L IRONIA DI MATTEO RENZI SULLA COPERTINA DELL «ECONOMIST»

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1 CON LE MONDE DIPLOMATIQUE + EURO 1,50 Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 1, Aut. GIPA/C/RM/23/2013 ANNO XLIV. N SABATO 30 AGOSTO 2014 OGGI CON ALIAS A EURO 2,50 Dopo oltre mezzo secolo il paese è in deflazione. Istat: i disoccupati sono 3,22 milioni (+4,6% rispetto al 2013). A luglio mille senza lavoro in più al giorno. Il governo non fa altro che spostare alcune poste di bilancio e annunciare semplificazioni. Per il resto rinvia. La «ripartenza col botto» del premier è una carrellata di promesse PAGINE 2, 3, 4 Squaglia Italia GIUSTIZIA PAGINA 2 Alfano la spunta: limiti sulle intercettazioni. Orlando: è una formalità GRANDI OPERE PAGINA 3 Rinvio su municipalizzate Ma nel «decretone» di tutto, di peggio ALLARME ISTAT PAGINA 4 La crisi peggiora E quasi una donna su due non lavora DIRITTI PAGINA 6 Sentenza storica a Roma: «Le coppie omosessuali possono adottare» ALLARME ISIS Datagate addio, Cameron vara nuove leggi anti-terrorismo Il premier inglese David Cameron alza l allerta contro atti di terrorismo sul suolo inglese. La minaccia dell Isis è definita «altamente probabile», una delle «più grandi mai conosciute». Downing Street farà votare alla Camera dei Comuni un nuovo giro di vite alle norme per la sicurezza ACCONCIA PAGINA 9 INDIA Tutti in banca. Modi: stop all intoccabilità finanziaria Il governo indiano guidato da Narendra Modi ha lanciato un radicale programma di credito nelle zone rurali e più povere del subcontinente. Migliaia di banchetti nelle campagne e negli slum: 15 milioni di nuovi conti correnti in un solo giorno. L obiettivo è aprirne 75 milioni: «L intoccabilità finanziaria va sconfitta» MIAVALDI PAGINA 8 UCRAINA, DOPO L APERTURA DEL TERZO FRONTE DI GUERRA A SUD Kiev contro Mosca: «Aderiamo alla Nato» L IRONIA DI MATTEO RENZI SULLA COPERTINA DELL «ECONOMIST» I l giorno dopo le immagini dai satelliti prodotte dalla Nato, l accusa di invasione russa, l ufficialità circa l apertura del nuovo fronte meridionale, il premier ucraino Yatseniuk ha esplicitato la possibilità che l Ucraina possa richiedere l adesione alla Nato. L alleanza ha risposto, attraverso il segretario Rasmussen: ««Ogni paese ha diritto di decidere da solo le alleanze». Durissima la risposta di Putin. Il presidente russo ha ricordato che la Russia è una «potenza nucleare», accusando i militari di Kiev di comportarsi «come i nazisti» nelle regioni orientali PIERANNI PAGINA 7 IL DIPLÒ DI AGOSTO Se la «condivisione» digitale è un furto EVGENY MOROZOV l PAGINA 10 VENEZIA 71 Le vite meravigliose di Peter Bogdanovich CRISTINA PICCINO l PAGINA 12 Caro Giorgio, non si spegne il suono delle tue lotte. Lunedì pomeriggio ti daremo l ultimo saluto al cimitero di Giubiano di Varese LE LETTERE ituoi compagni, lettori e amici PAGINE 14 E 15 EUROPA Serve un cambio radicale Barbara Spinelli È certamente un buon segno che la riunione informale dei ministri per gli affari europei, incentrata sul funzionamento dell Ue dopo le elezioni del 25 maggio, abbia aperto le porte al Parlamento europeo, e soprattutto alla Commissione affari costituzionali, giacché è proprio nell assenza di una vera costituzione europea - tuttora latitante, a cinque anni dall entrata in vigore del Trattato di Lisbona e della Carta dei diritti - che si riassume l essenza della crisi che attraversiamo. CONTINUA PAGINA 3 BIANI

2 pagina 2 il manifesto SABATO 30 AGOSTO 2014 SQUAGLIA ITALIA Governo Annunciato un vertice Ue sulla crescita a ottobre. Padoan da Napolitano per «valutare le indicazioni di Draghi» «Datemi altri 1000 giorni» Il premier col «botto» non ha più fretta. Il nuovo slogan è «Passodopopasso» e il countdown per le grandi riforme partirà da lunedì. E per stupire come aveva promesso, Renzi chiama un gelataio a palazzo Chigi Micaela Bongi L a «ripartenza col botto» promessa da Matteo Renzi è un carretto di gelati che circola nel cortile di palazzo Chigi. Dopo giorni di voci e smentite, presunte liti con i ministri e tra ministri e l ormai consueto dibattito sulle «coperture» da trovare, mentre i dati sulla crisi viravano sempre più al nero, il presidente del consiglio, in mancanza di meglio da proporre, decide di stupire facendo teatro. L Econmist lo ritrae sulla sua copertina con un gelato in mano come un ragazzino, in piedi su una barchetta di carta moneta (l euro) che affonda, dietro a Angela Merkel e Francois Hollande che guardano sereni l orizzonte mentre Mario Draghi a poppa cerca disperatamente di svotare l imbarcazione piena d acqua? Bene, lui porta il gelataio (nota marca, riconoscibile, torinese) nella sede del governo, si prende un cono e sorride ai giornalisti: «Se volete ve lo offro». Il «botto», il «vi stupirò» è insomma scenografia e il consueto fare un po sbruffone. Così Renzi si presenta in conferenza stampa al termine del consiglio dei ministri, come sempre sfoggiando sicurezza. L «epocale» riforma della scuola si farà la prossima settimana e non si dica che non ci sono le coperture (saranno solo linee guida, ma tant è), per lo Sblocca Italia ci sono 10 miliardi e la giustizia sarà rivoluzionata. Ma tenendo conto che nei suoi primi sei mesi di vita il governo ha solo fatto un po di rodaggio. Perché i 1000 giorni che il presidente del consiglio aveva calcolato per realizzare grandi riforme cominceranno solo da lunedì. Niente fretta, perché il recordman di palazzo Chigi ha un nuovo slogan: «Passodopopasso». E questo il «logo» che sarà presentato appunto lunedì nel corso della conferenza stampa che darà il via ai 1000 giorni, che saranno scanditi da «un lavoro puntuale, concreto, quotidiano e sistematico», promette Matteo Renzi. Lo slogan è già sul profilo Twitter del premier, dove campeggia l hashtag «#passodopopasso finanziamento opere cantierabili, nuovo codice appalti, sblocco Tap in Puglia, idrocarburi in Basilicata e Sicilia, eco bonus». Certo, nonostante i giochi di fine estate Renzi riconosce che la situazione economica è «veramente preoccupante». E annuncia che per il 6 ottobre «la presidenza italiana» origanizzerà un vertice dei capi di stato e di governo Ue sulla crescita perché «la stagnazione in atto in Europa richiede una risposta forte e coraggiosa». Ma «a chi mi chiede se l'italia violerà il 3% rispondo no. La flessibilità già c è» ma «vogliamo utilizzarla meglio, come hanno detto Pier Carlo Padoan e Mario Draghi». Non è un caso che il presidente del consiglio citi il ministro dell economia e il presidente della Bce. Proprio ieri, prima del consiglio dei ministri, Padoan è salito al Quirinale da Giorgio Napolitano (che giovedì aveva ricevuto Renzi frenando i suoi entusiasmi) per un colloquio nel quale «si sono considerate attentamente le importanti indicazioni contenute nel discorso pronunciato dal Presidente della Banca Centrale Europea, Mario Draghi, a Jackson Hole», recita la nota del Colle. Insomma, Renzi potrà pure scherzare sul gelato. Ma il presidente della Repubblica e il ministro dell economia sembrano effettivamente contare su Draghi, perché salvi la barca che rischia di affondare. Giustizia/ CONFERME E UNA NOVITÀ. ORLANDO: È UN PASSO FORMALE Limiti alle intercettazioni nelle ordinanze Ma la riforma è ancora tutta da scrivere Andrea Fabozzi G uardare chi gioisce per capire chi ha vinto la partita sulla giustizia. Il Nuovo centrodestra esulta: «Abbiamo prevalso su tutta la linea». Quagliariello esagera, ma è vero che gli alfaniani hanno messo a segno il colpo che fa più scena: ci sono le intercettazioni nel pacchetto approvato ieri dal Consiglio dei ministri. E se ne parla più che del gelato del premier. Però, come si affretta a chiarire il ministro Orlando che aveva garantito che non avrebbe affrontato l argomento prima di un confronto con giornalisti ed editori, è solo «un passo formale». Perché «c è ancora ampio margine di manovra. Stabiliamo solo i principi». Quelli ovvi: «Nessun limite alle intercettazioni e nessun bavaglio, ma stop alla pubblicazione di notizie che non hanno rilevanza penale». Tradotto in testo: «Garantire la riservatezza delle comunicazioni in conformità con l articolo 15 della Costituzione» e «incidere anche sulla modalità di utilizzazione cautelare» delle intercettazioni - che cioè non dovranno inondare le ordinanze di perquisizione o arresto. Sono principi, andranno tradotti. In fondo è solo una legge delega. E leggi delega sono anche le altre che erano (al contrario delle intercettazioni) già previste nell ordine del giorno del Consiglio dei ministri. Affrontano il processo civile, la magistratura onoraria e le regole in tema di rogatorie. Altri due sono disegni di legge ordinari, anche quelli aperti a tutte le modifiche che farà il parlamento: riguardano la responsabilità civile dei magistrati e la prescrizione. Uno solo è il decreto, quello sul quale sono d accordo tutti, anche Forza Italia, per «limitare il flusso di entrata», spiega Orlando, delle cause civili. Incentivando cioè gli arbitrati e le negoziazioni e disincentivando le cosiddette «cause temerarie». Di più non si può fare, visto il diritto costituzionale ad adire ai tribunali ribadito dalla Consulta: l arbitrato non può essere un obbligo. Anzi, bisognerà Stabiliti i principi generali per garantire riservatezza alle conversazioni. Sarà una legge delega. Alfano: «Vittoria su tutta la linea» guardare bene dentro alcuni degli altri strumenti annunciati ieri, visto che il governo prosegue con l abitudine di convocare conferenze stampa senza licenziare testi di legge ufficiali e noi stiamo a quelli letti «all entrata» del Consiglio. Ad esempio, il forte sconto di pena previsto per chi accede a un «maxi patteggiamento», che il ministro ha definito addirittura «una piena confessione», andrà letto alla luce del costituzionale diritto alla difesa. In altri casi sembra non essere stato raggiunto, non ancora, l accordo tra alleati di governo. Per esempio sul falso in bilancio, novità annunciata ieri con orgoglio da Orlando, e invece osteggiata dal Nuovo centrodestra. Il ministro spiega che non si sa quale sarà l entità della pena per le società non quotate in borsa (per le quotate si va dai 3 agli 8 anni); «potrò dare una risposta più chiara quando avremo il testo di legge scritto», ammette Orlando. Aspettiamo. Quanto alla riforma della responsabilità civile dei magistrati, è presentata come «la novità più rilevante», secondo Renzi è il principio che «chi sbaglia paga». L enfasi porta l Associazione nazionale magistrati a una critica immediata: «Si lancia il messaggio che la giustizia funziona male perché i magistrati fanno errori». E le toghe contrattaccano sulla prescrizione: «È mancato il coraggio». Cioè non si è toccata la legge ex Cirielli che ha abbassato la pena edittale per molti reati (solo agli incensurati), portando molti processi sul binario morto. L accordo di ieri è una mediazione con il Nuovo centrodestra, che deve ingoiare lo stop alla prescrizione dopo una condanna in primo grado, ma ottiene che dopo due anni il timer si rimette in movimento e che l interruzione si cancella in caso di assoluzione in appello. Soprattutto il nuovo regime si applicherà solo alle cause che saranno definite dopo l approvazione della legge. E così adesso i vari imputati «eccellenti» - Galan, Formigoni, Berlusconi - scoprono un interesse nuovo: accelerare i loro processi, per lasciarli ancorati al vecchio regime di prescrizione.

3 SABATO 30 AGOSTO 2014 il manifesto pagina 3 SQUAGLIA ITALIA Cemento È il modello per la «crescita» pensato dal governo. Rinviato il taglio delle municipalizzate alla legge di stabilità, nuovi poteri alla Cdp MATTEO RENZI. IN ALTO, FEDERICA MOGHERINI. DALLA PRIMA Barbara Spinelli La timida apertura all unione politica, contenuta nel rapporto stilato nel 2012 dai «quattro presidenti» Commissione, Bce, Consiglio europeo ed Eurogruppo (il Parlamento fu malauguratamente escluso) pare già evaporata, e i mali dell Ue continuano immutati, a cominciare dalla teoria delle «case nazionali» da mettere in ordine prima di rifondare l Europa nel senso solidale chiesto dai cittadini. Impressionante è la sottovalutazione del messaggio venuto dalle ultime elezioni europee, mai sottoposto a una seria analisi autocritica. Il giudizio fu evasivo già nella risoluzione del Consiglio europeo di giugno, quando si parlò di crescente «disincanto», una parola che significa tutto e niente. Appena due mesi son passati, e i disincantati vengono oggi bollati come populisti e estremisti. I due aggettivi sono abusivamente proposti come sinonimi, refrattari a ogni distinguo fra eurocritici ed euro-ostili, ignari di quel che chiede la maggioranza dei cittadini: non meno Europa, ma un Europa più democratica, più solidale, più giusta socialmente. NOMINE UE: MOGHERINI IN POLE Al posto di Catherine Ashton, Federica Mogherini alto rappresentante Ue per la politica estera e la sicurezza (Lady Pesc) e il popolare polacco Donald Tusk presidente permanente del Consiglio Europeo: sono queste le due nomine europee che dovrebbero essere ufficializzate oggi pomeriggio dal Consiglio Europeo. La scelta SBLOCCA ITALIA Autostrade, il gasdotto Tap, defiscalizzazioni ai privati, poteri speciali Grandi opere, futuro tossico Legambiente: «Il decreto sostiene interventi devastanti» Mario Pierro U n decreto omnibus, con norme confuse e incomplete, che tocca un numero infinito di temi senza una coerente idea di futuro che non sia ispirato all'idea delle grandi opere da sbloccare con poteri eccezionali attribuiti a supercommissari, rispettando gli interessi di qualche lobby. Con questi strumenti il governo intende sostenere politiche anti-cicliche per far ripartire investimenti e domanda. È il decreto «Sblocca Italia» che ieri ha ricevuto il via libera dal consiglio dei ministri in forma mini e alleggerito quasi del tutto delle cifre farsesche circolate in queste settimane. È stata «rinviata» la misura chene rappresentava invece la sua ossatura: il taglio delle municipalizzate che lo zar della spending review Carlo Cottarelli già l'8 agosto scorso aveva quantificato nella cifra di oltre 7 mila. Una volta «disboscata la giungla» il taglio porterebbe nelle casse dello Stato fino a 3 miliardi di euro. Il provvedimento è stato rimandato alla legge di stabilità, evidentemente per «non mettere la carne al fuoco», come ha ribadito il premier Renzi, ormai affezionato ad un'espressione che smentisce le aspirazioni confessate fino a una manciata di giorni fa. Prima cioè dell'incontro con il presidente della Repubblica Napolitano che ha «disboscato» la velleità del governo di presentare un poema epico per frammenti, disorganico e interminabile. Le caratteristiche, in fondo, non sono cambiate, e i contorni generali restano vaghi in attesa che Napolitano ne possa valutare la legittimità costituzionale. Il decreto è composto da 50 articoli, stanzia 3,8 miliardi di euro (e non i 43 annunciati) Dopo le elezioni di giugno, l Ue va avanti come prima, peggio di prima della ministra degli esteri italiana sarebbe blindata grazie al sostegno ricevuto dalla cancelliera tedesca Angela Merkel - di cui ha riferito ieri il quotidiano tedesco «Bildt» - per stoppare, grazie all appoggio dell Italia, le aspirazioni del francese Pierre Moscovici. La nomina di Tusk - che conta sull appoggio di Merkel e dell inglese Cameron e che risponderebbe all esigenza di dare un L AUSTERITY OLTRE L AUSTERITY L impressionante sottovalutazione dei problemi europei Speravo in un semestre italiano capace di imprimere una svolta in questo campo. Dopo la crisi governativa in Francia e le ammissioni del ministro dell Economia Pier Carlo Padoan («Abbiamo sbagliato tutti sulle previsioni di crescita», ha detto il 17 agosto alla Bbc), è necessario riconoscere che, per quanto riguarda l austerità, non bastano parametri un po più flessibili. Occorre un cambio radicale di paradigma, se è vero che sono le idee di fondo sull austerità, fossilizzatesi ormai in ideologia, ad aver prodotto questi sbagli. Chiunque prenda sul serio il malessere dilagante in Europa non può non comprendere che è venuta l ora di far partecipare i cittadini al governo della crisi (lo prescrive, tra l altro, l art. 11 del Trattato di Lisbona). Non ci si può limitare a rendere le istituzioni più celeri, né si può minacciare tagli a programmi come Erasmus, sollevando le giuste proteste di tanti giovani. Abbiamo di fronte problemi gravi con cui confrontarci, che richiedono trasparenza e democrazia, a cominciare dalle trattative sul partenariato transatlantico per il commercio e gli investimenti (Ttip). La presidenza italiana chiede, giustamente, che sia declassificato il mandato negoziale della Commissione, ma non basta: il Parlamento europeo i cittadini, ancora una volta deve avere accesso a tutti documenti nelle varie fasi del negoziato. Non può essere messo al corrente a trattato concluso, quando gli verrà chiesto di dare il cosiddetto parere conforme. Preoccupa l insidioso ritorno dei nazionalismi e delle intese intergovernative. Ai mali di una Commissione prigioniera della tensione e dello squilibrio creatosi fra Stati più o meno potenti dell Unione, alla sfiducia degli elettori, si risponde creando nuove burocrazie, non europee, ma nazionali. Parimenti, si invita a non approfondire l integrazione: l Unione «dovrebbe astenersi dall intervenire quando gli Stati membri possono raggiungere meglio gli obiettivi». Come si spiega allora l invito di Mario Draghi a cedere sovranità sulle riforme strutturali? O si sbagliava il Consiglio, o si sbaglia Draghi, o le parole non significano nulla. In effetti non significano nulla, se non si spiega verso quali poteri sovranazionali, e democraticamente legittimati, si trasferiscono le sovranità. A giugno si parlava di lotta all evasione, alla frode fiscale, alla corruzione, alla violazione dei dati personali, al restringimento dei diritti: tutti temi assenti nei documenti di oggi. Si promettevano risposte comuni alla sfida della migrazione, tra cui «forti politiche dell asilo», ma il proposito sembra dimenticato, mentre rimane l ambiguità sui migranti irregolari (i profughi da zone di guerra sono sempre e per definizione «irregolari»). Non una parola sulla necessità di una politica pensata a fondo sul Mediterraneo e sui rapporti con la Russia. Resta la promessa di un comune piano d investimenti nell economia reale, pari a 300 miliardi di euro su 3 anni: una sorta di New Deal che Juncker ha esposto al Parlamento europeo, favorito in questo dai governi di Italia e Francia (è quanto va chiedendo l Iniziativa cittadina che porta lo stesso nome: New Deal for Europe). Con che mezzi lo si voglia attuare non è chiaro - mentre l Iniziativa cittadina chiede una duplice tassa comunitaria sulle transazioni finanziarie e sull emissione di anidride carbonica ma appoggiarlo sarebbe già un primo passo. incarico di peso ai Paesi dell Est in funzione anti-russa - sarebbe invece ancora insidiata dall ipotesi Helle Thorning-Schmidt, la premier socialdemocratica danese. Una volta fatte le nomine da parte dei leader dei 28, toccherà poi al presidente della prossima Commissione, Jean-Claude Juncker, procedere all assegnazione dei portafogli ai nuovi commissari. UN CANTIERE DI MILANO /FOTO REUTERS per opere che dovranno partire «entro 10 mesi, pena la perdita del finanziamento». Per il ministro alle Infrastrutture Maurizio Lupi serviranno per la «linea C della metro a Roma, il passante ferroviario di Torino, la metrotranvia di Firenze, la metro di Napoli». Sbloccate opere già finanziate come l'alta capacità ferroviaria Napoli-Bari (6 miliardi e 700 milioni) che Lupi vorrebbe avviare nel novembre 2015 invece che nel gennaio Per asfaltare la «burocrazia», e contenere gli enti locali, verrà nominato commissario straordinario l'ad delle Ferrovie dello stato Michele Mario Elia. Interverrà sulla Palermo-Catania-Messina (5 miliardi e 200 milioni, apertura cantieri dicembre 2015) e gli interventi sugli aeroporti (Malpensa, Venezia, Genova, Firenze, Fiumicino, Salerno: 4 miliardi e 600 milioni). Previsti gli investimenti nel contratto di programma con Rfi per la manutenzione straordinaria degli impianti (220 milioni). Defiscalizzati gli interventi privati per tenere acceso il lumicino di speranza nella faraonica grande opera come l'autostrada Orte-Mestre (10 miliardi 400 milioni). Verrà sbloccato definitivamente il gasdotto Trans adriatic pipeline (Tap) che dalla fine del 2019 trasporterà il gas azero in Italia e in Europa. L'opera collegherà il confine turco-greco alla Puglia con una capacità iniziale di 10 miliardi di metri cubi. I comitati contrari a quest'opera continueranno a mobilitarsi. Via libera a un pacchetto di interventi da 3 miliardi 890 milioni, di cui 841 milioni dal fondo revoche del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e 3 miliardi 48 milioni dal Fondo di coesione e sviluppo. Via libera ai proprietari di casa per procedere a ristrutturazioni comunicandolo semplicemente al comune. Sono state eliminate le autorizzazioni. Lupi ha tenuto a dire che questo non è il via libera agli abusi edilizi, ma resta comunque il messaggio berlusconiano: «Padroni a casa propria». Per il ministro dell'economia Padoan il pacchetto «stimola gli investimenti pubblici e privati, e lo fa sia mobilizzando risorse sia cambiando le regole e semplificandole». Centrale è «l'estensione del perimetro di azione» della Cassa Depositi e Prestiti, sia dal punto di vista della dotazione sia per quanto riguarda i settori d'intervento. «Il decreto sostiene interventi devastanti in Maremma, con la Tirrenica, e nelle Dolomiti, con la Valdastico e su nuovo cemento da semplificazioni per interventi edilizi e in aree demaniali» attacca Legambiente che apprezza l'eco-bonus e alcuni interventi ferroviari. Il suo augurio è che le parti più dannose vengano stralciate dal parlamento e che il governo si concentri su un modello alternativo di sviluppo. BAGNOLI Nello Sblocca Italia anche il piano Caldoro N ello Sblocca Italia sono state inserite anche le Misure per la riqualificazione urbana e ambientale del Comprensorio Bagnoli-Coroglio, un piano che assomiglia molto a quello delineato dal governatore forzista Stefano Caldoro, che non a caso ha chiesto al Pd una forma di appoggio esterno alla sua giunta anche in vista delle prossime regionali di primavera, seguendo il modello nazionale delle grandi intese. Caldoro del resto ha anche riaperto i termini del condono, c è posto per i costruttori di tutte le sfumature di centrodestra e centrosinistra. «Se riparte Bagnoli riparte il sud», ha affermato il premier. La stampa cittadina da settimane plaude alle indiscrezioni sul piano, a cominciare dal quotidiano di Caltagirone che, all interno del comprensorio, è proprietario della Cementir, sorvolando sui siti inquinati. L area, secondo la magistratura, è stata ulteriormente intossicata dalla finta bonifica negli anni delle amministrazioni Pd. Ma lo Sblocca Italia fissa nuovi obiettivi: creare il polo per la nautica da diporto; il parco urbano tematico (parco della scienza); insediamenti residenziali, turistici, commerciali e produttivi avanzati. Dall elenco è sparito il polmone verde previsto dalla variante al piano regolatore, firmata da Vezio De Lucia. La spiaggia pubblica e il ripristino della linea di costa vengono ingoiati dall approdo per barche e yacht. La colmata non viene menzionata, difficile quindi che sparirà la maggior fonte di inquinamento dell area: la sua "messa in sicurezza" assicurerà un aumento di volumetrie a vantaggio dei costruttori. I dettagli rivelati giovedì spiegavano: al Commissario straordinario del governo andranno i compiti di coordinamento degli interventi pubblici (come infrastrutture e fogne) con quelli privati. Il soggetto attuatore dovrebbe essere nominato con decreto del presidente del consiglio, selezionato tramite bando: entro 40 giorni dalla nomina dovrà presentare un programma di riqualificazione (bonifiche incluse), un piano economico-finanziario con l indicazione delle fonti finanziarie private o pubbliche disponibili, la previsione urbanistico-edilizia degli interventi. Incamera poi la proprietà dei suoli e può espropriare altre aree all'interno del sito. Un piano così dettagliato, evidentemente, è già pronto in qualche cassetto, magari di Fintecna e dell Acen, l associazione dei costruttori. Del resto Fintecna, il più grande creditore della società pubblica Bagnolifitura, ha finto la trattativa per poi farla fallire proprio alla vigilia della svolta renziana. Secondo indiscrezioni, «in caso di dissenso da parte di un amministrazione preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storicoartistico, della salute o della pubblica incolumità, è competente a pronunciarsi il Consiglio dei ministri, anche in deroga a diverse disposizioni di legge». Certo, il commissario indice poi una conferenza consuntiva dove siede anche il sindaco, ma si procede in ogni caso alla stipula dell accordo con decreto del presidente della Repubblica: «ll programma di riqualificazione urbana costituisce variante automatica dello strumento urbanistico generale vigente». Tanti saluti al piano regolatore. A. Po.

4 pagina 4 il manifesto SABATO 30 AGOSTO 2014 NON C È VERSO Un paese diviso tra Nord dove l occupazione aumenta e Sud dove crolla. La metà Crisi delle donne non lavora. Penalizzati i 15-34enni, meglio gli over 50 (+5,5%) Recessione all italiana Istat: 55 mila persone hanno perso il lavoro a luglio. Per il terzo anno consecutivo il Pil sarà negativo. Il Belpaese si ritrova in deflazione per la prima volta dal 1959 Roberto Ciccarelli R ecessione, deflazione, disoccupazione. Con un tris di dati l'istat disegna il profilo di un paese perduto nel giorno del consiglio dei ministri che vorrebbe farlo ripartire «con il botto». Ma le velleità dell'esecutivo vanno in direzione opposta rispetto ad una situazione economica che peggiora. Nel secondo trimestre del 2014, nel pieno delle funzioni del governo Renzi, il Pil è diminuito dello 0,2% sia rispetto al trimestre precedente, sia rispetto al semestre analogo del 2013 (a Palazzo Chigi c'era Letta). L'Italia è avviata verso un Pil negativo per il terzo anno consecutivo: -0,3% nel Tra giugno e luglio del 2014 l'occupazione è balzata al 12,6% (era al 12,3%) e più di mille persone al giorno hanno perso il lavoro. Se a Nord gli occupati sono aumentati nell'ultimo mese (+0,3%, pari a 36 mila unità), a Sud la disoccupazione aumenta: 91 mila unità in meno. I nuovi disoccupati sono 35 mila. L'occupazione cresce di 124 mila al centro-nord nell'industria (+2,8% rispetto al 2013), sia tra i dipendenti sia tra gli indipendenti. Prosegue, invece, per il quindicesimo trimestre, la flessione degli occupati nell'edilizia (-3,8%, -61 mila unità) e nel terziario (-0,6%, 92 mila). Oltre a quella geografica, c'è anche la frattura generazionale. Se i giovani tra i 15 e i 34 anni e gli adulti tra i 35 e i 49 anni continuano a perdere il lavoro (rispettivamente -4% e -1,6%), l'occupazione cresce tra gli over 50 (+5,5%). Questa accade a dispetto di un rimbalzo positivo nell'occupazione dei 15-24enni: 42,9%, (-0,8%), ma in aumento di 2,9 punti in un anno. Un altro dato molto importante è quello sulla tipologia dei contratti. Bisogna fare attenzione perché su questo Renzi sta operando Ogni giorno persi mille posti, mentre crescono gli occupati stranieri un'aggressiva operazione propagandistica per dimostrare che la presunta efficacia delle sue ricette. Dopo avere precarizzato i contratti a termine eliminando la «causale», con norme anti-costituzionali e contrarie alla direttiva europea 70/1999, questi contratti sono effettivamente cresciuti. Per l'istat gli occupati a tempo parziale sono aumentati nel terzo trimestre di 75 mila unità (+1,9%). Crescono anche i dipendenti a termine, dopo cinque trimestri consecutivi di calo, mentre calano i collaboratori di 36 mila unità. Ma a fine anno le statistiche rischiano di essere diverse a causa delle cessazioni. Il governo sta giocando le sue carte sulla breve durata e spera che ci siano i rinnovi. Esiste invece la possibilità, favorita dalla riforma Poletti, dei licenziamenti (o meglio, del non rinnovo). Scelte di corto respiro in cui il governo crede (come quelli precedenti). E non importa la qualità del lavoro, meglio uno pessimo oggi che il nulla. Questa visione pauperistica del mercato del lavoro alligna ovunque, sindacati compresi. E in più ispira le pose da incompreso dello stesso premier: «Qualcuno poi si è accorto che nell ultimo mese c è stato un aumento di oltre 50 mila posti di lavoro? - ha detto Renzi - No, perché, com è naturale, fa notizia l albero che cade e non la foresta che cresce». Alla luce dell'andamento del mercato del lavoro, la foresta cresciuta verrà presto disboscata. Non per volontà di un cieco destino baro, ma per espressa volontà dell'esecutivo ispirato alla visione liberista delle «porte girevoli»: si esce dalla disoccupazione per rientrarci, dopo brevi periodi di lavoro precario che contano solo per le statistiche. Il governo, pressato dalla Bce di Draghi, insisterà su questo segmento dei contratti, auspicando anche la riduzione dell'inattività. Cosa che sta accadendo: a giugno gli inattivi tra i 15 e i 64 anni erano diminuiti di 151 mila unità. Sono stati gli anziani ad «attivarsi» e non i giovani. Donne, in otto casi su dieci, che restano sempre più disoccupate rispetto agli uomini: 46,5%. Praticamente una su due non lavora, ma è assolutamente precaria. L'ultima frattura che emerge nel mondo della disoccupazione strutturale e di lunga durata in Italia è quella tra lavoratori italiani e stranieri. Alla diminuzione della prima di 105 mila unità corrisponde la crescita di quella straniera di 91 mila (+0,6%). In un paese dolente per le fratture geografiche, generazionali, di nazionalità e tra i sessi si afferma anche la deflazione per la prima volta dal settembre 1959, quando la variazione dei prezzi risultò negativa dell'1,1%. In una fase caratterizzata da 7 mesi di tassi negativi. Oggi i prezzi stanno scendendo da 4 mesi consecutivi. È la componente energetica, in particolare quella legata al costo dei carburanti, a pesare sui prezzi di agosto e a trascinare l'indice in negativo. Secondo i dati provvisori dell'istat, i prezzi sono diminuiti dell'1,2% rispetto al 2013 (dal +0,4% di luglio), con la benzina in calo dello 0,9% e il gasolio dell'1,7%. I prezzi che sono saliti di più sono quelli dei trasporti (+3,8%), mentre scendono (deflazione) in tre settori alimentari su dodici: alimentare (-0,5%), comunicazioni (-9,1%) e abitazione, acqua, elettricità e combustibili (-1,1%) come avviene da tempo. SCUOLA «È un patto con le famiglie, non la stabilizzazione dei precari» Renzi: «Mercoledì la riforma» I l progetto di riforma della scuola sarà presentato mercoledì prossimo. Lo ha detto il premier Matteo Renzi al termine del Cdm, sottolineando che «il programma è pronto» e che non c'è «nessun problema di copertura, anche perchè il progetto che abbiamo in mente fa data al Non l'abbiamo messo per evitare di mettere troppa carne al fuoco». Al 29 agosto, il governo ha poi negato di volere «stabilizzare» 100 mila precari e ribadisce che le «29 linee guida» del «progetto» che ha in mente consisterà in un patto con le famiglie il cui motivo ispiratore sarà quello della «valutazione» del lavoro dei docenti. La frase con la quale Renzi ha spiegato il passaggio da un operazione economica a un iniziativa morale non tarderà a sollevare polemiche, considerate le promesse distribuite attraverso annunci incontrollati sulla stampa, è la seguente: «La riforma della scuola «non si articola nella stabilizzazione dei precari, è l'assunzione di un patto con le famiglie, con gli insegnanti. C'è un'italia che chiede di valutare il lavoro degli insegnanti. Poi non sempre condivido quello che dice la Giannini o altri ma questo penso sia un fatto di igiene mentale». Resta da capire allora in cosa consistano le «coperture dal 2015» vantate ieri in conferenza stampa, una volta assodato - come è stato ribadito da fonti del Miur - che il provvedimento esiste effettivamente. Nessuno ne aveva il dubbio. La tensione non tarderà a divampare se verranno toccati gli «scatti di anzianità» e tutta la carriera docente esistente. Al momento, il patto «con le famiglie» sembra essere fondato sulla necessità di valutare e punire i docenti. Roma/ IIN PIAZZA DUE GENERAZIONI SOLIDALI DI INSEGNANTI Quota 96 e precari: pensione negata, assunti a 60 anni o senza lavoro a 30 U ltrasessantenni che chiedono inutilmente di andare in pensione e trentenni che non riescono a trovare un posto da insegnanti a scuola. Il paradosso è andato in scena ieri a Roma: il personale scolastico «Quota 96» protestava in piazza SS. Apostoli, mentre alcune maestre in età vicina alla pensione firmavano al provveditorato agli studi di via Pianciani un contratto di lavoro a tempo indeterminato dopo una vita di precariato. C'era Angelina da Caserta che di anni ne ha 61. Poi la romana Attilia che tra tre giorni ne compirà 62. E poi la signora Maria Rosa. A 65 anni entrerà in ruolo e subito dopo andrà in pensione. Storie al limite in un paese allucinato che rivelano tuttavia resistenza e dedizione, mentre cresce una grande rabbia precaria. Quella di chi ha vinto un concorso, oppure è stato ritenuto idoneo, ma oggi non trova spazio nemmeno nelle graduatorie. Sono gli apolidi come Marica, 32 anni, romana che sotto un sole impietoso alza ripetutamente il cartello simbolico di una generazione studiosa: «Non sono una Black Bloc, sono solo una precaria plurilaureata incazzata». Il suo problema è lo stesso di Paola, 38 anni di Acquaviva delle Fonti o della coetanea Lisa di Bari: hanno vinto il «concorsone» del 2012 nella scuola dell'infanzia, ma restano invisibili. Paola ha tre figlie, Lisa uno, ma non possono lavorare nella scuola, pur avendo tutti i diritti del mondo. Paola lavora come precaria nella formazione. «Io resto a braccia conserte. Devo crescere mio figlio» dice Lisa dopo una vita a insegnare inglese nelle private. «Le graduatorie di merito sono piene di vincitori senza cattedra e di idonei denuncia Angelo Palumbo, anche lui idoneo il ministero non deve bandire un nuovo concorso. Prima deve assumere noi e tutti gli altri precari». La protesta auto-organizzata, a cui hanno aderito i sindacati Flc-Cgil, Cobas e Gilda, ha dimostrato che tra giovani e anziani non c'è rivalità generazionale, né competizione. C'è un mutuo riconoscimento, l'opposto della riforma «meritocratica» ritirata dal Cdm di ieri che il governo intende, ripresentare mercoledì come annunciato ieri da Renzi nella conferenza stampa dopo il Consiglio dei ministri. Più volte da SS.Apostoli i docenti «Quota 96», vittime di un «bug» della riforma Fornero delle pensioni voluta da Pd e Pdl, hanno chiesto ad un fischiatissimo Matteo Renzi di essere «rottamati» in favore di 4 mila precari che non riescono ad essere assunti. Precari e «Quota 96» sono vittime della stagione dei tagli della scuola (8,4 miliardi e 150 mila posti in meno) e vivono in una scuola impoverita e vittima di un caos normativo che la fa assomigliare all'ingorgo a doppia croce uncinata di Fantozzi. L'impegno politico dei comitati «Quota 96» è esemplare. Da soli, senza i sindacati, hanno imposto il loro problema all'attenzione dell'opinione pubblica. Non cedono all'ambiguità del Pd che prima ha sposato la loro causa con un emendamento alla riforma della P.A per poi vederlo stralciare dal ministro della funzione pubblica Marianna Madia. Il destino di «Quota 96» si è nuovamente perso nel caos del governo, ma i docenti non si rassegnano. «Chiediamo la pensione almeno per dicembre afferma Chiara Farigu a nome dei 4 mila «Quota 96» (ma forse sono anche 9 mila) Il governo deve darsi obiettivi inferiori a quelli che annuncia, così forse riesce a raggiungerli. Ci mandi in pensione e assuma i primi 4 mila precari». Da SS apostoli ieri è partito un appello per una manifestazione «entro settembre». Nel frattempo Renzi, irritato dal generale scetticismo che lo circonda, assicura che «le coperture della riforma ci sono» e che «le proposte sulla scuola saranno discusse dalle famiglie, studenti e insegnanti per molti mesi». In attesa di un finale incerto, la Flc-Cgil attiverà mobilitazioni sin dal primo giorno di scuola in tutto il paese. ro. ci.

5 SABATO 30 AGOSTO 2014 il manifesto pagina 5 NON C È VERSO Servizi Contestate alla Spa numerose violazioni. Nel rapporto si parla di «negligenza nella compilazione dei dati richiesti e incongruenza con i libri contabili» Adriana Pollice «I o difendo Gori, è un eccellenza nel Mezzogiorno» dichiarava perentorio il governatore campano Stefano Caldoro su Repubblica il 14 agosto. Peccato che l eccellenza del Mezzogiorno avesse appena ricevuto da parte dell Autorità per l energia elettrica, il gas e il sistema idrico l avviso dell avvio di un procedimento sanzionatorio deciso nella riunione del 31 luglio. La Gori Spa è controllata dall Acea di Caltagirone attraverso il 37,5% della quote azionarie, un controllo che esercita attraverso la nomina dell amministratore delegato (una manciata di azioni è in mano anche alla multinazionale Suez). Il 51% del pacchetto è diviso tra i sindaci dei 76 comuni dell Ato3 sarnese-vesuviano, che esprimono il presidente. Attualmente la carica è ricoperta da Amedeo Laboccetta, ex An passato nelle file dei berluscones, vicecoordinatore di Forza Italia in Campania. La Gori, secondo l ispezione effettuata a metà aprile dalla Guardia di finanza, avrebbe trasmesso valori differenti da quelli desumibili dalla documentazione contabile. Tra le numerose violazioni, avrebbe gonfiato le rate del mutuo (da circa 3milioni a oltre 7), inserendo poi tra gli oneri pagati ai proprietari per l uso SCUOLA Il fumoso pacchetto Giannini e la leggenda delle supplenze da abolire CAMPANIA Sanzioni per la Gori, fiore all occhiello di Caldoro L eccellenza fa acqua Giuseppe Caliceti delle loro infrastrutture le somme destinate al rimborso delle rate del mutuo contratto dall Ente d Ambito (che riunisce i 76 comuni) per garantire la capitalizzazione della Spa. «Le contestazioni citate rivelerebbero una generalizzata negligenza nella compilazione dei dati richiesti e un incongruenza con i libri contabili» si legge nella nota. Ma i guai non arrivano solo dalla gestione finanziaria. Dalla documentazione viene fuori che la Gori avrebbe incamerato i corrispettivi relativi alla depurazione anche da utenti a cui non è stato assicurato il servi- La società controllata da Acea è sottoposta a un procedimento avviato dall Autorità per l energia ellettrica, il gas e il sistema idrico S i avvicina l inizio di un nuovo anno scolastico e, come è di rito, i media e il ministero all Istruzione si preparano a sfornare commenti e battute, di colore e di contenuto, sulla scuola. E questo dopo che a mezza estate un sottosegretario aveva buttato lì la proposta di aumentare le ore di lezione dei docenti senza toccare un contratto bloccato da quasi un decennio, proposta poi semiritirata. Le novità della nuova stagione scuola autunno-inverno , almeno a parole, ricordano molto quelle degli ultimi anni a questa parte. Si parla di merito come toccasana per tutto e tutti, come sempre senza spiegare cosa è e chi lo valuta. Di scuole più autonome: ancora di più Private? Di nuovi programmi scolastici: ecco, questa non manca mai. E poi, novità, di superamento del precariato con una strada veloce per l eliminazione delle supplenze. Domanda: quale? L abolizione? Ecco confezionato il famoso e fumoso pacchetto-scuola , già rinviato a data da destinarsi. Una litania ormai stantia. Il ministro Stefania Giannini decide il look per le dichiarazioni di inizio anno scolastico. «Bisogna superare definitivamente il sistema delle supplenze», ha dichiarato. «I supplenti non saranno eliminati fisicamente», ha ironizzato. Come? «Lo vedrete nelle prossime settimane», ha aggiunto il ministro. Interessante, questa faccenda delle supplenze. Anche perché da ormai un lustro i nostri alunni e i nostri studenti, quando manca una docente, per malattia, sono smembrati in varie aule e classi. Senza che le loro famiglie ne siano pienamente consapevoli. E questo, naturalmente, avviene solo per risparmiare. Insomma, gli studenti, in caso di docente malata, vengono solo «tenuti a bada». E la lezione, spesso e volentieri, salta. Anche perché quando ti trovi in un aula con 35 o 40 bambini invece di 24, l unica cosa che può fare un docente è sperare che non si facciano male: perché la colpa è sua. Sbagliato, c è un altra cosa che deve fare: sperare che non venga un terremoto o ci sia un incendio, perché in questo caso, anche se non è certo il docente a voler sopprimere le supplenze, se non i supplenti, la colpa di eventuali danni agli studenti è a scapito dell adulto più vicino a loro, cioè del docente. Anche se magari tanti docenti questo piccolo particolare non lo sanno. Lo Stato non mette a norma le aule, lo Stato non paga le supplenze e i supplenti, lo Stato ammassa decine di bambini in uno spazio non consono e senza che siano mantenute le minime norme di sicurezza in caso di emergenza (e non solo), ma l eventuale colpa è del docente. Bisogna ricordare al ministro Giannini, quando fa ironia sulla scuola e sulle supplenze, che i docenti italiani non hanno alcuna voglia di ridere e di fare ironia. Bisogna che il ministro si metta in testa che, se è vero, come dice, che non si vogliono «sopprimere» i supplenti, da anni, però, sono già state soppresse le supplenze. E questo, per risparmiare. Bisogna che il ministro sappia, e con lei tutto il governo Renzi, che sulla scuola le tre carte sono state mescolate da almeno vent anni e, quello che ogni annuncio riguardo alla scuola ha prodotto fino ad ora, è solo il progressivo e raccapricciante taglio ai fondi e al personale. Al punto che si sta sfiorando l ingestibilità di tutta la complessa macchina della scuola pubblica. Occorre che Renzi e il suo ministro all Istruzione e il suo governo si aspettino solo la «rottamazione» non solo di una parte dei politici, ma anche di tutte le politiche scolastiche messe in atto in questi ultimi decenni dai governi di centrodestra e centrosinistra in perfetta e sospetta continuità. I docenti italiani non vogliono più parole nuove. Basta. Sono stanchi di essere presi in giro. Chiedono più soldi e più personale per la scuola pubblica. Chiedono un salario in linea con quello dei docenti europei. Chiedono scuole a norma. Chiedono a Renzi di non rimangiarsi i paroloni che aveva speso sulla scuola, poco prima e poco dopo il suo insediamento a primo ministro. Tutto il resto sono chiacchiere e distintivi da inizio anno scolastico. zio «con conseguente perdurante lesione dei diritti degli utenti finali». Alla Gori capita di chiedere in giro soldi quando le servono. Ad esempio dall amministrazione di Portici ha preteso 6milioni per servizi di depurazione, nonostante il comune ricadesse nelle competenze dell impianto di Napoli est, nell Ato2. La stessa richiesta «irrituale», e non dovuta, è stata avanzata ad altri nove comuni. L eccellenza del Mezzogiorno è piena di idee brillanti per far tornare i conti: dal 2002 non ha mai pagato né la fornitura di acqua all ingrosso (un debito a tutto il 2012 pari a euro), né il servizio di collettamento e depurazione delle acqua reflue ( euro). La regione è corsa in soccorso con un accordo transattivo, stabilito con la delibera 171/2013: il debito viene diluito in comode rate per 20 anni (i primi 10 senza interessi) a partire dal 2013 con un sconto di 70 milioni e, contemporaneamente, il commissario dell Ato3 Carlo Sarro (uomo di Nicola Cosentino) ha autorizzato l aumento delle tariffe del 13,4%. Il primo anno Palazzo Santa Lucia avrebbe dovuto incamerare euro, ma la Gori non ha pagato, a quanto risulta dagli atti della commissione regionale del novembre In un convegno alla Uil in febbraio, presente l ad della Gori Giovanni Paolo Marati, Caldoro spiegava che la strada da intraprendere è quella dell Ato unico, magari integrando le gestioni delle principali regioni del sud, a partire da Campania e Puglia. Musica per le orecchie Acea, il cui nuovo ad è Alberto Irace: vicesindaco di Castellammare di Stabia dal 95 al 97, membro della fondazione Mezzogiorno Europa che fa capo al Pd vicino a Napolitano, ha cominciato la carriera nel consorzio di comuni che confluirà poi in Gori, fino a diventare ad di Publiacqua spa, il gestore privato del servizio in Toscana. A far avanzare la Campania verso lo scenario futuro ci ha pensato il 31 luglio il maxiemendamento alla finanziaria regionale: nei dieci articoli dedicati all acqua, Palazzo Santa Lucia prevede, attraverso decreti, l affido alle società che già operano sul territorio non solo della gestione del servizio di distribuzione ma anche della captazione e dell adduzione alla fonte, del collettamento e della depurazione. La privatizzazione è completa. Viene poi costituita presso la giunta regionale la Struttura di Missione con compiti vasti: fondi regionali, nazionali ed europei; tariffe, revisione delle concessioni e contenziosi. Un centro unico in capo alla giunta che cancella gli Ambiti territoriali (in cui siedono i sindaci) e decide le sorti del servizio. Il più serio competitor della Gori, l Abc - azienda speciale pubblica del comune di Napoli - non ha l affido del servizio da parte del commissario dell Ato2 (funziona in regime di proroga) e neppure la concessione delle fonti del Serino, nell avellinese, di cui ha solo la disponibilità alla gestione. La regione ha creato il quadro normativo, all Acea raccogliere i frutti. TELECOM La crisi del piccolo mondo antico Vincenzo Vita N el bel volume Les crises du capitalisme, raccolta di scritti meno noti di Marx, pubblicata nel 2009 a cura di Daniel Bensaid, nell appendice - alla voce ««Capitaliste» - si cita come esempio Vincent Bolloré. Vale a dire il presidente della società francese attiva nel mondo dei media, a suo tempo proprietaria di Canal+ e oggi assai presente nelle comunicazioni: dal 2009 con la Global Village Telecom (Gvt), la controllata brasiliana oggetto delle baruffe recenti. Bolloré è il protagonista dell ultima sconfitta sul campo di Telecom Italia nel duello con la spagnola Telefonica per acquisire la società di telecomunicazioni franco-carioca. Sembrava fatta per il gruppo italiano, i cui azionisti commentano curiosamente quasi come un successo la botta ricevuta all ultimo momento. In verità, la differenza tra le due offerte la dice lunga sulla situazione reale dell ex monopolista: alla proposta di 7,45 miliardi degli iberici - di cui ben 4,7 in contanti e il resto in titoli, Telecom è arrivata a soli (?!) 1,7 miliardi per la parte cash. E i capitani di ventura dell odierno capitalismo finanziario seguono rigorosamente il motto «pochi, maledetti e subito». Del doman non c è certezza, d altronde. Ora, si dice, Vivendi potrebbe rilevare la partecipazione di Telefonica (8,3%) in Telecom, rientrando così nell orizzonte italiano. Vedere per credere. E logico un accordo dopo una scazzottata? Tra l altro, qui emerge un punto delicatissimo, che fu oggetto già ai tempi del governo Letta di un interrogazione al Senato di Massimo Mucchetti. Vale a dire l incredibile «doppia vit» di Telefonica, azionista rilevante e insieme concorrente dell amico-nemico. Dottor Jekyll e mr. Hyde, da manuale stevensioniano. Ed ecco pure un caso di scuola di conflitto di interessi, di fronte al quale il governo - dotato della cosiddetta golden power con cui può intervenire sulle scelte strategiche del settore - si volta dall altra parte. Poveri piccoli azionisti di Telecom, che forse pensano che il mercato esista davvero. Non solo. Subisce un altro colpo la strategia multimediale italiana, il connubio - cioè - tra reti e contenuti. Per affrontare il capitolo sul serio, servirebbero azionisti in grado e con la voglia di investire. Ma Generali e Intesa non sembrano interessati e Mediobanca (altra vicenda assurda) fa persino l advisor del gruppo cui partecipa. L accidente viene da lontano: innanzitutto dalle modalità sbagliate con cui negli anni novanta si gestì la «madre» di tutte le privatizzazioni, con il seguito di scalate successive e voragini economiche. La lezione da trarre, insomma, dall esito dell ultimo scontro è l inquietante debolezza strutturale di Telecom. E la crisi del piccolo mondo antico, che non ha saputo fare il salto nell età globale. E la crisi di un capitalismo che sa alzare la voce solo con i deboli. Telefonica o Vivendi si prenderanno magari in carico Mediaset (la Rai è in castigo, del resto), perché un mezzo matrimonio con la televisione è d obbligo per sopravvivere. Stiamo parlando, infatti, del vecchio mercato chiuso in difesa, visto che il gioco davvero importante è tra gli emergenti «Over the top», da Google ad Amazon. Un agosto che peserà sul futuro, eccome. E la chiamano estate, diceva una bella canzone.

6 pagina 6 il manifesto SABATO 30 AGOSTO 2014 SOCIETÀ UNIONI CIVILI Sentenza storica del Tribunale dei minori di Roma che dà ragione a due lesbiche «Sì all adozione per coppie gay» Anche con le vigenti leggi, affermano i giudici, una persona omosessuale può adottare i figli del proprio partner ROMA C ome ormai è diventato usuale in Italia, una sentenza ha anticipato la fruibilità di un diritto che la politica non riesce ancora a garantire. Il Tribunale per i minorenni di Roma ha riconosciuto ad una coppia di donne lesbiche l'adozione di una bimba, figlia biologica di una delle due mamme, che prenderà ora il cognome di entrambe. L omogenitorialità è «una genitorialità "diversa" ma parimenti sana e meritevole di essere riconosciuta in quanto tale», ha scritto il collegio giudicante presieduto dalla giudice Carmela Cavallo nella sentenza emessa il 30 giugno scorso che già viene giudicata «storica». Sollevando, naturalmente, lo "scandalo" dei bigotti nostrani al di qua e al di là del Tevere ma anche la soddisfazione delle associazioni per la tutela dei diritti degli omosessuali. L inserimento anche nel nostro ordinamento della stepchild adoption si chiama così nei Paesi anglosassoni dove è da tempo un diritto riconosciuto alle coppie gay è prevista nel progetto di legge sulle unioni civili che segue il modello tedesco delle civil partnership e che Renzi ha aveva promesso di portare in Parlamento a settembre, «dopo la riforma della legge elettorale». La bimba "adottata" ha cinque anni ed è figlia dell amore tra le due donne che convivono da un decennio. Nel loro Paese non hanno potuto fare altro che iscriversi al Registro delle unioni civili di Roma mentre per sposarsi sono dovute andare in Spagna, Paese che accoglie ogni anno migliaia di italiani alla ricerca di uno dei tanti diritti negati in patria. È lì, nella Penisola iberica, che hanno è, a giudizio di questo Collegio si legge ancora nelle 12 pagine scritte dai quattro giudici per la persona singola, quale che sia il suo orientamento sessuale, ad adottare. Esclusivamente per l adozione legittimante (nazionale ed internazionale) viene richiesto che ad adottare siano due persone unite da rapporto di coniugio riconosciuto dall ordinamento italiano». Ma, ricordano i giudici, il legislatore ha introdotto (art. 44 della legge 184/1983 modificata dalla legge 149/2001) anche una seconda forma di adozione, quella in «casi particolari», in base alla quale anche un singolo può essere riconosciuto genitore adottivo perché, nell interesse superiore del minore, lo Stato deve mirare a «consolidare i rapporti con i parenti o con le persone che già si prendono cura del minore stesso». «Sentenza ideologica che mina la famiglia tradizionale», addirittura «eversiva»; «fuga in avanti» da parte della magistratura: il centrodestra insorge, insieme al mondo cattolico più intransigente e alla cupola clericale voci da ingerenza pre-bergogliana tornano a sollevarsi perfino dalla Città del Vaticano fino a mandare in tilt personaggi come Carlo Giovanardi e Gaetano FOTO TAMTAM Quagliariello del Ncd, e Maurizio anche potuto realizzare il loro sogno di congasparri di Fi il quale arriva a minacciare di dividere un progetto di genitorialità, sottopodenunciare i magistrati che hanno emesso nendosi alla fecondazione eterologa. Le due la sentenza. Soddisfatto, invece, il mondo donne, psicoterapeuta l una e agente di lgbt. A cominciare dal sottosegretario alle Ricommercio l altra, sono state seguite per meforme Ivan Scalfarotto che esorta governo e si dagli psicologi e dagli assistenti sociali del parlamento a «cogliere la lezione»: «Non è «Gruppo integrato di lavoro Adozioni», i quaproprio il caso di alzare barricate ideologili hanno reputato la coppia assolutamente che su una procedura di civiltà e di buonsen"normale" e la bimba «vivace, intelligente e so - afferma - dal governo al Parlamento le carina». In una parola: felici. «Non sono istituzioni democratiche devono cogliere emersi elementi attesta la sentenza che con celerità la lezione impartitaci dai magipossano indurre a ritenere l esistenza di un strati». «Una sentenza che infrange un taqualsivoglia disagio o disturbo della bambibù», commenta l'associazione dei genitori na causato, in ipotesi, dalla sua realtà famiomosessuali Famiglie Arcobaleno, e che «riliare». sarcisce» le migliaia di coppie omosessuali «Nella nostra normativa di settore non vi private dell affetto dei loro figli. g. mau. CHIESE Appelli su immigrazione e fine vita Si chiude il sinodo valdese, nel nome della pace Luca Kocci I Sinodi delle Chiese metodiste e valdesi non trascurano mai la situazione sociale e politica. E così è stato anche per quello di quest anno che si è chiuso ieri a Torre Pellice (To). No alle guerre «giustificate nel nome di Dio» e di «un dio armato che incoraggia la violenza e lo spargimento del sangue dei suoi figli e delle sue figlie», si legge nell ordine del giorno approvato ieri nel quale, oltre a esprimere «solidarietà alle comunità civili, etniche e religiose colpite», si chiede alla comunità internazionale di attivarsi per la protezione delle vittime attraverso l azione diplomatica e l apertura di canali umanitari, e all Onu di adottare misure e strategie che fermino le stragi, proteggano i civili e consentano l avvio di negoziati. Fra le righe, con evidente riferimento alla decisione di fornire armi ai Kurdi contro l Isis, una bacchettata all Italia, «esportatore di politiche e strumenti di guerra» anziché «costruttore di pace». Nell odg sull immigrazione viene ribadita «l importanza del progetto Mare Nostrum e di ogni altra simile azione di salvataggio in mare», e si segnala l urgenza che governo italiano e Ue «adottino politiche volte a sottrarre le persone alla necessità di affrontare viaggi tanto pericolosi, mettendosi nelle mani di organizzazioni criminali che lucrano sulla vita di esseri umani, per chiedere asilo politico o ottenere lo status di rifugiati o per ricerca di migliori condizioni di vita». Due temi guerra e immigrazione - attorno ai quali appare ampia la sintonia con la Chiesa cattolica, rafforzata dal fatto che per la prima volta al Sinodo, tramite il segretario di Stato vaticano, è arrivato un «saluto fraterno» direttamente dal papa (che però ha invocato «l intercessione della Vergine Maria»: non del tutto politically correct rivolgendosi alla comunità valdese e metodista). Le distanze si allargano quando si parla di testamento biologico. L assemblea denuncia la «deplorevole lentezza con cui il legislatore affronta i temi eticamente sensibili, vedendo in questo una mancanza di rispetto della coscienza dei cittadini» ed auspica la creazione di un coordinamento delle numerose chiese locali (valdesi e metodiste). La questione della violenza di genere - contro la quale le Chiese valdesi impegnano anche cospicue risorse dell otto per mille - è stato un altro tema portante e la pastora Maria Bonfade annuncia il lancio di un appello ecumenico. «Abbiamo già avuto un primo riscontro positivo dalla Cei», spiega. A proposito di otto per mille, c è stato un grande incremento: 613mila italiani hanno firmato per i valdesi (+7%), che contano appena 30mila fedeli, per un totale di 41 milioni di euro.

7 SABATO 30 AGOSTO 2014 il manifesto pagina 7 SCONFINI D EUROPA STRATEGIE Improvvisazioni di Mosca e «frozen conflict» Il Fmi sblocca il prestito da 1,4 miliardi di dollari. Mosca: «Siamo una potenza nucleare» S. Pie. I l giorno dopo le immagini dai satelliti prodotte dalla Nato, l accusa di invasione russa, l ufficialità circa l apertura del nuovo fronte meridionale, si ritorna alla politica e alla diplomazia. Almeno, i «grandi», perché i soldati, dell esercito regolare, i miliaziani neonazisti, i volontari russi, i ribelli, continuano a combattere. L inerzia della guerra è cambiata e quindi Kiev ha tentato subito di correre ai ripari. Ieri il premier Yatseniuk ha esplicitato la possibilità che l Ucraina (anche se sarebbe lecito chiedere, quale parte del paese) possa richiedere l adesione alla Nato. L alleanza atlantica ha risposto via segretario generale, Anders Fogh Rasmussen, dopo la riunione straordinaria del Consiglio Nato-Ucraina in cui, è stato precisato, non si è discusso della possibile adesione di Kiev all'alleanza: «Ogni paese ha diritto di decidere da solo le alleanze», ha detto Rasmussen. Una risposta che non deve aver fatto piacere a Mosca. L ipotesi infatti, non fa che soffiare sul fuoco, insieme al regalo che il Fondo monetario ha recapitato ieri a Poroshenko, ovvero lo sblocco del prestito da 1,4 miliardi di dollari. Ossigeno puro per un economia in gravissima difficoltà. Il Fmi - ieri - lo ha affermato in una nota, giunta in seguito al piano approvato lo scorso aprile: un programma in due anni per l'ucraina da 16,67 miliardi di dollari a sostegno delle direttive economiche del governo, che «punta a riportare stabilità macroeconomica, rafforzare la governance economica e la trasparenza e a una crescita economica solida e sostenibile». Tutti elementi che ad ora non sono presenti nella fragile condizione economica del Paese. A queste novità ha risposto in serata Putin, ricordando, «senza volere minacciare nessuno», che la Russia è una potenza nucleare. E mentre si attende la nomina o meno di Mogherini al ruolo di «ministra degli esteri» dell Unione europea (la decisione arriverà oggi), sul fronte europeo i più attivi in chiave anti russa continuano a essere i polacchi. Ieri, dopo aver accusato la Russia di aver mosso dei soldati anche nella città di Mariupol, la Polonia ha negato lo spazio aereo ad un volo russo. Non uno qualunque, bensì quello del ministro della Difesa russo Serghiei Shoigu, di ritorno dalla Slovacchia. Secondo Ria Novosti il ministro sarebbe infine atterrato a Bratislava. E ieri dalla riunione informale dei ministri europei a Milano, è arrivata anche una dura posizione da parte della Svezia. «Dobbiamo sapere cosa stiamo affrontando, dobbiamo dirlo chiaramente: siamo davanti alla seconda invasione russa dell'ucraina in un anno», ha detto il ministro degli Esteri svedese Carl Bildt. Eventuali ulteriori sanzioni saranno oggi «sul tavolo» del Consiglio europeo, ha aggiunto, benché sia chiaro il fatto Matteo Tacconi N el derby di Crimea ha prevalso il Fk Skchf di Sebastopoli. Ha rifilato un secco due a zero al Fk Tsk di Simferopoli. La Zhemchuzhina Yalta, altro undici dell ex penisola ucraina, ha invece perso contro il Sochi. Sempre di due a zero, al fischio finale, il risultato. Erano partite di coppa. Si sono giocate il 12 agosto e hanno sancito l esordio nel contesto calcistico russo di queste tre squadre della Crimea, che in campionato partiranno dalla terza serie. Tutte con una rosa di atleti dal passaporto appena cambiato, da ucraino a russo. Nel caso dei team di Sebastopoli e Simferopoli, pure con nuove denominazioni. Ovviamente russificate. Le precedenti erano FC Sebastopoli (l attuale acronimo Skchf sta per «club sportivo della flotta sul Mr Nero») e SC Tavriya Simferopoli. La Zhemchuzhina Yalta ha potuto conservare il nome, già russo. Zhemchuzhina significa perla. Tutto questo per dire che il calcio segue ancora una volta gli spostamenti di confine, più o meno opinabili che siano. La Crimea è ora parte della Russia, e queste squadre ne seguono il destino. La loro ammissione alla federazione russa è stata votata a Mosca, l 11 agosto, durante una dibattuta riunione della federcalcio. Citando un inchiesta della Novaya Gazeta, una delle ormai poche testate non allineate al Cremlino (ci lavorava Anna Politkovskaya), il New York Times ha riportato che qualcuno, in quell occasione, ha espresso il timore che l amissione delle squadre di Crimea nella famiglia calcistica russa avrebbe procurato grattacapi di ordine finanziario. Del tipo che la Uefa, presso cui la federazione di Kiev ha protestato contro il A SINISTRA ARMI SEQUESTRATE AI FILORUSSI, AL CENTRO RIBELLI SULLE COLLINE DI DONETSK, SOTTO LO STADIO DELLO SHAKTAR /REUTERS UCRAINA Come prevedibile, Kiev si aggrappa all Alleanza. Putin: «Vi comportate come i nazisti» Yatseniuk rilancia: «Aderiamo alla Nato» che non sono certo le misure economiche, lo strumento per risolvere questa crisi. E ieri ha parlato anche Putin. Il presidente russo, innanzitutto, ha definito la decisione del comando dell'esercito ucraino di non usare il corridoio umanitario da lui auspicato per le forze assediate dai ribelli come un «grosso errore» che «porterà ad una grande perdita di vite umane». Poi ha sganciato l accusa più pesante dall inizio della crisi ucraina: «Le forze ucraine nell est del paese, si comportano come fecero i nazisti durante la seconda guerra mondiale». Le dichiarazioni di Putin sono state riportate dal Guardian, dopo che il presidente degli Stati uniti Barack Obama aveva accusato la Russia di avere inviato truppe in Ucraina e di fomentare i separatisti filorussi. Il leader del Cremlino ha detto che l'esercito ucraino sta facendo la parte dei «nazisti», mirando alle città e alle loro zone residenziali come i soldati tedeschi fecero nell'ex Unione sovietica. Russi ed ucraini «sono praticamente un solo popolo», ha poi aggiunto riprendendo una dichiarazione precedente in cui faceva riferimento alle zone contese del sudest dell'ucraina come alla Novorossiya (la Nuova Russia, come stabilito dai «governi» ribelli). Infine Putin ha aggiunto alcune considerazioni. In primo luogo, secondo Mosca, l'intervento russo in Crimea ha evitato che nella penisola sul Mar Nero scoppiasse CALCIO E GUERRA Le squadre cambiano stadi e federazione Il «futbol geopolitico» in Crimea e i dubbi sui Mondiali del 2018 «furto» delle formazioni crimeane, sarebbe in potere di escludere le squadre russe dalle competizioni europee. Che, come noto, assicurano introiti importanti. Un altra perplessità emersa nell incontro ha riguardato i mondiali del Si terranno in Russia, ma la crisi ucraina, con i suoi addentellati calcistici, potrebbe condurre addirittura alla revoca. Se la Russia perdesse i mondiali andrebbero in fumo contratti lucrosi sui quali gli oligarchi che fanno parte del gotha calcistico moscovita hanno senz altro messo già gli occhi, se non le mani. In ogni caso l 11 agosto è passata la linea dura: Crimea alla Russia, anche calcisticamente. Quanto a Uefa e Fifa, la prima s è finora limitata a disconoscere l ufficialità dei match delle tre squadre crimeane (una misura tutt altro che graffiante) e la seconda non ha messo in discussione i mondiali del Intanto Putin ha appena battezzato la Otkrytie Arena di Mosca, uno degli stadi che ne ospiteranno le partite. Com è intuibile una crisi simile a quella in atto nel sud-est dell'ucraina. Mosca non ha annesso la Crimea, ma avrebbe «permesso alla gente di esprimere la propria posizione e l'ha trattata con rispetto». La Crimea è di fatto diventata russa dopo un intervento militare «soft» delle truppe russe e il referendum a marzo. Infine, parole di pace: «La guerra in Ucraina orientale è un enorme tragedia, la nostra tragedia comune e deve finire prima possibile». questa non è l unica, complicata storia di pallone che sgorga dalla vertenza ucraina. Prendi lo Shakhtar Donetsk, la blasonata formazione presieduta da Rinat Akhmetov, il più ricco degli oligarchi dell ex repubblica sovietica. Il campionato è cominciato e lo Shakhtar è in testa alla classifica, come spesso capita da qualche anno a questa parte. Ma la novità è che non gioca a Donetsk, dove la Donbass Arena, il suo catino, è appena stato sfregiato dagli ordigni. La guerra ha costretto la corazzata di Akhmetov a cambiare momentaneamente domicilio. S è accasata dall altra parte del paese, a Leopoli. Il che suona un po paradossale, visto il precedente sodalizio politico tra l ex presidente Yanukovich (bollato come filorusso) e Akhmetov (ora passato felpatamente dalla parte di Kiev), e tenuto conto del fatto che Leopoli è il centro di irradiazione dell idea nazionale-nazionalista di Ucraina, nonché la roccaforte di Svoboda, partito saldamente ancorato a destra che sulla Majdan s è dato molto da fare. Ma tant è. Il Bleacher Report, testata sportiva americana dal respiro globale, segnala comunque che la gente di Leopoli sta un po snobbando le partite dell undici di Donetsk. Un altra squadra della metropoli dell est, che resta sempre sotto il controllo dei ribelli filorussi, è trasmigrata a causa del conflitto. Si tratta dell Olympia, promosso l anno scorso in prima serie. Gioca a Kiev. Sempre nella capitale è di scena lo Zarya Lugansk, l altra città dell est dove ribelli e governativi si sparano addosso da mesi. Come Akhmetov, anche il presidente del Metalist Kharkhiv, Sergei Kurchenko, neanche trent anni, ma già ricco sfondato, era legato a Yanukovich. L Europa ha bloccato i suoi conti all estero, Kiev ha congelato i beni del Metalist: dalla quote societarie allo stadio. Un altro caso in cui calcio e crisi, nell Ucraina lacerata, viaggiano a braccetto. Simone Pieranni N ei giorni scorsi la stampa cinese ha dedicato alcuni articoli alle trattative in corso tra Mosca e Pechino per la vendita, da parte della Russia, del sistema missilistico antiaereo S-400. Le trattative sono in corso da anni, ma come per l accordo sul gas, pare che solo in questi giorni si arriverà ad una conclusione. Ancora una volta è il prezzo, la chiave del successo o meno del negoziato (proprio come lo è stato per il gas). I sistemi S-400, per intenderci, «sono in grado di contrastare tutte le armi di attacco aereo, compresi velivoli tattici e strategici, missili balistici e gli F-35 statunitensi», ha scritto il quotidiano di Hong Kong, South China Morning Post. La notizia ha preoccupato non poco l area asiatica. Il Giappone naturalmente, ma anche l India, controparte d area che non vede proprio con entusiasmo questo potenziale asse sino-russo. Ma le ripercussioni - e le motivazioni di questo avvicinamento - riguardano anche la crisi ucraina. Tramite il rafforzamento dell alleanza con la Cina, Putin si è liberato, al momento, del fardello orientale, stringendo una vicinanza con Pechino, utile soprattutto in chiave anti occidentale e anti Nato. In una crisi come quella ucraina, tracimata ormai in una guerra aperta, avere come alleato la Cina, è fondamentale anche per gli scontri diplomatici, che finiranno per interessare anche altre zone del mondo. Nel frattempo gli analisti internazionali si chiedono cosa potrebbe accadere. Un idea chiara non c è, si procede a valutazioni di carattere generale, cercando di analizzare le mosse fin qui compiute. Di Putin si sottolinea l astuzia e la capacità di improvvisare; la Russia ha saputo cogliere ogni momento propizio per compiere le proprie mosse. Alcuni ritenevano che Mosca avrebbe perfino consentito all esercito ucraino di massacrare i ribelli, per poi intervenire. Invece Mosca, con la consueta metodologia che prevede l uso di pochi soldati, volontari, ha riportato la guerra a proprio vantaggio, con l apertura del fronte meridionale che potrebbe unire l enclave del Donbass in mani ai filorussi, alla Crimea e successivamente alla Transnistria. Un «recupero» di quanto ritenuto proprio, ma sfuggito dopo la dissoluzione dell Unione sovietica. Non è detto che tutto questo accada. Nella tattica di Putin, infatti, potrebbe esserci la volontà di portare lo scontro al livello di «frozen conflict», (come spiega Mark Adomanis su Forbes). Un «conflitto bloccato», capace di durare anni senza soluzioni di pace, ma capace di allontanare ipotesi peggiori (ad esempio l entrata dell Ucraina nella Nato). In questo caso, come sottolineato da Foreign Policy, la strategia di Putin, consisterebbe proprio «nel non avere una strategia». Jonathan Eyal, di un think tank inglese, ha sottolineato che «Putin vuole un Ucraina fallita e divisa, incapace di entrare a pieno nella sfera di influenza europea»: quindi tutto quanto farà Putin, sarà fatto per ottenere questo risultato. Se servirà, conquisterà altri territori (secondo alcune riviste militari ai russi basterebbero 5mila uomini per fare propria l area di Donetsk e Lugansk), altrimenti si limiterà a un migliaio di uomini (un numero irrisorio per un invasione) capaci di tenere viva la guerra a bassa intensità e logorare il potere centrale a Kiev. E in questo momento l Ucraina che può fare? Max Boot, un conservatore del Council of Foreign Relations, ieri ha twittato un consiglio a Poroshenko: «L Ucraina ha bisogno di una guerriglia contro i russi». L ipotesi di un conflitto che trascenda quello aperto, per diventare una guerriglia, potrebbe essere uno degli scenari peggiori, per tutti, e potrebbe essere in grado di mettere davvero in difficoltà la gestione tattica da parte di Putin. A meno di nuove sorprese.

8 pagina 8 il manifesto SABATO 30 AGOSTO 2014 INTERNAZIONALE QUI SOPRA IL PREMIER INDIANO, IN BASSO UN MILIZIANO DI HAMAS BACIA IL LEADER MOUSSA ABU MARZOUK /REUTERS Matteo Miavaldi M ercoledì 27 agosto il governo targato Narendra Modi ha lanciato un programma di accesso al credito destinato a dare una svolta radicale al panorama bancario nazionale. Il progetto, denominato Jan Dhan Yojana (Programma per la Ricchezza del Popolo, in hindi) prevede l'apertura di 75 milioni di nuovi conti correnti in tutto il paese, obiettivo da centrare secondo le previsioni più rosee dell'amministrazione nazionalista al governo entro il prossimo mese di gennaio. Secondo i dati divulgati da New Delhi, nelle sole 24 ore successive all'annuncio da parte del primo ministro sono già stati aperti oltre 15 milioni di conti correnti in tutto il paese, grazie a decine di migliaia di appositi banchetti «L intoccabilità finanziaria deve finire», l ultima trovata populista del premier disseminati specialmente nelle zone rurali, dove l'accesso a forme di prestito bancario non hanno quasi mai sostituito la piaga dell'usura. Durante la presentazione di quest'ultimo colpo ad effetto propagandistico, Narendra Modi ha paragonato la nuova misura varata dal governo alla battaglia che il Mahatma Gandhi intraprese contro la discriminazione degli intoccabili, il gradino più basso della piramide castal indiana. «Il Mahatma Gandhi provò a porre fine all'intoccabilità sociale» ha detto Modi mercoledì scorso, davanti a una platea di addetti al settore finanziario, «se vogliamo sradicare la povertà, dobbiamo liberarci dell'intoccabilità finanziaria». I nuovi conti correnti entreranno nel circuito nazionale Ru- Pay, alternativo a Visa e Mastercard, e daranno automaticamente diritto a una polizza assicurativa a copertura degli infortuni fino a 100mila rupie (poco più di 1250 euro), un'assicurazione sanitaria di 30mila rupie (376 euro) e alla consegna di una carta ricaricabile per chi aprirà un conto entro il prossimo 26 gennaio. Dopo un periodo di valutazione di sei mesi, le banche potranno trasformare la ricaricabile in una vera e propria carta di credito con uno scoperto fino a 5000 rupie (62 euro). Secondo i dati dell'ultimo censimento nazionale, solo 145 milioni di famiglie su un totale di 247 milioni dispongono di un conto corrente bancario. Il rapporto crolla drasticamente tra i contadini: la Banca Mondiale indica che in India il 73 per cento di chi lavora la terra non gode di INDIA Via libera al programma di accesso al credito destinato alla «ricchezza del popolo» Modi: «Conti bancari per tutti» alcun accesso al credito, formando un enorme bacino d'utenza forzato spinto tra le braccia degli strozzini locali. L'intento dell'apertura del credito agli «intoccabili finanziari», se tutti gli obiettivi verranno raggiunti, darebbe la possibilità al governo di tagliare i costi dei sussidi estesi alle fasce più disagiate della popolazione indiana pari a oltre il 2 per cento del Pil - elargendo denaro direttamente tramite trasferimenti bancari. Un'idea, questa, già avanzata dalla precedente amministrazione dell'indian National Congress. Così facendo, il governo potrebbe sferrare un colpo letale alla piaga della corruzione e, tramite il sistema bancario, avere maggiore controllo dei risparmi privati. Gli indiani sono tra le popolazioni più risparmiatrici al mondo: soldi che però non vengono depositati in banca, bensì investiti in oro. La Banca centrale indiana indica infatti che solo il 35 per cento dei risparmi nazionali finisce nelle sicure delle banche: il resto sfugge al controllo delle autorità. La sfida raccolta da Narendra Modi presenta però una serie di ostacoli enormi. In primo luogo, l'apertura dei conti correnti dovrà essere resa possibile anche a chi non disponga di documenti d'identità, e perciò si ricorrerà al database creato dal precedente governo Singh, che nel 2012 lanciò un programma di censimento biometrico in tutto il paese. In secondo luogo, l'accesso al credito non potrà appoggiarsi unicamente agli istituti bancari che, specie nelle zone rurali, non dispongono di filiali né di bancomat. Il piano, ancora sprovvisto di precisi contorni legali che ne permettano l'attuazione, prevede l'ingresso nel settore del credito di diverse compagnie telefoniche e delle poste nazionali. Pur nell'incertezza di una reale efficacia dell'iniziativa, Narendra Modi ha già incassato il plauso degli addetti ai lavori e dei milioni di indiani fino ad oggi esclusi dal «lusso» del prestito bancario. La speranza, in fin dei conti, non ha tassi d'interesse. ISLAM Netanyahu tenta l equazione tra gruppi islamisti, ma la storia dimostra il contrario L Isis, nemico degli apostati di Hamas Il salafismo ha sempre attaccato la formazione palestinese, perché ha accettato il sistema politico di tipo «occidentale» Michele Giorgio H amas e l Isis, lo Stato Islamico, «sono la stessa cosa». Tra Bashar Assad e l Isis «correva buon sangue». L avanzata del «mostro» che sta divorando l Iraq e la Siria, grazie ai fondi messi a disposizione dei generosi «donatori privati» del Golfo per promuovere la crescita del salafismo e del wahabismo, è stata prontamente utilizzata a scopo propagandistico. Il premier israeliano Netanyahu per giorni ha ripetuto che Hamas e Isis sono uguali. Un affermazione che non sta in piedi. Il salafismo al quale si rifanno al Qaeda e la sua ultima emanazione, l Isis, ha sempre attaccato frontalmente Hamas, apostata perchè accetta un sistema politico di tipo «occidentale». Talaat Zahran, un noto sceicco salafita, lo scorso 22 luglio ha definito «inappropriato» l aiuto ai palestinesi di Gaza e ad Hamas perchè non hanno interrotto l alleanza con l Iran sciita ed Hezbollah. I leader del salafismo ripetono che vanno eliminati i «nemici interni» all Islam, ossia gli sciiti e le altre minoranze islamiche, prima di lanciare la guerra santa contro i non-musulmani. Anche per questi motivi, sostenere che tra Assad visto dai sunniti più radicali semplicemente come uno sciita alawita al potere - e l Isis corra o correva buon sangue vuol dire avere una conoscenza limitata dell Islam e della sua storia e non aver compreso l impatto che più di trent anni fa ha avuto nella regione la rivoluzione islamica (sciita) in Iran. Significa non avere presente le trame che l Arabia saudita ha messo in piedi per decenni per contrastare l ascesa della «Mezzaluna sciita», simboleggiata dall alleanza tra la Siria e l Iran. Vuol dire non avere presente il significato che per un sunnita più estremista ha vedere in mani dei munafiqin (dissimulatori), dei rawàfid (rinnegati), ossia gli sciiti, Damasco e Bahgdad, le due antiche «capitali» del sunnismo uscito vittorioso dal sanguinoso conflitto interno con i «partigiani di Ali». Sono vicende antiche eppure così attuali in Medio Oriente, se si considera che l Isis intende fondare un califfato prendendo a modello il periodo di Maometto e dei primi anni successivi alla sua morte. In particolare, in buona considerazione è tenuto il primo califfo dell Islam, Abu Bakr, che diede priorità proprio alla lotta agli «apostati». Il Saladino, secoli dopo, fece strage degli sciiti prima di combattere i Crociati in Terra Santa. Ancora oggi una porzione significativa di sunniti fatica ad accettare gli sciiti come musulmani a tutti gli effetti. Che l Isis e Assad possano aver dialogato e complottato assieme è pura immaginazione. Il fatto che Damasco abbia liberato nel 2011 decine di islamisti finiti poi nei ranghi dell Isis non può aver avuto un impatto determinante sulla crescita di una organizzazione che tra Iraq e Siria conta decine di migliaia di miliziani. È vero che Assad per un lungo periodo ha osservato con soddisfazione lo scontro armato tra l Isis e le altre milizie ribelli. Ma quale parte in guerra non guarda con compiacimento ai nemici che si ammazzano tra di loro? Descrivere la crescita dell Isis come frutto di una strategia studiata a tavolino dal presidente siriano e il suo entourage è irrazionale. La conquista di Baghdad, la pulizia territoriale dagli sciiti e dalle altre minoranze islamiche e la sua restituzione ai «legittimi proprietari» sunniti all interno di un califfato, è la missione che si era dato dopo il 2003 Abu Musab al Zarqawi, il fondatore dello Stato Islamico in Iraq (Isi), approfittando dell invasione anglo-americana del paese. Dopo l uccisione di al Zarqawi quella missione è passata ad Abu Bakr al Baghdadi, il leader di Isis, che vuole fare di Siria e Iraq un califfato. La conquista della Siria, l uscita di scena di Assad, la fine dell alleanza tra Damasco e Tehran, sono il sogno di Riyadh e di altre petromonarchie sunnite. Usa e Francia parlano di «gioco sporco» di Assad e dimenticano che se i jihadisti oggi dettano legge in Siria e Iraq ciò è avvenuto per le manovre dietro le quinte, talvolta con interessi non coincidenti, di Turchia, Qatar e Arabia saudita. E con la benedizione di Washington. Senza dimenticare che all inizio l Els (la milizia della Coalizione Nazionale dell Opposizione) aveva accolto a braccia aperte i combattenti dell Isis e del Fronte al Nusra (il ramo siriano di al Qaeda) perchè ben addestrati e in grado di dare filo da torcere all esercito siriano. Sono state proprio le unità di al Nusra qualche giorno fa a strappare ai governativi il valico di Quneitra sul Golan, a conferrma che i qaedisti e i «laici» combattono spalla a spalla. Ad al Nusra, all Isis e alle altre formazioni islamiste, non importa nulla dei diritti umani violati, dei prigionieri politici, del pluralismo e della «brutale dittatura». Vogliono soltanto rovesciare l apostata Assad. IRAN USA, NUOVE SANZIONI CONTRO TEHRAN I repubblicani l hanno spuntata ancora una volta. Gli Stati uniti hanno imposto nuove sanzioni contro aziende e imprenditori in riferimento al programma nucleare iraniano. Nel mirino delle sanzioni ci sono 25 aziende sospettate di aver sostenuto il programma nucleare iraniano, sostenendo il terrorismo o avendo bypassato le precedenti sanzioni. Il vice ministro per l Intelligence finanziaria Usa, David Cohen, ha assicurato che le nuove sanzioni dimostrano la «determinazione degli Stati uniti di prendere provvedimenti contro chiunque violi le misure fin qui adottate». Secondo la stampa statunitense, le nuove misure includono azioni contro una banca implicata nel cambio e la consegna di banconote Usa al governo iraniano. Nel mirino delle sanzioni ci sarebbero anche aziende iraniane che hanno sostenuto il presidente siriano Bashar al-assad. Entro il 24 novembre prossimo, i paesi del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni unite e la Germania (P5+1) dovrebbero stilare l accordo definitivo che metta fine alle sanzioni contro l Iran. Il prossimo round negoziale si terrà a metà settembre, il ministro degli Esteri iraniano Javad Zarif ha iniziato ieri un viaggio in Europa per discutere delle sanzioni. MALESIA LA COMPAGNIA NAZIONALE AEREA LICENZIA LAVORATORI Dopo gli ultimi tragici eventi che hanno coinvolto la compagnia aerea della Malesia (il velivolo scomparso mentre era in viaggio da Kuala Lumpur a Pechino e quello abbattuto sui cieli dell Ucraina), è stato deciso un drastico ridimensionamento del personale. «Una ristrutturazione necessaria dal momento che l'industria dell'aviazione è molto competitiva, speriamo di riuscire a vedere dei risultati positivi nei prossimi due anni», ha annunciato il primo ministro malese Razak. «Ci sono ancora grandi sfide da superare, sarà difficile ricostruire il brand e superare l'intensa concorrenza in Malaysia e nei mercati esteri, dove altre compagnie sono ansiose di occupare il vuoto lasciato da Malaysia Airlines», ha detto Brendan Sobie, capo analista del Capa, Centro per l'aviazione. USA FERGUSON: CAUSA ALLA POLIZIA PER 40 MILIONI DI DOLLARI Cinque persone arrestate durante le manifestazioni di protesta a Ferguson per l'omicidiodi Michael Brown hanno fatto causa alla polizia chiedendo un risarcimento danni pari a 40 milioni di dollari. Lo hanno riferito ieri i media americani. Nella denuncia i quattro accusano la polizia di «uno sfrenato ed eccessivo uso della forza» trattando cittadini Usa «come combattenti di guerra». Le accuse sono contro gli agenti di Ferguson e della contea di St. Louis, nel Missouri, accusati di aver usato forza non necessaria e di arresti ingiustificati durante le proteste per l'uccisione del 18enne nero. La denuncia fa i nomi del capo della Polizia di Ferguson, Thomas Jackson, di St. Louis, Jon Belmar, l'agente Justin Cosma e diversi altri poliziotti, il Comune e la contea. GIAPPONE DUE OMICIDI PLURIMI CONDANNATI ALLA PENA DI MORTE Due omicidi plurimi, in odore di Yakuza, sono stati condannati a morte ed impiccati in Giappone. «Ho ordinato le esecuzioni dopo un'attenta valutazione», ha dichiarato il ministro della giustizia, Sadakazu Tanigaki. Tsutomu Takamizawa, 59enne, capo di una banda criminale della Yamaguchi-gumi, la più grande organizzazione della Yakuza, era stato condannato per aver ucciso 3 persone a Gunma, a nord di Tokyo, tra il 2001 e il Mitsuhiro Kobayashi, 56enne ed ex tassista, è stato condannato per aver appiccato un incendio in nel Il gesto aveva provocato la morte di 5 persone. Le due condanne a morte portano ad 11 il numero di esecuzioni avvenute sotto il governo del primo ministro Shinzo Abe, iniziato nel dicembre 2012.

9 SABATO 30 AGOSTO 2014 il manifesto pagina 9 INTERNAZIONALE GB Conferenza stampa del premier inglese: rischio attentati «altamente probabile» Allarme terrorismo, la stretta di Cameron LA CONFERENZA STAMPA A DOWNING STREET DEL PREMIER INGLESE DAVID CAMERON, A DESTRA IL CAMPO RIFUGIATI ALI AWA IN IRAQ /REUTERS Downing street alza l allerta contro la minaccia interna. La prossima settimana la Camera dei Comuni voterà il pacchetto di nuove norme. Sarebbero circa 500 i britannici arruolati nell Isis Giuseppe Acconcia I l premier inglese, David Cameron, ha annunciato ieri una riforma delle leggi inglesi antiterrorismo. L obiettivo delle nuove misure sarebbe di ampliare i casi in cui le autorità possono ritirare i passaporti ai presunti terroristi. Il primo ministro inglese, intervenendo in una conferenza stampa a Downing street, ha parlato di misure urgenti per opporsi alle «più grandi e profonde minacce mai conosciute» alla sicurezza nazionale. Per il governo la priorità è fermare i cittadini inglesi impegnati in gruppi terroristici in Iraq e Siria (in particolare nelle fila dello Stato islamico): sarebbero circa 500 i britannici arruolatisi nel gruppo jihadista che sta seminando il terrore. Mentre Scotland Yard sta continuando le indagini per acciuffare il presunto aguzzino del giornalista statunitense James Foley, decapitato in Iraq. Potrebbe trattarsi infatti di un giovane britannico di origini egiziane, come emerso dai primi identikit degli investigatori. In riferimento alla morte di Foley, Cameron ha parlato di «prova chiara che il problema non è più lontano miglia da Londra e quindi ignorabile». «L Isis ha l obiettivo di colpire l Europa occidentale - ha proseguito il premier inglese - L attacco al museo ebraico di Bruxelles (maggio 2014, ndr) è stata forse l indicazione più chiara che si tratta di un organizzazione che vuole solo uccidere innocenti», ha accusato Cameron. «L aspirazione di creare un califfato in Iraq e Siria è una minaccia alla nostra sicurezza qui nel Regno Unito», ha aggiunto il premier inglese. Cameron si è concesso anche un riferimento alla disastrosa partecipazione di Londra nella guerra contro Baghdad del 2003: «Imparare lezioni dal passato non significa che non ci sia spazio per i nostri soldati», ha aggiunto. Le nuove norme, che saranno votate la prossima settimana dalla Camera dei Comuni, permetteranno di facilitare le procedure per togliere il passaporto ai sospetti di essere affiliati a movimenti jihadisti. I provvedimenti includono: leggi di emergenza per rendere più facilmente accessibili alla polizia e alle forze di sicurezza dati inerenti i sospetti e aumento del numero di poliziotti che pattugliano le strade inglesi. Cameron ha fatto poi riferimento a un lavoro sul campo in coordinamento con i kurdi «per assicurarsi che abbiano le armi sufficienti per combattere l Isis, assistenza di intelligence agli Stati uniti e aiuti umanitari alle comunità colpite». Secondo il premier, si tratterebbe di provvedimenti necessari per affrontare «la narrativa velenosa Chiara Cruciati L Isis spaventa l intero mondo arabo e quei regimi che in passato hanno permesso la fioritura dei gruppi islamisti sunniti nella regione ora tremano. Ne abbiamo parlato con l analista palestinese Mouin Rabbani, codirettore del think tank Jadaliyya e membro dell Institute for Palestine studies. I paesi del Golfo sono accusati di aver finanziato e armato i gruppi jihadisti, permettendone l avanzata in Iraq e Siria, per indebolire i governi sciiti di Siria e Iraq. È difficile provare senza ombra di dubbio tale collegamento, ma certo è che il Golfo dal 2003 ha sia sostenuto l invasione Usa dell Iraq, fornendo basi militari e supporto logistico, sia ostacolato politicamente il nuovo regime sciita di Baghdad. Saddam Huissein è sempre stato una barriera all influenza iraniana e con la sua caduta Teheran ha fatto di Baghdad un suo satellite. Nell ultimo decennio gran parte dei miliziani dei gruppi radicali sono arrivati dal Golfo: seppure manchino prove del reclutamento di jihadisti da parte di Riyadh o Doha, sicuramente non sono stati fermati. Le petromonarchie non avevano interesse ad arginare il fenomeno. Più chiaro è il loro ruolo in Siria: ogni governo ha apertamente sostenuto alcuni gruppi di opposizione, quelli che erano in grado di controllare meglio o quelli che ritenevano più efficaci. Lo scopo era rendere le opposizioni ben organizzate e sempre più radicali. Oggi cosa è cambiato? Il Golfo è stato il primo sponsor di questi gruppi nel tentativo di far fruttare i propri interessi nella regione e indirizzare le energie estremiste fuori dai propri confini. Ora il timore è che possano tornare indietro. In Arabia Saudita succede già: una forte ondata di attacchi, portata avanti da miliziani islamisti tornati in patria. Quello che oggi preoccupa le petromonarchie è la trasformazione dell Isis da gruppo minoritario a forza che controlla significativi territori in ben due paesi. A ciò si aggiunge la pressione Usa su Kuwait, Arabia Saudita, Qatar, Emirati, perché interrompano il sostegno ai gruppi islamisti. La Turchia ha permesso il passaggio di armi e uomini in Siria per rifornire le opposizioni anti-assad, ma oggi teme un capovolgimento di fronte dopo che l Isis ha preso di mira anche i kurdi. Ankara ha sostenuto attivamente i gruppi anti-assad, armandoli e garantendo loro appoggio logistico, nella convinzione che in pochi mesi avrebbero fatto cadere il regime alawita. Non ha prestato attenzione a chi dava armi e denaro, nell idea che il conflitto non sarebbe durato così a lungo da far crescere questi gruppi. L idea degli estremisti islamici». Le autorità inglesi hanno anche provveduto ad alzare il livello di guardia in Gran Bretagna per rischi legati ad attentati terroristici da «sostanziale» a «severo» per la prima volta dal Il nuovo livello di allerta considera il rischio di un attacco al Regno Unito come «altamente probabile», sebbene il ministro dell Interno Theresa May abbia assicurato che non ci siano prove che suggeriscano un possibile attacco come imminente. Anche il sindaco di Londra, Boris Johnson, aveva assicurato pochi giorni fa, il pugno duro contro ogni cittadino britannico in viaggio verso Iraq e Siria. Johnson aveva detto che chiunque si recasse in quei paesi sarebbe stato considerato un «terrorista» fino a prova contraria. «Chi continua a sostenere uno stato terrorista deve perdere la cittadinanza della Gran Bretagna», aveva aggiunto. Johnson ha invocato anche una revisione delle norme per colpire i cittadini britannici che si uniscono ai jihadisti. Secondo il sindaco di Londra, in questi casi, la legge dovrebbe prevedere la revoca immediata dei passaporti britannici, chiedendo il ritorno ai «control orders», ordinanze che obbligano i presunti terroristi a restare nelle loro abitazioni, da usare soprattutto per i militanti che tornano da Siria e Iraq. Infine, le autorità inglesi nei giorni scorsi hanno preso spunto da un programma tedesco per creare misure alternative per «deradicalizzare» giovani jihadisti attraverso il sostegno della comunità. Secondo il progetto, solo i familiari possono far cambiare idea ai «jihadisti nostrani» e non le minacce della polizia. era di usarli come piede di porco per scardinare il regime di Assad, assumere il ruolo di guida del Medio oriente, influenzare il prossimo governo siriano e quindi isolarli. Ma Assad si è mostrato molto più resiliente del previsto e anche la Turchia è costretta a rivedere la propria strategia. Ankara è un elemento chiave dell equazione: il confine turco-siriano è uno dei principali fattori di rafforzamento degli islamisti e infatti in questi mesi l attività dell intelligence turca alla frontiera è molto aumentata. Tra le fonti di guadagno dell Isis c è il contrabbando di greggio, alcuni rapporti dicono che tra gli acquirenti c è Damasco. È possibile che la famiglia Assad, da decenni impegnata nella repressione dei movimenti islamisti, oggi faccia affari con loro? Se lo fa è solo per coprire il MOUIN RABBANI Analista dell Institute for Palestine studies, codirettore del think tank Jadaliyya Jihadisti di ritorno in Arabia saudita SIRIA Oltre tre milioni i profughi all estero L ammissione di Obama «Non abbiamo strategie» gap dovuto all embargo imposto dall Occidente. Assad non ha sostenuto o avuto contatti con lo Stato Islamico, ma lo ha usato per dimostrare che aveva ragione. Quando il conflitto è scoppiato, Damasco lo ha definito una cospirazione regionale. Quando a farsi avanti sono stati gruppi radicali, il governo li ha mostrati come lo strumento di quella cospirazione terroristica regionale e li ha usati per far perdere sostegno popolare a tutte le opposizioni. Veniamo a Gaza. L attacco israeliano ha mostrato come Hamas sia isolato dal resto del mondo arabo, eccezion fatta per Qatar e Turchia. Su cosa si fonda questo asse Egitto-Arabia Saudita? Dal 2006, quando Hamas vinse le elezioni, la questione palestinese è divenuta elemento di divisione del mondo arabo, teatro del conflitto regionale, un conflitto per procura tra chi appoggia una fazione e chi ne appoggia un altra. A questo si aggiunge il sostegno politico e militare dell Iran al movimento palestinese. Di nuovo a dettare alleanze e equilibri è lo scontro Arabia Saudita-Iran. Per quanto riguarda l Egitto, dopo il golpe militare del 2013, il Cairo ha indicato nei gruppi stranieri i responsabili dei propri problemi, Hamas in primis perché membro dei Fratelli Musulmani. Questo ha creato negli anni una strana alleanza tra i regimi conservatori arabi e Israele. Gli Usa cercano un alleanza regionale Allarme dell Onu: «La peggiore crisi della nostra epoca» «N on abbiamo ancora una strategia contro l'isis». La candida ammissione che gli è costata una pioggia di critiche repubblicane è arrivata giovedì notte dal presidente statunitense Obama: gli Usa non sanno come affrontare la minaccia dello Stato Islamico. Il presidente ha fatto sapere di aver chiesto al segretario alla Difesa Hagel di preparare un ventaglio di opzioni per fermare i jihadisti in Medio Oriente. E dopo aver sottolineato come i raid delle scorse settimane abbiano permesso a kurdi e esercito iracheno di riprendersi porzioni di territorio occupato, ha annunciato un nuovo tour del segretario di Stato Kerry per convincere i paesi arabi alleati a formare una coalizione anti-terrore. È chiaro che Obama intende prendere tempo, come avevano rivelato fonti a lui vicine: a fine mese si incontra la Nato e il summit potrebbe essere l'occasione per dare vita ad una coalizione che intervenga in Siria, il vero cruccio di Washington. Obama sorvola: gli Usa non temono di aiutare indirettamente Assad, perché le zone potenzialmente target delle bombe sono quelle a nord est, da cui il regime è assente politicamente da tempo. Ma non militarmente: nei giorni scorsi una serie di controffensive sono state lanciate ad Aleppo e Idlib e alla periferia di Damasco. La notizia arriva insieme alle immagini di 250 soldati governativi brutalmente giustiziati dall'isis a Raqqa, dopo la presa jihadista della base militare di Tabqa. Esecuzioni ormai all'ordine del giorno nei territori occupati di Siria e Iraq, mentre emergono dettagli sulla prigionia del reporter James Foley e altri ostaggi dell'isis, più volte sottoposti a torture nello stile di quelle perpetrate da soldati Usa e Cia a Guantanamo: finte esecuzioni, crocifissioni e waterboarding. Nelle stesse ore è stato pubblicato il video di un'altra decapitazione: a perdere la vita è stato un peshmerga, chiaro messaggio per i kurdi. Per impedire l'ulteriore avanzata islamista, in assenza per ora dei raid Usa, è l'aviazione irachena a sganciare bombe su Mosul. Il conflitto ha già provocato un milione e mezzo di sfollati. Ancora più esorbitante il bilancio stilato dall Onu in Siria: i rifugiati siriani all'estero hanno superato i tre milioni, sei milioni e mezzo quelli rimasti dentro i confini nazionali. «La crisi siriana è la più grande emergenza umanitaria della nostra epoca, eppure il mondo non è ancora riuscito a soddisfare i bisogni dei rifugiati e dei paesi ospitanti», ha commentato un amareggiato Antonio Guterres, alto commissario Onu per i rifugiati. La maggior parte è fuggita in Libano (oltre un milione e 170mila persone), provocando il collasso dei campi profughi già esistenti e la dura reazione delle fragili istituzioni libanesi che tentano di chiudere le frontiere; 830mila in Turchia; 613mila in Giordania. L'Unhcr lancia un allarme già gridato altre volte: sono milioni i profughi terrorizzati e stanchi per un viaggio da un villaggio all'altro, spesso minacciati e derubati da gruppi armati. In Iraq Washington ha promosso raid «umanitari» per gli sfollati in fuga dall'isis. In Siria si muore da tre anni, anche a causa del fiume di armi arrivato a miliziani di ogni tipo, ma la preoccupazione della Casa Bianca resta come intervenire senza dare una mano a Assad. Rimangono intanto nelle mani degli islamisti anti-damasco i 43 caschi blu delle Isole Fiji catturati giovedì al confine con Israele. Altri 75, posti a difesa di due posti di controllo, sono circondati dal Fronte al-nusra. Uno dei colonnelli della missione di interposizione Onu, Roberto Ancan, non ha escluso l'uso della forza per liberarli («Le nostre truppe sono ben armate e addestrate»), mentre il primo ministro delle Fiji ha assicurato che i negoziati per il rilascio sono in corso. chi.cru.

10 pagina 10 il manifesto SABATO 30 AGOSTO 2014 CULTURE IL DIPLÒ DI AGOSTO Evgeny Morozov N el «bagno connesso», lo spazzolino da denti interattivo lanciato quest anno dalla società Oral-B (filiale del gruppo Procter&Gamble) è una star: interagisce senza fili con il nostro cellulare mentre, sullo schermo, un applicazione segue secondo per secondo le fasi della pulizia dei denti e indica gli angoli della cavità orale che meriterebbero maggiore attenzione. Abbiamo strofinato con sufficiente vigore, passato il filo interdentale, raschiato la lingua, risciacquato il tutto? Ma c è di meglio. Come spiega con fierezza il sito che gli è dedicato, lo spazzolino connesso «trasforma il gesto di spazzolare i denti in un insieme di dati che si possono rendere in forma di grafico o comunicare ai professionisti del settore». Che sarà di questi dati, è ancora oggetto di dibattito: ne manterremo l uso esclusivo? O saranno catturati dai dentisti professionisti e perfino venduti a compagnie di assicurazione? Si aggiungeranno alla montagna di informazioni già disponibili nel granaio di Facebook e Google? L improvvisa presa di coscienza che i dati personali registrati dal più banale degli elettrodomestici dallo spazzolino elettrico al frigorifero potrebbero trasformarsi in oro ha sollevato critiche alla logica portata avanti dai mastodonti della Silicon Valley. Una vita ridotta a gadget Queste imprese raccolgono su grande scala le tracce lasciate dagli internauti sui siti che frequentano, le sistemano e le rivendono a inserzionisti o ad altre società. Così guadagnano miliardi di dollari, mentre i fruitori noi ottengono solamente alcuni servizi gratuiti. Da questa constatazione nasce una critica bizzarra, dai connotati populisti: contestiamo questi monopoli, si sostiene, e sostituiamoli con una moltitudine di piccoli imprenditori. Ognuno di noi, insomma, potrebbe costituire il proprio portafoglio di dati e trarre vantaggi dalla sua commercializzazione, vendendo ad esempio i dati sulla spazzolatura dei denti a un produttore di dentifrici e il proprio genoma a un laboratorio farmaceutico, o rivelando la propria ubicazione in cambio di uno sconto al ristorante all angolo. Queste imprese raccolgono su grande scala le tracce lasciate dagli internauti sui siti che frequentano, le sistemano e le rivendono a inserzionisti o ad altre società. Così guadagnano miliardi di dollari, mentre i fruitori noi ottengono solamente alcuni servizi gratuiti. Da questa constatazione nasce una critica bizzarra, dai connotati populisti: contestiamo questi monopoli, si sostiene, e sostituiamoli con una moltitudine di piccoli imprenditori. Ognuno di noi, insomma, potrebbe costituire il proprio portafoglio di dati e trarre vantaggi dalla sua commercializzazione, vendendo ad esempio i dati sulla spazzolatura dei denti a un produttore di dentifrici e il proprio genoma a un laboratorio farmaceutico, o rivelando la propria ubicazione in cambio di uno sconto al ristorante all angolo. Voci autorevoli, come quella del saggista e imprenditore JaronLanier o del ricercatore e informatico Alex «Sandy» Pentland, decantano questo nuovo modello. (...) Se Google riempie la nostra casa di graziosi sensori intelligenti fabbricati dalla sua filiale Nest, sarà Google e non noi a guadagnare denaro quando canticchiamo. La strategia di questo gigante consiste nell aggregare dati provenienti da una quantità di fonti (autovetture senza conducente, occhiali collegati, posta elettronica) e a far dipendere l efficacia del sistema dalla sua ubiquità: per trarne il massimo vantaggio, dovremmo permettere ai suoi servizi di arrivare, come il gas, a tutti gli angoli della nostra vita quotidiana. L enormità del serbatoio di dati in tal modo costituito lo protegge da qualunque concorrenza; le imprese di minore dimensione I mastini di Silicon Valley «L economia della condivisione» più che un alternativa ai colossi della Rete è la forma più innovativa dell industria basata sull acquisizione e vendita dei dati personali. Una parola d ordine populista che trova un alleato negli studiosi che denunciano i pericoli allo sviluppo cognitivo rappresentati dalla tecnologia l hanno capito benissimo. Non rimane loro che una scelta: rispondere all appello di Pentland e Lanier, e contrattaccare Google esigendo che i dati appartengano by default agli utilizzatori, o almeno che questi siano i destinatari di una parte dei benefici. Queste due strategie apparentemente divergenti attingono alla stessa sorgente ideologica, della quale rappresentano due varianti intellettuali. Come spiega il sociologo britannico William Davies, la visione proposta da Pentland e Lanier si ricollega ala traduzione «ordoliberista» tedesca, che eleva la concorrenza al rango di imperativo morale e considera dunque pericoloso qualunque monopolio. Meno ossessionato dalla morale che dall efficacia economica e dall interesse del consumatore, l approccio di Google, dal canto suo, è riconducibile all ideologia neoliberista statunitense incarnata dalla scuola di Chicago: i monopoli non sono nocivi di per sé; alcuni possono anche giocare un ruolo positivo. Malgrado le sue pretese di innovazione e sovvertimento dell ordine costituito, il dibattito contemporaneo sulla tecnologia rimane dunque incanalato in un alveo familiare: l informazione, considerata una merce, si integra benissimo nel paradigma liberista. Per concepire l informazione in altro modo occorrerebbe, per cominciare, sottrarla alla sfera economica. Magari considerandola come «bene comune», concetto caro a una certa sinistra radicale. Ma sarebbe molto utile domandarsi intanto perché si accetta come un dato di fatto la mercificazione dell informazione. La risposta risiede nel ruolo che la fase storica attuale assegna alla tecnologia: un deus ex machina creatore di lavoro, che deve stimolare l economia e colmare i deficit di bilancio provocati dall evasione fiscale di ricchi e multinazionali. In questo contesto, non considerare l informazione come una merce equivarrebbe per i politici a bucare il loro stesso salvagente. (...) Ritorno al XIX secolo I difensori di questo nuovo modello giustificano una simile precarietà con argomenti degni del teorico liberista Friedrich Hayek. I meccanismi autoregolatori (è il mercato a decretare la qualità dell autista o dell ospite) sono più efficaci delle leggi, dunque tanto vale sbarazzarsi di queste ultime. «Quando avremo costruito sistemi davvero in grado di auto-correggersi - assicura il noto investitori in capitali di rischio Fred Wilson - non avremo più bisogno di meccanismi regolatori». A questo scopo basta saturare la società di meccanismi retroattivi, cioè valutazioni qualitative fornite continuamente dagli attori del mercato: i pareri e i commenti degli utilizzatori. La digitalizzazione della vita quotidiana unita all avidità prodotta dalla finanziarizzazione fa presagire la trasformazione di tutto il genoma come la camera da letto in bene produttivo. Esther- Dyson, pioniera della «genomica personalizzata», azionista principale della società 23andMe, paragona la sua società a un «distributore automatico che vi permette di accedere alle ricchezze nascoste nei vostri geni». (...) Presto o tardi, i refrattari alla salvezza prospettata dall «economia della condivisione» saranno percepiti come sabotatori dell economia, e la non diffusione di dati sarà vista come uno spreco ingiustificabile di risorse suscettibili di contribuire alla crescita. Non «condividere» diventerà biasimevole quanto non lavorare, risparmiare, ripagare i propri debiti; il giudizio morale passerà la vernice della legittimità su questa forma di sfruttamento. Non può affatto sorprendere che categorie sociali schiacciate dal fardello dell austerità inizino a convertire la cucina di casa in ristorante, l automobile in taxi e i dati personali in attivi finanziari. Che altro possono fare? Ma per la Silicon Valley, stiamo assistendo al trionfo dello spirito d impresa, grazie allo sviluppo spontaneo di una tecnologia separata da ogni contesto storico, e soprattutto dalla crisi finanziaria. In realtà, questo desiderio d impresa è gioioso quanto quello dei disperati di tutto il mondo che, per pagarsi l affitto, arrivano a prostituirsi o a vendere gli organi. A volte gli Stati tentano di frenare queste derive, ma poi devono risanare i bilanci. E allora, tanto vale lasciare che Uber e Airbnb sfruttino la «miniera d oro» come meglio credono. Questo atteggiamento conciliante ha il doppio vantaggio di aumentare le entrate fiscali e aiutare i comuni cittadini ad arrivare alla fine del mese. Ma l «economia della condivisione» non sostituirà quella del debito: al contrario, il loro destino è la coesistenza. L onnipresenza dei dati, unita alla crescente efficacia degli strumenti di analisi, permetterà alle banche di vendere credito anche a una clientela ritenuta fino a oggi insolvibile ovviamente previa un attenta scrematura digitale dei cattivi elementi. FERFORMANCE DEGLI STUDENTI DELLA SCUOLA DI ARTI MARZIALI SHAOLIN FOTO REUTERS Una critica ridotta a lamentela In questo modo, start-up come Zest-Finance stanno già aiutando le banche a filtrare le richieste di prestiti on-line sulla base di criteri, fra i quali il modo di pigiare i tasti del computer o di usare il telefono. In Colombia, la giovane società di prestiti Lenddo condiziona l emissione di carte di credito al comportamento dei candidati sui social network: ognuno dei loro clic entra in una linea di conto. Un evidenza che non sfugge a Douglas Merrill, cofondatore di ZestFinance, che in home pagespiega a chiare lettere: «Tutti i dati personali sono pertinenti in termini di credito». E allora, la nostra stessa vita, integralmente osservata dai sensori che ci circondano, può iniziare a battere al ritmo del debito. Gli idioti utili della Silicon Valley risponderanno che stanno salvando il mondo. Se i poveri chiedono di indebitarsi, perché non accontentarli? Gli spiriti visionari non sono sfiorati dal dubbio che questo bisogno di credito possa dipendere dall aumento della disoccupazione, dalla riduzione delle spese sociali e dal crollo dei salari reali. Né riflettono sul fatto che altre politiche economiche potrebbero invertire queste tendenze, e rendere inutili questi meravigliosi strumenti digitali che consentono di vendere sempre più debito. Il loro unico compito e la loro unica fonte di reddito è creare strumenti per risolvere i problemi così come essi si presentano giorno per giorno, non sviluppare un analisi politica ed economica suscettibile di riformulare gli stessi problemi per affrontarne le cause. Ossessionati dalla tecnologia In ciò la Silicon Valley è simile a tutte le altre industrie: a meno che non possano trarne profitto, le imprese non vogliono un cambiamento sociale radicale. Ma Google, Uber o Airbnb dispongono di un repertorio retorico molto più ampio rispetto a JP Morgan o Goldman Sachs. Se ci viene voglia di criticare le banche, passiamo per avversari del capitalismo e di Wall Street, contrari al suo salvataggio da parte dei contribuenti: un punto di vista ormai così banale da far sbadigliare. Invece, criticare la Silicon Valley, significa essere ritenuti dei tecnofobi, stupidoni nostalgici dei bei tempi andati prima dell iphone. Allo stesso modo, qualunque critica politica ed economica formulata contro il settore delle tecnologie informatiche e i suoi legami con l ideologia neoliberista è subito considerata una critica culturale alla modernità. E il suo autore è dipinto come nemico del progresso, desideroso di raggiungere Martin Heidegger nella Foresta nera per guardare tristemente il cemento senz anima delle dighe idroelettriche. Da questo punto di vista, le continue lamentele sul declino della cultura prodotto da Twitter e dai libri elettronici hanno giocato un ruolo nefasto. All inizio del XX secolo, il filosofo Walter Benjamin e il sociologo Siegfried Kracauer consideravano i problemi posti dai nuovi media attraverso un prisma socioeconomico. Oggi, bisogna accontentarsi delle riflessioni di un Nicholas Carr, ossessionato dalle neuroscienze, o di un Douglas Rushkoff, con la sua critica bio-fisiologica dell accelerazione. Indipendentemente dalla maggiore o minore pertinenza dei loro contributi, la loro modalità di analisi finisce per separare la tecnologia dall economia. E così ci si ritrova a discutere di come uno schermo di ipad condizioni i processi cognitivi del cervello, invece di comprendere come i dati raccolti dagli ipad influenzino le misure di austerità dei governi. copyright Le Monde Diplomatique/ il manifesto Traduzione di Marinella Correggia

11 SABATO 30 AGOSTO 2014 il manifesto pagina 11 CULTURE oltre tutto LEWITT, BONALUMI E BOETTI A PORDENONE «LeWitt Bonalumi Boetti. Edizioni di grafica dal Museo Casabianca di Malo». 140 opere significative dei movimenti artistici degli anni Sessanta-Settanta. Dal minimalismo di Sol LeWitt ai lavori geometrico-concettuali di Agostino Bonalumi, al poverismo di Alighiero Boetti. Un immersione in segni e tempi che hanno anticipato molte posizioni dell arte di oggi. Sono i temi e gli artisti della mostra che sarà inaugurata il 6 Settembre a Pordenone, presso la Galleria Sagittaria. Le opere presenti saranno edizioni di grafica litografie e serigrafie complete, con 42 pezzi per LeWitt, 16 per Bonalumi, 83 per Boetti. Una proposta espositiva capace di introdurre lo spettatore nel cuore dei movimenti artistici che si svilupparono in Italia, in Europa ed in America nel corso degli anni Sessanta-Settanta. ARCHITETTURA Polemica tra «New York Review of Book» e Zaha Hadid Le morti annunciate del cantiere che verrà IL PROGETTO DI ZAHA HADID PER I MONDIALI DI CLACIO NEL QATAR. ACCANTO, UN RITRATTO FOTOGRAFICO DELL ARCHITETTA ANGLO-IRACHENA «Non parla degli incidenti mortali». Dopo le accuse, l architetta anglo-irachena querela la rivista Luca Celada L affaire Hadid è nato lo scorso febbraio quando il quotidiano inglese «The Gardian» ha riportato le «scabrose» dichiarazioni della starchitect anglo-irachena, autrice, tra le altre cose, del museo Maxxi di Roma, sulle condizioni dei lavoratori edili nell emirato del Qatar che si appresta ad intraprendere la costruzione degli stadi che dovrebbero venire utilizzati per i mondiali di calcio del Nell intervista, divenuta cause celèbre, Zaha Hadid, interrogata sulle molte centinaia di operai morti nell emirato, che molti citano come una delle buone ragioni per rivedere la decisione di tenere i mondiali in Qatar, dichiarava infelicemente che «non era suo compito come architetto preoccuparsi di risolvere tali problemi». Zaha Hadid è autrice del disegno dello stadio Al Wakrah che dovrebbe divenire il simbolo dei mondiali Qatari: un progetto radicale le cui curve fluenti hanno dato vita ad un tormentone sulla presunta somiglianza ad una vulva. La «polemica» sulle forme «eccessivamente femminili» - un giudizio apparentemente condiviso anche da alcuni vertici della Fifa - è stato respinto e giustamente criticato dalla stessa Hadid (primo architetto donna a vincere nel 2004 il premio Pritzker, una sorta di premio Nobel per l architettura) come rozzo e discriminatorio. Ma l architetto non ha aiutato la propria causa con le dichiarazioni sui lavoratori rilasciate al «Guardian», specialmente dato che, ad oggi, oltre 500 lavoratori indiani e altri 382 provenienti dal Nepal hanno trovato la morte nei letali cantieri del boom edilizio in Qatar dal giorno in cui il paese si è aggiudicato il massimo torneo di calcio. In questo contesto affermare come ha fatto, Zaha Hadid, che «non posso farci niente perchè in quanto architetto non il potere di modificare questo dato di fatto speriamo che possa essere risolto» è indice, se non di ignavia, di un fondamentale equivoco sulle responsabilità sociali proprie e dell architettura. Non a caso diversi suoi eminenti colleghi si rapidamente dissociati. Richard Rogers coprogettatore del centro Popmpidou e del Millenium Dome di Londra ha ribadito «la responsabilità che gli architetti hanno verso la società», mentre Daniel Libeskind ha invitato i colleghi ad interrogarsi sulla «legittimità delle proprie commesse». L architetta anglo-irachena non ha però fatto marcia indietro, al massimo si è lasciata andare in una precisazione, affermando che «anche in Irak ci sono molti morti che al limite mi stanno più a cuore». Una dichiarazione che ha portato molti a chiedersi chi mai potesse essere il MEETING «I confini» al Festival «Adriatico Mediterraneo» che inizia oggi a Ancona Le frontiere di un mare comune Gianni Vattimo N ostra patria è il mondo intero, nostra legge la libertà.. Il canto degli anarchici ci risuona immediatamente nella mente se appena ci mettiamo a parlare di confini. Dei quali, dunque sembra naturale diffidare. Non solo perché tanta retorica militarista ne ha fatto scempio, rendendoli odiosi, ma anche e soprattutto perché oggi sono sinonimo di una patria che si chiude e si barrica: il Canale di Sicilia, tanto per parlare di Mediterraneo, è ormai un enorme cimitero dove giacciono le vittime delle frontiere, i morti ammazzati dall ossessione securitaria che ispira molte scelte politiche. Siccome non si può assicurare un accoglienza consulente di immagine dell architetto, non certo nota per l attitudine alla conciliazione. Nel coro di critiche è spiccata quella di Martin Filler che scrive di architettura sul prestigioso «New York Review of Books». In una sua recensione di un libro (Why We Build: Power and Desire in Architecture di Rowan Moore), che parla anche delle «relazioni pericolose» fra architettura moderna ed Emirati, Filler ha dedicato un lungo ed impietoso excursus al «caso Hadid» in cui fra l altro attaca l architetta anglo-irachena per la «palese indifferenza verso i lavoratori deceduti nella costruzione dello stadio da lei progettato». Ma mentre i progetti dello stadio sono stati approvati, la costruzione non è ancora cominciata, quindi i decessi, che pur ci sono stati, non sono avvenuti come scritto da Filler durante la realizzazione dello stadio progettato dalla Hadid, che verrà infatti costruito a partire dal Da qui la decisione, la scorsa settimana, di Zaha Hadid di querelare Filler e il suo giornale per diffamazione. L azione legale, pur giustificata nello specifico (Filler ha in seguito diffuso una nota di rammarico per «l imprecisione» contenuta nel suo articolo), ha gettato altra benzina su uno scomodo affaire senza peraltro aiutare la reputazione della agguerrita architetto, anche perchè come ha titolato Paul Goldberger su Vanity Fair Zaha Hadid is still wrong. Zaha Hadid ha comunque torto per la presa di posizione sulle condizioni di vita e lavoro degli operai «importati» dal subcontinente asiatico (attualmente 1,4 milioni) per lavorare nell Emirato in condizioni che gli osservatori per i diritti civili definiscono di quasi schiavitù, con passaporti sequestrati, abitazioni inumane in campi di lavoro a 50 gradi e turni forzati. Anche se è vero che la costruzione dello stadio di Hadid e degli altri quattro progettati non è ancora iniziata, è altrettanto vero che oggi come oggi praticamente tutti i progetti edili possono ritenersi collegati ai mondiali. I cantieri richiedono inoltre il consueto enorme sforzo infrasrutturale del paese ospite. In questo caso, siamo in presenza di una nazione che ha abitanti, che è uno dei paesi più ricchi, conservatore e antidemocratico al mondo e che nei cantieri per i mondiali potrebbero perdere la vita, secondo uno studio della confederazione sindacale mondiale, altri 4000 lavoratori prima del L affare Hadid è solo una delle polemiche ai margini di una assegnazione dei mondiali che molti ritengono dovrebbe essere rivista. Mattia Cinquegrani «E siste un mondo nel quale le persone non lasciano che le cose semplicemente accadano. Loro le fanno accadere. Senza abbandonare i propri sogni fuori dalla porta, loro li realizzano e rischiano, per tracciare, ben evidenti sul terreno, le proprie impronte. È un mondo nel quale ogni nuovo giorno e ogni nuovo cambiamento offrono l opportunità di costruire un futuro migliore». Il 6 maggio 2014 ad Auburn Hills, Sergio Marchionne di fronte agli investitori internazionali decide di aprire la presentazione della nuova Fiat-Chrysler Automobilies con un breve componimento (dalla resa più banalmente retorica che poetica). Incapaci di riproporre la forza dello Yes we can di Barack Obama (ma incredibilmente simili al tono gigionescamente sognante del nostrano Matteo Renzi), nella loro scarsa originalità, le parole del manager italo-canadese accompagnano la caduta delle quotazioni borsistiche che investono il titolo nelle giornate successive alla presentazione. D altronde, gli obiettivi e le strategie prospettate da Marchionne per i diversi marchi che costituiscono la nascente Fca ricordano, nel loro impraticabile ottimismo, quelli immaginati precedentemente per Fabbrica Italia. Così, se la ristrutturazione aziendale varata nel 2010 per lo stabilimento Giambattista Vico di Pomigliano d Arco, sembra essersi rivelata nel mancato raggiungimento degli obiettivi preposti una linea di riorganizzazione produttiva e di politica sindacale, non possono non sorgere dubbi anche riguardo alla solidità del progetto Fabbrica Mondo. Se anche nel processo di acquisizione di Chrysler, Marchionne ha ottenuto, dal sindacato americano Uaw, condizioni lavorative e retributive tutt altro che favorevoli per gli operai SAGGI «C era una volta la Fiat» per Alegre L impossibile poetica della «Fabbrica mondo» dell azienda, per provare a immaginare cosa accadrà nel futuro della Fca, bisogna forse rileggere proprio la storia del progetto Fabbrica Italia e le trasformazioni che hanno riguardato le condizioni dei lavoratori, nonché il ruolo del sindacato all interno dei diversi stabilimenti italiani. È questa la storia che Salvatore Cannavò racconta in C era una volta la Fiat. La nuova Fca e lo scontro di Marchionne con il sindacato (Alegre, pp.126, euro 12) soprattutto guardando alla situazione della fabbrica automobilistica «con gli occhi di chi ci lavora e ci vive (e descrivendo) la dura vita della fabbrica fatta di ritmi ossessivi e di vere e proprie discriminazioni». L obiettivo, quindi, è di ridare visibilità a quegli operai che sono oramai stati quasi completamente esiliati dagli schermi televisivi (e, di conseguenza, dall immaginario collettivo), ma che ancora fanno andare avanti la produzione automobilistica. In questa edizione aggiornata Cannavò inserisce una interessante introduzione sulla nuova Fca e una appendice, a cura di Alberto Piccinini, sul lungo «contenzioso giudiziario che ha visto contrapporsi la Fiat alla Fiom» nel primo decennio del XXI Secolo. «Contenzioso ampio ed articolato, non certo perché la Fiom abbia scelto di privilegiare la "lotta giudiziaria" rispetto a quella sindacale, ma solo perché la strategia del più grosso gruppo industriale italiano ha perseguito l estromissione delle proprie fabbriche prima fisica e poi giuridica dei rappresentanti sindacali, e persino degli iscritti, appartanenti a quell organizzazione». La finalità del libro non è certo quella di demonizzare il cosiddetto «Miracolo Marchionne» o il suo artefice, ma di provare a rimediare alla quasi assoluta indulgenza o accondiscendenza dei media, per farne «un ritratto molto meno agiografico e più puntuale». dignitosa a tutti, meglio impedire loro di entrare. Anche e soprattutto se si pensa in prospettive non solo italiane o europee, ciò che sembra più probabile per il nostro futuro globale, come pianeta, è una lotta tra chi sta fuori e chi sta dentro, una lotta in cui volenti o nolenti, anche quelli fra noi che si sentono più aperti e moralmente impegnati a rispettare il prossimo e a coltivare ideali di umanità, si troveranno costretti ad arruolarsi. Ma chi vorrebbe vivere davvero in un mondo senza confini? Dello sconfinato come tale, del resto, ci hanno insegnato a diffidare gli antichi; al punto che anche Dio doveva essere per loro qualcuno di «finito», compiuto e de-finito, pena il non essere affatto. Il mondo diventa umano quando vi si inscrivono differenze, segni che dividono ma anche danno senso allo spazio facendone un luogo o un insieme di luoghi. La sociologia recente parla, sempre criticamente, di non-luoghi: così l aeroporto dove, secondo un film di qualche anno fa, si trova a vivere un apolide a cui è vietato entrare nel paese, è angosciante anche perché è un non-luogo, sebbene rappresenti il colmo della segregazione. E del resto coloro che le nostre polizie vogliono tener lontani dalla nostre frontiere non desideranosemplicemente abolire i confini, vogliono entrare in un luogo precisamente delimitato, proprio per le caratteristiche che esso specificamente possiede: cibo, tranquillità interna, forse persino un lavoro e la possibilità di progettarsi un avvenire.. Possiamo legittimare filosoficamente i confini? Potete cibarvi dei frutti di tutti gli alberi del giardino dell Eden tranne che di uno, dice il Creatore ai progenitori, E l antropologia teorizza il tabù dell incesto - un divieto non motivato biologicamente, ma che funziona proprio solo come una prima linea di separazione. Il mondo diventa umano, lasciandosi alle spalle la foresta primitiva, quando è marcato da segni, che sono sempre anche principi di inclusione ed esclusione. È una specie di peccato originale della civiltà, come se fosse impossibile dare forma al mondo senza stabilire delle gerarchie. Del resto non conosciamo alcuna forma di divisione del lavoro sociale che sia unicamente ispirata a ragioni funzionali, che cioè non implikchi sempre anche la diferenza tra chi comanda e chi ubbidisce. Solo l estetica ci può salvare. Provate a pensare: se foste assessore alla cultura di un comune multietnico che cosa fareste per favorire la pacifica convivenza tra le diverse comunità del vostro territorio? Per esempio un festival delle cucine tipiche di ciascuna; una mostra di prodotti artigianali tipici; un serie di conferenze su usi, costumi, credenze degli uni e degli altri. Davvero funzionerebbe? Forse sì e forse no. Finché rimangono le differenze (di base), quelle tra ricchezza e povertà, la «mitigazione estetica» ha possibilità limitate. L esempio di una politica estetica multiculturale ha però un suo senso: dei confini non possiamo liberarci del tutto, come del peccato originale. Possiamo però oltrepassarli continuamente con l ironia, con il farli servire alla qualitàdella vita come antidoto alla noia e alla routine. INCONTRI Alcune date per «Adriatico mediterraneo» I confini sono il tema portante di «Adriatico Mediterraneo», il festival che inizia oggi e che fino al 6 settembre si snoderà tra Ancona e Senigallia. Uno sguardo particolare sarà dedicato alla Bosnia Erzegovina, anche se non mancheranno incontri e spettacoli dedicati agli altri paesi che si affaciano sul Mediterraneo. Oltre all incontro, che vedrà Gianni Vattimo come relatore e del quale pubblichiamo il testo del suo intervento (ore 21.30, alla Corte Mole Vanvitelliana di Ancona), Remo Bodei terrà una lectio magistralis su «Confini e generazioni» (2 settembre, ore 21.30, Corte Mole Vanvitelliana, Ancona). Il programma completo è consultabile nel sito Internet:

12 pagina 12 il manifesto SABATO 30 AGOSTO «She s VISIONI Funny That Way», l atteso ritorno di Peter Bogdanovich, fuori concorso. Un capolavoro di leggerezza con rimandi al cinema classico Vite meravigliose a Manhattan Un omaggio alla screwball comedy, a Lubitsch e Howard Hawks, fitto di gag, equivoci, battute e battibecchi. Con un cast di nomi eccellenti: Owen Wilson, Jennifer Aniston. E i cameo di amici del regista tra i quali Quentin Tarantino Cristina Piccino VENEZIA D alla finestra della sala stampa si vede il mare: bello, azzurro, calmissimo sotto al sole di fine estate. È uscito per voi, cioè noi festivalieri, ripetono come in un mantra i commercianti del Lido che non ricordano una stagione estiva pessima e disastrosa come questa. Meteorologicamente parlando, perché poi l economia in crollo è indipendente da sole e pioggia. La Darsena rimodellata si sta rivelando efficace. Rifatta la struttura, poltrone comode, una qualità di proiezione alta non sono dettagli da poco. Intorno sono stati disseminati sul praticello verdissimo cuscini e punti relax, capita di vedere qualcuno che dorme, un altro che scrive sms, o legge, o semplicemente fissa il cielo finalmente limpido. «Un ossessione non è un emergenza ci devi convivere tutta la vita». Nelle strade di New York, shopping bag, cane lupo al guinzaglio e fidanzato che arranca balbettando la frase sbagliata, l analista, scatenata Jennifer Aniston, aggredisce l ennesimo paziente ereditato dalla madre in disintossicazione, un vecchio giudice ossessionato da una giovane call girl che ha il dono di farlo sentire speciale. Lei si chiama Izzy, o Glo Sticks come la conosce lui, è una ragazza bionda, vive a Brooklyn fa la squillo e sogna di essere attrice. Adora Marilyn ma il suo mito è l irresistibile Holly Golightly di Audrey Hepburn in Colazione da Tiffany. She s Funny That Way, ritorno al cinema di Peter Bogdanovich, autore anche della sceneggiatura con la moglie Louise Stratton, è un film magnifico e commuovente, ed erano in molti a chiedersi uscendo dalla proiezione mattutina perché non sia in concorso. Prodotto da Wes Anderson e Noah Baumbach, un cast di nomi eccellenti come Owen Wilson, Jennifer Aniston, la bellissima Imogen Poots, il Will Forte di Nebraska, Rhys Ifans e forte di camei di amici del regista come Quentin Tarantino, Michael Shannon, Tatum O Neal, Cybille Sheherd, Colleen Camp. C è pure il geniale Austin Pendleton, star di Ma papa ti manda sola? e di altre commedie anni 70, è un omaggio alla screwball comedy di gag, equivoci e battute, e battibecchi. A Hawks e a Ernest Lubistsch che attraversa il film e lo chiude con alcuni fotogrammi di Cluny Brown (Fra le tue braccia) e alla cinefilia amorosa con la guest star finale sorpresa ancora più geniale se arriva inaspettata. La «She» del titolo è appunto Izzy Flinkstein, la bravissima Imogen Poots, divenuta Isabelle per recuperare la parte dolce di di sé Patterson, star hollywoodiana (celebrities direbbe Inarritu) in ascesa che racconta la sua storia a una pungente giornalista. E tra i flashback dei suoi turbolenti esordi mescola osservazioni sulla vita, sul caso, sull amore, sui sogni, magari ogni tanto eccede però come ribatte alle ironie dell intervistatrice, la memoria non è una videocamera. La sua, e quella di Bogdanovich, è piuttosto una continua dichiarazione d amore al cinema classico, al gioco di attori, a quell era d oro di Hollywood che per il regista de L ultimo spettacolo è stato il momento più alto nell immaginario americano. La fanciulla, soave e sorridente, era una escort ma definirsi una musa per i suoi clienti, li ispirava infatti al punto che erano tutti divenuti dipendenti da lei (la mia droga si chiama Izzy) che credeva nel rosa e che ridere fa perdere calorie (Audrey Hepburn) finisce una sera nella stanza al Barclay di New York di un famoso regista di Broadway, Arnold Albertson coi tempi comici perfetti di Owen Wilson, che passa con lei tutta la notte e poi le regala trentamila dollari per realizzare i suoi sogni, facendosi promettere di non prostituirsi più. Le parla degli scoiattoli e di chi va a Central Park a dargli da mangiare, ma il fatto è che la prima audizione è proprio per lo spettacolo di Arnold, sposatissimo con l attrice protagonista di tutti i suoi lavori naturalmente ignara dei ripetuti tradimenti del marito. Tutto accade tra l audizione che Izzy vince e le prove dello spettacolo fino al suo debutto (non è il Carver di Inarritu ma insomma ), un intreccio di malintesi e «sliding doors», di porte di albergo che si aprono e che si chiudono, ascensori che salgono troppo in fretta, vendette in scena, siamo pur sempre tra attori, detective privati. E i grattacieli di Manhattan coi ristoranti italiani dove se una coppia si da appuntamento è chiaro che gli altri arriveranno là. La storia la conosciamo già ma poco importa perché senza supereroi e effetti speciali, Bogdanovich ci incolla alla sedie, con riso, emozione, ironia raffinata, un gusto del cinema di pura messinscena, di perfezione lieve e irresistibile. WISEMAN LEONE ALLA CARRIERA «La forza motrice di un film è la scelta delle immagini» Un lungo applauso per Fred Wiseman, Leone alla carriera «per la prima volta a un documentarista» a Venezia 71. Un premio come ha sottolineato il direttore della Biennale Antonio Barbera durante la cerimonia che: «ci invita a riconsiderare il cinema documentario nella storia del cinema, non figlio di un Dio minore ma una delle due vie maestre intraprese sin dagli inizi della cinematografia». Un cineasta tout court Wiseman, di fatto, per cui non c è differenza col cinema di finzione: «mi rifaccio da sempre alla letteratura che ho iniziato ad amare a cinque anni e, al pari di uno scrittore, costruisco i miei film, senza voler spiegare il mondo, tanto meno cambiarlo, fornendo più informazioni possibili nel sondarne la complessità». Usa parole semplici, il maestro dello sguardo che riesce a trasmettere con la forza delle immagini, la realtà. Come si fa? «Riflettere sull esperienza, scoprirne il significato, analizzare ciò che sta accadendo nel visionare il girato e chiedersi, ad esempio, perché quella persona ha fumato una sigaretta? La forza motrice in un film è la scelta delle immagini e dei suoni, a sua volta nutrita dall idea che si vuole comunicare. Detesto i film didattici, quanto le interviste e la voce fuori campo: disturbano la visione, il pubblico va coinvolto affinché si possa creare la sua opinione!» Lido/IL CINEASTA SUL SET DOPO TREDICI ANNI «Amo sentire ridere la gente, è il più bel regalo per noi registi» Elfi Reiter VENEZIA D opo tredici anni di assenza torna sul grande schermo la leggenda «Hollywood ha sbagliato a gettarsi solo su cartoon, serial e grandi kolossal» del cinema indipendente Peter Bogdanovich (Hollywood Confidential risale al 2001), fuori concorso, con l esilarante commedia She s funny that way. Ci voleva Wes Anderson come capitano di questa nave immaginaria che si muove in territori vicini e lontani, nel senso reale e metaforico per realizzarlo. «Siamo amici da sempre», ammette con gratitudine l autore di film memorabili come L ultimo spettacolo (1971) e Ma papà ti manda sola? (1972 con Ryan O Neal e Barbra Streisand). L idea però nasce ben prima, ai tempi di Saint Jack in concorso a Venezia nel 1979, con Ben Gazzara nel ruolo di Jack Flowers, un reduce della guerra in Corea che si era fermato in Singapore per gestire un bordello alla faccia della mafiosa Triade cinese. «Usavamo escort girl vere per girare molte scene - spiega il regista classe e pagammo loro somme extra di denaro per toglierle da quel giro infame, da qui l idea chiave per She s funny dove il protagonista Arnold (Owen Wilson) distribuisce fior fior di dollari alle call girl. Si aggiunge la mia passione per Cluny Brown (Fra le mie braccia, 1946) di Ernst Lubitsch, dove la battuta sulle teste rape per scoiattoli funge da fulcro narrativo a questo film che più che un rimando alla commedia svitata vedo più come una commedia romantica», sottolinea ancora con tocco da studioso Peter Bogdanovich, che accanto all attività di regista ha svolto anche quella di storico e critico oltre a quella di sceneggiatore, attore e produttore. E in questa sua nuova opera si vede anche una New York romantica, ed è la seconda che gli capita di girare nella città della grande mela, nella capitale della cultura underground dopo e tutti risero nel 1981: «Ci sono nato, molti dicono che è molto cambiata come città, invece no, è un luogo di grande ispirazione per me», risponde a chi gli chiede, se la New York un po old fashion e quello stile di vita esiste ancora oggi. Alla domanda rivolta all interprete di Isabella Patterson alias Izzy Glo Stick, Imogen Poots, se quel genere di teatro non sia un po retrò, lei afferma che: «è contemporaneo, riflette un po le atmosfere da home movie, testimoni di una New York bellissima, romantica, che adoro, ma c è sempre un taxi che ti aspetta per ricondurti nella tua vita frenetica personale». Bogdanovich ribatte che: «anche quello è sapore autentico newyorkese, ho iniziato come attore e regista a teatro». Per meglio comprendere la domanda rivoltagli in italiano, pulisce le cuffie del servizio di traduzione simultanea come un paio di occhiali con un fazzoletto di carta, e dopo aver ascoltato in silenzio concentrato il giornalista che vuole sapere come mai nessuna major produce più una di quelle tipiche sophisticated comedies, a parte Woody Allen, gli scappa un graffiante: «non voglio mordere la mano che non mi dà cibo» per poi aggiungere che la grande fucina dei sogni aveva sbagliato direzione buttandosi a capofitto su cartoni animati, serial e grandi colossal. «Personalmente amo i piccoli film, il cinema indipendente che si fa grazie a persone come Holly Wiersma e Logan Levy che hanno reso possibile questo film (seduti accanto a lui, i due figurano tra i produttori assieme a Louise Stratton, ex moglie e anche co-sceneggiatrice con lo stesso Bogdanovich, e Georges Drakoulias, ndr). Dall amico Roger Corman, che mi aveva fatto esordire al pari di un Jack Nicholson o Martin Scorsese, ho imparato come fare il cinema rubando scene e location. Scherzi a parte, come al solito abbiamo girato molto velocemente; questo l abbiamo fatto in ventinove giorni, anche grazie a un cast e produttori che lo hanno reso possibile. Amo sentir ridere la gente. Un tempo lo faceva Lubitsch. Ricordo Cary Grant quando un giorno mi disse: vai al Music Hall, sali in galleria e ascolta seimilacinquecento persone che ridono, fa bene al cuore! Sì, mi ha fatto bene al cuore, è un regalo, anzi, il più bel regalo che un regista può fare al suo pubblico!»

13 SABATO 30 AGOSTO 2014 il manifesto pagina 13 VISIONI MARIA CALLAS La discografia sopravvive anche grazie al catalogo classico. La Warner ha infatti rimasterizzato tutte le incisioni registrate fra il 1949 e il 1969 di Maria Callas per la Emi e Columbia e le lancerà, su supporto fisico e digitale, il 23 settembre in un cofanetto mastodontico di 69 cd, tutti rimasterizzati in 24 bit. Il progetto - solo con le prenotazioni - è già primo su itunes classica. DE PRODUCERS AI Deproducers, il collettivo artistico composto da Vittorio Cosma, Gianni Maroccolo, Riccardo Sinigallia e Max Casacci, è andato il Premio di Assomusica (Associazione Italiana dei Produttori ed Organizzatori di musica dal vivo) per «Just one day» il brano inserito nella colonna sonora di «One day» il film di Salvatores presentato Fuori Concorso a Venezia. OWEN WILSON IN «SH ES FUNNY THAT WAY» A SINISTRA JENNIFER ANISTON CON PETER BOGDANOVICH, SOTTO IL REGISTA AL LIDO /FOTO REUTERS IN LAGUNA Tatti Sanguineti e il «Divo» Giulio Tatti Sanguinetti presenta a Venezia Classici Doc, come regista, il documentario «Giulio Andreotti - Il cinema visto da vicino» sul divo Giulio e la settima arte. Il doc è costruito con il montaggio di spezzoni di film e d'epoca alternati all intervista che Andreotti aveva concesso, a 'puntate, a Sanguineti e Pier Luigi Raffaelli dal 2003 al Domande e risposte sferzanti: «Certo perché io non sono Bruno Vespa - dice Sanguineti - non sto nel minestroncino riscaldato della settimana politica appena trascorsa. Svario, sono sorprendente». IN LAGUNA/2 L udienza restaurata in Sala Volpi L ossessione di Enzo Jannacci era quella di incontrare il Papa. Enzo Jannacci nei panni di Amedeo, naturalmente, diretto da Marco Ferreri nel 1971 e circondato da un cast che va da Claudia Cardinale a Ugo Tognazzi, da Vittorio Gassman a Michel Piccoli. È «L udienza» il primo restauro che la Cineteca di Bologna, in collaborazione con il Museo Nazionale del Cinema di Torino e Cristaldi Film, presenta a Venezia. Oggi alle in Sala Volpi (replica domani alle ore 11.15). A introdurre la prima proiezione sarà Michel Piccoli. IN GARA «ANIMA NERA» DI FRANCESCO NUNZI Ritratto di famiglia criminale in Aspromonte Silvana Silvestri VENEZIA I l viaggio che compie Francesco Munzi in Anima nera (nelle sale il 18 settembre) è un po come quello di tanti italiani accompagnati per mano in Calabria dalla cronaca e dalla televisione. Neanche lui sapeva cosa avrebbe incontrato in questa esperienza che lo avrebbe messo a confronto con una terra che conosceva poco, ma poiché il cinema lo controlla bene (fin dal suo esordio Saimir che fu presentato proprio a Venezia nella sezione Orizzonti, da Il resto della notte, che era alla Quinzaine di Cannes) ha preso spunto dal romanzo di Gioacchino Criaco (edito da Rubettino) per esplorare l'aspromonte. Sarebbe insostenibile un altro film sulle mafie del sud, il dialetto, i personaggi da serie tv e tutto il folklore che li accompagna, non fosse che qui lo sguardo si fa più sottile nel delineare i personaggi, come se il regista compisse un lavoro di allontanamento dagli stereotipi per mezzo dello stile. Due fratelli appartenenti alla 'ndrina hanno poche idee in testa, quel tanto che basta a controllare gli affari di droga e a investirne i proventi al nord: Luigi (Marco Leonardi, con lui prosegue alla perfezione la saga dei malavitosi all'italiana) è un trafficante internazionale, Rocco (Peppino Mazzotta, l'ispettore Fazio nella serie Montalbano) passerebbe inosservato, inserito nella sua attività milanese di imprenditore edile. Il terzo fratello, il maggiore (Fabrizio Ferracane), fa il pastore ed è rimasto al sud con la sua famiglia, nel paese dove il padre, pastore come lui, coinvolto in un rapimento fu ammazzato e certo qualche oscuro pensiero è rimasto nella sua testa. Ma i pensieri di vendetta li ha tutti elaborati il figlio Leo che non aspetta altro che di maneggiare il fucile. Quando, come fosse una ragazzata, spara alla vetrata del negozio della famiglia «nemica» non capisce di aver riattivato un incendio che covava sotto la cenere da anni. A causa sua gli zii dovranno scendere a controllare la situazione che già ha messo in moto nuove alleanze. La definizione dei personaggi meno standardizzata del solito potrebbe anche funzionare, la scelta dei luoghi con la montagna incombente che precipita a mare aggiunge all intreccio un senso di rovina: siamo ad Africo, dove nel paese vecchio non restano che macerie e nella città nuova scheletri di case non terminate, luogo devastato da terremoto e alluvioni, da povertà e faide, paese che votò compatto nel 46 per la monarchia, dove non esisteva neanche una scuola, paese spazzato via dall'alluvione del 51, ricostruito poi a fatica mentre la gente continuava a vivere a lungo nei campi profughi, le inutili lotte contro la mafia, i voti comprati, le collusioni, una storia che non finisce mai. Corrado Stajano ne racconta la prima parte nel suo libro Africo, una cronaca italiana di governanti e governati, di mafia, di potere e di lotta uscito nel 79. Tutto l antefatto è una catastrofe storica, il film distilla figure e fatti attraverso pochi personaggi, lascia intatte le antiche caratteristiche di comportamento (guardarsi alle spalle, tenere la schiena dritta, unità della famiglia) anche in questo caso con poche battute: in Calabria non c è bisogno di parlare. Gli eventi precipitano quando Leo invece di aspettare imbraccia il fucile e vorrebbe farsi giustizia da solo (questo ci sembra un elemento poco credibile in una famiglia del sud dove il controllo sui componenti è simbiotico e un capo mafia avrebbe sempre un incarico all estero da assegnare a un componente della famiglia che non si comporti a dovere). Munzi ha intuito bene che non c è posto in quella terra per Dioniso ma solo per le Furie. «La scommessa era entrare in una famiglia criminale, dice il regista, e mostrarne gli aspetti antimitici, mantenendo un giusto equilibrio tra empatia e compassione, ma anche senza tralasciare uno sguardo critico, lavorando sui cliché per sottrazione. Quello che mi ha colpito di più dell Aspromonte è stato il contrasto forte tra un aspetto arcaico, come i riti pagani, e la modernità. E l atteggiamento diffuso, che non conoscevo, di poca fiducia nello stato. Sentivo parole come 'colonia', 'invasori'». Intanto per rendere possibile la realizzazione del film senza attriti sono stati creati per un anno laboratori di scrittura e di recitazione per gli abitanti del posto, offrendo poi una possibilità di lavoro, uno stile che Arcopinto (che partecipa alla realizzazione) ben conosce. VENEZIA CLASSICI L incontro di Amir Naderi con Arthur Penn nel 2005 Le bugie della Storia Giuliana Muscio VENEZIA M ise en scène with Arthur Penn, a Conversation è un dialogo intimo e allo Una conversazione intorno ai film e alle persone che hanno influenzato la vita del maestro americano stesso tempo tecnico che Amir Naderi intrattenne nel 2005 con Arthur Penn, il regista di Bonnie and Clyde, Piccolo grande uomo, Alice s Restaurant, Bersaglio di notte, ovvero con l Autore di un cinema che negli anni Settanta ha riconvertito i generi cinematografici al racconto di un America contradditoria e violenta. Il film dura quasi quattro ore (ma ce n è ancora due di girato); Fuori Orario, che ne è coproduttore, lo trasmetterà domani notte. Naderi aveva incontrato Penn attraverso Jonathan Demme; per sei mesi il loro era stato un dialogo informale, ma quando si è reso conto di essere entrato in sintonia col collega, l aveva convinto a filmare la conversazione (a patto di essere solo loro due nella stanza, aveva chiesto il regista americano). All inizio Penn sembra distratto, oltre che molto timido, ma man mano si scioglie, si apre, scherza (e ricorda che gli piace e sa dirigere la commedia, anche se l ha fatto in prevalenza a Broadway). Le domande di Naderi ora tecniche (quante cineprese ha usato in Anna dei miracoli) ora personali (la prima volta che ha fatto l amore) stimolano il regista americano, che non è mai evasivo nelle sue risposte, e le quattro ore volano, a seguire il fitto conversare e le sue digressioni. Il dialogo ha tre temi: la vita (non la «biografia») di Penn, le sue esperienze e le persone che lo hanno influenzato; i suoi film visti nel contesto della storia del cinema americano (paragonando le donne di Ford e Hawks, o con apprezzamenti per George Stevens e meno per Manckievicz; meglio il Kazan teatrale che quello cinematografico; ma si parla anche di Bertolucci, Pasolini e Nouvelle Vague) e naturalmente la mise en scène. Penn fa la dichiarazione programmatica che l uso del linguaggio del cinema è parte della storia stessa; che tecniche di ripresa e montaggio sono il significato stesso della scena. I due discutono quindi di singole sequenze, i cui dettagli Naderi evoca con precisione, per spiegarne le scelte di montaggio, sottolineando l importanza del ritmo, appresa da Penn in tv, la regia degli attori (con l uso di long takes per dar loro il tempo di sviluppare l emozione) e il lavoro metodico con gli sceneggiatori. Il tutto raccontato in un inquadratura ravvicinata fissa, senza montaggio di clip. Vita difficile quella del bambino Penn poiché la madre, separatasi dal marito orologiaio, dovendo badare al primogenito Irving (diventato poi un noto fotografo), cagionevole di salute, aveva mandato Arthur a vivere con altre famiglie, per fortuna animate da figure di donne belle e materne, la cui grazia aveva lasciato una traccia non priva di un certo erotismo, nel suo ricordo. Questo abbandono, il fatto che madre e padre dessero per scontato che poteva farcela da solo e che non lo stimassero quanto il fratello, aveva creato in lui una grande rabbia, di cui parla apertamente quando Naderi gli chiede da dove viene la violenza così forte, sia dal punto di vista visivo che emotivo, dei suoi film. L altra componente che Penn cita per rispondere a questa domanda è l esperienza personale durante la seconda guerra mondiale, gli anni in fanteria, a vedere che la gente quando muore non tira un sospiro e china la testa come nei film, ma il corpo si contorce, il sangue sgorga a fiotti e i gemiti sono strazianti. Di questo si è ricordato per il finale di Bonnie and Clyde, sequenza in merito alla quale Penn racconta anche l uso di più macchine da presa, come era stato abituato a fare in televisione e che fece allora scandalo a Hollywood. Si trattava di quattro cineprese che riprendevano in sincrono l azione; perché un altro tratto caratteristico del suo stile era la frammentazione del punto di vista - la storia raccontata dal punto di vista di più personaggi, come in Piccolo grande uomo. In merito a questo film, che è il più emblematico forse del modo in cui Penn aveva rimesso in discussione la storia del suo paese e i suoi pregiudizi (razziali, culturali e sessuali), il regista, nella lunga conversazione, attacca il concetto stesso di Storia nazionale, ricordando che «La Storia è la bugia in cui decidiamo di credere.» CONCORSO Ramin Bahrani racconta il dramma degli sfrattati travolti dalla crisi Usa e dagli immobiliaristi squali «99 Homes», scelte di resistenza tra cinismo e redenzione C.Pi. VENEZIA L a dedica è per Roger Ebert, da poco scomparso, e in 99 Homes, in concorso, il nuovo film di Ramin Bahrani scritto insieme a Amir Naderi, è qualcosa di più di un affettuoso omaggio a un critico che ha accompagnato molte generazioni di cineasti - e anche amato moltissimo il lavoro di questo regista nel 2010 da lui nominato cineasta dell anno. C è infatti uno sguardo che attraversa gli orizzonti del cinema americano a partire da un pugno di storie primarie: il bene contro il male, i buoni contro i cattivi, il sogno americano di utopia e ce-la-posso-fare per tutti. Solo che siamo negli anni zero di recessione e pochi scrupoli, gli eroi fuori dai costumi super non riescono più a essere tali, e l uomo medio deve cavarsela come può. Essere onesti, troppo onesti almeno, è diventato un lusso. È quanto accade al protagonista, Dennis Nash l attore inglese Andrew Garfield operaio rimasto senza lavoro che non riesce a pagare le rate del mutuo, e si ritrova con la famiglia la madre, Laura Dern, e il figlietto - per strada. Ci vogliono pochi minuti perché il giudice decida che la casa per la quale si è «spaccato la schiena» diventi proprietà della banca, e altrettanti perché due poliziotti e l implacabile agente immobiliare Rick Carver Michael Shannon questi giorni sui nostri schermi in Mud di Jeff Nichols - li sbattano fuori con tutte le loro cose, destinazione uno dei tanti motel pieni di altri come loro massacrati da mutui strozzini, banche e immobiliaristi gangster, e ridotti a vivere in una camera. Il ragazzo però non si rassegna, la sua casa la rivuole e non lo convincono le parole dell immobiliarista, le case sono solo scatole non ci si deve affezionare, perché Nash è disposto a tutto. Anche a lavorare per lui, diventando il suo uomo di fiducia, quello che sta dall altra parte e fotte chi sta ora al suo posto: famiglie con bambini piccoli, vecchi soli, madri sole senza soldi, tutti disperati, ingannati da quegli agenti immobiliari che percorrono le strade di Orlando, Florida, a caccia di case, che «bonificano» i quartieri, e truffano il governo in un sistema però che glielo consente. Un giro di soldi miliardario. Le 99 case del titolo sono le 100 necessarie per l immobiliarista all affare del successo meno una, di un tizio che si oppone legalmente, quel 99 possibilità su cento che oggi secondo il regista governa il mondo, tanto è lo spazio per l onestà. Eppure è davvero impossibile resistere? Ecco, è questa resistenza che cerca Bahmani, senza effetti speciali e senza spingere sui toni con scene madri, sangue, gesti ultimativi. Per questo però il doppio passaggio dell operaio, tra scelte ciniche e «redenzione», arriva in modo poco credibile, privo dell ambiguità disperata che fino a quel momento sembrava la pulsione profonda dei suoi gesti. Imposto perché vogliamo crederci, fino a inghiottire tutto il resto. Speculazioni comprese.

14 pagina 14 il manifesto SABATO 30 AGOSTO 2014 NUOVA FINANZA PUBBLICA Beni comuni in borsa Marco Bersani R enzi peggio di Berlusconi. Se quest ultimo, non più tardi di due mesi dalla straordinaria vittoria referendaria sull acqua del giugno 2011, aveva provato a rimettere in campo l obbligatorietà della privatizzazione dei servizi pubblici locali (bocciata l anno dopo dalla Consulta), Renzi con il «pacchetto 12» contenuto nello «Sblocca Italia» fa molto di più. Questa volta non si parla «solo» di privatizzazione, bensì di obbligo alla quotazione in Borsa: entro un anno dall entrata in vigore della legge, gli enti locali che gestiscono il trasporto pubblico locale o il servizio rifiuti dovranno collocare in Borsa o direttamente il 60%, oppure una quota ridotta, a patto che privatizzino la parte eccedente fino alla cessione del 49,9%. Se non accetteranno il diktat, entro un anno dovranno mettere a gara la gestione dei servizi; se soccomberanno otterranno un prolungamento della concessione di ben 22 anni e 6 mesi! Come già Berlusconi, anche Renzi si mette la foglia di fico di non nominare l acqua fra i servizi da consegnare ai capitali finanziari; ma, a parte il fatto che il referendum non riguardava solo l acqua, bensì tutti i servizi pubblici locali, è evidente l effetto domino del provvedimento, sia sulle società multiutility che già oggi gestiscono più servizi (acqua compresa), sia su tutti gli enti locali che verrebbero inevitabilmente spinti a privatizzare tutto, anche per poter usufruire delle somme derivanti dalla cessione di quote, che il governo pensa di sottrarre al patto di stabilità. Nel pieno della crisi sistemica, ecco dunque il cambio di verso dello scattante premier: non più l obsoleta privatizzazione dei servizi pubblici locali, bensì la loro diretta consegna agli interessi dei grandi capitali finanziari, che da tempo attendono di poter avviare un nuovo ciclo di accumulazione, attraverso «mercati» redditizi e sicuri (si può vivere senza beni essenziali?) e gestiti in condizione di monopolio assoluto (per un solo territorio vi è un solo acquedotto, un solo servizio rifiuti). Da queste norme, traspare in tutta evidenza l idea non tanto dell eliminazione del «pubblico» quello è bene che rimanga, altrimenti chi potrebbe organizzare il controllo sociale autoritario delle comunità? - bensì della sua trasformazione da erogatore di servizi e garante di diritti, con un eminente funzione pubblica e sociale, in veicolo per l espansione della sfera d influenza degli interessi finanziari sulla società. Naturalmente, è ancora una volta la Cassa Depositi e Prestiti (Cdp) a essere utilizzata per questo enorme disegno di espropriazione dei beni comuni: come già per la dismissione del patrimonio pubblico degli enti locali, è già allo studio un apposito fondo per finanziare anche la privatizzazione dei servizi pubblici locali. Emerge, oggi più che mai, la necessità di una nuova, ampia e inclusiva mobilitazione sociale, che deve assumere la riappropriazione della funzione pubblica e sociale dell ente locale come obiettivo di tutti i movimenti in lotta per l acqua e i beni comuni, e di una nuova finanza pubblica, a partire dalla socializzazione di Cdp. E, poiché, il disegno di espropriazione dei servizi pubblici locali viene portato avanti con il pieno consenso dell Anci, espresso a più riprese dal suo presidente Fassino, non è il momento per i molti sindaci che ancora non hanno abdicato al proprio ruolo di primi garanti della democrazia di prossimità per le comunità locali, di iniziare a ragionare su un aggregazione alternativa degli enti locali, fuori e contro un Anci al servizio dei poteri forti? * Attac Italia EMILIA ROMAGNA Sabato 30 agosto LIBERAFESTA Tra gli appuntamenti del giorno (19.15) Daniela Spiga incontra Lidia Menapace, autrice del libro «Io, partigiana. La mia Resistenza», a seguire (21) serata ANPI e Libera «Mafia e fascismo: due montagne di merda» Simeone del Prete discute con Adelmo Cervi (figlio di uno dei sette fratelli Cervi), autore del libro «Io che conosco il tuo cuore. Storia di un padre partigiano raccontata dal figlio» e con Dina Lauricella (giornalista di Servizio Pubblico La7) e Rosalba di Gregorio (avvocato), autrici del libro «Dalla parte sbagliata. La morte di Paolo Borsellino e i depistaggi di via D Amelio». Domani (21) iniziativa politica «Per un'alternativa regionale: verso le elezioni», Antonella Caranese discute con Sara Visintin, vice segretaria PRC Emilia Romagna, Mauro Alboresi, segretario regionale PdCI Emilia Romagna, Nando Mainardi, Responsabile nazionale Welfare PRC, Cristina Quintavalla, del comitato «L'Altra Europa con Tsipras» di Parma, Piergiovanni Alleva, giuslavorista e Ivano Marescotti, attore e candidato L Altra Europa con Tsipras. Centro sociale La stalla, via Serraglio, 20, Imola (Bo) LAZIO Giovedì 28 agosto LIBRI ALL ARIA Prima edizione di «Libri all Aria», il Festival del libro e dell editoria che si terrà dal 28 al 31 agosto. Tra gli appuntamenti delle giorante Marco Travaglio con «È Stato la mafia» (ed. Chiarelettere), Marco Damilano («Chi ha sbagliato più forte» ed. Laterza), Federico Moccia («Sei tu» ed. Mondadori), Giuliana Sgrena e il suo «Rivoluzioni violate» (ed. Il saggiatore), e un incontro «A tu per tu» tra Folco Quilici e Corrado Ruggeri. Pineta Monumentale Federico Fellini, Fregene (Roma) a Federico Fellini Martedì 2 settembre, ore LAVORATORI UNITEVI Presentazione del volume Prima Internazionale. Lavoratori di tutto il mondo, unitevi! A cura di Marcello Musto. Intervengono: Maurizio Landini e Mario Tronti. Coordina Claudio Sardo. Sarà presente il curatore del volume Fondazione Basso,via della Dogana Vecchia, 5, Roma LIGURIA Sabato 30 agosto, ore DIALOGHI AL FESTIVAL DELLA MENTE Gianni Berengo Gardin sarà protagonista del Festival della Mente di Sarzana ( in dialogo con Roberto Koch. L incontro avviene a pochi giorni dall uscita de Il libro dei libri (Contrasto), il volume che raccoglie tutti i titoli (oltre 250) pubblicati dal grande maestro della fotografia nel corso della sua lunghissima carriera. Scrivere con la macchina fotografica, è questo il titolo dell evento in cui Berengo Gardin, guidato da Koch, ripercorrerà a ritroso il suo percorso professionale che è sempre stato caratterizzato anche dal amicizia con grandi personaggi della scena culturale internazionale. Info e programma: Sarzana PIEMONTE Domenica 31 agosto CRITICAL WINE Si svolge domani la seconda edizione del Casale Critical Wine che vedrà protagonisti vignaioli d'eccellenza del dinamico mondo del vino naturale. Un'occasione unica per incontrarsi e confrontarsi, degustare e chiaccherare, prima dell'inizio della vendemmia. I produttori saranno presenti agli stand dalle 10 alle 19 Circolo Pantagruel, via G. Lanza, 28, Roma Tutti gli appuntamenti: eventiweb@ilmanifesto.it COMMUNITY le lettere Ciao a tutti, sono Pedro. Sono il cantante della band dove Giorgio suonava, i Court. Eravamo tutti ansiosi di tornare a fare prova, anche perché Giorgio era stabilmente nella band, con lui avevamo tutto un nuovo sound "tastieroso" prog anni 70 /primi 80, fantastico...tanti progetti, il nostro nuovo studio in fase di completamento, un nuovo disco da fare... Mi mancherà tantissimo, ci mancherà tantissimo. Vi lascio alcune foto: una l ho scattata in occasione del concerto (poi annullato in corso per maltempo) lo scorso 12 luglio per una festa della Croce Rossa. Vi racconto un aneddoto: ormai l organizzazione aveva annullato l evento, ma noi (e Giorgio come si vede nella foto), mentre i fonici smontavano tutto intorno a noi, avevamo continuato a jammare sul palco con il gruppo spalla per 45 minuti e più... Giorgio ci aveva dato dentro di brutto! Notate la fantastica abat-jour che troneggia sul Wurlitzer! A Giorgio era piaciuta molto, avevamo deciso di renderla parte integrante del suo setup! (assieme alle 1000 tastiere...!) Le altre foto sono di sessioni di prova e "setup" del suo enorme sistema di tastiere. Che risate!!! Mi piace ricordare Giorgio che improvvisava col "solito" gusto, e quando suonava neanche guardava la tastiera: guardava intensamente (con occhio stranito talvolta) chi suonava con lui... Continua a guardarci, Giorgio... Un abbraccio a tutti voi. Marco Pedrini Giorgio l ho conosciuto nella redazione milanese nel lontano La prima cosa che notai, sono musicista, che a fianco della sua scrivania c era un basso elettrico! Parlammo subito di musica, era inevitabile. Lui era un appassionato di Raggae, ma certamente il suo era un raggae da combattimento: era sempre con gli umili ed i derelitti (che a Milano non mancano). Attento alle istanze sociali, mai spocchioso, anche troppo disponibile ad ascoltarti. Sei con Bob Marley, ora suoni il basso nel suo gruppo. Addio Giorgio. Alex Schiavi, Milano Non conoscevo personalmente Giorgio Salvetti. Ne avevo imparato a conoscere e apprezzare lo stile e l accuratezza sulle pagine del manifesto. Aveva la mia stessa età. E la stessa passione per un informazione militante e libera. Le sue inchieste su Expo ad esempio, sono quanto si più interessante sia stato scritto sul tema. Se ne va un bravo giornalista, un compagno, uno di noi. Ciao Giorgio che la terra Ti sia lieve. Silvio Messinetti Ti conoscevamo poco, tu in quella Milano di speranze, da qualche anno, e ora di disillusioni; noi a Roma, a tentare la sorte con una talpa che continua a scavare quell attualità che hai raccontato, per cui sei ancora lì, fuori da tutti i locali sgomberati, dentro tutte le lotte future. Un abbraccio forte la redazione di manifestolibri Marco Bascetta, Simona Bonsignori, Stefano Petrucciani, Paolo B. Vernaglione Un agosto varesino, 4 amici, 15 anni e la prima volta che ho visto The Wall. Un maggio milanese, il balcone enorme, una pasta, racconti e consigli preziosi. Un altro maggio milanese, il balcone fiorito, la solita pasta, idee e progetti visionari. Un 23 dicembre, autostrada A8, la macchina ferma senza benzina. Metti la seconda e lascia la frizione. A balzi fino all autogrill e poi cena improvvisata con panettone. Concerto degli U2 a San Siro, andiamo e ascoltiamolo da fuori. Poi la corsa fino al terzo anello, fiatone e risate. Non si sa dove mettersi, in questo momento. Ma qualunque cosa sia successa, Giorgio, io sto dalla tua parte. Alessandra Mauri Ciao Giorgio, ti ho conosciuto poco, ma ogni volta che ti ho visto sono sempre rimasto colpito dalla tua serenità e bontà d animo, qualità che si percepiscono immediatamente parlando con te. La prima volta credo fosse proprio nella redazione del Manifesto a Milano, e l ultima volta il mese scorso, bevendo birre e fumando sigarette sul balcone di casa tua...e quando ho saputo della tua morte son rimasto incredulo e sconvolto...e poi ho pianto...non mi capitava da tanto, nemmeno in casi in cui sono morti miei cari più prossimi...non so ancora esattamente perché, ma è come se la tua morte mi abbia creato un angoscia interiore, forse perché se una persona così dolce e serena come te ha deciso di andarsene così, allora può capitare a chiunque di essere sopraffatto dalla sofferenza, e questo pensiero mi spaventa...allora quelle lacrime versate forse sono state anche un po' dettate dall egoismo...non lo so...ma ora spero solo che tu abbia trovato un po' di quella quiete che cercavi. Ti abbraccio forte, e mando un abbraccio anche a chi ti è stato vicino ed è rimasto colpito dal tuo animo. Ciao Giorgio. Filippo Doria La sua casa per me era diventato un rifugio. Arrivavo di corsa, per un inchiesta a caso, l ultima sul terrorismo o quella sulla finanza italiana. E lui, che tutto sommato mi conosceva abbastanza poco, mi prendeva con sé con quel riflesso automatico e schizofrenico del «siamo del manifesto quindi condividiamo pane e companatico». Di notte, se fuori non nevicava, giravamo Milano a volte allungando la strada fino alla sua Varese. Il poco che ho imparato su quei posti lo devo a lui. E proprio questo mi veniva in mente di Giorgio ieri pomeriggio, parlando col suo compagno di banco e avventura: se tutti quelli che lo conoscevano indovinavano la sua sensibilità, solo chi aveva la fortuna di avvicinarsi un po di più scopriva quanto fosse generoso. E capace di essere lui, apparentemente così fragile, un appoggio per gli altri. Sara Menafra, Roma Leggo con angoscia e sgomento della scomparsa di Giorgio Salvetti. Fra le (troppe) firme scomparse dal colofon negli ultimi anni, la sua è una di quelle che mi mancheranno di più: Per l età, la generosità, l impegno, la professionalità, ma anche la comune appartenenza alla ridotta milanese del giornale. Un forte abbraccio alla famiglia, a tutti voi e a Luca. Andrea Voglino Oggi ho letto la notizia che mai avrei voluto. Per chi vive a Milano, Giorgio era un punto di riferimento. E penso che lo fosse diventato per tutti i lettori. Leggeva la difficile realtà che ci circonda con profondità e ricchezza che coniugava ad uno scrivere chiaro, raro da trovare. I suoi articoli, inoltre, erano pieni di sincera passione civile. Sapeva informare e scuotere le coscienze. Lo ricordo sempre presente alle numerose iniziative per tenere vivo il manifesto. In quelle occasioni, sapeva esporre i problemi, ascoltare, mettersi in gioco e trasmettere la volontà di superare insieme gli ostacoli. Ci mancherà. Luigi Carosso Delle «docce gelate» che invadono il campo della nostra comunicazione quotidiana si può dire in partenza, a scanso di equivoci, che non tutte le opere di bene esprimono interesse per il prossimo: spesso il nostro narcisismo si traveste in amore per l altro per risparmiare il lavoro di destabilizzazione delle proprie sicurezze che questo amore implica e restare ancorati nella più solida indifferenza. Che il conformismo potesse invadere in modo inarrestabile la nostra vita, usando per le sue esigenze la buona fede di tutti (l atteggiamento umano più complice dei luoghi comuni), era sicuramente prevedibile da decenni ma nulla è più costante dell attitudine a svolgere lo sguardo lontano dalle cose scomode che implicano fatica emotiva. VERITÀ NASCOSTE L uso paradossale delle docce gelate Sarantis Thanopulos Del conformismo le «docce gelate» sono un buon esempio: non sono un esercizio ginnico, né uno scherzo goliardico bensì un gioco di (buona) società, una prova del fatto che il ben pensare rende anche le persone intelligenti imbecilli. Pare che farsi buttare addosso un secchio di acqua gelata voglia riprodurre, in chi sottostà a questa esperienza edificante, qualcosa della sofferenza dei malati di SLA e questo la dice tutta sulla menzogna (involontaria) che sottende questo gesto tragicomico che sostituisce il coraggio. INVIATE I VOSTRI COMMENTI SU: lettere@ilmanifesto.it Nessuna delle persone che potrebbero subire un danno reale da questa prova sublime di umanità (beccando per esempio una polmonite) sarebbe disposta ad accettarla e men che mai penserebbe in seguito di sborsare, in segno di riconoscenza sacrificale, parte del suo denaro. Bagnarsi di freddo certifica soltanto l ottimo stato della propria salute che crea una distanza incolmabile tra sé e la persona malata. C è una specie di perversa gratitudine nel donare denaro per coloro la cui presenza nel mondo testimonia che c è Caro Giorgio, non chi sta (anche molto) peggio di noi, che siamo dei privilegiati. Sfruttare questa possibilità per ottenere donazioni per i malati di Sla sicuramente non sarà stato studiato a tavolino ma si sa che l utilizzo inconscio di tutte le nostre (troppo) umane meschinità usufruisce di risorse infinite. Certo è che il meccanismo sul piano finanziario ha funzionato. Il che ci dice qualcosa di più essenziale di tante analisi economiche sulla crisi sociale interminabile che stiamo attraversando (sui meccanismi psicologici che l hanno determinata). La cosa più interessante in questo fenomeno di moda emblematico della (post)modernità, che ha un valore «antropologico» evidente, è il suo uso paradossale. La doccia fredda si usa tradizionalmente per combattere i postumi della sbornia e per mantenersi completamente svegli. Invece i sostenitori ambivalenti dei malati di Sla la usano per mantenersi psichicamente ubriachi o dormienti. Permangono nello stato di (auto)eccitazione o di anestesia emotiva: le due facce dell inerzia che sottende in profondità il loro agire amoroso, simile a quello che il padre di Ofelia descriveva come fuoco che fa tanta fiamma (spettacolo) ma non riscalda. In «L uomo del banco dei pegni», un film degli anni Sessanta, il protagonista, un ebreo sopravvissuto ai lager, decide di ricorrere a un insopportabile dolore fisico per poter accedere a quello psichico, perforando la sua mano con il chiodo usato per infilare le sue carte. I performanti della doccia gelata, presi in una concatenazione collettiva che spersonalizza la loro azione, capovolgono inconsciamente questo procedimento: ricorrono a un dolore fisico sopportabile per tenere lontano quello emotivo. Perché alla base della sofferenza psichica opera una ferita del desiderio i cui «bollenti spiriti» vanno ghiacciati.

15 SABATO 30 AGOSTO 2014 il manifesto pagina 15 Ciao caro Giorgio, ricorderò sempre la tua delicatezza e disponibilità, il tuo carattere sensibile e gentile, mai rude o aggressivo. Virtù preziose, davvero rare. Antonio Sciotto Ho avuto la fortuna di lavorare al manifesto una sola estate, quella del Nelle stesse settimane venne a dare una mano nella redazione romana anche Giorgio. Scoprire la sua età per me fu una sorpresa. Quando leggi per anni una firma, immagini sempre che dietro ci sia un volto adulto, esperto, segnato dal tempo. Nulla di tutto questo: Giorgio era un ragazzo, barbetta e occhiali in volto, e un sorriso sempre ironico nel commentare, ben prima dei giudici, i disastri della giunta provinciale di Penati. Anche dai ricordi s impara. Un abbraccio, a chi resta e a chi non c è più Enrico Miele Che la terra ti sia lieve compagno Giorgio. Alfredo Buongiorno a tutti, vorrei inviarvi un pensiero da parte mia e dei miei genitori. Un anno fa è venuto a mancare mio nonno e questa è la poesia che gli abbiamo lasciato. Invictus: «Dal profondo della notte che mi avvolge, / Nera come l abisso da un estremo all altro, / Ringrazio qualunque divinità esista / Per la mia anima invincibile. Nella feroce morsa delle circostanze / Non ho arretrato, né gridato. / Sotto i colpi d ascia della sorte / Il mio capo è insanguinato, ma indomito. Oltre questo luogo d ira e lacrime / Incombe il solo Orrore delle ombre / Eppure la minaccia degli anni / Mi trova e mi troverà senza paura. Non importa quanto stretta sia la porta, / Quanto carica di punizioni la sentenza, / Io sono il padrone del mio destino: / Io sono il capitano della mia anima». (William Ernest Henley). Un saluto a pugno chiuso per chi lotta per i propri sogni a fianco degli ultimi. Francesca, Giovanni e Cinzia.do per Giorgio Appeso / sull albero / della vita / spoglio... ciao giorgio Paola Buccianti Ciao compagno Giorgio, di te mi rimane il piacevole ricordo di un giornalista militante, che ha raccontato in modo unico e straordinario la lotta delle lavoratrici e dei lavoratori del San Raffaele. La tua inchiesta, pubblicata sul paginone del manifesto del 7 febbraio 2013 è stato un importante contributo, così come i tuoi interventi nei momenti più duri della lotta. Grazie. Addio Poeta estinto. Margherita Napoletano La notizia della scomparsa di Giorgio Salvetti mi addolora. Negli incontri avuti e nelle telefonate ho sempre apprezzato la sua gentilezza e disponibilità. Le più sentite condoglianze ed un forte abbraccio ai suoi familiari, a tutto il collettivo ed a Luca. Antonio Corbeletti, Voghera (Pv) Ritengo sempre utile "aderire" al Vivere, spesso ricordando le assenze che dovrebbero narrare di un "valore", la vita, che la moderna concezione di società troppo spesso conduce ad egoismi ricchi ed annoiati. Da un lancio letto su un profilo Fb aderisco - memoria e ricordo. Non altro. Giuseppe Giorgi, Napoli Un abbraccio per la perdita del collega! Michele De Giovannini Non conoscevo Giorgio Salvetti ma proprio ieri ho letto quello che poi ho appreso essere stato il suo ultimo articolo. Oggi ho letto qualche cenno alle circostanze della sua scomparsa. E tutto l insieme mi ha colpito. Nel pieno della sua attività, se ne è andato così. Non deve essere stata molto felice la sua vita. I compleanni possono essere molto tristi. Rivolgo a lui il mio pensiero. Francesco Maura COMMUNITY si spegne il suono delle tue lotte Giorgino, non ci credo, sei volato via, che tristezza! Mi sembra ieri la tua presenza al San Raffaele per l intervista, dal «di dentro», a Margherita (mia moglie, delegata sindacale Usb...) e ad altre/i lavoratrici e lavoratori (di Usi e Cgil) dell ospedale in lotta per il posto di lavoro e contro ingiustizie scandalose! Anche se in quel momento eri in cassa integrazione, mi hai chiamato per vedere di «combinare qualcosa», per aiutare a non lasciare isolata quella lotta. Uno dei pochi giornalisti di sinistra che si è presentato direttamente, e non per telefono e basta, durante quel lungo presidio, scrivendo un bellissimo articolone, chiaro e profondo. Un intera pagina del giornale che ha fatto conoscere meglio, appunto dal «di dentro», finalmente su «il manifesto», una lotta così lunga, importante, significativa, piena di risvolti e contenuti sindacali poco allineati, non omologati e assai scomodi, seppur con le "mediazioni" linguistiche "obbligate" che ti è toccato fare...per non irritare troppo certi burocrati! Ti conosco dai tempi dalle "mie" lotte dentro l Alcatel di un po di anni fa e per le prime cene di solidarietà di Metromondo per «il manifesto», in cui partecipavi volentieri con Luca e Manuela. Ci sentivamo ogni tanto, per reciproco bisogno, per raccontarci, per far sapere, ed eri sempre cortese, carino, disponibile... Non c era volta, fin quando c è stata la pagina milanese del giornale, che non mettevi gli annunci degli eventi di Metromondo, la cui soppressione è stata veramente triste anche per te... Al momento non so ancora bene il come e il perché mai hai deciso di andartene, dopo indagherò, ma ora mi è venuto istintivo di piangere e di manifestare la mia vicinanza scioccata, per dirti subito qualcosa, sono veramente toccato, incazzato. Addio Giorgino bello, per come ti ho conosciuto io sei un bellissimo angelo volato via troppo in fretta! Mi/ci mancherai... Anche gli altri compagni di Metromondo che ti hanno conosciuto sono veramente addolorati della tua scomparsa, Giorgino... Ciao. Gino Perri, Milano A seguito dell appello lanciato da Eleonora Cardogna la scorsa settimana su questa rubrica, dal sud al nord Italia decine di federazioni provinciali dei Giovani Democratici hanno deciso di aderire alla campagna per la legalizzazione dell eutanasia e la regolamentazione del testamento biologico. Avviata dall Associazione Luca Coscioni che ha depositato oltre firme il 13 settembre 2013 raccolte su una proposta di legge di iniziativa popolare, la campagna per la legalizzazione dell eutanasia attende indiscussa alla Camera dei Deputati da 351 giorni. Un anno pieno di importanti eventi: dall incontro con Laura Boldrini alla lettera aperta del Presidente Napolitano, dal sostegno di Vasco Rossi alle "confessioni" del professor Saba di Cagliari. E ora anche il coordinatore nazionale della federazione giovanile del Pd, Andrea Baldini, che ringraziando l organizzazione milanese ha detto: «Penso che se questa stagione serve veramente a cambiare l Italia, è proprio ora che temi spinosi come quello dell eutanasia devono essere presi in mano. E che lo facciano i Giovani Democratici a nome di una nuova generazione è qualcosa di straordinario». VERSO L EUTANASIA LEGALE Walk-around per la legalizzazione Matteo Mainardi Di fronte all attivismo dei cittadini e delle associazioni, manca ancora il coraggio dei partiti presenti in Parlamento. A lanciare per settembre una serie di manifestazioni in 100 città italiane è Mina Welby: «Come prima firmataria, ritengo necessaria una legge che regolamenti le scelte di fine vita. Non voglio che la politica continui a far tacere a morte i cittadini che in condizioni di estreme sofferenze chiedono di essere sollevati dal dover vivere in un modo secondo loro non dignitoso. Chiedo che la legge sia calendarizzata, che si dibatta Ho conosciuto Giorgio molti anni fa. Non posso dire fosse un mio amico, ma amico di amici che poi ho incontrato di nuovo ogni qualche anno. Ci trovavamo spesso nel tentativo di assemblare qualche performance poetico-musicale, è finita regolarmente in birrette e chiacchiere e sale prove al limite del possibile. Ne ricordo soprattutto lo sguardo e il sorriso, ironici ma buoni, che mi davano sempre un impressone di dolcezza e statura, di intelligenza e comprensione. La notizia mi colpisce molto tristemente, sono vicino al dolore di tutti quelli che gli hanno voluto bene. Paolo Triulzi Ho conosciuto Giorgio Salvetti e Luca Fazio quindici anni fa, quando come umanisti eravamo tra i pochissimi a occuparci della vergogna del Corelli. Con enormi difficoltà burocratiche entravamo in quel posto di ingiustizia e umiliazioni e gli unici a dare spazio alle nostre denunce e ai nostri racconti erano Giorgio e Luca. Poi, nel 2006, gli abbiamo fatto conoscere Tomas Hirsch, candidato presidenziale dell alleanza di sinistra cilena «Juntos Podemos», durante I funerali di Giorgio Salvetti si terranno lunedì 1 settembre nella Sala Commiato del cimitero di Giubiano di Varese alle in pubblico seriamente. Le difficoltà sia per i pazienti che per i medici sono un urgente problema sociale». Per questo Mina Welby si è impegnata a camminare per 20 ore consecutive, dalle 16 dell 11 settembre alle 12 dell indomani, intorno a Governo e Parlamento: «È la mia forma di Satyagraha, per provare ad essere convincente forza di amore a partire dal mio corpo, come lo furono Luca Coscioni e Piero Welby. Lo devo a loro, che prima di me in condizioni di vita in estrema precarietà hanno lottato fino all ultimo respiro per me, per voi, per tutti, per chi capisce, per chi non vuol capire. Vi aspetto». coordinamento@eutanasialegale.it il manifesto DIR. RESPONSABILE Norma Rangeri CONDIRETTORE Tommaso Di Francesco DESK Matteo Bartocci, Marco Boccitto, Micaela Bongi, Massimo Giannetti, Giulia Sbarigia CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE Benedetto Vecchi (presidente), Matteo Bartocci, Norma Rangeri, Silvana Silvestri il nuovo manifesto società coop editrice REDAZIONE, AMMINISTRAZIONE, Roma via A. Bargoni 8 FAX , TEL REDAZIONE redazione@ilmanifesto.it AMMINISTRAZIONE amministrazione@ilmanifesto.it SITO WEB: iscritto al n del registro stampa del tribunale di Roma autorizzazione a giornale murale registro tribunale di Roma n ilmanifesto fruisce dei contributi statali diretti di cui alla legge n.250 ABBONAMENTI POSTALI PER L ITALIA annuo 320 semestrale 180 versamento con bonifico bancario presso Banca Etica intestato a il nuovo manifesto società coop editrice via A. Bargoni 8, Roma una sua visita in Italia. Ricordo un pranzo in una trattoria vicina all allora sede della redazione milanese del manifesto, in un atmosfera allegra e intensa, piena di domande curiose e risposte interessanti. Ne è uscito un bell articolo su un fenomeno poco conosciuto in Italia. Non so perché Giorgio abbia scelto di andarsene, ma voglio ricordare la sua curiosità, allegria e apertura. Anna Polo Abbiamo avuto la fortuna di conoscere, leggere ed apprezzare il lavoro di Giorgio. La sua scomparsa ci riempie di dolore e ci fa sentire più soli. Esprimiamo con affetto e vicinanza le nostre condoglianze alla famiglia e alle compagne/i del il manifesto, Ciao Giorgio che la terra ti sia lieve. Le compagne/i dell Osservatorio sulla Repressione Non ho conosciuto personalmente Giorgio, ho letto qualcosa di quello che ha scritto su «il manifesto», avendo vent anni di più vorrei considerarlo quasi un figlio che ha lavorato per un giornale che ho sempre amato (sì, amato), che ha espresso idee che ho sempre amato e continuo ad amare. Voglio soltanto dire ai parenti, agli amici, ai colleghi del «manifesto» il mio essere loro vicini e che per Giorgio sia lieve ora il cammino, con il sorriso delle stelle, nei campi elisi della pace eterna. Guido Capizzi Addolorato dalla tragica notizia mi mancheranno di Giorgio le sue cronache e le sue analisi su Milano, sempre esatte e chiare come l ultima su Expo. Il ricordo va quando discutemmo degli affari di Formigoni e degli arresti dei dirigenti di infrastrutture Lombarde: intuì la gravità della situazione e denunciò meglio di altri l estesa ramificazione di quella attività criminale dentro le istituzioni. Un abbraccio alla famiglia e alla redazione del manifesto. Maurizio Giufrè Dolore per Giorgio. Per la sua famiglia. Laura, Torino Mi duole molto aver saputo che hai deciso di lasciarci. Non dimentico le tue gesta semplici e umane accanto ai senza voce, non dimentico la tua generosità e disponibilità quando ti chiedevo di pubblicare un annuncio per una iniziativa sul Nicaragua. Ciao Giorgio, ci mancherai ma, non ti dimenticheremo perché lo so che sarai sempre vicino e accanto a chi lotta. Angela «Ciao Giorgio, sono Mauro riesci a mettere in pagina per domani una manchette 2x84 che mi hanno appena confermato?»... era la mia classica telefonata a sera quando ormai la pagina era già approntata ma quelle pubblicità, ancorché poche, aiutavano a tenere in piedi l edizione milanese e allora smantellavi e rifacevi tutto da capo... poi gli anni in ufficio insieme in via Pindemonte con Luca, con Mario... non ci vedevamo da tanto, troppo tempo... ciao Giorgio... Mauro Marangoni certificato n del IBAN: IT 30 P COPIE ARRETRATE 06/ arretrati@redscoop.it STAMPA litosud Srl via Carlo Pesenti 130, Roma - litosud Srl via Aldo Moro 4, Pessano con Bornago (MI) CONCESSIONARIA ESCLUSIVA PUBBLICITÀ poster pubblicità srl poster@poster-pr.it SEDE LEGALE, DIR. GEN. via A. Bargoni 8, Roma tel , fax TARIFFE DELLE INSERZIONI pubblicità commerciale: 368 a modulo (mm44x20) pubblicità finanziaria/legale: 450 a modulo finestra di prima pagina: formato mm 65 x 88, colore 4.550, b/n posizione di rigore più 15% pagina intera: mm 320 x 455 doppia pagina: mm 660 x 455 DIFFUSIONE, CONTABILITÀ. RIVENDITE, ABBONAMENTI: reds, rete europea distribuzione e servizi, v.le Bastioni Michelangelo 5/a Roma - tel , fax chiuso in redazione ore tiratura prevista

16 pagina 16 il manifesto SABATO 30 AGOSTO 2014 L ULTIMA Riparte con gli anticipi Chievo-Juventus e Roma- Fiorentina l ex campionato più bello del mondo, dopo gli scontri dell Olimpico e la grana ultras, i fallimenti azzurri, l elezione di Tavecchio e le manfrine per i diritti televisivi. A sfidare i bianconeri «orfani» di Conte, ancora i giallorossi e il Napoli. Ma occhio ai viola di Montella Nicola Sellitti S erie A, si riparte da zero. Per non andare a ritroso, che è ancora estate. Da un campionato ormai quarto, quinto d Europa. Succursale del pallone che conta. Valori tecnici quasi azzerati, attaccanti da doppia cifra italiani che lasciano per Bundesliga e Premier League. Immobile e Balotelli, che potrebbero essere accompagnati anche da Mattia Destro, se la Roma fa in tempo a ricevere un bonifico da oltre venti milioni di euro da club tedeschi o inglesi entro lunedì sera alle 23, alla chiusura della finestra estiva del mercato. Insomma cartello vendesi sempre in vista e batoste in Europa che si moltiplicano, tra amichevoli e gare ufficiali. Con le prime pagine dei giornali che sono toccate ai parrucconi in campagna elettorale UNA FASE DI JUVENTUS ROMA DELLA SCORSA STAGIONE. A FIANCO IL NAPOLI 2014, DESTRA CONTE E TAVECCHIO per prendersi la Figc, non a qualche figura autorevole fuori dal solito giro con proposte forti per riscrivere le regole del gioco (ce ne sono, da Baggio a Maldini). Intanto, le big italiane non esistono più. C è la Juventus che si piazza davanti a tutti per centrare il quarto scudetto consecutivo. In fila anche per il colombiano Radamel Falcao in prestito, con ingaggio da dividere con il Monaco. E il Real Madrid, che ha tirato fuori 80 milioni di euro per acquistare in un battito di ciglia l altro fenomeno colombiano James Rodriguez - non che faccia impazzire questo vorticoso giro di milioni nell era dell austerity -, pronto a rilanciare sui bianconeri ricoprendo d oro i monegaschi. E questa è solo una delle fotografie del calcio italiano ed europeo. I soldi da queste parti sono pochi (sette club non hanno sponsor principale sulla casacca) e le carenze, infrastrutturali, dirigenziali, restano enormi. Tra qualche settimana comincia l edizione migliore per cifra tecnica della Champions League, che rispetto ai Mondiali brasiliani fa luccicare in vetrina anche Ibrahimovic e Bale assieme ai vari Messi, Ronaldo, Suarez, Robben. E sole due italiane nei gironi di qualificazione. I bianconeri finiti con Atletico Madrid finalista nella scorsa stagione e vincitore della Liga, con Olympiakos e Malmoe. Mentre la Roma paga l esordio (era nella quarta fascia al sorteggio, tra quelle con più Un calcio basso coefficiente Uefa del pacchetto) con Bayern Monaco, Manchester City e Cska Mosca. Serve l impresa, come quella del Napoli di Mazzarri, tre anni fa o degli azzurri con Benitez l anno passato, fuori con 12 punti nel raggruppamento con Arsenal, Borussia Dortmund, Marsiglia. È anche la prima stagione in Serie A senza Antonio Conte, ora commissario tecnico dell Italia a libro paga anche dello sponsor Puma (lasciamo perdere..), sulla panca bianconera. E senza l X-Factor Conte ci sarà un torneo più equilibrato. SERIE B La Figc ripesca il Vicenza. La cadetteria con pochi soldi e giovani talenti Si è alzato ieri sera con l anticipo Perugia- Bologna, il sipario sul campionato cadetto, che ha avuto nel pomeriggio anche la definizione della ventiduesima squadra da integrare dopo il fallimento del Siena. A spuntarla - dopo che il Coni aveva respinto i ricorsi di Novara e Matera - il blasonato Vicenza che «risale» dalla Lega Pro grazie ai parametri scelti dalla Fgci in cui oltre la storia sportiva della società, vengono considerati anche «criteri» infrastrutturali. Il Pisa - che sperava nel ripescaggio - non ha presentato una «documentazione completa». Un campionato che si presenta livellatissimo con pochi soldi e - rispetto alla scorsa stagione dove era chiaro per tutti che il Palermo avrebbe fatto corsa a sè - senza una vera «regina» e con il solo Catania (sul piano tecnico la squadra guidata dal neo trainer Maurizio Pellegrino è una spanna sopra le altre) nel ruolo di favorita. I felsinei del nuovo allenatore Diego Lopez finiti in B dopo il disastroso campionato dello scorso anno, provano a risalire, ma non sarà semplice e la campagna acquisti è sembrata assai deficitaria. Se a livello tecnico la A resta a un altro livello - chi sale nel massimo campionato fa molta fatica a salvarsi - va dato merito alla federazione di B e alle società negli ultimi anni di puntare sui vivai Primavera. Talenti ce ne sono - gli esperti fanno i nomi di Di Gennaro, Goldaniga, Barreca, vedremo se dal massimo campionato se ne accorgeranno. Attenzione - nel frattempo - alle quattro neopromosse, Perugia, Frosinone, Pro Vercelli e Entella, senza dimenticare Latina e Carpi. FUORI TEMPO A Torino è arrivato Allegri, pacato e capace ma Conte era anima muscolosa e intellettuale del capolavoro juventino in Italia, che però ha fatto acqua in Europa. Assieme ai torinesi partono in prima fila anche Roma e Napoli, nonostante la batosta per gli azzurri nei preliminari di Champions League contro l Athletic Bilbao. I giallorossi si sono rinforzati con Iturbe e un paio di vecchietti usato sicuro, Cole e Keita, sino alla polemica partenza di Benatia, attratto dall ex marco pesante diventato euro in Germania, al Bayern Monaco. E dovranno sopportare lo stress di tre competizioni, compreso il complicato percorso in Europa, un lusso che possono concedersi solo big europee con 20 calciatori di livello, dal Real Madrid al Barcellona, Bayern Monaco o Chelsea. A Napoli serve invece uno slancio di chiarezza del patron De Laurentiis, dopo promesse a mezzo stampa non mantenute: investimenti o ridimensionamento. Alle spalle del terzetto, le milanesi e la Lazio. A Milanello, Berlusconi punta su Pippo Inzaghi per ricreare il brand Milan. Ma occorrerebbero anche un paio di calciatori buoni, non solo quelli che Mino Raiola o Jorge Mendes o Kia Joorabchian, propongono a costo zero a Galliani. Procuratori potenti come cartelli inseguiti con il bastone dalla Fifa: dall aprile 2015 per loro la commissione su un trasferimento vale non oltre il 3% dell ingaggio totale dell atleta per la durata del contratto oltre alla liberalizzazione del sistema. All Inter invece Thohir mette le fiches su Mazzarri e un mercato low cost esaltato dai media con la memoria corta: i cartellini degli atleti presi in prestito oneroso vanno riscattati, l anno dopo. Lotito invece ha vissuto la sua grande estate. Dopo aver rafforzato la Lazio, il suo telefonino bollente ha portato Carlo Tavecchio al vertice della Figc, poi si è vestito da padre nobile rinunciando alla carica di vicepresidente della federazione (palese conflitto di interessi con la sua posizione di patron del club romano). Senza dimenticare che mentre si dà il calcio d inizio al campionato italiano sullo scranno più alto in Figc c è Tavecchio, il dirigente della Bananagate neppure sfiorato dall indagine aperta e archiviata della procura federale della Figc. E già che ci siamo, ci sarebbero le responsabilità da distribuire ai colpevoli dell azienda italiana calcio mandata in fallimento, la morte di civili fuori agli stadi con colpevoli ancora da individuare con certezza e carenze del servizio di sicurezza pubblico, curve finite nella materiale disponibilità degli ultras. C è poi la pièce teatrale messa in atto per la vendita dei diritti televisivi della Serie A 2015/2018, protagonisti Sky e Mediaset: dopo scaramucce in video, la prima ha mantenuto i diritti sulle gare della massima serie, il Biscione si è garantito il pacchetto delle prime otto in classifica, i club hanno monetizzato per quasi 1 miliardo di euro (per questo motivo quest anno in A ci sarà la corsa a salvarsi, per poi essere tra i beneficiari dei milioni di euro distribuiti a pioggia), la Lega si è detta favorevole a un sublicenza che porterebbe di nuovo la Champions League (esclusiva Mediaset dal 2015) di nuovo sugli schermi anche della tv di Rupert Murdoch. Dunque pacchetti rinegoziati, niente tutela per gli altri concorrenti. Ci sono poi i teatri del pallone quasi vuoti. E questo è il problema numero uno. Con metà degli spettatori in media rispetto a Bundesliga e Premier League. In attesa che il premier Renzi dia un seguito all annunciato provvedimento sulla legge sugli stadi. Con il decreto preparato dall esecutivo Letta tempi più rapidi per realizzare strutture piccoli e medi impianti -, che piaceva al Coni, meno ai grandi club per lo stop a nuovi insediamenti immobiliari. E tra le poche note liete, c è il via al campionato primavera. In campo i ragazzi del 96, pare sia la migliore generazione del calcio italiano. Sperando che giochino in stadi migliori, guidati da dirigenti migliori, tra qualche anno, in prima squadra. sport AUTORETE Intrallazzi e clientele, com è malconcio il football italiano Flaviano De Luca N emmeno l arrivo del campionato di calcio - anticamente divertimento popolare, rinfrescante e gioiosa pausa dalle preoccupazioni quotidiane, rumorosa caciara collettiva - riesce a bucare la plumbea cappa di clientelismo, incapacità e trucidume che avvolge il calcio italiano di questi anni dieci. Andato in vacanza a maggio con la dimostrazione d impotenza delle forze dell ordine nella finale di Coppa Italia (che ha provocato la morte del tifoso napoletano Ciro Esposito, in circostanze tuttora mai chiarite, come accaduto già sette anni fa all ispettore di polizia Filippo Raciti, ucciso prima di un derby Catania-Palermo), poi la fallimentare spedizione della Nazionale al Mondiale brasiliano, debacle certamente per il risultato sportivo ma pure per il velenoso clima di conventicole e intrallazzi che ha fatto scappare, con la coda tra le gambe, prima l ex ct Cesare Prandelli (dai tifosi gigliati ribattezzato Perdelli) in Turchia e poi l ex Salvatore della Patria, Mario Balotelli (apertamente accusato dalla vecchia guardia azzurra di inutile nevrotismo e rompispogliatoio) in Uk quindi l elezione a Presidente della Federcalcio di Carlo «Banana Boat» Tavecchio, 71 anni, una vita da politico navigato, democristiano gaffeur, da venti anni ai vertici Figc, alla faccia dello strombazzato rinnovamento. E dulcis in fundo, l eliminazione del Napoli dai preliminari della Champions League, segnale ulteriore di un arretramento totale (economico, culturale, sportivo) del nostro movimento calcistico. In mezzo, ciliegina sulla torta, il primo atto del proconsole Tavecchio, abolire l odiosa norma sulla discriminazione territoriale, finalmente si potranno insultare in coro negri,froci, ebrei e...napoletani, senza timore di squalifiche o penalizzazioni. Niente refrain «ce lo chiede l Europa» (anzi.), semplicemente lo hanno fortemente voluto Lotito ( Che vuol ch io faccia del suo latinorum?, dicevano secoli addietro) e Galliani, pupari del giochetto, con fulgido accodamento degli altri presidenti di società. E se una normale coppia vuole andare allo stadio, si sorbisca le forche caudine di tessera del tifoso, documenti d identità e file per i biglietti, visuale complicata, sediolini sporchi, bagni inagibili, una follia Per la quinta industria del nostro paese è un crollo ignominioso col solito problema dell Italian way of life, il rapporto tra i vecchi e i giovani (il capolavoro di Pirandello è giusto di un secolo fa), da un lato i responsabili dei campionati truccati, delle false fideiussioni e degli scandali scommesse (tutti con un posto al caldo, da Carraro a Moggi), dall altro le fulgide speranze dei calciatori italiani alle prime armi e degli ex-atleti, buoni conoscitori dell universo calcistico come Vialli, Baggio e Maldini che si sono candidati a gestire un po meglio questa acuta fase di crisi del calcio italiano, povero e svilito, ricevendo sonore pernacchie dai padroni del calcio, i proprietari delle squadre, non più solo «ricchi scemi» quanto bravi evasori e astuti manovratori (per chi l avesse dimenticato se la triade juventina dettava legge con gli arbitri, Della Valle, Lotito e il Milan sono usciti indenni da Calciopoli solo per la prescrizione dei reati). Questa consorteria massonica (di figli, parenti, amici degli amici e intrallazzatori assortiti) appesta l aria e il territorio, allergica a regole valide per tutti, cianciando di riduzione del numero di squadre professionistiche, rilancio dei vivai e dei talenti italiani (e chi glielo dice ai procuratori e direttori sportivi?), costruzione e ammodernamento degli stadi (forse la Roma ce la farà a raggiungere la Juve, almeno in questo, con la telenovela infinita del Cagliari) ma spende e spande coi soldi dei diritti televisivi, unica vera fonte di grossi introiti perché gli incassi al botteghinio languono e il merchandising peggio. Da qualunque parti lo si guardi quello che si era autodefinito «il campionato più bello del mondo», oggi è - dati alla mano su scandali e processi, davanti alla giustizia ordinaria - il campionato più finto, sgangherato e malconcio d Europa. Salvo poi ognuno di noi pronto a tifare comunque. Ma chi ha segnato? Goool.

LA CRISI DELLE COSTRUZIONI

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