acquistarlo». È 2 Cfr. Fico D., «L esercizio dei diritti sociali in caso di pegno e usufrutto di quote di S.r.l.», Diritto e Pratica delle Società, , n. 17, p Cfr. D andrea S., Testoni U., Guffanti G., Orlandoni L., «Natura e caratteristiche delle azioni si S.p.a.», Diritto e Pratica delle Società, , n. 12, pp. 15 e ss. 4

5 opportuno evidenziare, a tal fine, che l'alienazione del diritto di opzione, per conto del socio che omette di esercitarlo, in analogia a quanto disposto dall'art. 2471, comma 3, cod. civ., nuova versione, in tema di espropriazione della partecipazione, richiamato espressamente dall'art bis cod. civ., deve avvenire all'incanto, salvo, ovviamente, accordo tra le parti su una forma diversa. Limitazioni ai diritti di voto Soprattutto in conseguenza della riforma del diritto societario del 2003, per i diritti di voto è stata prevista un articolata gamma di possibilità. In particolare, a norma dell'art. 2351, terzo comma, c.c., lo statuto delle società non quotate può prevedere che, in relazione alla quantità di azioni possedute da uno stesso soggetto, il diritto di voto sia limitato ad una misura massima, o disporne scaglionamenti. Per determinare la natura qualificata o non qualificata di tali azioni, vale il riferimento all effettiva percentuale di diritti di voto assicurata da tali partecipazioni. Ai sensi dell art. 2351, co. 2, c.c., il diritto di voto può altresì essere: limitato a particolari argomenti; subordinato al verificarsi di determinate condizioni. Per assurgere a rilevanza nella determinazione della natura qualificata o non qualificata della partecipazione, il diritto di voto dev essere pieno e incondizionato (ciò che risulta confermato dalla risoluzione dell Agenzia delle Entrate del 1 agosto, più avanti commentata). La circolare n. 12/E del 2008 La problematica relativa al corretto trattamento fiscale della cessione di partecipazioni detenute parte in piena proprietà e parte in nuda proprietà è stata affrontata nella circolare n. 12/E del , rispetto alle cui osservazioni interviene l ultima risoluzione, emanata in data 1 agosto. In particolare, nel paragrafo 3.3 della circolare era stato posto un quesito relativo alla situazione di una persona fisica che risultava proprietaria, al di fuori del regime d impresa, di una partecipazione al capitale di una S.p.a. non quotata, articolata in una quota in piena proprietà (20% delle azioni) e una quota in nuda proprietà (5% delle azioni, con diritto di usufrutto vitalizio comprensivo del diritto di voto a favore di un genitore). Secondo le precisazioni all epoca fornite dall Agenzia, la partecipazione ceduta doveva essere considerata «qualificata», giacché, nel caso della cessione congiunta di partecipazioni detenuta da un medesimo soggetto, di 5

6 cui parte in piena proprietà e parte in nuda proprietà, tali partecipazioni dovevano considerarsi cumulativamente ai fini del superamento della soglia percentuale. A supporto delle tesi dell Agenzia, era richiamata la C.M. n. 165 del , la quale al par aveva precisato che, nel caso di cessione di usufrutto o della nuda proprietà, la percentuale di capitale sociale rappresentata dalla partecipazione ceduta doveva essere calcolata con riferimento alla parte del valore nominale delle partecipazioni corrispondente al rapporto tra il valore dell'usufrutto o della nuda proprietà e il valore della piena proprietà. Questi ultimi, secondo la circolare, dovevano essere determinati secondo i criteri indicati dagli artt. 46 e 48 del D.P.R. n. 131/1986 (T.U. dell'imposta di registro). La questione esaminata nella risoluzione n. 332/E L istanza di interpello che ha originato la richiamata risoluzione n. 332/E del 1 agosto 2008 era stata proposta da una società fiduciaria e di revisione a norma della L , n. 1966, che operava quale intermediario abilitato ai sensi del D.Lgs , n Nell ambito della propria attività, tale società amministrava fiduciariamente quote o azioni di società di capitali residenti in Italia. Talvolta, i fiducianti non detenevano le partecipazioni a titolo di piena proprietà, detenendone invece la nuda proprietà o l usufrutto. In presenza dei presupposti per l applicazione del regime del risparmio amministrato di cui all art. 6 del D.Lgs. n. 461/1997, le persone fisiche residenti in Italia, che non detenevano tali partecipazioni nell ambito dell attività d impresa, comunicavano all istante la propria volontà di optare per tale regime. A tal fine, occorreva verificare che le partecipazioni oggetto dell incarico fossero non qualificate ai sensi dell art. 67, primo comma, lett. c-bis), del TUIR. Ciò premesso, la società fiduciaria chiedeva all Agenzia quale fosse il corretto criterio per stabilire la «qualificazione», ovvero la «non qualificazione» delle partecipazioni non quotate detenute da persone fisiche in parte a titolo di piena proprietà e in parte a titolo di nuda proprietà. Relativamente all argomento, era stata richiamata la risposta al quesito contenuta nella predetta circolare 12/E del 2008, che appariva in contrasto con i chiarimenti precedentemente forniti dalla circolare n. 165/E del e dalla risoluzione n. 65/E del 16 maggio

7 In breve: i regimi fiscali dei capital gains Per quanto riguarda i possibili regimi tributari cui sono assoggettabili le plusvalenze «finanziarie» realizzate da persone fisiche al di fuori del regime d impresa, occorre preliminarmente distinguere tra le seguenti tipologie, tutte indicate dall art. 67 [lettere da c) a c-quinquies)] del TUIR: plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di partecipazioni qualificate [lett. c)]; plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di azioni e di ogni altra partecipazione non qualificate al capitale o al patrimonio di società personali e di soggetti IRPEG, nonché di diritti o titoli attraverso cui possono essere acquisite le predette partecipazioni [lett. c-bis)]; plusvalenze, diverse da quelle di cui alle lettere c) e c-bis), realizzate mediante cessione a titolo oneroso ovvero rimborso di titoli non rappresentativi di merci, di certificati di massa, di valute estere, oggetto di cessione a termine o rivenienti da depositi o conti correnti, di metalli preziosi, sempreché siano allo stato grezzo o monetato, e di quote di partecipazione ad organismi di investimento collettivo [lett. c-ter)]; redditi, diversi da quelli precedentemente indicati, comunque realizzati mediante rapporti da cui deriva il diritto o l'obbligo di cedere od acquistare a termine strumenti finanziari, valute, metalli preziosi o merci ovvero di ricevere o effettuare a termine uno o più pagamenti collegati a tassi di interesse, a quotazioni o valori di strumenti finanziari, di valute estere, di metalli preziosi o di merci e ad ogni altro parametro di natura finanziaria [lett. c-quater)]; plusvalenze ed altri proventi, diversi da quelli precedentemente indicati, realizzati mediante cessione a titolo oneroso ovvero chiusura di rapporti produttivi di redditi di capitale e mediante cessione a titolo oneroso ovvero rimborso di crediti pecuniari o di strumenti finanziari, nonché quelli realizzati mediante rapporti attraverso cui possono essere conseguiti differenziali positivi e negativi in dipendenza di un evento incerto [lett. c- quinquies)]. La plusvalenza derivante dalle cessioni di partecipazioni qualificate e non - è costituita dalla differenza tra il corrispettivo percepito e il costo o valore di acquisto, aumentato degli oneri inerenti compresa l'imposta di successione e donazione, ma esclusi gli interessi passivi (art. 82, quinto comma, del TUIR). Il valore d acquisto è determinato secondo una serie di criteri, di seguito sintetizzati: 7

8 in caso di acquisto per successione, si fa riferimento al valore definito o dichiarato agli effetti dell'imposta di successione4. in caso di acquisto per donazione, si fa riferimento al costo sostenuto dal donante; se si tratta di aumento gratuito del capitale, il costo unitario è determinato ripartendo il costo originario sul numero complessivo delle partecipazioni; per le società di persone, il costo è aumentato dei redditi imputabili al socio e diminuito delle perdite imputate al socio e degli utili distribuiti, fino a concorrenza dei redditi imputati. Il costo o valore di acquisto è documentato a cura del contribuente. Le plus e le minusvalenze vengono separate in due distinte «masse», a seconda che siano riferite a cessioni di partecipazioni qualificate (art. 82, terzo comma) oppure a cessioni di partecipazioni non qualificate (articolo 82, quarto comma). La compensazione è ammessa solamente all'interno di ciascuna massa. Se dalla compensazione tra plusvalenze e minusvalenze origina un risultato negativo, esso può essere riportato nei quattro periodi successivi. Tale riporto opera ai fini della compensazione con eventuali future plusvalenze appartenenti alla stessa massa. Le aliquote dell imposta sostitutiva sulle plusvalenze in discussione sono due: il 12,50% sulle cessioni di partecipazioni non qualificate; 4 Si rammenta che l imposta sulle successioni e donazioni, prevista e disciplinata dal D.Lgs , n. 346, era stata soppressa ad opera della L , n. 383, a decorrere dal Dopo un periodo quinquennale di «morte apparente», essa è stata però ripristinata, con riferimento al testo vigente alla data del , grazie all intervento del D.L. 262/2006 (collegato alla Finanziaria 2007), convertito con modificazioni dalla L. 286/2006. Le evoluzioni in materia sono di seguito sintetizzate: - D.Lgs , n. 346 (T.U. delle disposizioni riguardanti l imposta sulle successioni e donazioni), in vigore fino al ; - L , n. 383, art. 13, co. 1, che ha disposto l abrogazione dell imposta sulle successioni e donazioni apertesi a decorrere dal ; - D.L , n. 262, art. 6 (ante-conversione), che prevedeva la tassazione dei trasferimenti a titolo gratuito aventi ad oggetto taluni beni mediante applicazione dell imposta di registro e delle imposte ipotecaria e catastale; era quindi reintrodotta la tassazione delle successioni e donazioni anche se mediante una particolarità applicativa dell imposta di registro e delle imposte ipotecaria e catastale; - L , n. 286, art. 2, commi 47-53, che ha reintrodotto l imposta con espresso richiamo alle disposizioni contenute nel D.Lgs. 346/1990 nella sua formulazione anteriore all abrogazione del 2001; - L , n. 296 (Finanziaria 2007), intervenuta prevedendo l introduzione di alcune nuove «franchigie». 8

9 il 27% sulle cessioni qualificate. Il regime ordinario per i capital gains è quello cosiddetto «dichiarativo» (art. 5 del D.Lgs. n. 461/97). Esso prevede che le succitate plusvalenze confluiscano nella dichiarazione dei redditi, e che il reddito globale del periodo sconti l imposta sostitutiva del 12,5%. Un ulteriore regime è quello del «risparmio amministrato» (art. 6 del D.Lgs. n. 461/97), applicabile su opzione del contribuente, ove i titoli siano in custodia o amministrazione presso gli intermediari abilitati (banche, SIM, società fiduciarie, Poste Italiane S.p.a., agenti di cambio). Tale regime consiste nell applicazione dell imposta sostitutiva del 12,50% su ciascuna plusvalenza realizzata, e garantisce l anonimato del contribuente. L ultima modalità per la determinazione e la liquidazione dell imposta è quella del «risparmio gestito», (articolo 7 del D.Lgs. n. 461/97). In virtù di tale ultima normativa, i soggetti che hanno conferito a un soggetto abilitato ai sensi del D.Lgs. n. 415/1996 l'incarico di gestire masse patrimoniali costituite da somme di denaro o beni non relativi all'impresa, possono optare, con riferimento ai redditi di capitale e diversi di cui agli articoli 44 e 67, comma 1, lettere da c-bis) a c-quinquies), del TUIR, per l'applicazione dell'imposta sostitutiva con le modalità previste dall art. 7 del D.Lgs. n. 461/ Nuda proprietà e usufrutto: i diritti di voto Relativamente ai criteri in base ai quali può essere stabilito il carattere «qualificato» o meno della cessione, l Agenzia indica la soglia percentuale del 2% o 20% dei diritti di voto esercitabili in assemblea ordinaria, ovvero del 5% o 25% del capitale o del patrimonio, rispettivamente per i titoli negoziati in mercati regolamentati italiani o esteri e per le altre partecipazioni. È altresì precisato nella risoluzione che, per poter considerare «qualificata» una cessione di partecipazioni, è sufficiente che la partecipazione ceduta superi, nell'arco di 12 mesi, anche uno soltanto dei due limiti percentuali. Per quanto riguarda i diritti di voto, sulla base dell art. 2352, c.c., la risoluzione osserva che gli stessi, nel caso di usufrutto sulle azioni, spettano fatta salva la possibilità del patto contrario - all usufruttuario; in mancanza quindi di una diversa pattuizione, se sono detenute partecipazioni sia a titolo 5 Il risultato della gestione si determina sottraendo dal valore del patrimonio gestito al termine di ciascun anno solare, al lordo dell'imposta sostitutiva, aumentato dei prelievi e diminuito di conferimenti effettuati nell'anno, i redditi maturati nel periodo e soggetti a ritenuta, i redditi che concorrono a formare il reddito complessivo del contribuente, i redditi esenti o comunque non soggetti ad imposta maturati nel periodo, i proventi derivanti da quote di organismi di investimento collettivo mobiliare soggetti all'imposta sostitutiva di cui al successivo articolo 8, nonché da fondi comuni di investimento immobiliare, ed il valore del patrimonio stesso all'inizio dell'anno. Il risultato è computato al netto degli oneri e delle commissioni relative al patrimonio gestito. 9

10 di proprietà che a titolo di nuda proprietà, al fine di stabilire la percentuale dei diritti di voto, va fatto riferimento esclusivamente alla percentuale detenuta a titolo di proprietà. La risoluzione apre dunque a una duplice possibilità, seguendo lo schema delle pattuizioni civilistiche relative alla spettanza del diritto di voto, affermando altresì che, ove il fiduciante fosse titolare del diritto di usufrutto o potesse esercitare il diritto di voto pur essendo nudo proprietario, occorrerebbe considerare anche tali partecipazioni al fine del calcolo della percentuale dei diritti di voto esercitabili nell assemblea ordinaria. A tale riguardo, la regola dovrebbe valere anche per altre ipotesi di scissione tra la proprietà delle partecipazioni e la spettanza dei relativi diritti, come ad esempio per il pegno. Il duplice vincolo (partecipazione e diritti di voto) Giacché, nel caso di specie, la partecipazione posseduta dal fiduciante rappresentava una percentuale pari (e non superiore) al 20% dei diritti di voto esercitabili nell assemblea ordinaria della società non quotata mentre non rilevava ai fini del calcolo la quota di partecipazione detenuta a titolo di nuda proprietà, perché priva dei diritti di voto l Agenzia ha rilevato che occorreva verificare se fosse invece superata l altra soglia prevista dall art. 67 del TUIR, ossia quella della partecipazione al capitale o al patrimonio in misura superiore al 25%. Se, infatti, anche solo tale limite fosse superato, la partecipazione doveva ritenersi qualificata, con soggezione alle relative regole ai fini dell imposizione diretta. Richiamo alla prassi pregressa Nel rispondere al quesito posto l Agenzia fa riferimento anche alla C.M. n. 165/E del , ove era stato precisato che, nel caso di possesso del diritto di usufrutto ovvero della nuda proprietà di una partecipazione, la percentuale di capitale sociale rappresentata dalla partecipazione stessa doveva essere calcolata moltiplicando il suo valore nominale per il rapporto tra il valore dell usufrutto o della nuda proprietà e il valore della piena proprietà, determinati secondo i criteri valevoli per l imposta di registro (artt. 46 e 48, D.P.R. 131/1986). Da ciò conseguiva, nel caso di specie, la necessità di aggiungere al 20% detenuto in piena proprietà la quota detenuta in nuda proprietà, valorizzata secondo i criteri esposti: considerato quindi che tale partecipazione rappresentava l 1,15% del capitale societario, la partecipazione complessivamente detenuta dal fiduciante ammontava al 10

11 21,25%, e non costituiva pertanto una partecipazione qualificata, non superando la prescritta percentuale del 25%. In relazione alla partecipazione posseduta, quindi, il fiduciante poteva legittimamente esercitare l opzione per il risparmio amministrato (limitata, per l appunto, alle partecipazioni non qualificate, ai sensi dell art. 6, primo comma, del citato D.Lgs. n. 461/1997). Ulteriori precisazioni L opzione, secondo quanto è stato sottolineato dall Agenzia, perde effetto al superamento anche di una sola delle percentuali indicate dal TUIR (diritti di voto e partecipazione al capitale/patrimonio). In tale ipotesi, come è stato precisato nella circolare n. 165/E del 1998, il contribuente deve comunicare agli intermediari incaricati, che non siano in grado di verificare tale variazione in base agli elementi in loro possesso, l avvenuto superamento delle percentuali entro 15 giorni dalla data in cui ciò è avvenuto, oppure all'atto della prima cessione, se avvenuta precedentemente. Concludendo, la risoluzione ha precisato che l incongruenza della soluzione fornita nella predetta circolare n. 12/E del 2008 (secondo cui occorreva semplicemente cumulare, ai fini del riscontro delle soglie percentuali, le partecipazioni detenute in piena e in nuda proprietà) era dovuta a un mero refuso di stampa. In definitiva, quindi, la soluzione alla problematica esposta richiede sempre una duplice verifica, dovendosi appurare la circostanza dell avvenuto superamento dell uno ovvero dell altro limite percentuale: nel caso in cui anche uno solo risulti superato, la cessione diviene «qualificata». Fabio Carrirolo 23 Settembre

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