Studio Legale Avv. Riccardo Bolognesi

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1 Studio Legale Avv. Riccardo Bolognesi La Riforma del Mercato del Lavoro: cosa cambia? Le modifiche apportate dalla Legge n. 92/2012 alla disciplina dei licenziamenti individuali e l impatto della Riforma su alcune tipologie contrattuali Roma Via Cola di Rienzo, 28 Tel Fax E.mail: segreteria@studiolegalebolognesi.it

2 TUTTE LE NOVITA DELLA RIFORMA FORNERO IN MATERIA DI LICENZIAMENTO. Premessa La riforma del lavoro, attuata con legge 92/2012 (cd. legge Fornero), introduce una serie di importanti novità in materia di licenziamento. In particolare la legge in esame ha modificato gli artt. 6 e 7 della L. 604/66 e l art. 18 L. 300/70 in materia di licenziamenti individuali. Ha introdotto importanti novità anche rispetto ai frequenti vizi, non solo formali, delle procedure di licenziamento collettivo ai sensi della L. 223/91. Molte e rilevanti anche le modifiche in tema di processo del lavoro, atteso che il legislatore della riforma ha introdotto un rito rapido che trova applicazione relativamente alle controversie aventi ad oggetto licenziamenti, limitatamente alle ipotesi regolate dall art. 18 L. 300/70, anche quando devono essere risolte questioni relative alla qualificazione del rapporto di lavoro, ovvero quando il rapporto di lavoro subordinato è, per così dire, deformalizzato o celato sotto altre mentite spoglie. Sarà opportuno, nell esposizione delle novità salienti della riforma, in materia di licenziamenti, seguire un ordine di trattazione che dovrebbe riuscire nell intento di favorire l aggiornamento e di stimolare il dibattito successivo. Non abbiamo già tutte le risposte alle domande che farete ma almeno è il caso di iniziare dai punti fermi e comuni a tutte le ipotesi di licenziamento. 1. Nuovi termini di decadenza dall impugnazione. La legge modifica i termini di decadenza introdotti dalla precedente riforma (Collegato lavoro), in vigore dal Fermo restando il termine di 60 giorni previsto dall art. 6 L. 604/66 per l impugnativa stragiudiziale del licenziamento, decorrente dalla data di comunicazione del licenziamento e dei motivi, la Riforma impone che la motivazione sia contestuale, a pena di inefficacia del recesso. La legge Fornero ha ridotto il termine per il deposito del ricorso giudiziale da 270 (fissato dalla Legge n.183/2010) a 180 giorni. Il nuovo termine, di applicazione immediata rispetto ai licenziamenti successivi al 18 luglio 2012, decorre dalla data di impugnazione del licenziamento (per il quale, si rammenta, è sufficiente la mera comunicazione del lavoratore al datore di lavoro di impugnare il licenziamento, senza necessariamente indicare i motivi di impugnazione). 2

3 2. L obbligo di contestuale motivazione. Come già detto, il legislatore della riforma prevede espressamente che la comunicazione del licenziamento ne indichi specificamente e contestualmente le motivazioni (art. 1, comma 37, della legge in esame, che modifica il comma 2 dell art. 2 della L. 604/66). Naturalmente il problema si pone unicamente per il licenziamento intimato per giustificato motivo oggettivo, atteso che il licenziamento intimato per giusta causa o per giustificato motivo soggettivo, stante il carattere ontologicamente disciplinare del recesso, deve essere in ogni caso preceduto dalla contestazione dei fatti che giustificano il recesso. Contestazione sempre e comunque richiamata nella lettera di licenziamento. Viene meno, pertanto, la possibilità per il datore di lavoro di comunicare i motivi di licenziamento entro 8 giorni dalla richiesta del lavoratore licenziato (che doveva essere avanzata nei 15 giorni dalla comunicazione del licenziamento). La motivazione da indicare nella comunicazione del recesso deve consistere nella concreta ragione di carattere organizzativo che ha determinato il licenziamento, non potendo ritenersi sufficiente la generica indicazione di dover far fronte ad esigenze di carattere aziendale o alla mera enunciazione della formula indicata dal legislatore (ragioni di carattere tecnico, organizzativo o produttivo) ed alla mancata possibilità di ricollocare utilmente il lavoratore in altre mansioni (cfr. Cass. n del 9 luglio 2012). 3. Il potere di revoca del licenziamento e gli effetti. Il legislatore della riforma ha ritenuto di dover disciplinare l istituto della REVOCA (art. 1, comma 42 della legge in esame) del licenziamento per la cui disciplina, fino ad oggi, si applicavano i principi generali in materia di negozi giuridici, con notevoli margini d incertezza nelle ipotesi specifiche e con la difficoltà di distinguere, quoad effectum, tra revoca e rinnovazione del licenziamento. La legge Fornero prevede la possibilità, per il datore di lavoro, di revocare il recesso entro 15 giorni dalla sua impugnazione, termine che decorre dalla data di ricezione della lettera di impugnazione del lavoratore e non da quella di comunicazione del licenziamento. A seguito della revoca il rapporto di lavoro risulterà ricostituito, come se mai fosse stato interrotto, con diritto del lavoratore alle retribuzioni non percepite dal licenziamento alla ripresa del servizio. La norma attribuisce un vero e proprio diritto potestativo in capo al datore di lavoro, il cui esercizio determina la ricostituzione ex tunc del rapporto di lavoro. Consegue a tale previsione che il lavoratore non può rifiutare la revoca e, se non riprenderà servizio, sarà considerato come assente ingiustificato e sottoposto a procedimento disciplinare, all esito del quale il lavoratore potrebbe essere licenziato. 3

4 Quanto affermato, naturalmente, non è previsto dalla legge Fornero, ma si ricava implicitamente dalle norme di legge e del contratto collettivo che sanzionano l assenza ingiustificata dal lavoro. 4. Reintegrazione ed indennità. Il legislatore della riforma è intervenuto sul tema che ha generato, in passato, notevoli incertezze legate a pronunce giurisprudenziali spesso contrastanti in materia di opzione per le quindici mensilità in luogo della reintegra (ipotesi ormai ridotta a pochi casi tassativamente indicati, anche se con qualche rischio di espansione ad opera della giurisprudenza), conformemente al disposto di cui all art. 18, V comma, L. 300/70. Il legislatore ha finalmente risolto il problema dell individuazione della data in cui si producono gli effetti della cessazione del rapporto, prevedendo che lo scioglimento del rapporto di lavoro si realizza alla data di esercizio dell opzione per le quindici mensilità (ossia, alla data in cui la comunicazione del lavoratore perviene nella sfera di conoscibilità del datore di lavoro), indipendentemente dal pagamento, da parte del datore di lavoro, della predetta indennità. 5. Retroattività del licenziamento intimato all esito di un procedimento disciplinare. Altra novità di rilievo della Riforma riguarda gli effetti del licenziamento intimato all esito di un procedimento disciplinare. In tale ipotesi, infatti, il licenziamento produce effetto dal momento in cui il procedimento disciplinare è stato avviato (art. 1, comma 41, della legge in esame). Sono fatti salvi, tuttavia, gli effetti del preavviso o della relativa indennità sostitutiva (nel caso in cui, naturalmente, il licenziamento non sia stato irrogato per giusta causa ma per giustificato motivo soggettivo) e fatte salve le ipotesi di sospensione derivanti da speciali disposizioni di legge (segnatamente, il testo unico sulla maternità D.lgs 165/2001). Gli effetti, inoltre, rimangono sospesi in caso di impedimento derivante da infortunio occorso sul lavoro (con esclusione, quindi della malattia del lavoratore che non derivi da infortunio sul lavoro). In tutte le ipotesi in cui opera la sospensione, il licenziamento avrà efficacia al termine dell impedimento o della sospensione del rapporto. 6. Licenziamento per giusta causa o giustificato motivo soggettivo. I comportamenti in Azienda. Un tema storico e rispetto al quale si sono alternate, in passato, avventate decisioni espulsive e pavide sanzioni conservative o semplici lettere di richiamo per evitare l insorgere di contenziosi con esiti onerosissimi. 4

5 Dovremmo cercare, con l aiuto che ha offerto il legislatore della riforma, di superare la paura di esercitare il potere disciplinare, a volte indispensabile. Vediamo le novità e gli ausili più importanti. La Legge 92/2012 ha introdotto due distinti regimi di tutela per le ipotesi, diverse, di licenziamento per giusta causa o per giustificato motivo soggettivo. Nella temuta ipotesi di dichiarazione di illegittimità del licenziamento l effetto della reintegra ex art.18 St. Lav. è stato limitato a pochi casi. Il primo regime viene in considerazione nelle sole tassative ipotesi in cui il giudice accerti che il fatto (che ha dato causa al licenziamento) non sussiste, ovvero nel caso in cui ritenga che il fatto rientri nelle condotte punibili con una sanzione conservativa, sulla base delle disposizioni del contratto collettivo applicato, ovvero dei codici disciplinari applicabili alla fattispecie in esame. Nelle suddette ipotesi continua ad applicarsi la tutela reintegratoria, unitamente a quella risarcitoria, ma con alcune importanti novità. La prima è l espressa previsione della detraibilità dell aliunde perceptum (ossia di quanto il lavoratore abbia percepito in conseguenza dello svolgimento di altro rapporto di lavoro presso altro datore di lavoro) e dell aliunde percipiendum, ossia di quanto il lavoratore avrebbe potuto percepire attivandosi per reperire un altra occupazione. Quest ultimo è un terreno tutto da esplorare, sul piano dell onere della prova e delle iniziative, delle idee attuabili per difendersi dall applicazione della misura massima del risarcimento previsto. La seconda novità è rappresentata della precisazione della misura massima del risarcimento, che non può superare le 12 mensilità, limitando così il rischio, per il datore di lavoro, derivante dai processi lumaca. In ogni caso la misura del risarcimento (anche per effetto della detrazione dell aliunde perceptum) non potrà essere inferiore a 5 mensilità. Alle statuizioni reintegratorie e risarcitorie si aggiunge la condanna al versamento dei contributi dal giorno del licenziamento alla reintegra, maggiorati degli interessi legali ma non della sanzione per omessa o ritardata contribuzione. Il secondo regime, disciplinato dal nuovo comma 5 dell art. 18 Stat. Lav., si applica nelle altre ipotesi in cui emerge in giudizio che non ci sono gli estremi per la giusta causa o per il giustificato motivo soggettivo, con esclusione delle ipotesi di licenziamento adottato in violazione delle regole procedurali previste dall art. 7 L. 300/70. In tal caso il lavoratore avrà diritto alla sola tutela risarcitoria. La violazione del requisito della tempestività rientra in tale ipotesi, poiché la tempestività viene considerata elemento costitutivo del diritto di recesso, a differenza del requisito della immediatezza della contestazione, che rientra tra le regole procedurali. 5

6 Il Giudice non potrà dichiarare la reintegrazione, ma il rapporto dovrà considerarsi risolto con effetto dalla data del licenziamento. Il datore di lavoro sarà solo condannato al pagamento di un indennità risarcitoria compresa tra un minimo di dodici ed un massimo di ventiquattro mensilità dell ultima retribuzione globale di fatto percepita dal lavoratore. Il terzo regime viene in considerazione nell ipotesi di violazione delle regole procedurali previste dall art. 7 L. 300/70. Alla stregua di quanto vedremo per i vizi procedimentali della legge 223/91, il Giudice che accerti solo la violazione di regole procedurali deve dichiarare risolto il rapporto con effetto dalla data del licenziamento e condannare il datore di lavoro al pagamento di un indennità risarcitoria compresa tra un minimo di sei ed un massimo di dodici mensilità dell ultima retribuzione globale di fatto percepita dal lavoratore. Naturalmente tale sanzione si applica nella sola ipotesi in cui il Giudice accerti la violazione di regole procedurali, non anche nel caso in cui il lavoratore alleghi ed il Giudice accerti, unitamente alla violazione delle suddette regole, l insussistenza del giustificato motivo soggettivo o della giusta causa di licenziamento, trovando in tal caso applicazione la tutela più ampia offerta per tali ipotesi. 7. Il licenziamento cd. economico o per giustificato motivo oggettivo. Il comma 40 dell art. 1 della legge in esame introduce un complesso meccanismo che il datore di lavoro deve rispettare nelle ipotesi in cui intenda procedere al licenziamento per giustificato motivo oggettivo. Infatti in tale ipotesi è obbligatorio (a pena d inefficacia del licenziamento) il previo passaggio innanzi alla Direzione territoriale del lavoro. Il datore di lavoro è tenuto ad inviare, prima di procedere al licenziamento, una comunicazione alla Direzione territoriale del lavoro e, per conoscenza, al lavoratore, contenente sia i motivi in base ai quali intende procedere al licenziamento, sia le eventuali misure di assistenza alla ricollocazione del lavoratore interessato. La Direzione del lavoro è tenuta a convocare le parti nel termine perentorio di 7 giorni dal ricevimento della comunicazione. All incontro il lavoratore può farsi assistere da un rappresentante sindacale, ovvero da un avvocato o da un consulente del lavoro. L incontro è finalizzato all esame della possibilità di misure alternative al licenziamento. La procedura deve concludersi nei venti giorni, prorogabili qualora le parti, di comune accordo, decidano di proseguire la discussione. Decorso infruttuosamente tale termine, ovvero nel caso di mancato accordo il datore di lavoro può procedere al licenziamento. La procedura può essere sospesa per un periodo di quindici giorni nel caso di documentato impedimento del lavoratore. 6

7 Decorso tale termine il datore di lavoro può procedere al licenziamento, anche nel caso in cui perduri l impedimento ed a prescindere dalla natura dell impedimento. Il legislatore al punto 8 dell articolo in esame (art.1, comma 40) ha previsto che il comportamento delle parti, desumibile anche dal verbale redatto in sede di commissione provinciale del lavoro e dalla proposta di conciliazione avanzata dalla stessa, è valutato dal Giudice per la determinazione dell indennità risarcitoria di cui all art. 18 L. 300/70. Venendo a trattare più da vicino la tutela improntata dal legislatore in caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, in queste evenienze, la tutela reintegratoria spetta nelle ipotesi in cui il licenziamento, sprovvisto dei suoi presupposti fondanti, sia intimato a fronte della pretesa inidoneità fisica o psichica del lavoratore, oppure quando il recesso sia stato dettato dal preteso superamento del periodo di comporto, del periodo, cioè, di conservazione del posto di lavoro in costanza di malattia. Ancora, la medesima tutela spetta nelle ipotesi in cui il fatto posto a base del licenziamento si palesi manifestamente insussistente. L insussistenza manifesta del fatto fondante il licenziamento, infatti, rappresenta il discrimen tra l applicazione della tutela reale e di quella risarcitoria (compresa fra un minimo di dodici ed un massimo di ventiquattro mensilità della retribuzione globale di fatto percepita dal lavoratore); quest ultima dovrà applicarsi tutte le volte in cui: il fatto posto a base del licenziamento sia semplicemente insussistente (e, quindi, non manifestamente insussistente); in tutte le ipotesi in cui, ferma restando la legittimità del presupposto, del fatto, sul quale il recesso è basato, la risoluzione del rapporto di lavoro risulti illegittima. 8. Le altre ipotesi di licenziamento per giustificato motivo oggettivo. Il legislatore ha differenziato il regime di tutela nell ipotesi di giustificato motivo oggettivo, a seconda che il licenziamento sia determinato da motivi prettamente economici, in quanto riferito alle scelte organizzative e produttive dell imprenditore (per le quali si applica la tutela risarcitoria menzionata nel paragrafo che precede), dalle ipotesi in cui il licenziamento riguardi motivi riferibili esclusivamente alla persona del lavoratore licenziato. Da quest ultimo punto di vista, infatti, il nuovo art. 18 della L. 300/70, nell attuale formulazione, individua il caso specifico del lavoratore licenziato in relazione (o in conseguenza) del suo stato di inidoneità psichica o fisica all espletamento delle mansioni ed il licenziamento intimato prima della scadenza del periodo di comporto. 7

8 In queste ipotesi tipizzate dal legislatore della riforma e limitatamente alle imprese di maggiori dimensioni, continua ad applicarsi la tutela reale (reintegra e risarcimento) l ammontare del risarcimento non potrà superare le dodici mensilità. ma Analogo discorso e medesima sanzione per le ipotesi di licenziamento nullo (tra i quali figura anche il licenziamento orale) o discriminatorio (e quelle ad esso parificate, esempio licenziamento intimato in concomitanza del matrimonio). Solo in questo caso non rileva il numero di dipendenti occupati dal datore di lavoro. LICENZIAMENTI COLLETTIVI L art. 1, commi 44, 45 e 46, della legge n. 92 del 2012 apporta alcune modifiche alla disciplina dei licenziamenti collettivi dettata dalla legge n. 223 del ART. 1, COMMA 44 Nella disciplina previgente, l art. 4, comma 9, della legge n. 223 del 1991, prevedeva che, collocati in mobilità i lavoratori eccedenti e comunicato loro il recesso nel rispetto dei termini di preavviso, il datore di lavoro doveva, contestualmente, comunicare agli uffici pubblici competenti e alle associazioni sindacali l elenco dei lavoratori collocati in mobilità, con la puntuale indicazione delle modalità con le quali erano stati applicati i criteri di scelta. La nuova disposizione introdotta dalla riforma prevede che quest ultima comunicazione debba avvenire non più contestualmente, ma entro sette giorni dalla comunicazione dei recessi. ART. 1, COMMA 45 Nel regime precedente alla riforma, come affermato anche dalla giurisprudenza più recente, i vizi della comunicazione di apertura della procedura di mobilità non potevano essere sanati da successivi accordi sindacali, determinando l inefficacia dei licenziamenti per riduzione di personale intimati a conclusione della suddetta procedura (cfr., in questo senso, Cass. Civ. sez. lav., 6 aprile 2012, n. 5582). La nuova disposizione prevede che eventuali vizi della comunicazione di avvio della procedura di mobilità possano essere sanati, ad ogni effetto di legge (e, quindi, anche ai fini della dichiarazione di inefficacia del licenziamento), nell ambito di un accordo sindacale concluso nel corso della stessa procedura. ART. 1, COMMA 46 Questa disposizione modifica il regime sanzionatorio del licenziamento collettivo, distinguendo tre diverse ipotesi: 8

9 1) licenziamento intimato senza forma scritta. Come in precedenza, è prevista la tutela della reintegrazione nel posto di lavoro, più il risarcimento del danno, commisurato a tutte le retribuzione non percepite dal giorno del licenziamento fino all effettiva reintegrazione, oltre al versamento dei contributi previdenziali; 2) licenziamento intimato in violazione delle procedure previste dalla legge. Non è più prevista la tutela della reintegrazione nel posto di lavoro (come in precedenza), ma soltanto una indennità risarcitoria omnicomprensiva tra un minino di 12 e un massimo 24 mensilità (determinata, con obbligo di specifica motivazione da parte del giudice, tenendo conto dell anzianità del lavoratore, del numero di dipendenti occupati, delle dimensioni dell attività economica, del comportamento e delle condizioni delle parti); 3) licenziamento per violazione dei criteri di scelta. Come in precedenza, è prevista la tutela della reintegrazione nel posto di lavoro, più il risarcimento del danno e il versamento dei contributi previdenziali. Il risarcimento del danno, però, non può superare, in ogni caso, 12 mensilità di retribuzione. Infine, la nuova disposizione dispone espressamente l applicabilità anche ai licenziamenti collettivi del nuovo regime di impugnazione giudiziale del licenziamento dettato dall art. 32 della legge n. 183 del Pertanto, anche nell ipotesi di licenziamento collettivo, il lavoratore deve depositare il ricorso giudiziale entro il termine di decadenza di 180 giorni (non più 270, come in precedenza) dall impugnazione stragiudiziale (che deve sempre avvenire, anch essa a pena di decadenza, entro il termine di 60 giorni dalla comunicazione del licenziamento). IL NUOVO RITO IN MATERIA DI LICENZIAMENTO. Il legislatore della riforma ha introdotto un rito speciale, disciplinato all art. 1, commi 48 e sgg. della legge in esame, sotto la rubrica Tutela urgente che trova applicazione relativamente alle controversie aventi ad oggetto licenziamenti nelle ipotesi regolate dall art. 18 L. 300/70, anche quando devono essere risolte questioni relative alla qualificazione del rapporto di lavoro. Il lavoratore che ritiene di essere stato illegittimamente licenziato può proporre ricorso al Tribunale del lavoro. Il ricorso deve avere ad oggetto solo il licenziamento, quindi non potrà contenere domande diverse ed ulteriori (ad es. una domanda di risarcimento danni da demansionamento, anche se collegata con il licenziamento). Il Giudice fissa l udienza entro 30 giorni dal deposito del ricorso che deve essere notificato alla controparte (datore di lavoro). 9

10 Il Giudice, sentite le parti e omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio, procede nel modo che ritiene più opportuno all istruzione della causa e provvede, con ordinanza immediatamente esecutiva, all accoglimento o al rigetto della domanda. L efficacia esecutiva del provvedimento assunto dal Giudice al termine di tale fase non può essere sospesa o revocata fino alla pronuncia della sentenza con cui il Giudice definisce il giudizio instaurato ai sensi del successivo articolo. Comunque, entro 30 giorni dall emissione dell ordinanza di accoglimento o di rigetto, la parte soccombente può proporre opposizione. Il Giudice dell opposizione fissa l udienza di discussione entro 60 giorni, dando termine alla parte opposta per costituirsi in giudizio 10 giorni prima dell udienza. Se l opposto intende chiamare un terzo in causa, a pena di decadenza, deve farne dichiarazione nella memoria difensiva. In tal caso il giudice fissa una nuova udienza entro i successivi sessanta giorni, e dispone che siano notificati al terzo, ad opera delle parti, il provvedimento nonché il ricorso introduttivo e l atto di costituzione dell opposto. All udienza, il giudice, sentite le parti, omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio, procede nel modo che ritiene più opportuno agli atti di istruzione ammissibili e rilevanti richiesti dalle parti o disposti d ufficio e provvede, con sentenza, all accoglimento o al rigetto della domanda. La sentenza, completa di motivazione, deve essere depositata in cancelleria entro dieci giorni dall udienza di discussione. La sentenza è provvisoriamente esecutiva e costituisce titolo per l iscrizione di ipoteca giudiziale. Contro tale sentenza è ammesso reclamo davanti alla Corte d appello entro trenta giorni dalla comunicazione, o dalla notificazione se anteriore. In tale fase non sono ammessi nuovi mezzi di prova o documenti, salvo che il collegio, anche d ufficio, li ritenga indispensabili ai fini della decisione ovvero la parte dimostri di non aver potuto proporli in primo grado per causa ad essa non imputabile. La Corte d appello fissa con decreto l udienza di discussione nei successivi sessanta giorni e, se ricorrono gravi motivi, alla prima udienza può sospendere l efficacia della sentenza reclamata. La sentenza della Corte d appello, completa di motivazione, deve essere depositata in cancelleria entro dieci giorni dall udienza di discussione. Il ricorso per cassazione contro la sentenza deve essere proposto, a pena di decadenza, entro sessanta giorni dalla comunicazione della stessa, o dalla notificazione se anteriore. La Corte di Cassazione deve fissare l udienza di discussione non oltre sei mesi dalla proposizione del ricorso. 10

11 E ancora controverso se tale nuovo rito sia l unico applicabile alle controversie in materia d impugnazione del licenziamento, al momento dell entrata in vigore della legge, ovvero se sia in facoltà della parte optare per tale rito o per quello disciplinato dagli artt. 414 e sgg. c.p.c.. A parere di chi scrive imporre al lavoratore (o al datore di lavoro) i rischi di un rito sommario, precludendo la scelta per la trattazione ordinaria, con il ricorso ex art. 414 c.p.c. e le regole dell istruzione probatoria piena, appare in contrasto con i principi generali del processo civile che consentono l alternativa tra la trattazione con il rito speciale e con quello ordinario ed imporrebbe a chi intende proporre più domande, oltre al licenziamento, nella stessa causa e contro la stessa parte, di separarle in diversi giudizi, trattate con riti diversi. * * * LA NUOVA DISCIPLINA DELLE DIMISSIONI DOPO LA RIFORMA FORNERO. La L. n. 92 del 2012, all art. 4, commi introduce una procedura dettagliata e, per certi versi, innovativa in tema di dimissioni e risoluzione consensuale del rapporto di lavoro. In particolare l articolo 4, comma 16, della Riforma Fornero apporta importanti modifiche ed integrazioni al Testo Unico per la tutela della maternità e paternità, prevedendo che, a partire dal 18 luglio 2012 (data di entrata in vigore della legge in esame), sia la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, sia le dimissioni volontarie presentate dalla lavoratrice durante il periodo di gestazione ovvero dal dipendente o dalla dipendente durante: i primi tre anni di vita del bambino; ovvero, durante il triennio dalla data di accoglienza del minore adottato o affidato (in caso di affidamento o adozione nazionale); o, ancora, durante i tre anni che decorrono dalla comunicazione della proposta d incontro con il minore (in caso di adozione internazionale) sono sospensivamente condizionate ad apposita convalida da parte della Direzione Territoriale del Lavoro ovvero del Centro per l impiego, territorialmente competente. In difetto di convalida le dimissioni o la risoluzione consensuale concordata tra le parti sono inefficaci. I commi 17 e 18 dell art.4 della Riforma introducono un doppio canale da seguire (alternativamente) per ottenere la convalida (obbligatoria, a pena d inefficacia) delle dimissioni, valido per tutti i lavoratori. In particolare il comma 17 prevede che in caso di dimissioni del lavoratore ovvero, in ipotesi di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, al fine di rendere definitiva ed efficace la cessazione del rapporto, le parti devono richiedere e ottenere apposita convalida presso la Direzione Territoriale del Lavoro, presso il Centro per l Impiego territorialmente competente ovvero presso le altre sedi contemplate dai CCNL. 11

12 Il datore di lavoro, una volta ricevuta la comunicazione di dimissioni del lavoratore o dopo aver definito la risoluzione consensuale del rapporto lavorativo, dovrà, nei successivi 30 giorni decorrenti dalla data di ricevimento delle dimissioni, invitare (mediante comunicazione scritta consegnata a mano o inviata a mezzo raccomandata A/R presso il domicilio del lavoratore) il dipendente a richiedere la convalida delle dimissioni o della risoluzione consensuale, presentandosi presso la Dtl competente ovvero presso il Centro provinciale per l impiego. Dalla ricezione dell invito, il dipendente avrà 7 giorni di tempo per optare per una delle tre diverse soluzioni previste dalla norma. In particolare il lavoratore potrà: sottoscrivere la conferma delle dimissioni ovvero accettare l invito del datore di lavoro e presentarsi alla DTL o al Centro per l impiego competente per la convalida delle dimissioni o della risoluzione consensuale del rapporto di lavoro. In tale ipotesi le dimissioni sono definitive e il rapporto di lavoro risolto alla data indicata nella comunicazione di dimissioni o risultante dall accordo di risoluzione del rapporto di lavoro stipulato tra le parti. rifiutare l invito del datore di lavoro. In tal caso, trascorsi i 7 giorni previsti, il contratto s intende risolto e le dimissioni saranno efficaci alla data preventivamente indicata. revocare le dimissioni, ripristinando il rapporto di lavoro dal giorno successivo a quello di revoca. Qualora entro i 7 giorni previsti dalla normativa il lavoratore non esegua alcuna scelta, le dimissioni si riterranno convalidate e il rapporto cesserà alla data indicata nella comunicazione di dimissioni o nell accordo di risoluzione del rapporto. Il comma 21 dell art. 4 prevede che nel termine di 7 giorni dalla ricezione dell invito del datore di lavoro, sovrapponibili al preavviso, il lavoratore ha facoltà di revocare le dimissioni o la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, offrendo le proprie prestazioni lavorative. Il rapporto di lavoro, se interrotto per effetto del recesso, torna ad avere corso normale dal giorno successivo alla comunicazione della revoca. Per il periodo tra il recesso e la revoca, qualora la prestazione lavorativa non sia stata svolta, il prestatore di lavoro non matura alcun diritto retributivo. Il comma 18 dell art.4 della legge in esame prevede, in alternativa alla procedura poc anzi descritta, che il datore di lavoro inviti il dipendente a confermare le dimissioni sottoscrivendo in calce alla comunicazione di cessazione del rapporto la specifica dichiarazione di conferma. 12

13 L inefficacia delle dimissioni è prevista al comma 22, qualora, in mancanza della convalida ovvero della sottoscrizione di cui al comma 18, il datore di lavoro non trasmetta al lavoratore la comunicazione contenente l invito entro il termine di 30 giorni decorrente dalle dimissioni o dalla risoluzione consensuale. Infine il comma 23 dell art. 4 della legge in esame prevede una sanzione amministrativa pecuniaria da ad nelle ipotesi in cui il datore di lavoro abusi del foglio firmato in bianco dal lavoratore al fine di simularne le dimissioni o la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, salvo che il fatto costituisca reato. * * * CONTRATTI A TERMINE. LE NOVITA DELLA RIFORMA FORNERO. La riforma del lavoro attuata con legge 92/2012 (cd. legge Fornero) introduce una serie di importanti novità in materia di contratti a termine. Per cominciare, la legge in esame ha introdotto la figura del contratto a termine acausale (art. 1, comma 1 bis del D.lgs 368/01), legittimando il datore di lavoro a stipulare per una ed una sola volta un contratto, della durata massima di un anno, non prorogabile (neppure quando il contratto in questione sia stato stipulato per un periodo inferiore a dodici mesi), privo della indicazione della causale prevista dall art. 1 D.lgs 368/2001. A questo proposito è necessario dar conto della circolare intepretativa del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, n. 18 del 18 luglio 2012, che ha precisato che tale regime semplificato è possibile sole ove si tratti di primo rapporto lavorativo tra le stesse parti, con esclusione, pertanto, di ogni altra ipotesi in cui tra le medesime parti sia stato in precedenza stipulato un contratto di lavoro subordinato, di qualsiasi tipo. Dopo la scadenza del contratto a termine acausale è possibile stipulare altri contratti a termine tra le stesse parti, ma con la necessaria indicazione della causale di cui all art. 1 del D.lgs 368/2001. La riforma ha, inoltre, ha aumentato il periodo di prosecuzione consentita (ossia, non sanzionata con la conversione) del rapporto di lavoro a termine successivamente alla scadenza, portando gli originari termini di 20 o 30 giorni (a seconda che la durata iniziale del contratto a termine fosse inferiore o superiore a 6 mesi) a 30 e 50 giorni. In tale ipotesi, tuttavia, è previsto l obbligo per il datore di lavoro di una comunicazione preventiva al Centro per l impiego. 13

14 Si rammenta che l art. 5, D.lgvo 368/2001, prevede (tale previsione è rimasta invariata) che nelle ipotesi di cd. prosecuzione consentita del rapporto oltre il termine di scadenza, il datore di lavoro è tenuto a corrispondere una retribuzione maggiorata (per ogni giorno di continuazione del rapporto) del 20 %, fino al decimo giorno e del 40 %, dall undicesimo giorno in poi. Il legislatore della riforma è, inoltre, intervenuto sull istituto della successione dei contratti a termine, allungando l intervallo di tempo necessario dalla scadenza di un contratto alla stipulazione del successivo (nel limite massimo, rimasto invariato, di 36 mesi) da 10 a 60 giorni (per i contratti a termine di durata inferiore a sei mesi) e da 20 a 90 giorni (per i contratti a termine di durata superiore a sei mesi). Le modifiche segnalate hanno efficacia per i soli contratti a termine stipulati sucessivamente all entrata in vigore della Legge Fornero (18 luglio 2012). La legge in commento ha anche modificato i termini di impugnazione dei contratti a termine introdotti dal Collegato lavoro, da un lato aumentando il termine per impugnare il contratto (portato da 60 a 120 giorni dalla scadenza del contratto), dall altro riducendo da 270 a 180 giorni il termine per la proposizione dell azione giudiziaria. L entrata in vigore di tale ultima previsione è posticipata al 1 gennaio Sempre a decorrere dal 1 gennaio 2013 sono previste agevolazioni contributive per i datori di lavoro che assumono con contratto a tempo determinato o in somministrazione lavoratori di età non inferiore ai 50 anni, disoccupati da oltre 12 mesi. Il legislatore per incentivarne l assunzione ha previsto una contribuzione ridotta del 50 %, per una durata massima di 12 mesi, estensibile a 18 mesi in caso di trasformazione del rapporto a tempo indeterminato. Qualora l assunzione avvenga da subito a tempo indeterminato, la riduzione del 50% per diciotto mesi decorre dalla data di assunzione. La riduzione del 50 % dei contributi spetta anche in caso di assunzione di donne di qualsiasi età, prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi, residenti in regioni ammissibili ai finanziamenti nell ambito dei fondi strutturali dell Unione europea, ovvero in favore di donne di qualsiasi età, prive di impiego regolarmente retribuito da almeno 24 mesi, ovunque residenti. Il legislatore della riforma ha, tuttavia, precisato che gli incentivi non spettano se l assunzione costituisce attuazione di un obbligo preesistente (art. 4, comma 12). Restando in tema di contribuzione, aumentano i contributi dell 1,4 % per finanziare l Aspi, la nuova misura di sostegno del reddito introdotta dal legislatore della riforma. Da ultimo, il comma 13 dell art. 4 della legge in commento contiene una disposizione interpretativa dell art. 32, comma 5, della L. 183/2010, precisando che l indennità omnicomprensiva, compresa 14

15 fra un minimo di 2,5 mensilità ad un massimo di 12 mensilità dell ultima retribuzione globale di fatto, prevista dalla citata norma quale indennità risarcitoria che si accompagna alla conversione del contratto a termine illegittimo, ristora per intero il pregiudizio subito dal lavoratore per il periodo dalla scadenza del contratto a termine alla sentenza che ne ha dichiarato l illegittimità. 15

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