I Macchiaioli. scorso. Quasi cento opere dei maggiori esponenti

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1 n giugno 2000 Tutti i diritti sono riservati Fondazione Internazionale Menarini - è vietata la riproduzione anche parziale dei testi e delle fotografie Direttore Responsabile Lucia Aleotti - Redazione, corrispondenza: «Minuti» Via Sette Santi n Firenze - I Macchiaioli Dopo la piccola ma pregevole rassegna dedicata ai capolavori della Galleria Puskin di Mosca, il Museo del Corso di Roma ospita dal 16 maggio al 24 settembre I Macchiaioli. Origine e affermazione della macchia, una nuova iniziativa destinata a sicuro successo, per almeno due ragioni: da un lato affronta infatti un capitolo della pittura italiana dell Ottocento di grande richiamo per il pubblico, mentre dall altro mette in risalto - in una prospettiva inusuale - il periodo in cui la poetica della macchia andava delineandosi nel quieto panorama pittorico toscano alla metà del secolo scorso. Quasi cento opere dei maggiori esponenti di questo movimento, che portò una ventata rivoluzionaria spazzando via il romanticismo storico - come veniva definita la pittura di soggetto storico, che intorno al 1850 rappresentava l aspetto più innovativo in un ambiente dominato dalla cultura accademica - ripercorrono le tappe più significative di un fenomeno studiato in maniera approfondita più nella sua stagione più matura, che nel momento in cui iniziò a costituirsi. È da leggersi in questo senso la scelta, per aprire il percorso della mostra, del Ritrovamento del cadavere di Lorenzino de Medici (la congiura) dipinto da Cristiano Banti nel 1855, in cui un episodio della Firenze rinascimentale fornisce l occasione per uno studio sui rapporti tra luci ed ombre, condotto in piena armonia con la definizione che Telemaco Signorini diede della pittura di macchia alle sue prime prove: «macchia violenta di chiaroscuro, e non altro». In occasione dell Esposizione Universale di Parigi nel 1855, la scoperta della Scuola di Barbizon - che si dedicava alla pittura di paesaggio seguendo la via tracciata da Camille Corot - da parte degli artisti che vi si recarono, trovava terreno fertile in terra toscana: l interesse per la pittura dal vero accomunava già negli anni Telemaco Signorini, Odoardo Borrani e il veronese Vincenzo Cabianca; lo dimostrano i taccuini di Cabianca, in cui figurano anche studi per mano di Signorini e Borrani - per lo più schizzi di monumenti fiorentini e di scorci della campagna. Le animate discussioni tra gli artisti che frequentavano il Caffè Michelangelo suscitavano un eco non benevola negli ambienti intellettuali fiorentini, dai quali venne (e non certo in senso elogiativo) il termine di macchiaioli, per definire l intensità dei contrasti chiaroscurali che caratterizzava le opere di questo gruppo di pittori, fervido di idee originali e in aperto contrasto con l ortodossia accademica. Figlio di Giovanni, pittore di vedute della corte lorenese, Signorini dichiarava di essere stato quasi costretto a seguire le orme del padre, considerando sua vera vocazione quella della letteratura: in realtà, il padre fu anche suo maestro, e ciò gli permise di non frequentare l Accademia, fatto questo che considerò sempre come un vanto. Il giovane Signorini fu tra i più vivaci sostenitori della sperimentazione formale e tecnica, che si avvaleva di una attenta indagine sugli effetti chiaroscurali; questi studi trovavano espressione nelle opere realizzate durante il 1856, in occasione dei viaggi che Signorini effettuò a Venezia e alle Cinque Terre, luoghi nei quali il riflettersi della luce sulle acque calme della laguna da un lato, e il rifrangente pulviscolo marino sollevato dall onda sulle scogliere dall altro, producevano effetti che l occhio attento dell artista non si lasciava sfuggire. In questi anni, Signorini assunse la funzione di teorico del movimento, pubblicando scritti di grande acume critico, mentre la sua produzione pittorica si faceva meno intensa, i T. Signorini - L inverno, Coll. privata

2 pag. 2 dipinti subivano lunghe elaborazioni e apparivano pervasi da un clima più pacato e meditativo; vi si avverte forse un eco della vicinanza di Silvestro Lega, insieme al quale Signorini si recava a dipingere nella campagna fiorentina, sull appennino e a Castiglioncello. L intensità di contrasti chiaroscurali che caratterizza la pittura di Signorini alla fine degli anni Cinquanta è evidente nella tela L inverno, dove la gelida luce di una giornata serena fa risplendere il cielo e i chiari tronchi dei castagni spogli, in netta contrapposizione con le parti della scena rimaste in ombra, che appaiono ancora più cupe. La guerra, scoppiata nel 1859, vedeva la fine del Granducato di Toscana e l inizio di una partecipazione attiva alle campagne del Risorgimento da parte di numerosi tra i macchiaioli: Signorini, Borrani e Cabianca partirono volontari nel 1859, Abbati fu con Garibaldi nel 1860 e Sernesi, ferito e catturato in battaglia nel 1866, morì a Bolzano prigioniero degli Austriaci a soli ventisette anni. Il concorso bandito alla fine del 1859 su impulso di Bettino Ricasoli, e riservato ad opere artistiche che si collegassero con vicende del Risorgimento, dette origine ad un filone nel quale si cimentarono un po tutti, da Lega a Signorini e in particolare Fattori - risultato vincitore del concorso - che al di là dell occasione contingente, trarrà G. Fattori - Acquaiole livornesi, Coll. privata ispirazione per tutto il resto del suo percorso artistico dai temi e soggetti di ambiente militare, destinati a divenire l aspetto più noto della sua produzione. Accanto a dipinti e bozzetti con scene di eventi bellici, la rassegna romana presenta una serie di opere di Fattori dei primi anni Sessanta ispirate alla vita campestre, che contrastano nettamente con la concitazione delle battaglie, e sono immerse in un atmosfera di equilibrio e serenità; così Le acquaiole livornesi, che attraversano la campagna al declinare di una giornata estiva con l incedere quieto ed elegante di figure senza tempo, appartengono ad una dimensione domestica e insieme di composta classicità, nella quale la limpida luce mediterranea appare protagonista assoluta. Nel 1860 giungeva a Firenze Giuseppe Abbati, di origine napoletana ma formatosi a Venezia, che si impadronì rapidamente della tecnica e delle istanze profonde della pittura di macchia, contribuendo con Sernesi al passaggio della macchia da valore puramente chiaroscurale a valore tonale. Questa evoluzione - che portava una più profonda riflessione sull influenza della dialettica tra luce ed ombra nei confronti dei toni di colore - è già intuibile nel Pascolo a S. Marcello, che Sernesi dipinse sulla montagna pistoiese nel 1861, una meditata analisi degli effetti di luce sui toni e sulle forme in cui il cielo velato da nubi leggere occupa oltre metà della scena. Accomunato a Sernesi dalla scomparsa in giovane età (a poco più di trenta anni), Abbati ha lasciato alcuni tra gli esempi più straordinari di modernità di tutta la pittura macchiaiola, in particolare una serie di piccole tavole nelle quali la ricerca formale della pittura di macchia appare pienamente risolta in una nitida armonia di volumi e colori, immersi in una luce perlacea ed immota, in virtù della quale il momento contingente viene sublimato ad assoluto. Un esempio di questa capacità di sintesi ed astrazione allo stesso tempo, è rappresentato dalla Marina a Castiglioncello, dipinta nel 1863 quando il pittore

3 pag. 3 si trovava ospite di Diego Martelli: l andamento orizzontale della tela è scandito da un contrappunto raffinatissimo di lunghe strie e diagonali, in cui l acqua ferma e limpida in primo piano si alterna a una lingua di terra che la divide dal mare, separato a sua volta dal cielo dall allungarsi del basso promontorio fino quasi a chiudere il golfo. Teorico e critico militante, Diego Martelli già nel 1865, nel primo articolo in cui il affrontava il tema dell arte, dichiarava risolutamente: «per principio noi aborriamo da quell arte fantastica che si toglie dal mondo per rappresentarci un incognito ideale, e domandiamo invece che nell essere che ci vien presentato predominino queste tre cose: verità, carattere e sentimento». Martelli, a cui si deve tra l altro il merito di aver fatto conoscere in Italia la cultura figurativa dell Impressionismo, rappresentò per il movimento macchiaiolo un punto di riferimento non solo intellettuale ma anche concreto, accogliendo per lunghi periodi nella sua villa Fattori, Sernesi, Abbati e Borrani, consapevole fino dall inizio di svolgere il ruolo di elemento catalizzatore per gli ospiti della sua casa, e divenendo una sorta di regista di quei pittori, uniti da una comune spinta verso la sperimentazione di un linguaggio libero dalle pastoie della tradizione accademica. Del clima che si respirava nell ambiente, Giovanni Fattori rese più tardi una vivace testimonianza: «Diego per sentimento di artista entusiasta di tutto quello che accennava a progresso fu con noi, e di noi più giovine, ricco, libero senza pregiudizi punto pedante ci accolse con entusiasmo nella sua tenuta [...] e fu una vera Boem allegri ben pasciuti senza pensieri ci gettammo nell arte a tutt uomo e ci si innamorò di quella bella natura delle grandi linee seria e classica». Negli anni Sessanta, in concomitanza con la nascita del regno d Italia, si cercava di dar vita a un linguaggio pittorico a carattere nazionale, e di questa istanza erano ben consapevoli gli artisti toscani, sia quelli che frequentavano la casa di Diego Martelli, sia quelli che facevano R. Sernesi - Pascolo a S. Marcello, Ministero della Pubblica Istruzione, Roma parte della cosiddetta Scuola di Piagentina, dal nome di una località alle porte di Firenze, in cui si riunivano a partire dal 1862 Lega, Sernesi, Signorini, Borrani e Abbati. Lega, in particolare, non vi trovava solo una scenografia naturale ricca di elementi di ispirazione, ma anche una condizione ideale per il proprio lavoro, trascorrendo giorni sereni presso la famiglia Batelli, anche grazie alla presenza della figlia maggiore, Virginia, con la quale instaurava un legame affettivo. I suoi dipinti di questi anni evocano un mondo fatto di consuetudini domestiche, in un armonia esistenziale di cui è partecipe la figura umana, immersa nella natura che la circonda, senza turbarla ma divenendo anzi parte integrante di

4 pag. 4 essa; una natura dai toni pacati, civile, quale era la campagna fiorentina appena fuori le mura, prima che l abbattimento di queste cancellasse la cesura fra il tessuto urbano e la zona ricca di orti, giardini e campi coltivati che circondava la città. Nella ricerca di spunti paesaggistici e di scene di vita rurale che conduceva insieme a Telemaco Signorini - trasferitosi anch egli a Piagentina - Lega andava scoprendo la propria consonanza spirituale con questi soggetti. Ne Il bindolo (un sistema di irrigazione azionato da un mulo o da un asino), tutti i particolari dell ambiente, per quanto minimi e insignificanti possano apparire, sono precisati con una cura amorevole dei dettagli, che se da un lato nasce dalla accuratezza del disegno derivante dai trascorsi in ambito purista, dall altro ha origine nella partecipazione di Lega a quella predilezione per i soggetti tratti dalla vita quotidiana che caratterizzò i pittori di Piagentina, e che gli attirò da parte di un critico del suo tempo l epiteto sarcastico di «benemerito illustratore di orti». Era stato Telemaco Signorini a coniare il nome Scuola libera di Piagentina e a definire i principi ispiratori di un tipo di pittura che «fra i cavoli dell orto e le rive dell Arno, tornava come istintivamente alle tradizioni quattrocentesche colla ingenua osservazione di una natura modesta e prosaica». Appartiene a questo clima Una mattina sull Arno, che Signorini dipinse nel 1868, dove il senso atmosferico dell ora e della stagione che permea la silente serenità della scena va ben oltre l intento di analizzare la realtà e la tecnica pittorica nelle sue potenzialità espressive, rimandando nella rigorosa costruzione prospettica alla sintassi pittorica del Rinascimento fiorentino. Signorini mantenne per tutta la vita la consapevolezza di quanto gli anni di Piagentina avessero rappresentato un particolare momento di grazia per la sua arte e per la pittura del tempo, se ancora nel 1896 ricordava con nostalgia: «quanto furono piene di passione, di entusiasmo, di attività febbrile quelle belle giornate passate da lui [Lega] in quella sua campagna e in quel piccolo e studioso cenacolo di amici». L arrivo a Firenze di Boldini nel 1865 e di De Nittis nel 1867, l uno G.Abbati - Marina a Castiglioncello, Coll. privata proveniente da Ferrara e l altro dalla Puglia, fornì agli artisti fiorentini la possibilità di confrontarsi con esperienze diverse, che avevano il sapore della novità; per Signorini queste presenze saranno di importanza decisiva per la sua evoluzione stilistica a partire dagli anni Settanta, soprattutto il rapporto con De Nittis, con il quale l artista fiorentino rimase in contatto anche dopo che questi si fu trasferito a Parigi. Nel 1867, l uscita del Gazzettino delle Arti del Disegno, giornale di cui Signorini era ideatore, editore e direttore, portò Firenze ad assumere il ruolo di centro di rinnovamento nell impostazione del naturalismo pittorico, rappresentando una fucina nella quale alcuni artisti tentavano di proporre soluzioni nuove. Il contributo di Signorini al Gazzettino fu determinante: durante l unico anno di vita della rivista, tracciò in venticinque articoli un panorama dettagliato del

5 pag. 5 movimento macchiaiolo e individuò i precedenti naturalistici della pittura di paesaggio, riconoscendola come quella più consona e rappresentativa del proprio tempo. La chiusura del Gazzettino coincise con la fine del periodo di maggior coesione del gruppo, che si andò disperdendo alla fine degli anni Sessanta per varie vicende, fra cui la morte di Abbati e Sernesi, mentre Martelli e altri affrontavano il rapporto e il confronto con la contemporanea pittura d oltralpe. Si chiudeva così una felice stagione creativa, ineguagliata nella pittura di tutto l Ottocento italiano, sia per il numero e la qualità degli artisti che vi presero parte, sia per la capacità, ancora oggi, di parlare al cuore con un incanto che mantiene intatto tutto il suo fascino, come liricamente espresso dal curatore della mostra romana nella chiusa del saggio introduttivo: «Ora che quel mondo è del tutto scomparso, assieme alla civiltà contadina che lo animava, possiamo riviverlo attraverso le loro opere, le tele di maggior prestigio e le piccole, commoventi tavolette, dipinte con grande misura, quasi con povertà di materia, spesso lasciando trasparire l umile supporto di legno con le sue venature. Così come, nei dipinti di Lega e dei suoi amici di Piagentina, possiamo ancora cogliere il profumo della vita di una borghesia colta e morigerata, dedita alla musica, alla lettura e al dolce piacere delle visite e della conversazione in villa». donata brugioni T. Signorini - Una mattina sull Arno, Coll. privata G. Fattori - La signora Martelli a Castiglioncello, Museo Civico G. Fattori, Livorno S. Lega - Il bindolo, Ministero della Pubblica Istruzione, Roma