PPCC PIANO DI PROTEZIONE CIVILE COMUNALE

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1 COMUNE DI ZAFFERANA ETNEA (Provincia di Catania) Settore II- Urbanistica e Territorio PPCC PIANO DI PROTEZIONE CIVILE COMUNALE PIANO SPEDITIVO - RISCHIO SISMICO - PROGETTAZIONE: Dott. Ing. Ennio COSTANZO Dirigente Del II Settore Dott. Urb. Angelo LEOTTA Capo Servizio 5 RESPONSABILE DEL PROGETTO E DELL UFFICIO DI PROTEZIONE CIVILE: Capo Servizio 7 Dott. Alfio Carmelo Scuderi COLLABORATORI: Sig. Cirino A. Puglisi Sig.ra Carmela Pappalardo ASS.RE ALLA PROTEZIONE CIVILE (Avv. Sebastiano Leonardi) IL SINDACO (Dott. Alfio Vincenzo Russo) Comune di Zafferana Etnea Via Garibaldi n.317 Tel. 095/ Fax. 095/ sindaco@comunezafferanaetnea.it- uffici@comunezafferanaetnea.it DATA AGGIORNAMENTO-GENNAIO

2 PREMESSA La collocazione dell Etna in corrispondenza del limite di convergenza delle due placche africana ed euroasiatica ma anche al centro di diversi trend strutturali a livello regionale, determina una sismicità legata sia al comportamento tettonico del complesso etneo ed ai suoi sistemi di faglie (sismicità locale), sia all attività sismica a carattere regionale legata alla zone sismogenetiche dell Altopiano Ibleo a Sud e dell Arco Calabro-Peloritano a Nord. Tuttavia la elevata eterogeneità della crosta della zona etnea non permette l accumulo di stress elevati e/o la propagazione di estese superfici di rottura. Tale incapacità di accumulare (e conseguentemente rilasciare) grandi quantità di energia sembra confermata dai bassi valori di magnitudo riscontrabili negli eventi etnei. La sismicità regionale è legata a sforzi tettonici profondi (stress crostali) con effetti avvertibili sul vulcano con maggior intensità sul suo versante ionico. Le caratteristiche più importanti di questi terremoti sono: la vastità dell area interessata, le elevate energie sviluppate, le profondità focali ubicate nella crosta (circa km), le intensità massime raggiunte (X - XI grado della scala MSK), la bassa frequenza di accadimento con periodi di ritorno nell ordine delle centinaia di anni. Quest ultima caratteristica causa una graduale perdita di coscienza e consapevolezza delle popolazioni interessate in ordine al grado di pericolosità sismica della regione, portando il livello di coscienza del rischio a stadi ingiustificatamente bassi in rapporto al rischio reale della zona. La sismicità locale, invece, è caratterizzata da una frequente e intensa attività, con epicentri superficiali e di piccola estensione areale che implicano una esaltazione degli effetti su aree mesosismiche estremamente limitate, talvolta con conseguenze disastrose, anche nei casi in cui l energia liberata dal terremoto risulta nel complesso abbastanza contenuta. Le intensità registrate sono, perciò, di gran lunga inferiori ai sismi di origine regionale (la massima magnitudo osservata negli ultimi quindici anni è stata 4.5), ma di contro si osservano periodi di ritorno decisamente più brevi rispetto a quegli ultimi. Tale tipo di sismicità è da correlare sia all attività vulcanica (terremoti e tremori che si manifestano con una serie di onde sismiche generate da fluttuazioni di pressione dovute ai rapidi movimenti del sistema gas-fluidi che costituisce il magma presente nei condotti del vulcano o da improvvise esplosioni, rilevabili soprattutto nelle zone più prossime ai crateri), sia ai movimenti relativi delle numerose strutture tettoniche attive che attraversano l edificio vulcanico etneo e il sottostante substrato sedimentario. In riferimento a queste ultime, si possono distinguere due differenti tipologie sismiche : 2

3 - sismicità relativamente profonda, connessa con strutture tettoniche del substrato sedimentario la cui profondità ipocentrale è nell ordine di alcuni chilometri ed intensità raggiunta in superficie, in genere, non molto elevata; - sismicità superficiale originata da sistemi di faglie superficiali che interessano strati di vulcaniti e caratterizzata da eventi che hanno bassa profondità focale (da qualche centinaio di metri a circa 2 Km), ma che sovente determinano una elevata intensità ipocentrale. Il territorio in esame, inoltre, dal punto di vista strutturale, si caratterizza per la presenza di sistemi di faglie con direzione prevalente NE-SW e NW-SE. Alcune di queste faglie risultano bene evidenti per la presenza di bruschi dislivelli del terreno (timpe) soprattutto nella fascia pedemontana laddove la copertura delle colate più recenti è poco estesa, mentre le stesse risultano difficilmente individuabili sugli alti versanti etnei, essendo qui la morfologia soggetta a frequenti variazioni a causa della continua attività vulcanica. Da un punto di vista sismico le faglie possono essere classificate distinguendo faglie sismogenetiche, faglie prive di evidenti manifestazioni di attività recente o storica, ma riconoscibili attraverso elementi morfologici, faglie ipotizzate in base a condizioni strutturali di carattere generale, come collegamento di evidenze morfologiche. In ogni caso, però, le faglie costituiscono elementi peggiorativi delle forze sismiche in quanto determinano o una canalizzazione dell energia sismica, mettendo a contatto terreni a comportamento fisico contrastante, o una zona di particolare fragilità per via dell intensa fratturazione della crosta. In definitiva, la sismicità dell area che costituisce il territorio del C.O.M. N. 26 di Zafferana Etnea va inquadrata, quindi, nel contesto geologico-strutturale del massiccio dell Etna e, pertanto, ai fini della sua analisi, vanno considerate tutte le informazioni recenti e storiche riguardanti i terremoti avvenuti nell area vulcanica. In particolare, si riporta il quadro riassuntivo degli eventi sismici più significativi che si sono succeduti nella zona a partire dall anno 1000 in poi distinguendo quelli a carattere regionale da quelli a carattere locale. Per quanto riguarda i primi sono stati considerati solo alcuni grandi terremoti che per la loro intensità e vastità sono stati meglio descritti e che hanno interessato da vicino l area in esame. 3

4 - Il terremoto di Catania del 1169 (XI MCS), con epicentro localizzato al largo della costa ionica (scarpata ibleo-maltese), che ha interessato tutta la fascia orientale dell isola, causando nella sola città di Catania tra i e i morti. - Il terremoto della Val di Noto del 1693, riconosciuto come l evento catastrofico di maggiori dimensioni che abbia colpito il territorio italiano in tempi storici: esso ha causato un numero complessivo di vittime e la distruzione totale di oltre 45 centri abitati. - Il terremoto dello Stretto di Messina del 1908, pur non avendo causato danni nell area etnea data la sua notevole distanza dall epicentro sismico, esso è stato un evento disastroso per l area dello Stretto, con la distruzione di intere città come Messina e Reggio Calabria, ed è stato risentito in tutto il versante orientale dell isola. - Il terremoto di S. Lucia del 1990 che pur essendo stato di energia moderata (magnitudo 5.5), ha provocato danni abbastanza elevati con decine di morti e diverse migliaia di senza tetto sopratutto nella zona di Augusta e Lentini. Tali effetti sono da attribuirsi a scarsa qualità costruttiva degli edifici e/o ad effetti di amplificazione locale del moto del suolo, piuttosto che all energia liberata al fuoco del terremoto. Nell ambito dei terremoti locali meritano di essere mensionati : - Il terremoto di Fondo Macchia del 1911 (X MCS), con epicentro localizzato nel triangolo formato tra gli abitati di S. Venerina, Giarre e S. Alfio. - Il terremoto del 1952 (8 MCS), che ha interessato l area di S. Venerina e Giarre. - Il terremoto del 1984 (8 MCS, magnitudo 4), che ha coinvolto il territorio di Zafferana e centri limitrofi, danneggiando parecchi edifici pubblici e privati. - Gli eventi sismici degli ultimi anni, che pur non raggiungendo livelli di intensità tali da provocare danni a persone o cose, hanno allertato ripetutamente la struttura di protezione civile e destato apprensione nelle popolazioni residenti. Catalogo sismico Come sopra accennato, l area etnea è caratterizzata da una elevata frequenza di terremoti, spesso in forma di sequenze sismiche (negli anni recenti le più significative sono quelle del 1984, 1986 e 2002), che si verificano generalmente in concomitanza dell attività eruttiva. Tali caratteri non sono adeguatamente tenuti in conto dal catalogo sismico nazionale (Gruppo di Lavoro CPTI, 2004) che adotta finestre spazio-temporali che eliminano tutti gli eventi avvenuti nel raggio di ± 30 km e in un intervallo di tempo di ± 90 giorni da una scossa definita principale. In pratica, molti terremoti etnei vengono persi dal catalogo CPTI. Per questa ragione è stato com- 4

5 pilato un catalogo specifico per l area etnea che, adottando soglie energetiche più basse, include tutte le scosse minori, offrendo così un quadro completo ed omogeneo della sismicità locale negli ultimi 170 anni. Il catalogo, nella versione aggiornata dal 1832 al 2008 (Azzaro et al., 2000, 2002, 2006, 2009), riporta 1790 terremoti distinti in eventi principali e repliche, dei quali 200 al di sopra della soglia del danno. Per tutti gli eventi è disponibile la base dati di intensità espressa secondo EMS-98 (Grünthal, 1998); complessivamente l archivio macrosismico contiene 8584 osservazioni al sito. Ogni terremoto è riportato con i seguenti parametri: localizzazione ed intensità epicentrale, magnitudo macrosismica, classe di qualità del dato macrosismico e, ove possibile, struttura sismogenetica cui è associato. Dagli anni 70 in poi sono disponibili anche i valori di magnitudo e profondità ipocentrale ricavati dalle reti strumentali. È a partire da questo catalogo che è possibile analizzare in dettaglio caratteristiche e distribuzione delle sorgenti sismiche presenti sul vulcano, caratterizzare lo stile di rilascio sismico delle faglie attive che attraversano le aree urbanizzate, approfondire le relazioni tra attività sismica e processi geodinamici locali. I terremoti principali Vengono qui brevemente richiamati i terremoti che hanno distrutto o danneggiato gravemente (intensità I o VIII EMS-98) il territorio del versante orientale dell Etna. Anche se non strettamente pertinenti agli studi di microzonazione sismica, i grandi eventi tettonici che hanno interessato la Sicilia orientale nell ultimo millennio meritano un cenno, dato che i valori di pericolosità dell area in esame sono da essi dipendenti. 4 FEBBRAIO Il terremoto colpì l intera Sicilia orientale e parte della Calabria meridionale causando grandi devastazioni. Catania fu distrutta, Siracusa ed altre località della provincia ebbero danni gravissimi; anche le località del versante orientale dell Etna ebbero probabilmente la stessa sorte, sebbene non esplicitamente riportate dalle fonti storiche. I danni si estesero da Reggio Calabria a Piazza Armerina. Sono segnalati sconvolgimenti del suolo in un area molto vasta; uno tsunami interessò la costa tra il fiume Simeto e Messina. Il numero delle vittime sembra essere stato circa GENNAIO In due riprese il terremoto colpì un territorio vastissimo della Sicilia. Gli effetti furono catastrofici in circa 40 località della Val di Noto; lo scenario di danno determinato dai due eventi sismici fu enorme, tale da rappresentare la più grande catastrofe nella storia sismica italiana. 5

6 Catania fu totalmente distrutta, così come la maggior parte delle località del versante orientale dell Etna e degli Iblei; Siracusa, Ragusa e Caltagirone ebbero gravissimi danni. Danni rilevanti vi furono anche nel messinese; meno gravi a Palermo, in Calabria meridionale ed a Malta. Si osservarono forti sconvolgimenti del suolo in tutta la Sicilia Sud-orientale ed effetti di maremoto lungo la costa tra Messina a Siracusa. Complessivamente le vittime del terremoto furono circa DICEMBRE Il terremoto ebbe epicentro nello Stretto di Messina, causò la distruzione totale di Reggio Calabria e devastazioni gravissime a Messina e località limitrofe. Crolli e danni molto gravi si verificarono anche nei centri peloritani e sui versanti settentrionale ed orientale dell Etna, mentre furono più leggeri negli Iblei ed in Sicilia centrale. Variazioni della linea di costa furono osservate nell area dello stretto ed alte onde di maremoto si abbatterono sulla costa tra Messina e Taormina, provocando ulteriori distruzioni. Le vittime furono circa Per quanto riguarda la sismicità locale, la Figura 6 riporta gli epicentri dei terremoti che hanno provocato danni gravi e/o distruzioni nel versante orientale dell Etna, in particolare nei territori comunali interessati dagli studi di microzonazione sismica ex O.P.C.M. 3278/2003. Lungo la fascia costiera tra Acireale e Giarre sono localizzati gli eventi sismici del 1865, 1911, 1914 e 1971, che hanno provocato distruzioni di piccoli centri e borgate rurali. Il settore più interno, compreso tra Fleri, Zafferana e SantaVenerina è stata l area sorgente dei terremoti del 1879, 1894, 1984 e 2002, che hanno interessato nonsolo le Frazioni ma anche le località comunali. A più alta quota, la zona del polo turistico di Etna Nord (Linguaglossa) è soggetta anch essa a forti scosse come nel 1985 e Un interpretazione differente ha il terremoto del 1818 che, come sopra accennato, rappresenta un evento anomalo nel contesto dei terremoti etnei. Di seguito vengono descritti solo gli eventi che hanno colpito, con intensità epicentrale I o VIII EMS-98, i comuni oggetto di studio. 6

7 Comune di Zafferana Etnea 8 AGOSTO OTTOBRE Due violenti terremoti colpirono un area ristretta del medio versante orientale dell Etna, causando devastazioni nelle borgate a sud di Zafferana Etnea. Le vittime, nel primo caso, furono circa 15. Danni minori si ebbero anche a Fiandaca, Linera e Passopomo. Le scosse furono avvertite in tutto il versante orientale del vulcano. I danni più gravi si ebbero a Fleri, Pisano, Scacchieri e Mazzasette. Numerosi anche i crolli di muri a secco che ostruirono la viabilità. 7

8 Vulcanostratigrafia ed evoluzione dell Etna L edificio etneo attuale è il risultato della crescita nel tempo di diversi apparati vulcanici, i cui resti sono ancora oggi riconoscibili lungo il basso versante orientale. L evoluzione dell Etna, iniziata a partire dal Pleistocene medio è stata riferita ad una prima fase di euzioni sottomarine, cui è succeduta una prolungata evoluzione in ambiente sub - aereo. I prodotti sottomarini, di composizione sub - alkalina, affiorano nei settori sud - orientali, lungo la costa tra Aci Trezza e Aci Castello e sono stati assegnati alle cosiddette lave alcaline di base (Gillot et al. 1994) o Tholeiiti basali (Branca et al., 2007). Le lave basali includono anche orizzonti più recenti ( ka) di ambiente sub - aereo, oggi esposti lungo il versante sud - occidentale nell area di Adrano, connesse a fasi di emissione di tipo fissurale. A partire da circa 200 ka, l area etnea è stata sede di effusioni di lave alcaline, la cui emissione è associata alla crescita di distinti strato - vulcani distribuiti in tutta l area (Gillot et al. 1994). Recenti ricostruzioni ipotizzano la crescita di un vulcano a scudo primordiale, di età compresa tra i 220 ka ed i 121 ka, i cui resti sarebbero oggi riconoscibili nella Timpa di Acireale e nella Timpa di Moscarello. Resti di ulteriori edifici sono riconoscibili anche nell area della Valle del Bove. La fase finale dell evoluzione del vulcanismo etneo, a partire almeno da 40 ka, è caratterizzata dalla crescita dell attuale edificio la cui evoluzione è consistita in due distinte fasi. Nella prima, si realizza l emissione d ingenti volumi di prodotti differenziati associata ad una attività fortemente esplosiva che, originando la crescita del Mongibello Antico (Gillot. et al., 1994) o Stratovulcano Ellittico, si conclude, intorno a circa 15 ka, con ripetute eruzioni di tipo pliniano, associate alla formazione di vaste caldere sommitali. La seconda fase è caratterizzata dalla crescita dell attuale edificio ( Mongibello Recente di Gillot et al., 1994 o Stratovulcano Mongibello di Branca et al., 2004) all interno della caldera dell Ellittico, conseguenza di emissioni di lave meno differenziate connesse ad una attività prevalentemente effusiva, il cui acme si realizza negli ultimi 4 ka. Lineamenti tettonici dell Etna L edificio etneo è interessato da differenti elementi vulcano - tettonici attivi, distribuiti lungo una fascia arcuata che si estende dai crateri sommitali a tutto il settore centro - orientale del vulcano. L arco di strutture attive è costituito da sistemi di fessure eruttive che dalle aree sommitali si estendono sia verso il versante settentrionale, con direzione NE-SW (Rift di NE di Kieffer, 1975), che quello meridionale, con direzione da N-S a NNE-SSW (Rift S di Kieffer, 1975). I sistemi di fessure eruttive nel versante settentrionale terminano lungo una faglia trascorrente sinistra, la Faglia della Pernicana (Monaco et al., 1997 Azzaro et al., 2000), che si estende per circa 20 km, in direzione E-W. Il sistema di fessure del versante meridionale termina lungo una zona di taglio destra, lungo la quale si distribuiscono segmenti orientati NW-SE (Monaco et al., 1997), tra i quali si riconoscono la Faglia di Tremestieri e la Faglia di Trecastagni (Azzaro et al., 2000). 8

9 Dal punto di vista della cinematica del vulcano, le strutture trascorrenti rappresenterebbero delle zone di trasferimento che accomodano l intera estensione misurata nelle porzioni sommitali del vulcano. La connessione cinematica tra le strutture è stata dimostrata nel corso degli eventi eruttivi del , durante i quali l intero sistema è stato attivato in fasi successive, fatta eccezione per le faglie del versante sud - orientale (Monaco et al., 2005). Il fianco orientale dell Etna è inoltre interessato dal fascio di faglie normali appartenenti al sistema del Rift Siculo - Calabro (Monaco & Tortorici, 2000). A questo sistema sono attribuibili i segmenti di faglia attivi descritti in Monaco et al. (1997), molti dei quali riconosciuti come potenziali sorgenti sismogenetiche anche da Azzaro et al. (2000). Tali segmenti attivi, verso sud, sono orientati NNW- SSE, essendo rappresentati dalla Faglia di Nizzeti, dal sistema di faglie Acireale Sant Alfio (Monaco, 1997), corrispondente alla Faglia di Moscarello di Azzaro et al. (2000), e dalla Faglia di S. Leonardello. Ulteriori segmenti secondari con indizi di movimenti recenti, quali la Faglia di Macchia e la Faglia di Pozzillo, sono riportati da Azzaro et al. (2000). Verso nord, il sistema è invece rappresentato dalla Faglia di Piedimonte, orientata NNE-SSW, che costituisce la terminazione meridionale del fascio di faglie che si sviluppa dalla zona dello Stretto di Messina (Monaco & Tortorici, 2000). Nell area del basso versante del vulcano è inoltre segnalata la presenza di strutture sismogenetiche orientate NW-SE (Faglia di Fiandaca e Faglia di S. Tecla; Figure 1 e 2) che, pur prive di evidenze morfologiche di superficie, sono caratterizzate dalla ricorrenza di fatturazioni in concomitanza di eventi sismici occorsi nell area. Deformazioni tettoniche e sollevamenti Il quadro deformativo della regione etnea è dominato da un fenomeno di sollevamento crostale a lungo periodo, con tassi stimati intorno ai mm/a (Di Stefano & Branca, 2002; Catalano et al., 2004), cui si devono aggiungere i contributi dei movimenti verticali episodici, connessi alle deformazioni cosismiche lungo le faglie attive. L entità dei sollevamenti dei settori rialzati dalle faglie è stata direttamente stimata sulla base di indagini geomorfologiche, condotte a corredo della revisione dei rilievi geologici, e valutata fino ad un massimo di 0.75 mm/a. Una stima approssimata della subsidenza cosismica dei settori ribassati, invece, può essere ottenuta facendo riferimento al rapporto u/d (entità dell uplift del letto/entità del downthrow del tetto), misurato lungo le faglie normali attive nell immediato off-shore catanese e stimato a circa 1/1.6 (Bianca et al. 1999). L applicazione di tale rapporto, permette di calcolare, a fronte della componente di sollevamento del letto di 0.75 mm/a, una componente di subsidenza del tetto pari a 1.1 mm/a, con un tasso di movimento verticale complessivo lungo le strutture (u + d) fino ad un massimo di circa 1.85 mm/a. 9

10 Tali stime sono in buon accordo con i tassi di movimento verticale desunti dall altezza delle scarpate cumulative misurate lungo le faglie attive nel versante orientale dell Etna da Monaco et al. (1997), riassunte nella tabella 2: In definitiva, possiamo concludere che gran parte della regione etnea ha subito un sollevamento con un tasso intorno ai 0.8 mm/a, con massimi fino a circa mm/a nei settori rialzati dalle faglie attive (Monaco et al., 2000; Catalano et al., 2004) e limitate zone in subsidenza, con un tasso negativo di circa 0.3 mm/a, nelle ristrette fasce costiere ribassate dalle strutture attive. Morfologia sub-vulcanica e controllo sulla distribuzione delle lave Nel lungo periodo, la predominanza del processo di sollevamento ha causato la progressiva emersione delle aree etnee, come testimoniato anche dall evoluzione del vulcanismo. I primi orizzonti vulcanici, affioranti nell area di Aci Castello e Aci Trezza e risalenti a circa 500 ka, sono stati emessi in ambiente sottomarino, andando a ricoprire gli originari fondi marini fangosi. I successivi prodotti eruttivi, a partire almeno da circa 300 ka, si sono invece evoluti in ambiente subaereo (Romano, 1982). I due stadi evolutivi dell attività etnea sono stati caratterizzati anche da una diversa modalità di distribuzione dei prodotti emessi. Le lave sottomarine, infatti, si sono distribuite su una morfologia piatta, andando a costituire orizzonti lenticolari, regolarmente intercalati nelle successioni argillose marine. Le lave sub - aeree si sono invece distribuite su una morfologia molto articolata che, nelle aree periferiche dell edificio, era costituita da dorsali, delimitate da superfici sommitali piane, dissecate da profonde incisioni vallive. La conoscenza delle modalità con cui la morfologia sub - vulcanica ha controllato la distribuzione e la geometria delle vulcaniti è uno strumento fondamentale di analisi, necessario per poter prevedere le possibili geometrie tridimensionali del sottosuolo, con particolare riferimento al contatto substrato sedimentario - lave, individuabile a profondità estremamente variabili, anche su distanze molto brevi (Figura 3). La localizzazione di questo contatto costituisce un obiettivo di primo ordine ai fini della zonazione sismica, in quanto caratterizzato dal massimo di contrasto di competenza tra le litologie. Nelle aree prossime ai centri di emissione, il grande volume di materiale vulcanico accumulato ha rapidamente fossilizzato la morfologia pre-esistente, rendendola di fatto ininfluente sulla distribuzione dei prodotti eruttivi successivi. Nelle aree periferiche del vulcano, dove le colate 10

11 laviche si sono distribuite con spessori limitati, i bassi morfologici hanno esercitato un controllo permanente, canalizzando le colate laviche, i depositi di flusso piroclastici e i depositi epiclastici di smantellamento degli edifici pre-esistenti. Al contrario, i depositi vulcanoclastici costituiti da ceneri e lapilli di caduta hanno ricoperto sia gli alti che i bassi morfologici, distribuendosi più uniformemente, su un vasto areale, con un estensione condizionata dall intensità degli agenti esterni che hanno esercitato il trasporto del materiale e con spessori progressivamente minori con l aumentare della distanza dal punto d emissione. Pertanto, nelle aree periferiche del vulcano, morfologie superficiali apparentemente monotone, possono nascondere in sottosuolo notevoli spessori di lave, in corrispondenza di paleovalli oggi completamente sepolte, cui si contrappongono le zone degli originari alti morfologici, dove la copertura lavica recente è estremamente sottile o addirittura assente. 11

12 Terremoto di progetto Da quanto espresso nei precedenti paragrafi, ai fini della elaborazione di uno scenario basato sul verificarsi dei più probabili eventi sismici attesi per l area in esame, bisogna distinguere tra eventi a carattere locale che sulla base delle considerazioni e statistiche riportate in precedenza lasciano prevedere un sisma di magnitudo 4/5, ed eventi derivati dalle strutture sismogenetiche a carattere regionale che generano terremoti di magnitudo anche 6/7, sebbene con ciclicità nell ordine delle centinaia e, talvolta, delle migliaia di anni. Il presente Piano Speditivo di Protezione Civile deve individuare qual'e' il livello di vulnerabilita' del territorio, prevedere la capacita' residua che ha il sistema comunale a svolgere le sue funzioni essenziali dopo aver subito una sollecitazione straordinaria, determinare schemi e modalita' di intervento. Scopo del presente Piano, da attuare in caso di calamita' naturali e catastrofi, e' quello di predisporre, previa una ricognizione del personale e dei mezzi disponibili all'interno del territorio, l'organizzazione e l'attuazione dei servizi di soccorso e degli interventi assistenziali, assegnando dei compiti da assolvere e preordinandone l'impiego. Ai fini del Piano suddetto, per calamita' naturali o catastrofi s'intende l'insorgere di situazioni che comportino grave danno o pericolo di grave danno alla incolumita' delle persone ed ai beni, e che, per la loro natura o estensione, debbano essere fronteggiate con interventi tecnici straordinari, intendendo quest'ultimi come quelli posti in essere dalle amministrazioni od enti in aggiunta alle normali attivita' d'istituto. Ritenendo, lo scrivente, che non sia possibile esaurire la casistica degli accadimenti che possono essere considerati, per la loro entita' e per le loro caratteristiche, calamita' naturali o catastrofi, il piano traccera' le linee per una ipotesi generale di intervento, mentre piu' specificatamente e con maggiore dettaglio, trattera' le singole ipotesi di calamita' o catastrofe che con piu' probabilita' si possono verificare nel nostro territorio, avuto riguardo sia alle esperienze passate che alle caratteristiche geo - morfologiche del territorio. Nell'elaborazione di detto Piano, non avendo il sottoscritto altri strumenti a disposizione e volendo fare un lavoro serio e scrupoloso, si sono tenute in considerazione le indicazioni tecniche relative allo studio geologico ed agricolo - forestale del redatto P.R.G. Detto strumento operativo, e' suddiviso, come da Circolare della Regione Siciliana del Ufficio Regionale di Protezione Civile, nelle seguenti fasi: 1. Conoscenza del territorio e della sua armatura territoriale; 2. Censimento delle risorse umane e materiali; 3. Analisi dei possibili eventi attesi; 4. Definizione degli scenari di crisi; 5. Studio della risposta del sistema all'evento; 6. Definizione delle procedure d'intervento. 12

13 Pertanto, in questo Piano Speditivo di emergenza per il rischio sismico, non verranno trattati gli altri tipi di rischio che interessano il Comune di Zafferrana Etnea e che sono inseriti nel Piano Comunale di Protezione Civile. Per tenere conto di quanto riportato nella L , n. 100 Disposizioni urgenti per il riordino della protezione civile, il presente Piano dovrà essere approvato dal Consiglio Comunale e sarà trasmesso alla Prefettura di Catania, al Dipartimento Regionale di Protezione Civile di Palermo, al Dipartimento Regionale di Protezione Civile Servizio per la Provincia di Catania di Sant Agata Li Battiati ed alla Provincia Regionale di Catania, al Comandante della Stazione Carabinieri di Zafferana Etnea. L Amministrazione, inoltre, provvederà alla sua divulgazione attraverso una fase di promozione che si esplica con una efficace attivita' culturale - informativa rivolta alla popolazione e atta a diffondere la cultura dell'autoprotezione. Rilevamento del danno sismico Come sempre succede nelle emergenze post - terremoto, anche durante l Emergenza Etna è stata condotta una campagna di rilievo del danno e valutazione dell agibilità post sismica delle costruzioni colpite. La tempestività nell effettuare le verifiche di agibilità, riscontrando il grado di danneggiamento e le eventuali compromissioni totali o parziali degli elementi strutturali degli immobili, ha una grande rilevanza nelle prime fasi dell emergenza perché consente di poter assicurare la pubblica e privata incolumità, garantendo un adeguata assistenza e sistemazione delle popolazioni colpite, riducendone il disagio, e facilitando il recupero delle normali condizioni di vita pre-evento. Tali obiettivi vengono perseguiti attraverso differenti fasi temporali, utilizzando una collaudata metodologia di rilevamento e di valutazione. Il MODELLO per la gestione tecnica ed il coordinamento della campagna di rilievo del danno e valutazione dell agibilità in tutti i territori colpiti da un eventuale sisma è quella curata dal DRPC attraverso il Centro di Coordinamento Regionale per le attività di censimento dei danni approntato nella sede di Sant Agata li Battiati. Il protrarsi della sequenza sismica, con periodici eventi di intensità maggiore, aventi anche epicentri diversi, ha provocato il susseguirsi di ondate di richieste di sopralluogo, talora anche per edifici già verificati, per il timore che le nuove scosse potessero aver danneggiato gli immobili. Sono stati effettuati complessivamente più di sopralluoghi per verifiche di agibilità nei quattordici Comuni colpiti e oltre edifici sono risultati inagibili per varie cause. Le aree nelle quali sono stati riscontrati i danni maggiori sono: la Frazione di Bongiardo del Comune di Santa Venerina, le Frazioni di Guardia e San Giovanni Bosco del Comune di Acireale e - a seguito della scossa del 2 dicembre - la Frazione di Macchia del Comune di Giarre. 13

14 In tali località l effetto del sisma si è manifestato con gravi collassi di elementi strutturali e non strut turali degli edifici, che hanno fatto venire meno le condizioni minime per l abitabilità delle unità abitative e/o produttive e con ricorrenti crolli di muri a secco posti ai lati delle strade urbane e delle strabelle interpoderali, che hanno compromesso, in alcuni casi, il transito dei mezzi. I sopralluoghi, condotti su richiesta dei cittadini, sono stati svolti con il supporto della Scheda di I livello di rilevamento danno, pronto intervento e agibilità per edifici ordinari nell emergenza postsismica, nella versione AeDES 05/2000. La scheda AeDES e il relativo Manuale di istruzioni (Manuale per la compilazione della scheda di 1 livello di rilevamento danno, pronto intervento e agibilità per edifici ordinari nell emergenza post-sismica - AeDES. Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della Protezione civile, Servizio Sismico Nazionale, Gruppo Nazionale per la Difesa dei Terremoti. Agosto 2002) sono stati redatti da un gruppo di lavoro misto DPC - GNDT - SSN che ha operato fin dai primi mesi del Una prima versione della scheda (09/97) è stata utilizzata per la schedatura dei danni agli edifici ordinari durante le emergenze post-sismiche nella regione Marche (mentre in Umbria si utilizzava un altra scheda) e nel Pollino. L esperienza condotta ha consentito di elaborare una seconda versione (05/98), ed infine la versione AeDES 05/2000 che è stata pubblicata nel 2000 ed utilizzata nel 2002 a seguito dei terremoti in Sicilia e in Molise. Di seguito si riporta la scheda tipo per il rilevamento del danno a seguito di evento sismico 14

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18 La scheda è finalizzata al rilevamento delle caratteristiche tipologiche, del danno e dell agibilità degli edifici ordinari. Va precisato che la verifica di agibilità post sismica, così come oggi viene intesa in ambito di Protezione Civile in fase di emergenza, non è una verifica di idoneità statica, né comporta calcoli ed approfondimenti di alcun tipo, ma è una verifica a carattere speditivo formulata sulla base di indicatori di vulnerabilità e danneggiamento direttamente acquisibili sul posto e finalizzata a distinguere in tempi brevi condizioni di manifesta inagibilità ovvero condizioni di palese ininfluenza dell evento sismico sullo stato dell immobile, potendo sempre il rilevatore chiedere una successiva ispezione di maggiore dettaglio. Infatti l agibilità viene così definita: La valutazione di agibilità in emergenza post-sismica è una valutazione temporanea e speditiva vale a dire formulata sulla base di un giudizio esperto e condotto in tempi limitati, in base alla semplice analisi visiva ed alla raccolta di informazioni facilmente accessibili volta a stabilire se, in presenza di una crisi sismica in atto, gli edifici colpiti dal terremoto possano essere utilizzati restando ragionevolmente protetta la vita umana. Anche se il giudizio finale sulla valutazione dell agibilità resta comunque di stretta pertinenza del rilevatore, la scheda costituisce un valido ausilio, per i seguenti motivi: mantiene traccia dell ispezione effettuata e del relativo esito; fornisce un percorso guidato che dagli elementi rilevati indirizza al giudizio di agibilità; uniforma i possibili esiti del giudizio di agibilità, riconducendo l edificio ad alcuni stati precedentemente identificati; favorisce tra i rilevatori un omogeneità di comportamento; cerca di stabilire un linguaggio comune nella descrizione del danno e della vulnerabilità; consente una migliore informatizzazione dei dati e, quindi, una maggiore efficienza nelle procedure; permette di effettuare una catalogazione del patrimonio edilizio; permette di effettuare una valutazione dei costi di riparazione e/o miglioramento sismico ed una prima allocazione delle risorse. 18

19 Nella Tabella 2 vengono riportati gli esiti di agibilità (A - Agibili; B - Temporaneamente inagibili ma agibili con provvedimenti; C - Parzialmente inagibili; D -Temporaneamente inagibili da rivedere; E - Inagibili; F - Inagibili per rischio esterno, come indicato nella Sezione 8 della scheda AeDES 05/2000, limitatamente ai nove Comuni interessati dalla Micronizzazione sismica (Aggiornamento Dicembre 2002) 19

20 Area oggetto di studio (MICROZONAZIONE) Gli Studi di Microzonazione sismica disposti ai sensi dell art. 1, comma 1, dell OPCM 3278 del , hanno interessato i Comuni di: Aci Catena, Acireale, Giarre, Linguaglossa, Milo, Piedimonte, Etneo, Sant Alfio, Santa Venerina e Zafferana Etnea (Figure 27 e 28), che ricadono nel territorio della Provincia di Catania, nel versante orientale dell apparato vulcanico Etneo. L area esaminata, estesa complessivamente per Kmq, confina a nord ovest con il Comune di Castiglione di Sicilia, ad est con i Comuni di Calatabiano, Fiumefreddo di Sicilia, Mascali e Riposto, a sud con i Comuni di Aci Castello e Valverde e ad ovest con i Comuni di Aci Sant Antonio, Viagrande, Trecastagni, estendendosi sino ai crateri sommitali dell Etna. La Tabella 3 e la Figura 29 riportano, rispettivamente, l elenco delle sezioni della Carta Tecnica Regionale in scala 1: della Regione Siciliana (Assessorato Regionale Territorio ed Ambiente, Dipartimento dell Urbanistica) nelle quali sono rappresentati i territori comunali oggetto di analisi, ed il relativo quadro d unione. Nella Figura 30 sono rappresentati il modello digitale delle quote dell area etnea ed i confini amministrativi comunali dei territori oggetto di questo studio. L area esaminata conta complessivamente residenti (dati ISTAT al 1 gennaio 2001); Aci Catena, Acireale e Giarre sono i Comuni che contano più di abitanti. 20

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22 Perimetrazione speditiva delle aree di fratturazione al suolo Il Dipartimento Regionale della Protezione Civile (DRPC), al fine di procedere alla perimetrazione speditiva delle aree in cui si erano riscontrati effetti di sito o zone di fagliazione superficiale, prevista dall art. 2 della DP del , ha affidato a tecnici esperti una serie di studi geologici morfologici di dettaglio, che hanno permesso di rilevare gli effetti lesivi al suolo e gli elementi deformativi a cominciare da quelli che si sono manifestati nelle aree urbanizzate (cfr. Capitolo 5). Tali studi e rilievi hanno contribuito a popolare un apposita banca dati che riporta, per ogni frattura, le caratteristiche geometriche e cinematiche oltre alla documentazione fotografica ed alle informazioni relative alla georeferenziazione sulla Carta Tecnica Regionale (scala 1:10.000). Il confronto tra questa banca dati e quella relativa agli esiti di agibilità di cui al par. 1.4, ha permesso di relazionare le fratture al suolo con i danni alle strutture edilizie ed ai manufatti. Questo censimento ha costituito l elemento basilare per la successiva perimetrazione delle zone fratturate, di cui è stata anche ricostruita l evoluzione in un periodo storico centennale, per la 22

23 programmazione degli studi di microzonazione sismica e per la redazione delle linee guida finalizzate alla ricostruzione nelle aree interessate. Finalità Il Comitato Tecnico - Scientifico - CTS (art. 1, comma 11, OPCM 3278/2003 e DPRS n. 583 del ), sin dalla prima seduta del 13 ottobre 2003, ha affrontato con urgenza le problematiche della riparazione e ricostruzione in zone geologicamente complesse e anche interessate da faglie, approfondendone prioritariamente l esame al fine di valutarne la pericolosità e di proporre i provvedimenti necessari. La ricostruzione nelle aree riconosciute dall amministrazione comunale inedificabili per ragioni di natura geologica, cioè per documentati effetti di sito e sulla base di evidenze di particolare danneggiamento, di accertate fagliazioni superficiali viene regolamentata, nelle more della microzonazione sismica, dall art. 2 della DP che consente la ricostruzione delocalizzata in altro sito, ovvero l acquisto di un alloggio sul libero mercato.. Lo stesso articolo dispone che per le aree in cui si sono riscontrati evidenti effetti di sito o zone di fagliazione superficiale, oggetto della perimetrazione speditiva a cui dovrà provvedere il DRPC, l edi ficazione e gli interventi relativi a immobili con danno grave resteranno sospesi fino alla conclusione degli studi di microzonazione e rimanda ad una successiva direttiva per la definizione delle modalità e dei termini per gli interventi di tale tipologia. Tale disposizione è stata in parte superata dall art. 12 della DP che dispone che le linee guida approvate dal CTS, nelle more di studi ed indirizzi più dettagliati, rivestono carattere vincolante relativamente agli interventi ricadenti nelle aree perimetrate di cui sopra, mentre per gli altri casi rivestono carattere di raccomandazione generale. 23

24 Caratteristiche della sismicità La regione etnea è esposta agli effetti di danneggiamento sia di terremoti tettonici regionali che di quelli vulcano-tettonici locali. I primi comprendono i forti eventi crostali, di magnitudo massima M 7.4, quali quelli del 1169 e 1693 localizzati nel settore sud-orientale ibleo, o quello del 1908 con epicentro nello Stretto di Messina (Gruppo di lavoro CPTI, 2004), solo per citare i principali (Figura 1). Queste scosse hanno prodotto grandi devastazioni nell area che comprende Catania e tutto il settore orientale dell Etna, mentre i versanti occidentale e settentrionale del vulcano sono stati relativamente meno danneggiati. Sebbene la frequenza di accadimento di questi terremoti sia bassa, essi influiscono molto nei calcoli di pericolosità sismica fatti a scala del territorio nazionale (Gruppo di lavoro MPS, 2004). D altro canto i terremoti etnei, anche se di basso livello energeticorispetto agli eventi regionali la magnitudo non supera il valore 4.9 possono causare danneggiamenti anche molto gravi e perfino distruzioni, con intensità epicentrali (I0) che raggiungono il X grado della Scala Macrosismica Europea 1998 (EMS-98, Grünthal, 1998). Fortunatamente, a causa delle piccole profondità ipocentrali delle sorgenti (H 3 km) e della forte attenuazione dell energia sismica in pochi chilometri di distanza dall epicentro (Azzaro et al., 2006a), gli effetti maggiori si concentrano in zone ristrette (2-5 km di lunghezza per 1-2 km di larghezza) localizzate a cavallo della faglia che ha generato il terremoto stesso (Azzaro, 2004). L unica eccezione nota è data dal terremoto del 1818, di magnitudo M = 6.2, che mostra i caratteri tipici degli eventi crostali regionali quali un area di danneggiamento/risentimento molto ampia, deformazioni permanenti lungo alcune zone di faglia, frane, fenomeni di liquefazione del suolo ed onde di maremoto (Boschi e Guidoboni, 2001). Tuttavia, è l elevata frequenza di accadimento degli eventi sismici locali, unitamente ai fenomeni geodinamici associati (vedi par. 4.3), che pone problematiche particolari nella valutazione del rischio a scala locale. In poco meno di 200 anni nella regione etnea si sono verificati ben 190 terremoti che hanno provocato danni, cioè in media quasi uno ogni anno, causando gravi danni (I 0 = VII-VIII EMS-98) ogni 15 anni e distruzioni (I 0 = IX- X EMS-98) con perdite di vite umane ogni 30 anni. 24

25 I terremoti più forti (I= VIII-X EMS-98) si verificano nel versante orientale, sfortunatamente il più densamente urbanizzato del vulcano, che è attraversato dal sistema di faglie delle Timpe (Figura 3). Si tratta di strutture tettoniche caratterizzate da meccanismi di rottura complessi e fortemente eterogenei dal punto di vista del comportamento sismotettonico. Una stessa faglia può avere infatti settori capaci di generare forti terremoti cioè con un certo potenziale sismogenico ed altri interessati solo da scorrimenti asismici in regime di creep; questi ultimi comportano comunque particolari problematiche di microzonazione sismica. In alcuni casi entrambi i meccanismi possono coesistere lungo uno stesso segmento di faglia. La Figura 3 mostra che i terremoti più energetici (magnitudo M 3.7), insieme ad una diffusa sismi cità di background, sono per lo più localizzati nel versante orientale dell Etna, ed in particolare nei comuni oggetto degli studi di microzonazione sismica ex O.P.C.M. 3278/2003. Tra questi, il settore che è più frequentemente soggetto agli effetti di danno provocati dai tipici terremoti superficiali è quello compreso tra Acireale, Zafferana e Giarre. Una sintesi dei terremoti di maggior rilievo è riportata più avanti. Meno frequenti, e generalmente di intensità moderata (I0 VII EMS-98), gli eventi che interessano il fianco meridionale del vulcano. Anche in questo caso i terremoti sono localizzati lungo le zone di faglia ben definite, che si sviluppano nella zona di Nicolosi ed a Sud di questa. 25

26 Una lista delle principali strutture sismologiche e dei relativi terremoti associati è di seguito riportata. 26

27 Evidenze di tettonica attiva: fagliazione cosismica e creep I terremoti etnei, se con ipocentri poco profondi e valori di magnitudo M 3.4, sono spesso accompagati da vistosi effetti di fagliazione superficiale, ovvero estesi campi di fratture al suolo provocati dal movimento cosismico cioè improvviso, veloce della faglia. Tale fenomenologia è ben documentata per l area etnea sin dalla metà dell 800 (Azzaro, 1999), e produce effetti permanenti sul terreno quali gradini morfologici, fenditure e depressioni, con spostamenti relativi delle parti dislocate anche significativi (in alcuni casi fino a 90 cm sulla componente verticale) e lunghezze complessive del campo di fratturazione sino a 6-7 km (Figura 4). 27

28 Comune di Zafferana Etnea Nel territorio in esame sono state riconosciute le seguenti zone di frattura: ZF DI FLERI. Si tratta di una zona di frattura che interessa le seguenti località: C.da Cavotta, San Giovannello, Fleri, fino a quasi Sciare Torrisi. E estesa per circa 1 km secondo una direzione circa N330 e ampia almeno m. Anche se bibliograficamente viene associata alla Faglia di Fiandaca (Azzaro,1999; Azzaro et al., 2000), non è detto che sia direttamente connessa a questa. I terremoti nei quali è stata rilevata una sua attivazione sono: 08/08/1894 (Boschi et al., 1995); 25/10/1984 (Patanè e Imposa, 1995). ZF DI PISANO MAZZASETTE. Si tratta di una zona di fratturazione che bibliograficamente viene associata alla struttura tettonica denominata Faglia di Fiandaca (Azzaro, 1999; Azzaro et al., 2000). A parte i dati che emergono dai rilevi subito successivi al terremoto del 1894, nessuna altra informazione di riattivazione è stata reperita per quanto concerne altri eventi sismici avvenuti nella zona successivamente. A questo terremoto sono state associate fratture al suolo con cinematica estensionale, che in località Mazzasette, orientate circa N-S, hanno prodotto anche a spostamenti orizzontali compresi tra 8 e 15 cm (Platania e Platania, 1894, Riccò, 1894, Boschi et al., 1995, Azzaro, 1999). ZF DI PASSOPOMO - ROCCA D API. Si identifica con il proseguimento della ZF DI SANTA TECLA SANTA MARIA AMMALATI - LINERA - PASSOPOMO, già descritta per i territori comunale di Acireale e Santa Venerina. I terremoti nei quali sono state rilevate fratture in questo territorio sono il terremoto del 08/05/1914, tra Linera, Passopomo e Rocca d Api (Platania, 1915); C.S. LLPP 1914; Sabatini, 1914), e il terremoto del 19/03/1952, nel quale è stata riconosciuta una zona di frattura tra Passopomo e Rocca d Api, sino all area del cimitero (Mancino, ). Elaborazione di uno scenario per il rischio sismico Il rischio sismico e' la valutazione delle perdite che possono verificarsi in una zona a causa di un terremoto. Dipende dalla possibilita' che si verifichi un terremoto (pericolosita'), dalla resistenza degli edifici che si trovano in quella zona (vulnerabilita') e dalla quantita' di persone che vi abitano (esposizione). 28

29 I dati storici riguardanti l'attivita' sismica nell'area etnea, testimoniano che questa e' interessata da due tipi di sismicita': quella regionale e quella locale, aventi caratteristiche genetiche, energetiche e di frequenza nel tempo alquanto diverse. La sismicita' regionale ha origine, principalmente nell'arco Calabro - Peloritano e nella Regione Iblea ed e' legata a sforzi tettonici profondi. In genere i terremoti regionali, generati nelle due aree tettonicamente attive sopra citate, hanno presentato effetti sismici avvertibili sia nel settore meridionale che in quello sud - orientale del vulcano. Le caratteristiche piu' importanti di questi terremoti sono: la vastita' dell'area interessata, le levate energie sviluppate, le profondita' focali ubicate nella crosta (circa Km.) e bassa frequenza di accadimento con periodi di ritorno nell'ordine delle centinaia di anni per le intensita' massime (X - XI grado della scala MSK). Nell'ambito della sismicita' regionale sono da ricordare due scosse sismiche che hanno, in particolare, interessato il territorio di Sant'Alfio: esse sono avvenute il 13 e 14 maggio 1914, ambedue non hanno superato il V grado (MSK) di intensita'. La sismicita' locale e' caratterizzata da una frequente ed intensa attivita', con epicentri superficiali e di piccola estensione areale. Le intensita' registrate sono di gran lunga inferiori ai sismi di origine regionale, ma di contro si osservano periodi di ritorno decisamente piu' brevi rispetto a quegli ultimi. Tale tipo di sismicita' e' da correlare sia all'attivita' legata, piu' strettamente, all'attivita' vulcanica (terremoti da esplosione e fenomenologie sismiche legate al degassamento, rilevabili nelle zone prossime ai crateri), sia alle numerose strutture tettoniche attive che attraversano l'edificio vulcanico etneo e il sottostante substrato sedimentario. Si possono, cosi', distinguere due differenti tipologie sismiche: - Sismicita' relativamente profonda: connessa con strutture tettoniche del substrato sedimentario. La profondita' focale di questi terremoti e' di alcuni chilometri e l'intensita' raggiunta in superficie, in genere, non e' mai molto elevata. - Sismicita' superficiale: ha origine da sistemi di faglie superficiali che interessano strati di vulcaniti. Questa sismicita' e' caratterizzata da eventi che hanno bassa profondita' focale (da qualche centinaio di metri a circa 2 Km.), ma che sovente determinano una elevata intensita' epicentrale. L'analisi statistica della distribuzione epicentrale ha evidenziato che i terremoti sono essenzialmente localizzati lungo il versante orientale. Si comprende come in un'area cosi' intensamente interessata dai fenomeni sismici sia necessario definire delle classi di pericolosita' sismica in funzione dei due diversi tipi di sismicita' individuati e sulla base delle quali sia possibile effettuare delle valutazioni sul rischio sismico. Per quanto concerne il rischio sismico lo si puo' definire come l'ammontare dei danni probabili che un certo sito potrebbe subire a causa di un evento sismico. Il rischio sismico e' espresso in termini di "pericolosita' del sito", ovvero la possibilita' che si verifichi una sollecitazione massima del suolo, 29

30 quantificata in termini stocastici, in un determinato intervallo di tempo. Inoltre, nella stima del rischio sismico devono essere considerati il livello di antropizzazione dell'area ed il valore dei "beni" (manufatti, opere pubbliche, monumenti, etc...) da salvaguardare. Tuttavia, occorre ricordare che la pericolosita', e quindi il rischio sismico, sono il risultato di una previsione ottenuta con termini stocastici, tenendo, cioe', conto della localizzazione e dell'energia dell'evento, storicamente note, e dalle quali viene ricavata l'energia massima "attesa". Questo tipo di analisi trascura sostanzialmente le peculiarita' del fenomeno e le caratteristiche intrinseche del sito ove il fenomeno ha luogo. Si ritiene, quindi, che l'approfondimento di questi due aspetti sopracitati sia essenziale per valutare correttamente la pericolosita' di sito, soprattutto in un'area, quale e' quella del versante orientale etneo, sede di intensa sismicita'. TABELLA DEI TERREMOTI STORICI N Data Orario Area Epicentrale Lat Lon Nmo Io Mw Ml 1 31/10/ BRONTE 37,760 14, ,4 2 24/11/ NICOLOSI 37,616 15, ,7 3 18/11/ BELPASSO 37,607 15, ,4 4 01/01/ VERSANTE SUD-OCCIDENTALE 37,617 14, ,9 5 26/01/ FONDO MACCHIA 37,724 15, , /07/ FONDO MACCHIA 37,702 15, , /08/ S. M. AMMALATI 37,641 15, , /01/ ZERBATE 37,626 15, , /06/ BONGIARDO 37,678 15, , /07/ MACCHIA 37,722 15, , /02/ CODAVOLPE 37,710 15, , /03/ NICOLOSI 37,653 15, , /03/ BELPASSO 37,602 15, , /03/ NICOLOSI 37,612 15, , /04/ NICOLOSI 37,679 15, , /04/ NICOLOSI 37,613 15, , /06/ VERSANTE ORIENTALE 37,705 15, , /09/ NICOLOSI 37,614 15, , /10/ NICOLOSI 37,614 15, , /06/ S. VENERINA 37,699 15, , /12/ S. M. AMMALATI 37,651 15, , /07/ VERSANTE MERIDIONALE 37,673 14, , /09/ VERSANTE SUD-ORIENTALE 37,619 15, , /09/ VERSANTE SUD-OCCIDENTALE 37,620 14, , /03/ NICOLOSI 37,614 15, , /04/ ZAFFERANA ETNEA 37,685 15, , /08/ ZERBATE 37,654 15, , /08/ MAZZASETTE 37,653 15, , /05/ S. M. LICODIA 37,615 14, , /07/ GUARDIA 37,657 15, ,4 30

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